Il rumore dello scorrere dell’acqua nel ruscello mi svegliò
dal mio dolce assopimento. Sbattei più volte le palpebre per cercare di mettere
a fuoco il paesaggio intorno a me; la luce tenua del sole di Marzo mi
accarezzava il viso e mi invitava ad aprire gli occhi completamente. Sorrisi
lievemente guardando l’immenso prato verde che mi circondava, qua e là si
poteva intravedere qualche timido fiore che appena nato si affacciava alla
vita, impaurito, timoroso di sbocciare. Trassi un forte respiro e mi stiracchiai
sfregandomi appena gli occhi.
Poggia una mano al mio fianco e l’erba schiacciata e appena un po’ umida mi
confermò che non doveva essersene andato da molto; veloce, come un leopardo
quando caccia, il mio sguardo ripercorse una, due, tre, quattro volte il
paesaggio a me circostante; una smorfia, come quella di una bambina
capricciosa, fece capolinea sul mio viso di ragazza appena diciassettenne. Non
c’era traccia di lui, si era dileguato. Sconfortata mi misi a sedere e mi
abbandonai a ridosso del tronco del grande ciliegio, che testimone del nostro
peccato ci protesse e ci promise di custodire il segreto; tacito accordo, preso
senza dover nemmeno dire una parola, di quanti amanti sarà stato il custode ed
il protettore?
Raccolsi le gambe al petto, abbandonai la testa a ridosso dell’imponente tronco
e volsi il mio sguardo ai rami, forti e robusti, pareva che nulla sarebbe stato
in grado di scalfirli. Oh! Come vorrei che fosse così anche per il mio cuore,
già segnato da mille sofferenze e custode dei più bui peccati di cui una brava
cattolica non dovrebbe macchiarsi. Le foglie ondeggiavano al lieve soffio del
vento; danzavano, lottavano, si rincorrevano mai stanche. Un eterno gioco, di
cui, credevo, avrei fatto parte anche io, ma come mi sbagliavo, quanto ero nel
torto!
Socchiusi appena gli occhi e una lacrima galeotta, traditrice,
sfuggita al mio forte controllo delle emozioni, scese e mi solcò la guancia
interamente, lasciando un evidente segno per poter confermare a tutti il suo
passaggio, perché tutti potessero sapere che anche io donna di poche parole,
che anche io così forte e menefreghista in superficie, in realtà avevo un cuore,
che soffriva molto se non più di quello di altri. Ah! Dannazione a te
lacrima galeotta, traditrice dei miei stessi sentimenti, della mia stessa
forza di volontà, di me stessa. Decisamente seccata con un gesto brusco della
mano mi asciugai la guancia offesa. Tuttavia non feci in tempo a finire che
altre lacrime ormai alimentate dal coraggio donatogli dalla prima galeotta
presero a scorrere dai miei occhi cerulei, scossa, oramai, dai singhiozzi
poggiai il capo sulle miei ginocchia e mi lasciai andare completamente, a
quella sensazione che non mi era nuova, ma che era da tanto che non provavo,
che mi ero vietata di provare. Nessuno, tanto, avrebbe potuto essere testimone
di quel momento, se non il ciliegio, ma di lui mi fidavo completamente; nessuno
avrebbe capito il motivo di un pianto tanto convulso, nessuno avrebbe potuto
capire il senso di colpa che mi attanagliava il petto facendomi quasi venire
meno il respiro, il senso di smarrimento, di inadeguatezza, nessuno avrebbe potuto
capire e nessuno avrebbe dovuto saperlo!
Questa volta era finita realmente; questo volta non ci sarebbe stato alcun
lieto fine come nelle favole che mi solevano raccontare quando ero ancora una
bambina, e possedevo quella dolce e spensierata innocenza tipica di quella età,
innocenza che mi era stata strappata solo qualche istante addietro. Nonostante
gli avessi donato la cosa a me più cara ed importante lui aveva compiuto la sua
scelta, ed era evidente che quella scelta non ero io, nemmeno se gli avessi
urlato contro sarei stata in grado di fargli cambiare idea, di rivalutare il
tutto, di ricominciare da zero.
Non so quante ore passarono, ma so che quando misi piede in casa era già l’imbrunire.
Gli occhi gonfi ed arrossati erano prove troppo evidenti del mio dolore e del
mio peccato. Saltai la cena e mi misi a letto accusando un forte dolore al
capo, mia madre si limitò ad augurarmi un buon riposo per poi abbandonarmi di
nuovo a me stessa e all’inquietudine che provavo dentro. Chiusi gli occhi
sperando di non sognare e pregando che l’indomani mi sarei sentita meglio, cosciente
di me stessa e capace di dare un freno a tutto quello che mi teneva in
subbuglio.