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Autore: Road_sama    22/07/2013    4 recensioni
[Fanfic sospesa fino a che non mi tornerà l'ispirazione giusta. Chiedo scusa a tutti i lettori che aspettano un aggiornamento da un bel po' di mesi, ma ho troppe cose per la testa in questo periodo. Spero di riprendere in mano la fic presto.]
Questa è la prima long fic in questo fandom quindi fatemi sapere cosa mettere a posto!
I Perfect Maker sono una piccola band europea, arrivata in California da poco per fare una serie di concerti. Non sanno ancora cosa vuol dire essere delle star e non sanno nemmeno cosa possono diventare i Paparazzi per loro. Sarà proprio questa piccola avventura ad insegnarglielo e a cambiarli per sempre.
Buona Lettura!
/UsUk//GerIta//Spamano//Franada//PruHun//accenni AusHun/InghilterraxIrlanda/
Genere: Comico, Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
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Eccomi arrivata con un nuovo capitol speciale! Questo riguarda il triste passato del nostro caro inglese. Non è il solito Arthur quello di cui leggerete. E’ punk!England. Spero che leggiate perché personalmente mi è venuto molto bene (lo so sono sempre stata modesta xD)
Ci sono un po’ di note che devo fare. Innanzitutto, questo capitolo contiene un linguaggio forte  però non mi sembrava il caso di alzare il rating all’arancione. Non è poi così tremendo. Ve lo dico (anche se so che non servirà a niente xD).
Altra nota è che per la situazione familiare di Arthur e anche un po' del suo carattere ho preso spunto dalla vita di John Lennon (me lo sono sempre immaginato così in reaaltà :D)
L’ultima nota che vi devo fare è che non so quando scriverò il prossimo capitolo perché me ne vado in vacanza per due settimane e quindi dovrete aspettare Agosto. L’ho già iniziato a scrivere e quest’ultima settimana cercherò di andare a vanti il più possibile, ma che penso che non aggiornerò prima del dieci Agosto.
Detto questo, Buona Lettura^^
 
 
Capitolo speciale: Dark sick love
                                                                                          
 
                                                                                                                                I       
 
 

-Bye Cathrine ! Vado a scuola!- disse Arthur andando in cucina. La zia chiuse il giornale che stava leggendo. Era una donna sulla cinquantina, aveva dei capelli ricci molto corti e castani; era un po’ bassa, ma robusta ed era una persona estremamente tradizionalista.
-Comportati bene, non fare le solite ragazzate, ok?-
-Bla, bla, bla si zia, bla bla.- Il giovane inglese prese ad imitare la zia.
-Ah! Ragazzino impertinente! Si deve portare rispetto alle persone più anziane e saggie di te!-
-Sicuramente lo farò old Cath.- disse Arthur con noncuranza afferrando un toast.
-Se ti prendo ragazzaccio!- la signora prese la scopa e rincorse il nipote.
-Ci vediamo a sera zia!- urlò il biondino scappando oltre i vicoli davanti alla loro casa nella periferia di Londra.
Cathrine sospirò rumorosamente.
Arthur non era un cattivo ragazzo però non si poteva certo dire che avesse la testa sulle spalle. A scuola non andava molto bene, o meglio quando ci andava e non faceva storie si vedeva il suo enorme talento, quando ci andava e faceva storie durava un’ora poi lo sospendevano per qualche giorno.
La zia e suo marito lo avevano cresciuto sin da quando aveva otto anni e avevano tentato di crescerlo al meglio, come se fosse loro figlio. I suoi veri genitori gliel’avevano affidato. Suo padre era partito per la Nuova Zelanda appena conosciuto suo figlio mentre sua madre aveva cercato di farsi una nuova famiglia a Londra. Non c’era da stupirsi che fosse un tipetto…particolare.
-Non cacciarti nei guai…- sussurrò Cathrine prima di rientrare in casa.
 
