Anime & Manga > Axis Powers Hetalia
Segui la storia  |       
Autore: LiberTea    21/07/2013    6 recensioni
Le quattro Case della scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts.
Ognuna ha delle caratteristiche che la contraddistinguono dalle altre, delle peculiarità che il Cappello Parlante saprà riconoscere in ognuno degli studenti che si sottoporrà al suo giudizio.
Ma non tutti i Tassorosso sono pazienti.
Non tutti i Corvonero sono saggi.
E la storica rivalità tra Grifondoro e Serpeverde può essere messa da parte.
Sette anni passati tra le mura di quel castello, sette anni per imparare non solo la magia, ma anche ad accettare e scoprire sè stessi, per conoscere l'amicizia e l'amore.
Ecco la storia di quell'anno ad Hogwarts.

***
[Spamano; Prungary; UsUk]
Genere: Fantasy, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Capitolo 3

 
L’aula di Pozioni si trovava nei sotterranei del castello: un luogo decisamente sfortunato, in cui la luce filtrava a malapena dalle finestre e l’umidità la faceva da padrona.
Tuttavia, a Ivan quel posto piaceva moltissimo. Hogwarts cambiava completamente in quel mondo sotterraneo. Un’atmosfera tanto buia e tetra quanto tranquilla e silenziosa aleggiava perennemente tra quelle mura di fredda pietra e quei corridoi deserti, e per qualche strano motivo lo faceva sentire al sicuro. Dopo quattro anni persino il suono delle catene che il Barone Sanguinario trascinava senza sosta per quegli anfratti era diventato gradevole.
Ivan si strinse nella sua sciarpa a strisce verdi e grigie mentre i suoi occhi violacei vagavano lentamente sugli altri studenti che –come al solito- sembravano volersi tenere a debita distanza da lui. Il ragazzo non capiva bene il perché di questo comportamento, anche se aveva sentito delle voci sul proprio conto. Dicevano che era cattivo, che era inquietante, che la sua era una famiglia di pazzi e addirittura che praticavano tranquillamente le Arti Oscure. Le prime volte Ivan si sentiva ferito e si arrabbiava, ma aveva notato che quando reagiva così le persone si spaventavano ancora di più –anzi-  erano letteralmente terrorizzate. Aveva dunque deciso che la scelta più saggia era quella di sorridere il più possibile, per far capire agli altri che non c’era bisogno di temerlo. Tuttavia nemmeno questo sembrava funzionare, visto che l’unica persona che desiderava davvero passare del tempo con lui era sua sorella minore, Natalia. E, ecco, lui avrebbe preferito starci alla larga il più possibile, da Natalia. Perché Ivan poteva anche essere lo studente più terrificante della scuola, ma la sorellina riusciva facilmente a spaventare anche lui, con quei suoi modi così adorabilmente ossessivi nei suoi riguardi.
Al solo pensiero, il ragazzo rabbrividì.

«Benvenuti a un altro anno qui a Hogwarts, ragazzi.», esordì con voce perentoria l’insegnante di pozioni, Absalon Beilschmidt. «So che lo ha già ricordato il preside nel suo illuminante discorso alla cerimonia d’apertura, ma ci tengo a sottolinearlo di nuovo: alla fine del quinto anno –che se a qualcuno di voi fosse sfuggito, è questo- siete tenuti a sostenere i G.U.F.O.; quindi sarà richiesto un impegno maggiore da parte vostra. Sono stato chiaro?»

Un mormorio preoccupato percorse tutta l’aula per poi placarsi all’istante. Absalon era uno dei professori più severi e temuti di Hogwarts e non esitava a punire anche il più piccolo attentato al regolamento scolastico. Tuttavia, per ironia della sorte il pover uomo si era ritrovato a essere lo zio di Gilbert Beilschmidt, uno degli studenti più molesti della scuola. Non che questo gli impedisse di mettere in punizione il nipote, comunque.
Ivan non aveva mai avuto il piacere di conoscere di persona quel ragazzo, si incrociavano giusto ogni tanto sul campo di Quidditch. ‘I Serpeverde giocano sporco, ragazzi! Usano un mezzo gigante come Battitore!’, era solito schernirlo prima delle partite, ottenendo sempre le risate dei suoi compagni di squadra. Come se lui non si sentisse già abbastanza fuori posto con quel suo metro e novanta d’altezza e quel suo fisico massiccio.
Il professore si schiarì la voce e si avvicinò al tavolo su cui erano disposti con ordine rigoroso alcuni calderoni, una serie di erbe e fialette non meglio identificate.

«Qualcuno di voi sa dirmi di cosa si tratta?», chiese, facendo saettare i suoi occhi glaciali sul gruppo di studenti.

Uno di loro alzò timidamente la mano. «Mi scusi Signore, posso?»

