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Autore: Evelyn Doyle    22/07/2013    6 recensioni
Non potevamo starcene qui, in Irlanda, tranquilli e buoni?
[...]
Qui ho Doreen, Candace, Hattie, Lauren e altri... Irlandesi quanto me fino alla punta dei capelli.
Qui posso parlare l’irlandese, lì dovrò parlare sempre e solo inglese doc.
Qui le campagne sono verdeggianti e floride.
Qui non ci sono le onde bazzicanti di surfisti ogni giorno dell’anno, il mare è freddo e le coste alte e rocciose.
In ogni caso, dovrò abituarmi all’idea.
Dovrò abituarmi all’idea di dire: “Io abito a Sydney, la conosci?” e non “Io abito in Irlanda, sono irlandese, non vedi?”

[...]
Non posso ancora capacitarmi che questo sarà un biglietto di sola andata, non una vacanza leggera di un paio di settimane.
Io andrò in Australia e non tornerò.

* * * *
Questa storia mi frullava da un bel po’ in testa e, nonostante non credo sia delle più originali volevo comunque scriverla, un po’ per sfizio.
Detto questo, spero di avervi incuriosito anche solo in minima parte e, ovviamente, buona lettura!
Se vi va lasciatemi anche qualche recensione, ci tengo a sapere il vostro parere ;)
Genere: Commedia, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
Capitoli:
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Capitolo 1.



Lunedì è arrivato.
Un caldo lunedì primaverile, a Sydney.
E con lunedì, inizia anche la scuola.
Certo, arrivare a metà anno scolastico non è la cosa migliore che si possa fare, ma pazienza.
Dopo aver fatto colazione e doccia, mi dirigo in quella che ormai è la mia camera e trovo la divisa scolastica sul letto.
Anche in Irlanda avevo una divisa scolastica, per cui sono abituata ad indossarla; questa è composta da una camicetta bianca a maniche corte, uno scamiciato blu scuro con lo stemma della scuola da indossarci sopra e quello che sembra un foulard, probabilmente da legare intorno al colletto della camicia.
Per quanto riguarda le scarpe, ci sono istruzioni ben precise: le scarpe sportive solo per l’ora di educazione fisica, per il resto solo mocassini o scarpe Oxford.
Metto la divisa, legando il foulard con un nodo semplice, prendo lo zaino e mia madre mi accompagna, ma solo per oggi, così arrivo in tempo almeno il primo giorno.
Quando scendo dall’auto, mi ritrovo davanti ad una grande struttura: la East Coast High School.
Un nome un po’ banale, direi.
Attraverso quel breve cortile che separa il cancello principale dall’entrata e guardo sul foglio del mio orario che materia alla prima ora: inglese.
Ottimo, sul serio: mi chiedo come farò a trovare l’aula di inglese, dopotutto è una struttura talmente enorme e, conoscendo il mio senso dell’orientamento, mi perderò in men che non si dica.
Ci sono solo corridoi su corridoi, aule, laboratori di ogni tipo... ma nessuna aula di inglese in vista.


Mi sto per rassegnare all’idea di diventare “quella che è arrivata in ritardo il primo giorno”, ma senza nemmeno accorgermene vengo letteralmente travolta da qualcosa.
Anzi, da qualcuno.
«Scusami, non ti ho visto!» è una voce femminile piuttosto dispiaciuta a parlare, appartiene ad una ragazza poco più alta di me, capelli biondo miele mossi e occhi di un colore non ben definito tra l’azzurro e il grigio.
«Non ti preoccupare, non è successo niente» mi alzo e sistemo la divisa leggermente sgualcita per la lieve caduta.
«Sei al secondo anno anche tu, dico bene?»
«Sì, avrei inglese adesso... l’unico problema è che non ho idea di dove sia l’aula» rispondo, sperando che quella ragazza possa indicarmi dove sia la classe di inglese.
«Non posso crederci! Anche io ho inglese adesso! Vieni, ti accompagno» così dicendo, la seguo per qualche corridoio, finché non arriviamo in quella che dovrebbe essere l’aula di inglese.
Appena entro, sentendo gli sguardi dei miei compagni di classe fissi su di me.
Mi sembrano degli apparecchi per i raggi x.
Forse è la sfortuna di arrivare a metà anno, chissà...
Fortunatamente, trovo un posto libero e mi siedo.
Arriva anche l’insegnante: è una donna sulla quarantina, almeno credo, vestita di tutto punto.
«Vedo che abbiamo un nuovo arrivo: Brooke Doyle, giusto?» mi chiede controllando quello che sembra un registro di classe.
«E sei irlandese, dico bene?» annuisco sempre, vedendo praticamente tutta la classe voltata verso di me.
Non ho mai ricevuto tutte queste attenzioni in una volta sola.