-Arthur! Ti stavamo aspettando!-
-Hey ragazzi perché tutti qui?- salutò Arthur con il fiatone.
-Kaoru ha trovato un colpo grosso da fare sta sera!- si illuminò Dylan.
-Kaoru? Scherzi? Non è da lui organizzare certi “eventi”.- sbuffò l’inglese scatenando una forte risata da parte dei due amici.
Dylan era un suo amico di infanzia, ma lo considerava un fratello. Era di poco più vecchio di lui, aveva i suoi stessi occhi verdi e dei capelli tra il rosso chiaro e il biondo. Era più alto di lui di qualche centimetro, poteva sembrare molto tranquillo in apparenza, ma era tutt’altro.
 Vlad era un rumeno scappato di casa perché ricercato dalla polizia e arrivato fino in Inghilterra. Lavora al pub del fratellastro di Arthur o meglio, viveva nel pub. Era alto come Arthur però più robusto. Aveva dei corti capelli biondo cenere e dei profondi occhi castani.
E infine c’era Kaoru. Era il piccolo schiavetto di Arthur perché l’inglese gli aveva procurato dei documenti falsi per stare in Inghilterra. Era più basso dell’inglese e aveva capelli e occhi castano scuro.
Era il suo gruppo, quei tre erano i suoi migliori amici e lo capivano perché anche loro avevano una vita piuttosto disastrata.
-Infatti non li ha organizzati lui. Al pub con Vlad hanno incontrato un tipo…come si chiamava?- spiegò il gallese.
-Un certo Matthew.- disse Vlad.
-E quand’è sto colpo grosso?- chiese l’inglese accendendosi una sigaretta.
-Sta sera nella periferia di Londra, ma ti dirà tutto Kaoru quando arriva.-
La campanella suonò.
-Ragazzi entriamo?- chiese con un ghigno Dylan.
-Nah!- fu la risposta in coro.
 
 
                                                                                                                              II
 

-Ragazzi, vi presento Matthew!- esclamò Kaoru dal fondo di un lurido vicolo.
Dylan e Vlad si avvicinarono ai nuovi arrivati tendendogli la mano.
-Forza Arthur, non fare il tenebroso! Vieni a presentarti!- borbottò poco convinto l’orientale. Dalla penombra del vicolo si illuminarono due profondi occhi verdi. Due inquietanti occhi verdi.
L’inglese scese dal cassonetto su cui si era appollaiato. Spense la sigaretta sotto la spessa suola del suo anfibio e sia avvicinò di qualche passo.
Con un cenno del capo salutò il nuovo arrivato.
-Arthur Kirkland.- disse scandendo ogni sillaba.
-Ho sentito parecchio parlare di te Artie. Sono lieto di conoscerti.- gli tese la mano.
-Matthew Walsh.- l’inglese guardò la sua mano schifato.
-Dimmi, che cosa vuoi fare sta sera?- chiese assottigliando gli occhi.
Matthew rise.
-Rubare.-
Arthur rimase per un attimo stupito, non lo credeva un delinquente…come loro.
-Dove?- si riprese quasi subito.
-E’ un piccolo negozio di gioielli, conosco il proprietario. So tutto di quel posto, anche dove sono posizionate le telecamere.-
Arthur rimase zitto.
-Però…mi serve qualcuno e voi siete famosi per piccoli furti. Fare una cosa del genere è certo un passo in più però conoscete il cam-
-Ti rendi conto- disse freddo l’inglese avvicinandosi a lui. -che per fare un colpo del genere ci serve un’attrezzatura adatta e che in qualsiasi momento rischi il carcere minorile?-
L’aria era tesa. Dylan, Vlad e Kaoru non osavano intervenire.
Matthew esitò qualche istante.
-Si.- disse convinto dopo aver ispirato a lungo.
Arthur piegò le labbra in un ghigno inquietante. Prese l’irlandese per il bavero e lo alzò di poco da terra.
-Bene. Fatevi trovare qui alle 2 in punto. Io porterò tutto quello che ci serve.- mollò la felpa dell’altro e uscì calmo dal vicolo.
 