Ivan avrebbe potuto scommetterci che sarebbe stato proprio lui a rispondere: quello era Kiku Honda, lo studente più brillante del corso di Pozioni. Era davvero eccezionale, anche per un Corvonero.
L’insegnante gli fece un cenno con la mano invitandolo a proseguire, e il ragazzo si avvicinò.

«Dunque», esordì dopo aver dato una veloce occhiata, «Questo è asfodelo e quest’altra valeriana, senza dubbio.», disse riferendosi a due piantine dai piccoli fiori chiari.

Riflettè un altro istante prima di continuare: «Questa invece dovrebbe essere artemisia, a giudicare dalle foglie. Infine, questi», indicò un mucchietto di palline scure, «sono fagioli solforosi.»

Absalon annuì, soddisfatto. «Molto bene, Honda. Quale pozione ti fanno venire in mente questi ingredienti?»

«Il Distillato di Morte Vivente, suppongo.»

«Esattamente. Questo distillato, se preparato adeguatamente, è davvero molto potente: può far cadere chi lo beve in uno stato di perfetta morte apparente. E’ proprio questo che voglio mi prepariate: fate attenzione, durante la preparazione il suo colore passa da ribes nero per poi diventare trasparente. Se assume altre tonalità significa che state sbagliando. In quel caso, gettate tutto e ricominciate da capo. Mi sono spiegato?»

Prima che potesse ricevere risposta la porta dell’aula si spalancò, e due figure trafelate fecero il loro ingresso.

«Scusi il ritardo, Signore!»

«Già, questo idiota continuava a importunarmi!»

Ivan sorrise tra sé e sé: quei due erano davvero buffi quando litigavano. Tuttavia, presi singolarmente, Alfred F. Jones e Arthur Kirkland erano abbastanza insopportabili.

Il professore alzò gli occhi al cielo, esasperato. «Voi due! Quante volte vi ho detto che i ritardatari non sono graditi alle mie lezioni? Specialmente per motivazioni futili come queste! E poi», proseguì lanciando un’occhiata in tralice al Serpeverde, «Signor Kirkland, sbaglio o le era stato vivamente consigliato di abbandonare questo corso?»

Arthur si strinse nelle spalle con noncuranza: «Effettivamente sì, ma non riuscendo a spiegarmi il perché di questo stupido suggerimento ho deciso di ignorarlo.»

«Non vorrei essere azzardato ma credo sia per via del fatto che l’anno scorso hai quasi fatto saltare per aria il laboratorio.», intervenne Alfred, suscitando qualche risatina degli altri studenti.

L’altro lo fulminò con lo sguardo: «E’ stato un incidente, razza di imbecille!»

«Certo, così come le altre undici volte.»

«Sta zitto!»

«Mi rincresce ammetterlo», si intromise Beilschmidt, «Ma temo che Jones abbia ragione.»

Un’espressione indignata si dipinse sul volto di Arthur. «Come osa…?»

«Prendete un calderone», lo interruppe il professore prima che il Serpeverde scomodasse tutto il suo nobile parentado per vendicare il torto subito, «Pretendo di vedere dei Distillati di Morte Vivente preparati alla perfezione.»

Tutti gli studenti presero posto intorno al grande tavolo di legno, iniziando a sfogliare i loro libri di testo alla ricerca della ricetta di preparazione.
Pozioni poteva anche essere un corso difficile –pensò Ivan- ma era bello avere la certezza che per quanto si potesse andare male non si potevano raggiungere i catastrofici livelli di Kirkland.

«E mi raccomando: niente esplosioni!», esclamò Beilschmidt, mentre il diretto interessato sbuffava sonoramente e Jones sghignazzava sotto i baffi.

***

«Me la farei, me la farei, lui credo di essermelo già fatto…»

Antonio se ne stava appoggiato a una delle tante colonne del porticato che circondava il piccolo cortile interno, in compagnia di Gilbert e Francis. Quest’ultimo stava appunto esaminando, ad uno ad uno, gli studenti e le studentesse che passavano di lì, nel tentativo di capire quante possibilità gli si aprivano davanti dopo una lunga estate lontano da Hogwarts.

«Sei senza pudore, amico.», lo rimproverò Gilbert, senza però riuscire a trattenere un sorrisetto complice.

Il biondo si strinse nelle spalle con noncuranza: «Dovrò pur rifarmi gli occhi, prima di andare a quell’odiosa lezione di erbologia.»

«Erbologia non è poi così male.», intervenne Antonio guadagnandosi un’occhiataccia da parte di Bonnefoy.

«Il solo pensiero di dover infilare quegli orrendi guanti sporchi di terriccio sulle mie mani perfette mi causa incubi ricorrenti, Carriedo. Non osare venirmi a dire chenon è poi così male

Gilbert scoppiò a ridere: «Sei sicuro di essere nella scuola giusta? Credo che Beuxbatons sarebbe stata una scelta migliore!»

