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Autore: Donixmadness    21/07/2013    2 recensioni
Non ho idea di cosa mi sia saltato in testa!! Sono nei casini e metto pure a scrivere una storia!!
Va beh! Spero almeno di farcela, premettendo che ho molto da fare comunque ecco alcuni indizi:
"Lo sapevi che era solo un riflesso, perciò non ti sei stupito più di tanto quando non ci hai trovato nulla in quella pozza sporca. Ma perché l’hai fatto? Non vorrai mica controllare le tue condizioni, mi auguro!
Ciò che fai dopo conferma i miei timori. Persino il tuo inconscio ti intima di non farlo: gli hai già disobbedito una volta perché vuoi farlo ancora? Maiale testardo!!
Troppo tardi ti sei sporto sulla superficie stagnante e ti sei visto … "
Genere: Malinconico, Suspence, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Matt, Mello, Near, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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The Glory smells like Burnt

 
 



-Capitolo 7-

 
 
 





È più di un’ora che sta seduto su quella scomoda sedia di legno. È più di un’ora che i loro occhi si fissano, in particolare quelli dell’uomo che ha davanti sono lievemente più spenti e stanchi dei suoi. 
Quello sguardo rassegnato e grave è così pesante che Mihael vorrebbe urlargli in faccia e prenderlo a schiaffi se è possibile.Il direttore Gerard sospira nuovamente, esalando l’ennesimo sbuffo di insoddisfazione: “No, proprio non ci siamo” pensa sconfitto e amareggiato.
Dopo vent’anni di onorata carriera all’interno di quell’istituto che ha raccolto delinquenti, neospacciatori e piccoli zingari, non si è mai imbattuto in un soggetto più complicato di quello.
Non appena dalla porta della direzione gli comunicano un problema, lui sa già chi è il colpevole: Mihael Keehl.
Ed ora è dinnanzi a lui, in tutta la sua malizia puerile. Sono quasi due mesi che è lì e in così poco tempo ha creato scompiglio in tutto l’istituto. Dall’inizio appariva timido, confuso e triste, ma ben presto ha dimostrato a tutti il cipiglio fiero di un giovane leone.
Quel ragazzo è davvero un leone sia per la sua forza fisica, la quale numerosi bambini hanno avuto modo di sperimentare, sia per lo sguardo minaccioso rivolto a tutti coloro che sfortunatamente gli sono di intralcio.
Tuttavia, non è come gli altri. No, in lui c’è qualcosa di diverso: ad esempio, non è circondato dalla schiera di schiavetti che è solita accompagnare “i bulli” o meglio, per usare un eufemismo del direttore, gli “irruenti”.
Sta solo quando mangia a mensa, in fondo all’aula, durante la pausa in cortile, sempre … Persino nella sua camera vive in solitudine.
In verità, per quanto riguarda quest’ultima constatazione, bisogna dire che è collegata ad un fatto alquanto spiacevole al quale si sono susseguiti tutti gli altri ad effetto domino. E, come si può ben immaginare, a causa di questi è finito più volte in direzione.
Quell’episodio della camera gli ha assegnato definitivamente l’etichetta di “bulletto” e “violento” dell’orfanotrofio; neanche fosse stato una mucca da marchiare a fuoco e tutto ciò lo trova irritante.
Comunque, un giorno gli presentarono quello che sarebbe stato il suo nuovo compagno di stanza. Mihael non ne fu subito entusiasta, anzi già considerava una rottura condividere quella camera fin troppo stretta.
Era steso sul letto e osservava assorto la croce del rosario oscillargli davanti al volto. Poco dopo bussarono alla porta e fece il suo ingresso il direttore Gerard assieme al nuovo compagno. A quella visita inattesa, il biondo si alzò di impeto occultando il rosario dietro la schiena.
-Mi raccomando Mihael, cerca di farlo sentire a suo agio. – disse l’uomo con uno sguardo più che eloquente. 