Alle due di notte precise i cinque ragazzi si trovarono nel vicolo e con passo spedito arrivarono alla piccola gioielleria. Matthew mise fuori uso le telecamere più pericolose e dopo pochi minuti riuscirono a forzare la porta.
Aprirono gli zaini e ci ficcarono dentro tutto quello che riuscivano a contenere.
-Ehy ragazzi guardate!- sussurrò nell’oscurità Vlad. Gli altri quattro si avvicinarono e riuscirono ad intravedere una favolosa collana di diamanti larghi tre centimetri all’uno.
-E’ bellissima…- disse con stupore Kaoru. Matthew la ficcò dentro allo zaino.
-Non avete idea di quanti soldi faremo con tutta sta roba!- disse Dylan raccogliendo le ultime cose per uscire.
-Già! Potremo diventare anche milion- tutti e cinque si bloccarono.
Sirene. Sirene della polizia che si avvicinavano sempre di più.
-Come hanno fatto a scoprirci?!- urlò Arthur a Matt.
-I-Io…I-Io avevo messo fuori d’uso tutte le telecamere e l’allarme compreso, non so come…-
-Ah poco importa ora! Filiamo ragazzi!- urlò Arthur uscendo da retro.
In poco tempo si dispersero per i delle strade secondarie, ma la polizia non mollava.
 Il rumore delle sirene non diminuiva anzi, sembrava aumentasse.
-Fuck, fuck, fuck!- urlò Dylan quasi senza fiato.
Kaoru si fermò.
-Ragazzi non ce la faccio più.- era piegato sulle ginocchia con il fiato corto.
-Che cazzo dici?!- urlò l’inglese fermando anche il resto del gruppo. –Muoviti!-
-Non ce la faccio, andate avanti, la polizia sarà qui a momenti!- disse quasi in lacrime tendendogli lo zaino colmo di gioielli.
Arthur strinse i denti. Cosa poteva fare?! Non voleva certo abbandonarlo così! Le sue riflessioni venero interrotte da un’irritante luce blu dritta agli occhi.
-Fermatevi! Fra poco sarete circondati!- urlò da un megafono il capo della polizia.
-Arthur qui ci mettono dentro!- urlò Vlad.
L’inglese tese il suo zaino a Matthew.
-Riesci a tenerlo?-
-Si…-
-Forza Sali, ti porto io. Non ti lascerò qua.-
Non appena Kaoru venne caricato sulle spalle dell’inglese i cinque ripartirono seguiti dalle urla della polizia. Non si sarebbero fatti catturare. Oh no!
Tutti e cinque si scambiarono un sorriso: era fatta!
 
                                                                                                                  
                                                                                                                      III
 
 
 
Uno sparo.
E il sorriso di Arthur si mutò in una smorfia di dolore. L’inglese cadde rovinosamente a terra e una seconda volta il gruppo si fermò.
-Arthur! Dove ti hanno preso?- chiese Dylan chinandosi su di lui.
-La gamba destra…shit.-si portò una mano alla gamba perdeva un sacco di sangue.
-Penso che mi abbia colpito solo di striscio…- sbiascicò strizzando gli occhi.
-Ragazzi si stanno avvicinando!- urlò Kaoru che era già saltato in piedi.
Otto occhi lo fissavano. Otto maledetti occhi che sembravano completamente smarriti.
-Non state qui a guardarmi! Andate via da qui idioti! Vi rallenterei e basta e questi cani ci stanno alle calcagna. Portate via tutto quello che potete, io me la caverò in qualche modo.-
-Non possiamo lasciarti qui stupido!- urlò Dylan che si era già abbassato per prenderlo in braccio.
Arthur strizzò gli occhi e dilatò le narici per il dolore.
-Mollami subito idiota.- sibilò.
-Non pos-
-Sono il vostro fottuto capo quindi è un ordine: mollami e andate avanti. Non fatevi beccare!- li guardò negli occhi uno ad uno. Il suo sguardo non ammetteva repliche. Il primo a voltargli le spalle senza dire una parola fu Dylan seguito a ruota dagli altri. In un fugace sguardo erano state dette moltissime cose. Non servivano parole.
Arthur si trascinò fino al muro più vicino e cercò in tutti i modi di far leva sulla gamba sinistra per alzarsi. La spalla destra completamente aderente al muro e mosse qualche passo. Si dovette fermare, faceva troppo male, non sarebbe mai andato da nessuna parte.
La polizia si avvicinava sempre di più. Aveva una paura tremenda di quello che gli avrebbero fatto, di quello che avrebbe visto sua zia. Lei non ne aveva certo colpa. Aveva paura di vedere la sua libertà repressa. Non doveva fisarsi di quel Matthew, avrebbe dovuto continuare con i piccoli furti, avrebbe dovuto non cominciare proprio con quel circolo vizioso; magari sistemarsi come aveva fatto suo fratello.
Digrignò i denti. Quella era stata la sua decisione e si sarebbe preso le sue responsabilità.
Ormai la polizia era a meno di cinquanta metri da lui.
Si sentì afferrare un braccio, sentì dei capelli sfiorargli la faccia e i suoi piedi non toccarono più la terra.
-Perché sei tornato indietro?!- urlò cercando di trattenere qualche lacrima.
-Tu hai dato un ordine alla tua “banda”. Io non ne faccio parte.- sorrise furbo Matthew.
 