Ad un tratto noto le divise delle altre ragazze, precisamente noto il loro foulard e poi guardo il mio: qui c’è qualcosa che non quadra...
Il loro è legato a mo’ di fiocco, impeccabile e lindo.
Il mio, invece?
Oh, sì, il mio è legato stile scout: un semplice nodo, tra l’altro fatto piuttosto male e di fretta.
Bene! Figuraccia numero uno: fatta, direi.
L’avrà notato tutta la classe e anche l’insegnante, adesso possono etichettarmi come “quella che non sa annodare il foulard”!
Quando la lezione finisce, esco dall’aula e guardo che ora ho adesso: storia.
Ad un certo punto, la ragazza bionda di prima mi viene incontro.
«Così ti chiami Brooke? Piacere, io sono Dawn» mi porge la mano, molto sorridente e composta.
«Piacere, Dawn» stringo la sua mano, felice di aver trovato una sorta di amica già dal primo giorno.
«Lo avevo notato che non eri di queste parti! Hai uno strano accento...» meraviglioso, adesso possono anche etichettarmi come “quella dallo strano accento”.
In effetti, tutti quegli anni a parlare spesso e volentieri irlandese mi hanno conferito l’inconfondibile accento.
Purtroppo per me, il cambio d’ora passa e sono costretta ad entrare nell’aula di storia.