Per tutta risposta il bambino sbuffò scocciato, mentre il nuovo arrivato fece qualche timido passo in avanti. Ancora non si conoscevano e già quello temeva la sua presenza: probabilmente gli avevano riempito la testa di voci sul suo conto. Mihael non sopportava tutto ciò, era ingiusto: non riteneva che fosse colpa sua se gli altri lo infastidivano. Per cui se finiva per fare a botte con loro, allora significava che se l’erano cercata. Sostanzialmente è questa la sua filosofia e, per quanto gli riguarda, non ha alcuna intenzione di cambiarla solo per compiacere uno stupido direttore. Non la darà mai vinta a nessuno, nemmeno a chi si spaccia per il più debole, e quella volta non fu di certo un’eccezione.
Dato che non riusciva a sopportare gli occhi intimoriti di quel ragazzino, il quale si muoveva impacciato e indietreggiava ogni volta che i loro sguardi si incrociavano, decise di levare le tende per primo.
-Senti – cominciò il biondino –io vado fuori a fare un giro, ma non toccare le mie cose. Chiaro?
Un messaggio conciso il quale non voleva ammettere inflessioni, così Mihael nascose furtivamente il rosario sotto al cuscino ed uscì fuori. Al suo ritorno, purtroppo, trovò il ragazzino accanto al suo letto e con i grani rossi fra le dita: quella sola vista bastò a farlo diventare rosso di rabbia.
L’altro, che non si era minimamente accorto della sua presenza, sobbalzò quando lo vide. La presa sull’oggetto tanto caro non fu così salda, poiché scivolò dalle mani di quel bambino cadendo sul pavimento. 
Fu troppo per Mihael, infatti non ci pensò due volte prima di fiondarsi su di lui tempestandolo di pugni. 
Ecco perché da allora non gli fu più assegnato un compagno di stanza. Ma se non altro questo avrebbe impedito a qualsiasi ficcanaso di toccare la sua roba, specialmente quel rosario che custodiva gelosamente.
Adesso sta solo rivivendo la stessa scena: lui seduto di fronte al direttore, il quale rigira nervosamente la penna tra le dita.
-Allora? Ha deciso quale punizione darmi?! – domanda spazientito Mihael, tamburellando nervoso le dita sul braccio. Dopo un altro sospiro che esala monotonia, l’uomo si decide a rispondergli:
-Sicuro, che non hai nulla da dire per discolparti?- scaglia l’ultima freccia.
- No. - risponde secco –Mi dia questa punizione e facciamola finita. Anche se spiegassi come stanno le cose nessuno mi crederebbe, quindi è inutile sprecare altro fiato … Che cosa devo fare?
-E sia! Ti darò questa punizione: per i prossimi due giorni pulirai il corridoio principale durante la pausa. Mi occuperò io di avvisare Kristina.
Ormai il verdetto è stato emesso, quindi si alza ed esce da quel luogo opprimente a passo di marcia. Non gli importa se quello che sta dentro è il direttore, sbatte la porta dietro sé senza curarsi di salutarlo.
- Tze! Vecchio bacucco buono a nulla!!- mormora a denti stretti, ripensando alla punizione che dovrà scontare oltre all’umiliazione che presto giungerà. Nonostante durante la pausa la maggior parte degli orfani è fuori in cortile, il corridoio principale, cioè quello collegato all’ingresso, è comunque molto frequentato. Già si immagina le risatine di scherno dei suoi compagni e questo lo fa semplicemente imbestialire.
“E poi si chiedono perché li picchio!” pensa stizzito. Se non altro si consola sapendo di aver conciato per le feste quegli idioti di Zack, Carl e Lyod.
Cammina per l’edificio senza una meta precisa, scansando come un automa i ragazzini che gli vengono incontro. Quell’orfanotrofio è sull’orlo del sovraffollamento ed è già un miracolo che fino ad adesso non abbia dovuto condividere la stanza, però sa che prima o poi accadrà.
“Ma io … cosa ci faccio qui dentro?” si ritrova a pensare assorto, mentre quasi giunge nei pressi delle scale. Sta per scendere quando una mano gli blocca la spalla: una presa che non ha nulla di affettuoso. Gli occhi azzurri di Mihael incrociano un volto per niente amichevole.
Le labbra  sottilissime, quasi due linee, si piegano in una smorfia di repulsione e disgusto. Il naso adunco accompagna arricciandosi indispettito, mentre la fronte si corruga in un’espressione accigliata.
-Sei tu quello che deve scontare la punizione? – a giudicare dalla voce acida e roca, Mihael apprende di essere appena stato fermato da Kristina. La donna sulla quarantina è una delle inservienti dell’orfanotrofio, custode delle chiavi dell’edificio e addetta alle pulizie.