                                                                                       
                                                                                                               IV
 


-Ahia! Fai piano, fa malissimo.- sibilò Arthur.
-Sto tentando di medicarti la ferita, Artie! Non stai facendo un bagnetto!- gli rispose di rimando l’irlandese.
-Per fortuna ti aveva beccato di striscio e la ferita non era gravissima.-
Dopo che Matthew era tornato indietro a salvarlo si erano rifugiati in un vicolo e si erano intrufolati in una casa abbandonata con una scala antincendio. Avevano aspettato un po’ poi erano andati a casa dell’irlandese. Era stata veramente una fortuna.
-Ecco qui.- disse il rossiccio facendo un doppio nodo alla garza.
L’inglese mosse qualche passo incerto. Sicuramente gli faceva ancora molto male, ma il dolore era sopportabile.
-Hai proprio un bel culo…-
Arthur si voltò di scatto, fulminandolo con lo sguardo.
-What?!-
L’irlandese fece spallucce e si voltò per sistemare la cassetta del pronto soccorso.
L’inglese gli arrivo da dietro e lo appiattì contro il muro. Gli afferrò il cavallo con insolenza e prese a leccargli il lobo dell’orecchio.
-Anche se ho una gamba fuori uso, qui comando ancora io.-
Matthew rimase interdetto per qualche secondo poi cominciò a sorridere divertito.
-Te l’ho già detto: non sei il mio capo.- si voltò e si guardarono negli occhi.
-Da adesso tu sei di mia proprietà.- gli soffiò sulle labbra prima di baciarlo con foga.
 
-Zia Cathrine, zio lui è Matt.- i suoi zii lo squadrarono da capo a piedi e solo dopo un’accurata ispezione gli strinsero la mano.
-Perché ci presenti uno dei tuoi amici sbandati? Lo sai che non voglio che porti a casa brutta gente.- disse lo zio guardando disgustato il nuovo arrivato.
-Ecco in realtà non è un “amichetto”…- l’irlandese gli strinse la mano. SI guardarono per un attimo.
-Lui è…è il mio fidanzato.-
I due anziani rimasero per un attimo storditi da quella rivelazione. Lo zio si alzò in piedi.
-Tu…tu sei gay?- chiese con voce bassa.
Arthur annuì.
L’anziano si passò una mano sulla faccia. Rise amaramente.
-Non dire certe stronzate, dai.-
-E’ vero zio.- disse serio il ragazzo. –Sono gay e allora?- gli arrivò un pugno dritto in faccia che lo fece quasi cadere.
-Tu non sei gay idiota. E tu, non farti più vedere in casa mia.- disse ferocemente indicando l’irlandese.
-Non vedetevi mai più. Tu non sei un gay capito?!- urlò la zia appoggiata da suo marito.
-Cosa?! Non potete fare questo! Continuerò a stare con lui. Io…io lo amo.-
L’uomo digrignò i denti.
-Non uscirai più di casa, ricordatelo. La tua vita è finita oggi.-
-Decido io per la mia vita!-
-No. Sei ancora minorenne.-
-Ah! Beh, se stanno così le cose non vedrete più ne lui ne me in questa casa!- prese per mano Matthew mostrando chiaramente ai due zii che le loro dita erano veramente intrecciate poi, si chiusero la porta alle spalle lasciando quell’inutile casa a Londra.
 
