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Autore: I Fiori del Male    22/07/2013    2 recensioni
La mente si Soul lavora frenetica, mentre cerca di dare un nome a quella splendida creatura ricca di sfaccettature come un diamante, e sicuramente altrettanto preziosa ...
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Black Star, Maka Albarn, Soul Eater Evans, Tsubaki, Un po' tutti | Coppie: Soul/Maka
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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CIGNO NERO
Capitolo IX – Ogni cigno ha la sua storia.

 
Centodieci ... centoundici ... centododici ...

Nella penombra della sua stanza, quando l’alba non ancora accenna a spuntare ma la luce del sole arriva ad illuminare leggermente l’orizzonte, e nel silenzio che caratterizza questo momento della giornata, Black Star, di fronte al letto, esegue la sua dose di flessioni giornaliera.

Vorrebbe poter dire che si tratta solo di una questione di vanità personale, che la notte incubi terribili di un se stesso floscio e privo della benché minima traccia di virilità lo affliggono, vorrebbe avere problemi così. Problemi che non sono affatto tali. Ma in ogni spinta che lo allontana dal suolo e gli spreme una goccia di sudore in più c’è una necessità bruciante che deriva dalla folle paura di vedere, un giorno, suo padre sulla soglia di casa, pronto a fare di lui un cadavere ed un esempio per tutti coloro che pensano di poter sfuggire a quel mondo di sangue di droga e di soldi da cui è venuto fuori. Vuole essere pronto, Black Star, per quel giorno fatidico che sente sempre più vicino, ma ogni mattina si sveglia pensando che non lo sarà mai, chiedendosi per quanto ancora sarà in grado di far finta di possedere la speranza di un futuro.

Lui non ha un futuro, a fatica si è conquistato un presente, e in fondo non è cambiato da allora, da quando eseguiva gli ordini senza batter ciglio, non è cambiata la sua incapacità di affrontare i suoi sbagli. Si è sempre nascosto dietro le direttive, gli ordini, come fossero assoluti, come provenissero da Dio e non da un semplice uomo meschino, e anche adesso, quando pensa a tutte le atrocità che ha commesso, si dice che non è stata colpa sua, che non aveva scelta. Tutte balle. Sarebbe stato meglio se fosse morto. Almeno la sua pelle non si sarebbe impregnata di tutto quel sangue, su tutti il suo, di quella ragazza che lui credeva di poter amare, che lo vedeva per quel che era davvero, che non lo chiamava assassino perché faceva parte lei stessa di quel giro e sapeva cosa volesse dire, svegliarsi ogni mattina con la vita di un’altra persona sulla coscienza.

Anche se non ha un futuro, il suo cuore si ostina a battere più forte ogni volta che la vede, ma lui sa perché, perché proprio lei. In fondo, ne è la fotocopia, con quei capelli corvini liscissimi, gli occhi neri e la pelle candida. Qualche volta riesce a vedere anche lei ricoperta di sangue dalla testa ai piedi, sfregiata dalle sue mani impietose di assassino, e allora le gambe minacciano di non sostenerlo più e si sente uno psicopatico, perché è un po’ come se la sua mente si divertisse a giocare col suo cuore. La vede e si chiede se lei, quella bambina rimasta indelebile nei suoi ricordi, crescendo sarebbe diventata così.

Ad un tratto, quando ormai si è fatto giorno e la stanza è inondata di sole, Soul sbuca dal corridoio, il volto di chi ha dormito poco e male, o forse troppo bene.

“oh, ciao Black Star ... cazzo ma come fai a essere così sveglio a quest’ora?”

Nessuna risposta. Soul quella domanda gliela fa tutte le mattine. Tutte. Il perché non lo sa, ma ormai ha smesso di rispondergli che è un’abitudine che ha fin da bambino, anche perché ripensarci non lo fa stare meglio.

Soul sparisce alla vista, sicuramente diretto in cucina per fare colazione, e lui lo segue. Dopo qualche minuto, che Soul passa a tirar fuori quanto c’è di commestibile al mattino in dispensa e in frigo, l’albino si siede e, addentando un biscotto e versandosi il latte in una tazza sbeccata, gli fa la prima vera domanda della giornata:

“lei chi è?”

“lei...?” per un attimo, Black Star non afferra il senso della domanda.

“la tizia che ti piace, Black Star, cazzo sarai anche sveglio dalle cinque ma certe volte proprio non afferri ...”

“ah, quella ...” risponde lui, evasivo, come se si trattasse di un fatto di poca importanza. “ che te ne frega? Fatti i cazzi tuoi.”

“Liz Thompson? Oppure la sorellina? O magari quella bomba sexy... com’è che si chiama? Ah si, Blair ... eh?”

“ e chi sono queste?”

“amiche di Maka”

“non le conosco.” Afferma l’azzurro, ma  sa che quelle sono anche amiche di quella ragazza, perché le ha viste con lei in diverse occasioni, specie i sabato sera. Si rende conto anche di aver passato troppo tempo ad osservarla.

Disgustoso.

“e poi c’è quella ... ah si, Tsubaki.”

Il volto di Black Star si accende in maniera inequivocabile al suono di quel nome, tanto che Soul non può fare a meno di sghignazzare.

“bingo! Amico mio, sei una merda a mentire, lo sai? Però devo dire che hai buon gusto ... certo chissà di dov’è quella... ha un cognome stranissimo, qualcosa tipo Nakayukata ... Nakayamaha ... no, no ... non era così ... ah, ecco! Nakatsukasa. Tsubaki Nakatsukasa. Che sia giapponese?”

Black Star si paralizza. “cosa hai appena detto?”

“ti ho chiesto se non è giapponese.”

“no, prima.”

“il cognome, Nakatsukasa, perché?”

Ma Black Star non può rispondergli, non può. Ci vorrebbe una vita per spiegare l’incubo che quel cognome porta con se, la macchia che quell’intreccio di suoni gli ricorda, il corpo esangue di quella ragazzina steso a terra e una famiglia che giura obbedienza al clan degli Star, pur di non assistere mai più ad una cosa simile. Ci vorrebbe una vita e non sarebbe abbastanza per cancellare dalle pupille di Black Star il nome impresso sulla lapide di marmo bianco, scritto in caratteri che non conosce ma che sa leggere, per dovere e per amore.

 Miyuki Nakatsukasa, secondogenita dell’omonimo clan di ninja assassini di Death City.
   
 
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