“Dannata! Mi ha fatto prendere un colpo! Stupida vecchia zitella” impreca mentalmente trattenendosi a stento.
- Sì – è questa, invece, la risposta telegrafica che rivolge alla donna. Quella lo afferra saldamente per il braccio trascinandoselo dietro. Non è mai stata il tipo di persona che bada alla delicatezza, soprattutto da ciò che si dice in giro di lei. In quell’orfanotrofio, in cui sparlano di tutto e su tutti, si mormora che fosse una poco di buono prima di lavorare lì. Tuttavia, la prima volta che Mihael la vide gli diede l’impressione di essere la classica “zitella acida e fumatrice”, infatti più volte l’aveva scorta nel retro dell’edificio con una sigaretta fra le labbra.
Del resto non si può neanche dire che sia una bellezza: ha un neo, o forse sarebbe meglio dire porro, sul mento. I capelli sono legati in uno chignon e porta anche una fascia elastica, la quale fa trasparire qualche ciocca grigia dell’età. La cosa che infastidisce di più il bambino sono quegli occhi porcini velenosi, grazie ai quali la donna riesce ad intimidire i temperamenti più vivaci. Per non parlare dei grugniti poco aggraziati che accompagnano quasi sempre le sue occhiatacce.
Kristina conduce il piccolo, quasi tirandolo per la maglia, sino allo stanzino delle scope. Al ché, un indignato Mihael, scaccia la mano della donna che stava sformando la stoffa. Quella non ci bada molto: apre subito il ripostiglio tirando fuori un secchio, un flacone mezzo vuoto e una spazzola.
Il biondino rimane interdetto prendendo gli utensili in mano, mentre Kristina chiude la porta con tutta tranquillità.
- Dov’è?
- Dov’è cosa?
-Il manico della spazzola! Non vorrai mica dirmi che devo lavare così!-protesta indignato.
-Non c’è. – risponde secca.
-Come non c’è?!! Non avete un fottuto spazzolone per lavare il pavimento??!
-Senti ragazzino, io ho da fare! Questo è sufficiente, quindi arrangiati! – dopo questa presa di posizione si volta impugnando un manico di scopa.
Mihael è davvero furente: “E’ ufficiale! Io odio quella donna!!”.
D’altronde come dargli torto? Fino ad ora tutte le donne che ha avuto modo di conoscere si sono rivelate meschine ed egoiste fino al midollo. Sua madre è la prima della lista e, per quanto fosse ancora piccolo, Sebastian l’ha tenuto al corrente della sua empietà. Certo non scese nei dettagli, ma aveva fatto capire a suo figlio quanto fosse inaffidabile.
È più che evidente come il ripudio della persona che gli ha dato alla luce, abbia piantato il seme della misoginia nella terra giovane e tenera del suo cuore. Per lui c’è sempre stato il papà e mai la mamma.
Sfortunato e sconsolato, Mihael si appresta a svolgere i suoi doveri: si reca prima in bagno per riempire il secchio e poi si avvia verso dell’ingresso.Il corridoio, cosiddetto “principale”, comprende l’atrio e due lunghe navate di cui una porta alla mensa e l’altra alle aule del pian terreno. Decide di cominciare a pulire dalla mensa, visto che non c’è nessuno e perché di lì il tragitto gli sembra più breve.
Osserva il corridoio stagliarsi lungo e profondo ai suoi occhi, per un momento gli viene in mente la sua vecchia casa. Era più o meno la sua attuale stanza: piccola, costretta, emarginata dal resto della città eppure sempre famigliare. Trascorreva molte ore in solitudine e quindi toccava a lui mettere in ordine e pulire, dato che suo padre non poteva.
Ricorda che svolgeva tutto con molta allegria, probabilmente perché al ritorno avrebbe mostrato con orgoglio a Sebastian il frutto del suo operato. In cambio, lui veniva ricompensato con una carezza affettuosa sul capo.
Mihael si china cominciando a strofinare le mattonelle con la vecchia spazzola. Non vuole caderci di nuovo … Non ci vuole pensare, anche se è successo da poco. Ormai non si può più tornare indietro …
Devi vivere senza di lui. Devi andare avanti senza di lui.
“Tu sei speciale”, gli diceva. Stringe i denti sfregando più forte le setole contro la superficie.
-In che cosa sarei speciale?- mormora con gli occhi che pizzicano.
 
