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Autore: Diana924    21/07/2013    0 recensioni
Intrighi, tradimenti e amori alla corte di Filippo I d'Asburgo-Tudor. Jenny deve fare le sue scelte, ma in fretta, eprchè il tempo corre e lei deve correre più del tempo stesso...
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Epoca moderna (1492/1789)
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L’arrivo dell’arciduchessa Maria si era svolto come da programma. L’arciduchessa era sbarcata a Dover in incognito, sotto il nome di contessa del Tirolo e quindi non avrebbe avuto diritto ad un’accoglienza trionfale.

Non si perse d’animo, e risalì il Tamigi a bordo della lancia regale diretta a Londra.

Il re e la regina la attendevano e, quella sera, ci fu un ricevimento ad Hampton Court in suo onore. L’arciduchessa Maria ora aveva diciassette anni, e aveva già avuto due figli, rimasti a Bruxelles. Era magra ma appariva sana. I capelli lunghi erano raccolti in un’elaborata acconciatura e l’abito era nero con bordi dorati. Era bellissima e sembrava anche allegra. Chiacchierò a lungo con il fratello e la cognata, che era visibilmente irritata da lei che aveva lasciato appena bambina e che ora vedeva come una giovane donna in fiore. Era evidentemente gelosa del possibile ascendente che la cognata poteva avere e forse, se fosse stata lei a regnare l’avrebbe immediatamente rispedita nelle Fiandre.

Il re la informò che era sua intenzione mandare suo figlio il principe di Galles a Ludlow entro pochi giorni, l’arciduchessa approvò e chiese di poterlo vedere.

Presi il principe per mano e lo condussi fino al re, poi m’inchinai; lui fece un inchino di rito ai genitori e osservò l’arciduchessa Maria che l’osservava con il suo solito cipiglio severo.

<< Figlio mio … Altezza reale, vi presento la signora vostra zia e quindi nostra sorella, l’arciduchessa Maria d’Asburgo-Tudor, nata duchessa di York >> la presentò il re, dopo che il principe aveva abbracciato la madre. Il principe la osservò, si allontanò dalla regina, fece un inchinò come richiesto dal protocollo e poi tornò verso di me e mi prese per mano.

<< Scusatelo maestà, Altezza Imperiale, ma Sua Grazia è molto stanco, sapete che non è abituato a fare così tardi, ma la colpa è solo mia >> dissi, cercando di proteggerlo da eventuali sgridate.

<< Non fa niente Jennifer, so come ci si sente, preparetelo, tra tre giorni partirete. Io non ho avuto la sua stessa fortuna >> rispose il re, sorridendo. << Ma voi dovevate regnare, nostra madre ci aveva lasciati, fu vostro dovere >> intervenne l’arciduchessa. << Ne sono cosciente sorella, e non passa giorno che non pensi a lei, ma avrei preferito non perderla così presto >> le rispose il re, irritato, non voleva quella conversazione e fece segno di alzarsi e invitare la sorella a ballare. Mentre riportavo il principe nei suoi alloggi vidi distintamente il sorriso di trionfo stampato sul volto della regina Margherita di Valois.

 

***

Tre giorni dopo eravamo pronti per la partenza. Saremmo dovuti partire dopo la Messa delle sei, ma la regina si era attardata a salutare il principe e così noi non eravamo ancora partiti.

Il re aveva disapprovato tutte quelle smancerie ma io capivo perfettamente la regina. Avevo tre figli e capivo quanto doveva esserle difficile separarsi dal più grande e sapere che l’avrebbe rivisto uomo fatto e ignorare ogni cosa di lui perché il tempo li aveva separati troppo a lungo.

Mi aveva rivolto molte raccomandazioni inerenti il principe e le avevo promesso che sia io ché Juliàn non lo avremmo perso di vista.

Essendo ancora un bambino il principe aveva un piccolo pony, ma fu giudicato più prudente farlo viaggiare in una carrozza coperta al cui interno potevano stare cinque persone, lui compreso.

Saremmo arrivati a notte fonda, ma almeno l’erede al trono sarebbe stato al sicuro, e questa doveva essere la priorità.

<< Pronta per partire? >> mi chiese mio marito mentre montava a cavallo. << Non lo so Juliàn, non lo so. Ma dobbiamo farlo, e lo faremo, nel migliore dei modi >> risposi, tesa per l’emozione. << E se non fosse per dovere? Saresti partita lo stesso? >> << Non lo so, forse, ma avrei preferito rimanere qui a Londra >> risposi, mentre salutavo con la mano Bessie, che era venuta con Fernando per salutarci. Li indicai a Juliàn, che salutò l’amico prima di spronare il suo cavallo.

Mi voltai un’ultima volta. Londra, la corte dov’ero cresciuta, la casa dov’ero nata, la città che aveva visto la nascita del mio amore, il posto dove avevo intessuto le prime amicizie. E ora stavo per lasciarla, sarei tornata tra dieci anni, una vita.

Dovevo farlo, era il mio dovere, quindi mi concessi un ultimo sguardo e poi incitai il mio cavallo e raggiunsi Juliàn.

<< Tutto bene? >> << Si >> risposi, e non resistetti alla tentazione di girarmi. Londra, la mia Londra.

Spronai di nuovo il cavallo e il corteo finalmente si mosse.

   
 
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