*  *  *


Dopo l’ora di storia, la campanella che segna la fine della lezione e l’inizio della pausa intervallo suona.
A ricreazione si va fuori, nel cortile dove sono passata prima.
È molto spazioso, soleggiato e tutto è così diverso rispetto all’Irlanda... beh, che posso farci?
Devo soltanto abituarmi, non posso tornare indietro.
«Sei tu quella irlandese, giusto?» mi volto di scatto, sentendo una voce maschile alle mie spalle.
Ma, un attimo: da quando si parla di me?
E, soprattutto, chi è questo individuo?
Sono in realtà due ragazzi, entrambi biondi, ma parecchio diversi: quello che ha parlato ha i capelli stile “pettinati dal vento” (?), morbidi sul viso, ma che non coprono troppo quegli occhi blu oceano che si ritrova.
L’altro è anch’esso biondo, ma il taglio è più a spazzola direi, con due occhi verde smeraldo.
Entrambi, oserei dire che siano anche palestrati, certo, non eccessivamente.
Sono sicura che siano quei ragazzi particolarmente popolari, stronzi e belli di cui si sente tanto parlare nei libri o nei telefilm.
Cosa ci facciano a parlare con la sottoscritta, poi, è un altro di quegli arcani che mi pongo.
Fisso prima uno e poi l’altro, come se fossi stordita e, in effetti, lo sono: da quando la gente parla di me in giro?
Poi, due ragazzi come questi, soprattutto?
«Sì...» rispondo un po’ incerta, non che sia incerta della mia nazionalità, sia chiaro, ma solo non capisco perché due ragazzi del genere mi vengano a chiedere se io sia “quella irlandese” o meno...
«Te l’avevo detto che era lei quella irlandese» si rivolge a quello con gli occhi verdi, poi torna a guardare me.
«Allora, come si sta in Irlanda? Coltivavi quadrifogli?» cosa? Quadrifogli? Che caspita vuole questo...?
Probabilmente, matematicamente parlando, la sua cultura generale è inversamente proporzionale alla sua arroganza.
«Dai, Nat, non fare l’idiota» lo richiama quello con gli occhi verdi, che, per carità, nemmeno è tanto brutto e sembra anche meno rincretinito del suo amico.
«Veramente il simbolo dell’Irlanda sarebbero i trifogli e, no, non li coltivavo» rispondo stizzita storcendo il naso.
«Oh, scusa tanto, non mi intendo di botanica» scrolla le spalle l’altro, con tono fintamente dispiaciuto.
Ma, insomma, non c’è bisogno di essere dei botanici esperti per conoscere la differenza fra il trifoglio e il quadrifoglio!
No, okay, è ora di mettere fine a questa farsa.
«Che sei venuto a fare? Mi stai facendo perdere l’intervallo» chiedo in seconda persona singolare, riferendomi al tizio dagli occhi blu.
«Prima di tutto a dirti che esattamente quello non è un fiocco» dice quello, “Nat”, come lo ha chiamato l’altro, indicando il mio nodo, che avevo completamente scordato.
Faccio per parlare, ma mi blocco e sobbalzo, cercando di nascondere il mio imbarazzo, quando vedo che mi si avvicina e si abbassa un po’ arrivando alla mia altezza.
Che caspita vuole fare?
Faccio per allontanarmi, ma porta le mani al nodo del mio foulard e lo scioglie delicatamente.
Cioè, fatemi capire: non lo conosco nemmeno e si permette di toccarmi?
«Vedi? Si fa così» mi dice, mentre mi annoda il foulard, facendo un bel fiocco.
Okay, ora sono ufficialmente sconvolta.
«Dovresti vedere la tua faccia, sei rossa più dei tuoi capelli» mi schernisce, prendendo una ciocca dei miei capelli – che, come si sarà già capito, sono rossi, tipico colore irlandese, no? – e li guarda per qualche secondo.
«A proposito, mi piacciono i tuoi capelli» lascia andare poi la ciocca, mentre lo guardo allibita e molto imbarazzata.
Ghigna alla mia reazione e scrolla le spalle, per poi andarsene come se nulla fosse.
Insomma, chi è questo?
Cosa vuole da una povera anima disorientata come me?


«Scusalo, è un idiota, non ce l’ha con l’Irlanda, è solo un deficiente» mi dice quello con gli occhi verdi, dopo che l’altro se n’è andato.
«Almeno mi ha fatto un fiocco come si deve» rispondo ancora un po’ sconcertata.
«Sono Drew Jones, comunque» si presenta.
«Io sono Brooke Doyle, piacere» spero seriamente di non incontrare nuovamente quell’altro... okay, dire che è carino è dire poco, insomma non nego la realtà... però è troppo sfacciato per i miei gusti.
Chissà quanti anni ha, mi è sembrato più grande di me.
Beh, almeno non lo potrò incontrare a lezione, fortunatamente!
Il primo giorno non è stato esattamente come lo immaginavo, insomma.
Guardo i miei capelli: davvero sono così belli?
Cioè, l’avrà detto tanto per dire o perché lo pensa veramente?
Che razza di pensieri hai, Brooke? Riprenditi!
Ha ragione la coscienza, questa volta: meglio non pensarci e rientrare in classe, dato che la campanella è, per mia sfortuna suonata, e di conseguenza devo andare a lezione di chimica.

Spero solo di riuscire a sopravvivere, qui.



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Note autrice:

Ecco il primo capitolo :)

Abbiamo incontrato nuovi personaggi, tra cui la simpatica Dawn (non dimenticatela, perché ci sarà anche nei prossimi capitoli), il biondo Drew e l’altro biondo dal nome

sconosciuto e dall’atteggiamento ambiguo, che Drew ha chiamato “Nat”...

Ovviamente, nei prossimi capitoli introdurrò anche altri personaggi.

Fatemi sapere cosa ne pensate, mi farebbe davvero piacere :D

Annie
   
 
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