 
 
 

Francis Gerard fissa il foglio con occhio critico, rileggendo tra le righe perfettamente pulite e prive di correzioni. Si tratta dell’ennesimo rapporto degli insegnati su uno dei loro allievi, precisamente colui che ha appena castigato: Mihael Keehl.
Ha soltanto otto anni eppure il suo rendimento è eccellente. Tuttavia un compito di matematica di livello superiore non è sufficiente a stabilire il suo QI, ci vuole qualcosa di più tosto. Qualcosa come un esame accademico vero e proprio.
Chi avrebbe mai immaginato che il biondino fosse già inserito tra gli ingranaggi del “sistema”?!
“Non ho altra scelta …” conclude il cinquantenne dopo un’attenta riflessione. La mano si tende verso la cornetta, ma uno squillo improvviso la interrompe.
-Pronto? – risponde il direttore, con uno strano presentimento.
-Buongiorno Francis. E da un po’ che non ci si sente!- esordisce un uomo dall’altro capo del telefono.
-Oh! Ma che piacere risentirti!! – quasi si trattiene dall’esclamare di gioia, poiché è proprio la persona che stava cercando. “Parli del diavolo …”
-Come mai questa telefonata?
-In realtà, mi trovo in Germania per alcuni affari così ho pensato di salutarti. Dato che mi sto dirigendo a Berlino, volevo avvisarti che passerò per Zehlendorf.
-Oh, ma è fantastico!! Sappi che sei il benvenuto!!
-Ti ringrazio. E poi mi piacerebbe fare due chiacchiere con il mio vecchio compare!
-Già! Sai … - comincia Gerard, grattandosi il capo e osservando il foglio – la tua telefonata capita a proposito. Anzi, stavo proprio per chiamarti in questo preciso istante.
- Come mai? Novità?
-Sì, e per questo vorrei la tua opinione in merito …
 
 
 