Il Serpeverde sospirò con aria malinconica: «Non scherzare su queste cose: Beuxbatons è così elegante e raffinata. Per non parlare di quelle meravigliose divise; nulla a che vedere con questi mantelli fuorimoda.»

«Cos’è Beuxbatons?», chiese Antonio con espressione confusa. Il Grifondoro si ritrovava spesso a dover chiedere delucidazioni sul mondo magico, un universo per lui completamente sconosciuto prima dei suoi undici anni, quando un gufo si era posato sul davanzale della sua finestra, a Madrid, per recapitargli la lettera d’ammissione alla Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts. Prima di allora il ragazzo aveva vissuto una vita normale, con dei genitori altrettanto normali: certo, mamma e papà avevano sempre pensato che ci fosse qualcosa di speciale in lui, ma non si sarebbero mai immaginati una cosa simile.

«Una scuola di magia come Hogwarts, solo molto più snob e molto più effemminata.», ripose Gilbert con aria insofferente.

«Già, però nel frattempo i loro studenti indossano divise in raso blu con cappellini abbinati. Capisci? Cappellini abbinati.», ribattè Francis, scandendo quelle parole come a voler imprimere  quella sublime immagine anche nella mente degli amici.

Antonio si ritrovò a ringraziare quella buona stella sotto la quale era nato per averlo fatto finire ad Hogwarts. Lui non era decisamente un tipo da raso e cappellini, e se quella scuola era davvero così elitaria come diceva Gilbert, di certo i figli di babbani non dovevano essere ben visti.

«Ti avverto: se mai ti dovessi conciare in quel modo ti toglierei il saluto.», ribattè Gilbert guardando in tralice il francese.

«Saresti solo invidioso della mia eleganza.», rispose questi, «Se anche tu curassi maggiormente il tuo aspetto sta pur certo che l’Héderváry a quest’ora sarebbe già caduta ai tuoi piedi.»

Quello non avrebbe dovuto dirlo. Antonio guardò immediatamente Gilbert, la cui espressione era confusa, offesa e imbarazzata al tempo stesso, mentre la sua bocca cercava di formulare una frase di senso compiuto o comunque un insulto abbastanza efficace senza però riuscirci. La sua cotta per Elizaveta era ormai un dato di fatto, talmente evidente e comprovata che i due amici non si sforzavano nemmeno più di capire perché fosse sempre così ossessivo nei confronti della ragazza e così geloso nei confronti di Edelstein.
Tuttavia l’unico a non essersene reso conto sembrava proprio Gilbert, il quale si era ormai autoconvinto che l’interesse che provava verso di lei era dettato semplicemente da quell’antipatia reciproca che si portavano dietro sin dall’infanzia. Per sua enorme fortuna, anche Eliza pareva essere dello stesso avviso.

«Smettila, imbecille!», sbottò infine il Corvonero, «Per quel che me ne importa quella stupida donna può anche andare a letto con quella femminuccia di Edelstein!»

«A lei sicuramente non dispiacerebbe.», disse allora Francis con un sorrisetto, mentre Antonio gli lanciava uno sguardo che significava inequivocabilmente ‘Se ti ammazza, io non ti aiuto’.

Quella che si dipinse sul viso di Gilbert, però, era tutto fuorchè un’espressione omicida: abbassò il capo e si strinse nelle spalle, uno sguardo amareggiato in quei suoi occhi color magenta.

«Questo lo so, grazie per avermi ricordato una cosa tanto raccapricciante.», mormorò.

Era in quei momenti che Antonio avrebbe seriamente voluto prendere a pugni Francis Bonnefoy. Per quanto gli volesse bene, per quanto fosse uno dei suoi amici più cari, non riusciva proprio a tollerare quel suo cinismo.
Quella volta, però, il Serpeverde sembrò quasi pentirsi della sua meschinità nei confronti dell’amico, e quando qualcosa dall’altra parte del cortile catturò la sua attenzione, avvolse un braccio attorno alle spalle dell’altro per poi ridacchiare: «Su, mon cher, non fare così: sai che odio vederti triste.», a quelle parole gli altri due lo guardarono di traverso, «Ma scommetto che ti passerà presto: guarda chi c’è laggiù.»

Tutti si voltarono nella direzione indicata da Francis. Procedendo a grandi falcate attraverso il prato, con lo sguardo basso e la solita espressione corrucciata, Lovino Vargas stava andando proprio verso di loro, troppo perso nei suoi pensieri per accorgersene.

«Sai cosa significa, Gil? Che il nostro Tonio sta per andare a importunarlo come al solito, offrendoci uno spettacolino davvero divertente.»