                                                                                  
                                                                                                      V
 
 
 
-Quanti soldi abbiamo fatto?- chiese Arthur all’irlandese.
-Ah! Poco niente. Gran parte di quello che abbiamo rubato era solo inutile bigiotteria.- sospirò contrariato.
-Dove possiamo andare, allora?! Non ho intenzione di stare a Londra un minuto di più.-
-Beh, ci sarebbe l’Italia. Non costa molto e li è facile passare inosservati. Potremo rubare li e poi usare i soldi per andare da qualche altra parte.-
-Potremo girare il mondo! Mi piacerebbe moltissimo.- sorrise Arthur.
-Già, vedere ogni luogo deve essere fantastico.- disse pacato Matthew.
-Bene! Partiamo per l’Italia domani mattina.- Arthur gli schioccò un dolce bacio sulle labbra prima di andarsene nella camera che condivideva con l’irlandese da qualche tempo.
 
Venezia era bellissima e le persone che la abitavano avevano un gran cuore, Era un peccato rubare a quella gente, ma dovevano pur vivere.
-Questa città è fantastica!- disse estasiato l’inglese. Matthew non parlava già da un pezzo per lo stupore.
-Forza prendiamo un vaporetto e vediamo dove ci porta.- sorrise con aria furba l’irlandese.
Rimasero in balia di una leggera brezza e dell’ondeggiare della piccola imbarcazione fino a quando non si trovarono vicini ad un enorme campanile dalla punta verde. Era Piazza San Marco. Scesero e cominciarono a girare in lungo e in largo quel dedalo di vicoli che molto spesso li vedeva costretti  a invertire la marcia per i canali. Ritornarono nella piazzola colma di popolani e turisti che era ormai ora di pranzo.
Entrarono in un piccolo bar esattamente sotto il campanile e si fermarono a mangiare.
-Buon giorno~ Cosa vi porto?- al loro tavolino si present un ragazzo della loro stessa età; aveva degli occhi simili al colore dell’ambra e dei corti capelli castani. Ad attirare la loro attenzione fu un buffo ricciolo che gli spuntava dal lato sinistro della testa.
-Due dei panini più buoni che hai e poi due bicchieri di vino rosso- sorrise l’irlandese.
-Ve li porto subito, ragazzi!-
Il cameriere si avvicinò al bancone e porse l’ordine ad una ragazza dai lunghi capelli castano chiaro.
Poco dopo arrivò con le bibite.
-Ecco a voi.-
-Hai una voce diversa da prima- disse Arthur.
-Ah quello di prima era mio fratello Feliciano. Chissà da chi se ne è andato, ora! Io sono Lovino.-
-Siete gemelli?-
-Già, però io ho il ricciolo dalla parte destra. Lui ce l’ha a sinistra.- sorrise debolmente l’italiano.
-Io sono Arthur.- si presentò il biondo.
-Io Matthew, piacere.-
Il loro giro di conoscenze venne interrotto da una voce che parlava da un microfono.
-E’ giunto il momento della musica!- disse Feliciano da un palchetto impugnando microfono e chitarra elettrica. Arthur non ne aveva mai visto una però la trovava un oggetto fantastico.
-Ragazzi devo andare pure io.- disse Lovino dirigendosi verso il fratello e prendendo a sua volta una chitarra. Esattamente dietro ai due chitarristi si trovava la ragazza, alla batteria. Presero a suonare a tutto volume “What i’ve done” dei Linkin Park.
Erano dannatamente bravi! Non credeva che gli piacesse così tanto vedere le mani muoversi sulla chitarra.
-Hey Artie se adesso ce ne andiamo non paghiamo il conto.- disse l’irlandese alzandosi.
-N-No…penso che resterò qui ancora un po’.-
-Che dici?! Dopo ci tocca pagare!-
-Sono brave persone non se lo meritano.- disse voltandosi verso il piccolo gruppetto.
-Ah! Fai quello che ti pare, io me ne vado.-
 