Il braccio, esile e scoperto dalle maniche rimboccate, appoggia con lieve sforzo il secchio a terra. 
Mihael sbuffa di nuovo alla vista del lungo corridoio, ma può consolarsi sapendo che è l’ultimo giorno di fatica.
Alla fine ha scoperto che quella megera di Kristina gli aveva mentito: ce l’aveva lei lo spazzolone!Per vendetta voleva rubarglielo di soppiatto, ma fu subito beccato e gelato all’istante dal suo sguardo. 
La donna gli strappò di mano l’utensile sbottando: -Questo è mio! – non mancando di calcare sull’ultima parola con un insolito accento polacco.
Così, rassegnato, Mihael si mise a lavoro. Ieri fu particolarmente faticoso, infatti ritornò in camera distrutto e con le mani doloranti.
Oggi, stranamente, possiede più carico: forse perché da domani non subirà più quell’estenuante umiliazione? La risposta è sicuramente affermativa, però si sente ancora deluso per non essere riuscito ad ottenere l’oggetto che gli avrebbe facilitato il compito.
“Quella strega l’ha sicuramente nascosto da qualche parte!” pensa mentre immerge la spazzola nell’acqua. Per sua gioia l’atrio è completamente deserto, l’unica cosa che ode è il continuo sfrigolio della spazzola.
Questa sì che è pace! Mihael adora il silenzio per questo motivo.
Tuttavia, l’attimo di placida calma non dura a lungo: il cigolio del portone echeggia nel vuoto. Il piccolo solleva il capo interrompendo la sua attività, giusto in tempo per notare una scarpa nera e lucida oltrepassare l’ingresso.
Il suo sguardo ceruleo cammina lungo tutto il profilo di quella figura sconosciuta. È nera, elegante e soprattutto non sembra del luogo: lo si capisce dal portamento fin troppo raffinato. L’uomo con una bombetta in testa richiude la porta alle sue spalle, poi si volta osservando l’ambiente circostante con vivo interesse. Mihael intanto si è rialzato e, senza accorgersene, ha mosso qualche passo verso di lui.
Sobbalza sorpreso quando i loro sguardi si incrociano. Non sa proprio spiegarsi la sua reazione: in fondo non si è mai fatto intimorire da nessuno prima d’ora, nonostante la sua giovane età.
Adesso può scorgere appieno l’espressione bonaria di quell’anziano con folti baffi bianchi. Il biondino segue incantato ogni sua mossa, scrutando con i suoi occhioni azzurri. Lo sconosciuto si toglie il cappello accostandolo al petto.
- Guten tag* – esordisce con un impeccabile tedesco, il quale alle orecchie del bambino appare limpido, pulito e … strano. Di solito è abituato ad udire rozzi stravolgimenti della lingua, i quali spesso assomigliano più a grugniti che a delle parole. Dopo qualche secondo scuote la chioma dorata, risvegliandosi dalla trance: 
- G…Guten …tag – balbetta inspiegabilmente. Prova un senso di imbarazzo di fronte a quell’uomo, che potrebbe essere tranquillamente uno di quei ricconi sfondati e viscidi. Eppure, a guardarlo non si direbbe proprio.  
-Sto cercando il direttore Gerard, sapresti dirmi cortesemente da che parte si trova la direzione?
-Di là – indica con il dito. Allora l’uomo gli sorride attraverso i folti baffi facendo, in qualche modo, imporporare le guance di Mihael il quale non è abituato a simili riguardi.
-Dank** - ringrazia chinandosi leggermente. Il biondino, preso alla sprovvista, ricambia facendo un mezzo inchino con il capo.
Ma si ferma bruscamente accorgendosi delle sue azioni: “Ma … che sto facendo?” si riscuote, intanto quell’uomo si allontana.
Mihael lo può giurare: ha appena incontrato un alieno.
 
 
 
