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Autore: annabll    21/07/2013    1 recensioni
L’ultima cosa che ricordava la disorientava: era uscita dal bar, dopo aver preso un caffè, e si stava dirigendo verso casa di Emily, per incontrare le ragazze. Aveva qualcosa di importante da dir loro. Doveva aver fatto una scoperta sconvolgente, ma che al momento non le ritornava in mente. - Spence, apri gli occhi – ripeteva a se stessa. Ma ancora non aveva trovato il coraggio di farlo. Non ne conosceva il motivo, ma aveva un orribile presentimento.
Genere: Mistero, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Sorpresa, Spencer Hastings, Toby Cavanaugh, Un po' tutti
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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CLUES ARE ALL I NEED

Capitolo terzo

 

 

 

Tutto ciò non aveva il benché minimo senso per Spencer. L’unica cosa che avrebbe potuto salvarla in quel momento era il riaffiorare di tutti i suoi ricordi prima di essere rapita, altrimenti avrebbe potuto solo formulare  teorie, che fino a quell’istante non avevano fatto altro che distruggerla emotivamente. Adesso era finalmente intenzionata ad aprir bocca e parlare, non appena l’uomo in nero fosse tornato. Doveva chiedergli chi fosse, anche se probabilmente non le avrebbe risposto. Doveva sapere se davvero era Toby, anche se nel profondo della sua anima preferiva che tutto ciò rimanesse un mistero. Voleva scappare, ma come avrebbe potuto?! Non poteva vedere, aveva mani e piedi legati, né poteva alzarsi da terra. Non sapeva nemmeno dove fosse! Almeno aveva sempre avuto un udito impeccabile, cosa che le sarebbe tornata utile se fosse riuscita ad ascoltare la voce del suo rapitore. Improvvisamente sentì dei tonfi forti provenire dal piano di sopra, come se qualcuno stesse spostando un oggetto pesante sul pavimento. Spencer deglutì e cercò di respirare il meno affannosamente possibile, per poter prestar meglio attenzione a cosa accadeva di sopra. Qualcuno però nel frattempo stava scendendo le scale, cosa che fece istintivamente voltare la ragazza, nonostante fosse impossibilitata di vedere. Il suono dei passi le sembrava stranamente diverso. Era quasi ritmico, come se la persona in questione stesse ballando, ed inoltre era leggero, appena accennato e sicuramente molto più acuto rispetto alla volta precedente. Tra sé e sé Spencer pensò – Sembrano quasi . . . tacchi a spillo - . Bene, se prima sembrava che la situazione non avesse alcun senso, adesso era anche peggio. – Ora l’uomo in nero ha anche una complice?! O è solo uno che si diverte a travestirsi da donna?! -  rifletteva in modo sarcastico la Hastings. Intanto la presunta donna aveva attraversato il piccolo atrio, aveva aperto la cella ed era entrata all’interno del bugigattolo.  Ci furono istanti di interminabile silenzio, in cui, nonostante Spencer si sentisse nuovamente disorientata, sapeva che quella con i tacchi a spillo la stava osservando; lo sentiva sulla sua pelle, come se quello sguardo la stesse trafiggendo, come la lama di un coltello. Stava lentamente abbandonando i suoi buoni propositi di provare a comunicare con questa persona, perché, a differenza dell’altro, le incuteva paura in una maniera indescrivibile. Sentì un accenno di risata dall’altra parte, come se la donna potesse leggere nel pensiero, una risata che, però, le sembrava molto familiare. In quel momento fu sicura che dall’altro lato ci fosse una ragazza. Spencer aveva sempre avuto una memoria impeccabile, ma che non riuscì a tornarle utile in quello stanzino. Cercava disperatamente di dare un volto a quella risata, ma non ne era capace. La donna in tacchi a spillo probabilmente percepì anche l’improvvisa rassegnazione della Hastings, che mai come in quell’istante appariva fragile e vulnerabile, e, sfruttando tutto