Quelle furono le ultime parole che il Grifondoro sentì prima di mandarlo definitivamente a quel paese e correre incontro al suo Tassorosso preferito, come previsto.

«Ehi, ciao!»

Vargas alzò gli occhi ambrati nella sua direzione, per poi guardarsi attorno come per capire se si stesse effettivamente rivolgendo a lui. Quando intuì che no, non c’era la benchè minima speranza che il ragazzo stesse salutando qualche altro malcapitato, si limitò a sbuffare.

«Cosa vuoi, Carriedo?»

Antonio scrollò le spalle con un sorriso talmente euforico e raggiante da risultare quasi disarmante.

«Nulla in particolare. Volevo solo sapere se hai passato delle buone vacanze, ecco tutto.»

Lovino inarcò un sopracciglio, guardandolo in tralice. «Aspetta: da quando questi sono affari tuoi?»

L’espressione allegra dell’altro vacillò appena.
Non c’erano dubbi, quel ragazzo non era cambiato di una virgola in quei tre mesi: stesso sguardo tagliente, stesso atteggiamento scontroso. Antonio non potè evitare di trovarlo meraviglioso.
Si passò una mano dietro il collo. Dannazione, solo lui riusciva a metterlo alle strette in quel modo.

«Hai ragione, suppongo che non lo siano…»

«Supponi bene.»

Il Grifondoro riusciva quasi ad avvertire la temperatura intorno a loro abbassarsi di secondo in secondo, quasi quanto riusciva a sentire le grasse risate di quei due idioti dei suoi amici alle sue spalle.

«Ora scusami», riprese Lovino, «ma si dà il caso che sia già in ritardo per la lezione di Incantesimi. E l’ultimo dei miei desideri è venire ripreso per colpa tua, perciò-»

«Aspetta!»

Non appena lo aveva visto allontanarsi, Antonio aveva agito di riflesso, e ora lo stava tenendo saldamente stretto per il polso. Inutile dire che lo sguardo che ricevette in risposta fu tutt’altro che amichevole.

«Che diamine fai? Lasciami andare!»

«La settimana prossima giochiamo contro i Corvonero. Mi farebbe davvero piacere che venissi a vederci.»

Lovino lo guardò perplesso per un lungo istante: «E perché mai?»

Lui sfoggiò nuovamente quel suo sorriso così caldo e luminoso, per poi fargli l’occhiolino con complicità: «Così potresti fare il tifo per me.»

Qualsiasi essere umano avrebbe ceduto a quella richiesta, di fronte a quegli occhi verdi e a quell’espressione ammiccante e sincera al tempo stesso.
O meglio, qualsiasi essere umano che non si chiamasse Lovino Vargas.

«Dammi un secondo per pensarci…», disse fingendo un’espressione concentrata, «…No.»

Antonio sentì il cuore fargli un tuffo nel petto, tant’è che allentò la presa sul polso dell’altro.

«Perché no?», gemette con un filo di voce e un’espressione di pura delusione sul viso, mentre il Tassorosso ne approfittava per liberarsi da quella stretta.

«Perché no.», ribadì in tono perentorio, «Sei irritante, ottuso e molesto. L’unica circostanza in cui potrei fare il tifo per te con un certo entusiasmo sarebbe se decidessi di arrampicarti sul Platano Picchiatore. Addio, Carriedo.»

E al povero Grifondoro non rimase altro se non la visione della sua schiena che si allontanava e i fischi di approvazione di Francis e Gilbert.





 

Angolino dell’Autrice:

Salve a tutti, eccomi qui con il terzo capitolo!
Prima di tutto ringrazio come sempre gli adorabili esseri che hanno messo la storia tra le preferite/seguite, e in particolare chi mi ha lasciato un commentino, ovvero Snowhite_Queen, Ale_Be e Puolukka Sorbet.
Poi vorrei fare una piccola precisazione: Beuxbatons compare nel quarto volume della saga (“Harry Potter e il Calice di Fuoco”), si trova in Francia e non è una scuola prettamente femminile. Ci tenevo a precisarlo perché nel film questo dettaglio è stato modificato, e siccome molti hanno presente principalmente la versione cinematografica non vorrei mai che vi immaginaste un Francis che volteggia aggraziatamente sui tacchi. Con una gonna di raso blu. Oddio, potete farlo eh, chi sono io per limitare la vostra fantasia, ma la divisa maschile di Beuxbatons prevede pantaloni e mocassini (ed è comunque più fashion dei pastrani che hanno a Hogwarts, sicuramente--). Così, volevo dirlo per non traumatizzarvi.
Insomma, note pignole a parte spero che il capitolo vi sia piaciuto! Rimembrate sempre che le recensioni sono sempre bene accette e che non mordo ~
See ya soon, people!
   
 
Leggi le 6 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Axis Powers Hetalia / Vai alla pagina dell'autore: LiberTea