 
Quando ha visto Gerard affacciarsi nel corridoio con un sorriso affabile stampato in faccia, Mihael ha creduto che il direttore fosse impazzito.Quando, invece, gli ha comunicato gentilmente che una persona voleva parlare con lui, è cascato totalmente dalle nuvole.
A giudicare dal comportamento equivoco che ha assunto nei suoi confronti, pareva che ci fosse il presidente in persona ad attenderlo.
Invece, con somma sorpresa del piccolo, si trattava dell’uomo di poco fa.
Non appena quello scorge la sua figura, distende nuovamente i baffi in un sorriso, il quale non ha nulla a che vedere con la smorfia di circostanza del direttore. In realtà, il biondo non ce l’ha con il vecchio Gerard, ma è solo abituato ad udire la sua voce seccata e spossata.
-Bene, ora vi lascio soli – e detto questo lascia il suo ufficio.
-Prego, siediti – comincia l’uomo prendendo posto sulla poltrona della direzione, mentre lui si sistema incerto sulla sedia davanti alla scrivania.
-Innanzitutto permettimi di presentarmi: mi chiamo Qullish Wammy . Mentre tu devi essere Mihael, giusto?
-Sì e non ho fatto niente! – scatta sulla difensiva il biondino, suscitando la tenerezza dell’uomo.
-Non sei nei guai Mihael, tutt’altro! Sei qui perché alcuni insegnati pensano che tu … come posso dire … sia speciale.
Ancora, ancora quella parola. Il ragazzino rimane esterrefatto: è la seconda persona che glielo dice, ma ancora non comprende il motivo. Ritiene di non avere proprio nulla di così grandioso, in fondo è solo un bambino solo.
-Ci deve essere un errore. – ribatte convinto –Io non ho niente di “speciale”.
-Perché questo non lo lasciamo stabilire ai test?
-Test? – inarca un sopracciglio.
-Non ti spaventare, in realtà sono dei giochi.
-Ma … come …
-Proprio così: è sufficiente giocare per stabilire le tue qualità.
Mihael è a dir poco basito. Non ha la più pallida idea di che cosa stia parlando, ma ha uno strano presentimento.
-Lei, per caso, è … uno strizzacervelli? – domanda scettico. A quella parola l’uomo ride di cuore, pur mantenend la sua compostezza.
-Uno psicologo dici? No, assolutamente. Non ho una laurea per questo.
- Umh …
-Allora? Vuoi scoprire se sei speciale?
I successivi sessanta minuti sono trascorsi all’insegna di puzzle, immagini da osservare, figure da riconoscere e blocchi da assemblare.
Tra i “giochi” di quello strano signore, Mihael ha riconosciuto il cubo dai mille colori che Mike gli aveva regalato tempo fa.
Alla fine, quell’inaspettata visita è riuscita anche a farlo divertire.
-Allora come è andata? – chiede Gerard ansioso.
-Benissimo direi. – risponde l’inglese più che soddisfatto. Ha trovato una mente assolutamente brillante, una stella luminosa.
-Ma è grandioso! –esclama con insolita enfasi il cinquantenne.
-Ora posso andare? – fa capolino Mihael in mezzo a loro. Ancora una volta Qullish gli sorride amorevolmente: - Certo. Sei stato bravissimo.
-Solo perché ho fatto quei giochi? – domanda un po’ imbarazzato.
L’uomo si china alla sua altezza accarezzandogli dolcemente la chioma dorata. Mihael si sente improvvisamente rapito da quel tocco così premuroso, il quale gli ricorda quello del suo papà.
Le palpebre si abbassano lentamente a schermare il velo lucido, il quale annebbia lievemente le iridi cielo. Gli pungono di nuovo gli occhi!
Ma questi si sgranano all’istante quando apprende le intenzioni del vecchio inglese.
-Tieni – dice, mentre gli porge quella che sembra una tavoletta di cioccolata.
Il biondino è stupefatto: da quanto tempo non mangia una tavoletta di cioccolata? Colto dall’istinto l’afferra subito scartandola dall’involucro.
Ne assaggia un pezzettino. La sua dolcezza si scioglie in bocca mentre uno strano calore gli pervade il cuore, da tempo infreddolito.
- Dank! – ringrazia dal profondo il ragazzino, rivolgendo all’uomo un sorriso radioso.
 
 
 
 
Il pesante cancello di ferro si sta aprendo lentamente, producendo un forte stridio metallico. 
Mihael non ci bada molto, poiché è tutto concentrato sull’edificio che si staglia davanti ai suoi occhi.
Completamente catturato dall’aura onirica che emana.
“Ci siamo.” pensa “E’ qui che ... diventerò qualcuno …”












  
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