il potere che sapeva di avere nelle mani, le si avvicinò ulteriormente beffarda, quasi con un fare di arroganza, tanto da poter farle sentire il proprio respiro sul volto. Era lento e regolare, lungo e rumoroso, quasi come se volesse colpirla ripetutamente con l’aria che le fuoriusciva dalle narici. Ma non si era resa conto di essersi avvicinata forse un po’ troppo, tanto da dare a Spencer la possibilità di percepire il suo profumo, che diede all’intera faccenda una svolta sostanziale. Se da un lato era vero che la Hastings dal rumore della risata non era riuscita a comprendere chi fosse la donna misteriosa, dall’altro quell’odore acuto misto di shampoo alla fragola e eau de toilette l’avrebbe riconosciuto ovunque. Aveva finalmente capito. Ma non era sicura che potesse essere un bene, anzi, forse le aveva dato molto più di cui aver paura. Ma sentiva il bisogno di sapere se aveva ragione, se davvero sapeva chi avesse di fronte. Timidamente, quasi sussurrando, disse: “ Alison! Sei tu?! Ho riconosciuto il tuo profumo“. Sentì la donna indietreggiare rapidamente, come se non avesse messo in conto la possibilità di essere smascherata, per lo più per un dettaglio così banale. Si schiarì la voce, quasi come se stesse cercando di tener sotto controllo le sue emozioni e non lasciar trapelare nulla ulteriormente, ma era troppo tardi. Spencer se n’era accorta e tutto ciò la fece sentire più forte di prima. Forse il suo istinto non era fallace come aveva creduto fino a quel momento. A questo punto, quasi con tono di sfida, trovò il coraggio di affermare: “ Che c’è? La ragazzina che ha fatto finta di essere scomparsa per manie di grandezza credeva che non sarei mai potuta arrivarci?! Ahahah si vede che di me non hai mai capito nulla, Ali”. Tuttavia l’evidente provocazione non portò a nulla di concreto, dato che la ragazza, di tutta corsa, uscì dalla stanza, sbattendo la porta. Spencer era nuovamente punto e a capo. Pur avendo avuto i suoi cinque minuti di coraggio illimitato, adesso aveva ricominciato a porsi tanti quesiti. – Alison . . . se davvero era Alison . . . che ci fa lei con Toby? O meglio: che ci fa lui con lei? – continuava a scervellarsi, ma non riusciva nemmeno in questa occasione a trovare una spiegazione plausibile. Stranamente il pensiero di Toby e Alison insieme non la fece rabbrividire. Aveva smesso di preoccuparsi per il suo ragazzo, dato che lui non l’aveva mai fatto per lei. In quella situazione il suo istinto di sopravvivenza era molto più sentito dell’amore per lui, un amore, a quanto pare, mai ricambiato, ma sempre e solo finto. Ad un certo punto, sentì di avere qualcosa nella tasca posteriore dei pantaloni. Era sottile, di forma rettangolare. Cercò di raggiungerlo con le mani, e, dopo qualche tentativo, riuscì a tirarlo fuori. Era ruvido, un cartoncino, ma ancora non aveva capito di cosa si trattasse. C’era qualcosa stampato sopra, in rilievo, che Spencer provò a percorrere con le dita, per leggerlo. – Dr Spen . . cer Re . . id! -  lesse. Ma certo! Era il biglietto da visita che le aveva dato quell’agente dell’FBI. Forse, in quel momento, era l’unica persona che potesse darle una mano, o così le sembrava. Avrebbe voluto chiamarlo, ma non sapeva in che modo, o meglio, sarebbe stato meglio se gli avesse raccontato tutta la storia di Alison, invece di non fidarsi di lui. Ma poi, improvvisamente, ecco che qualcosa le tornò in mente.

 

PRIMA DURANTE QUEL GIORNO . . .

Dopo aver ricevuto il messaggio di A, Spencer corse a casa di Hanna, radunando le altre con un “ S.O.S.” . raccontò loro di tutto ciò che le era capitato quella mattina: di quell’agente, di Toby, di A.

“ Non posso credere che Toby si sia fatto trascinare nel vortice nuovamente” disse allibita Emily.

“ Invece io non ne sono sorpresa. A è in grado di ricattare chiunque! “ continuò Hanna.