Era già passata una settimana da quando Arthur e Matthew erano arrivati a Venezia e ormai si vedevano di rado. Feliciano gli aveva offerto una camera esattamente sopra il locale e ora vivevano li, o meglio Arthur viveva li. Matthew poteva sparire perfino per giorni.
Per “dimenticare” il suo ragazzo, l’inglese cercò di buttarsi sulla musica. Non credeva che una cosa del genere gli potesse piacere a tal punto. Si fece insegnare a suonare la chitarra da Feliciano e nel giro di qualche mese divenne chitarra solista.
 
Un giorno, al bancone si presentò un biondo dai capelli mossi e vestito con giacca e cravatta. Portava degli spessi occhiali e un ciuffo che gli ricadeva in avanti.
-Scusate.-
-Eliza ha sentito qualcosa?- chiese Arthur ridestandosi dai fogli su cui era scritta la loro prima canzone.
-No, nulla perché?-
-Mi pareva qualcuno ci avesse chiamato.-
-Ragazzi!-
-Ciao amico ti porto qualcosa?- disse Elizabeta.
-No grazie. Io sono Matthew Williams e sono un menager. Ho assistito ad alcuni eventi che avete fatto e ho deciso di diventare il vostro menager. Avete del talento e vorrei farvi incidere un disco.-
Arthur ed Eliza sbarrarono gli occhi.
-Noi ci dovremo affidare a lei…però chi ce lo dice che non ci vuole solo fregare?- chiese l’inglese.
Matthew sorrise divertito.
-Fatevi trovare al completo alle otto nella mia casa discografica.- porse ai due un bigliettino con via e numero di telefono. –Ve lo dimostrerò.-
 
-E’ fantastico!- disse Feliciano abbracciando Arthur.
-Lo so! Potremo girare il mondo! Diventeremo famosi!- urlò prendendo sotto braccio Lovino. Eliza si buttò sopra gli altri tre.
-Ben fatto ragazzi! Spaccheremo il culo a tutte le star emergenti. Noi siamo i migliori.-
-Vado subito a dirlo a Matthew!- disse Arthur entusiasta. –Sapete dov’è?-
-Di sopra penso.- affermò Lovino rialzandosi.
 
-Matt! Matt!- urlò Arthur per il corridoio. –Abbiamo un menager! Domani incideremo un disc-
L’inglese aprì la porta di legno chiaro e vide Matthew con un altro ragazzo. Erano entrambi stesi sul letto, nudi. Si erano stesi nel loro letto.
-Che cos?- disse Arthur sull’orlo del pianto.
-Senti Artie…-
-Non mi chiamare così.- l’irlandese si fece serio.
-Senti Arthur, penso di non amarti più.-
-L’ho visto- disse indicando con gli occhi il ragazzo che si stava rivestendo velocemente.
-Perché?- chiese debolmente.
-Perché?!- disse inferocito Matt. –Perché sei cambiato da quando abbiamo messo piede qui. Perché mi trascuri e pensi solamente a quella tua fottuta chitarra. Perché è da mesi che non ci tocchiamo. Cosa pensi che abbia fatto nelle serate in cui non tornavo?-
-Non dirlo.- disse Arthur abbassando lo sguardo per non mostrargli i suoi occhi lucidi.
-Io ti tradivo Arthur.- urlò.
-Magari ora sei qui perché vuoi che vanga con te, non è così? Beh, io non ti voglio più. Ti amavo per quello che eri prima non per l’idiota che sei ades- l’inglese gli sferrò un pugno talmente potente che lo fece cadere a terra. L’irlandese si leccò il labbro sanguinante con un sorrisetto arrogante.
-Riesci ancora a tirarli i pugni, non ti sei rammollito così tanto!- rise forte. – Poco male. Io resterò qui. E ora vattene a strimpellare quella merda di chitarra con i tuoi amichetti.-
-Ti odio Matthew.- l’irlandese si alzò e gli andò vicino.
-Io ho cominciato già da un pezzo.-
  
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