“ Si ma perché allora non raccontarlo a Spencer? Sa cos’ha dovuto passare quest’anno a causa sua! “ obiettò Aria.

“ Ragazze, io credo che la faccenda sia molto più seria. Abbiamo sempre voluto credere alla storia che Toby ci ha raccontato. Ma se avesse mentito? Se lui fosse invischiato in tutto ciò sin dal principio?” ipotizzò quasi in lacrime Spencer.

Le altre non fiatarono per un po’. Erano lì che si guardavano tra di loro, e, ogni tanto, volgevano uno sguardo di sottecchi all’amica sofferente. Spencer non poteva sopportare tutto ciò. Non voleva essere commiserata, tanto meno dalle sue amiche, né più voleva nascondersi. Era stufa di tutta quella situazione che le stava distruggendo la vita. Così, prese una decisione per la quale si sarebbe battuta fino alla fine, presa dallo sconforto e soprattutto a causa della sua testardaggine: “ sono stanca di essere vittima di Mona, Toby, Lucas, o chiunque sia A! qualsiasi cosa accada, io ora vado a parlare con il dr Reid! “

“ Spencer ferma!” urlarono in coro le altre tre, “ hai dimenticato cos’è accaduto alla Sullivan l’ultima volta che abbiamo provato a fare una cosa del genere. A riuscirebbe a rigirare la situazione a suo favore, in qualsiasi modo” continuò Emily, riscuotendo l’approvazione di Hanna e Aria.

“ Allora se le cose stanno così tanto vale suicidarsi e togliere il divertimento a quella bestia!” urlò disperata la Hastings, “ è l’unica alternativa che mi viene in mente!”

Le ragazze, preoccupate nuovamente per la salute mentale dell’amica, provarono a lungo a dissuaderla con parole dolci e diplomatiche, ma alla fine, minacciate da Spencer con le parole riguardanti il suicidio, approvarono a malincuore la decisione dell’amica, rifiutando comunque di accompagnarla. La Hastings non diede molto peso a tutto ciò, anzi, era euforica per il fatto di essere riuscita ad avere la meglio sulle altre ancora una volta. Forse, da quando Alison non c’era più, era stata lei a prendere le redini della situazione, con la sua determinazione e la sua furbizia. Aveva appena chiamato l’agente per dargli l’appuntamento, quando le arrivò improvvisamente un nuovo messaggio, che stavolta però lesse senza più paura negli occhi:

 

Il lupo perde il pelo ma non il vizio.

Spero che tu non sia il lupo in questione,

altrimenti mi toccherà bastonarti ancora.

-          A

Tutto ciò la fece sorridere, quasi come se volesse sfidare il suo persecutore, sicura che la stesse osservando in quel momento. Ora aveva un potente alleato dalla sua parte che avrebbe potuto aiutarla a liberarsi finalmente da quel peso opprimente che da due anni a quella parte le impediva di respirare liberamente.

 

 

ORA . . .

-        Che stupida che sono stata se ho creduto che qualcuno potesse fermare la furia di A, o meglio, di Cappotto Rosso! – pensava Spencer, dopo il riaffiorare dell’ultimo ricordo che le era venuto in mente. Tuttavia non sapeva ancora se era riuscita o meno ad informare il dr Reid, se mai l’aveva incontrato. Se tutto ciò era accaduto, aveva probabilmente messo in pericolo anche la sua vita. Questo pensiero le fece gelare il sangue. Le sue amiche l’avevano messa in guardia, e anche A l’aveva fatto, ma lei non aveva voluto sentire alcuna ragione. Ed ora? Ora era lì, segregata, affamata, da sola. Poi un altro flash le balenò nella mente: e se non fosse stata sola? Se lì da qualche parte ci fosse anche l’agente con cui aveva probabilmente parlato? Aveva bisogno di togliersi quella benda dagli occhi, per poter dare uno sguardo in giro, e vedere se il suo intuito anche stavolta aveva visto bene. In quel momento si limitò a riposarsi, perché era davvero troppo esausta per riflettere oltre. Però, a differenza di prima, aveva un barlume di speranza che le illuminava il viso: forse non era poi così sola come pensava.

  
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