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Autore: Firewhisky    22/07/2013    4 recensioni
'Dolcezza, quando aprirai gli occhi potrai parlare come mio pari. Per adesso, non sei altro che un fottutissimo burattino nelle mani di Capitol City. Una bambola, un oggetto senza valore.'
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Haymitch/Effie
Genere: Angst, Dark, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Effie Trinket, Haymitch Abernathy
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Violenza
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hayffie

Nero, completamente nero.

L'unica cosa che le dava la certezza di essere viva era l'insopportabile odore di piscio e sangue che contaminava l'aria. Non riusciva nemmeno a capire dov'era, in quel momento le sembrava di essere capovolta.

Desiderava morire, desiderava non provare più dolore. Per quale motivo avrebbe dovuto sopportare tutto questo? Perché stava difendendo i ribelli?

Il 'beep' di una carta magnetica interruppe i suoi pensieri: quanto era passato dall'ultima sessione? Ore, giorni, settimane... ormai aveva perso anche lo scorrere del tempo. La sanità mentale, forse, era l'unica cosa che rimaneva ancora intatta sotto uno strato di urla strazianti, suppliche inutili e pianti ininterrotti.

All'improvviso sentì un dolore lancinante, il suo carceriere l'aveva sollevata per i capelli. Una lacrima inziò a scenderle come questo iniziò a morderle il collo, affamato, impaziente. I segni rossi sul collo indicavano che non era la prima volta, aveva subito un'umiliazione del genere più volte. Lui alzò il lembo del suo vestito logoro e madido di sudore. Le accarezzò la gamba, per poi incidere l'ennesimo marchio, conficcandole il coltello nella coscia. La ferita cominciò a sanguinare copiosamente. 

'Ancora non parli, eh, principessa?' disse lui, scaraventandola contro il pavimento lurido. La ferita aperta iniziò a infettarsi, procurandole un'altra fitta di dolore acuto. Cercò di aprir bocca, di dire qualcosa, di difendersi, ma l'unica cosa che uscì dalla sua bocca fu vomito. Non mangiava da giorni. L'unico pasto che aveva ricevuto era un boccone di pane duro e un bicchiere di latte andato a male.

Il suo carceriere la strattonò per un braccio e la fece sdraiare a terra con la forza, schiacciandola con il suo peso. Le iniettò uno strano liquido, che la fece sentire come se le fosse appena stato iniettato il siero della felicità. Ne aveva sentito parlare: ti rendeva innocua, se avessero premuto il tasto giusto sarebbero riusciti a farle confessare tutto quello che sapeva sui ribelli. Ma chi erano questi ribelli di cui volevano tanto sapere? Chi era lei?

Due ragazzi, mano nella mano, correvano sotto la pioggia cercando di evitare le pozzanghere che si erano già formate. Li riconobbe: Katniss, Peeta... erano felici nel distretto 12.

'Allora, raccontaci qualcosa della Ghiandaia'

La donna alzò una mano, come volesse afferrare qualcosa.

Peeta le diede un vassoio di biscotti fatti in casa, che emanavano un profumo invitante.

'è una ragazza del distretto dodici, ha una sorella, è una vincitrice degli Hunger Games'

Il carceriere la schiaffeggiò in pieno volto, lasciando un segno rossastro sulla guancia già colma di tagli e cicatrici della donna.

'Stupido gingillo, non ci serve questo. Ci servono informazioni sui ribelli, sulla posizione di quella ragazzina. Smettila di sparar cazzate inutili e vedi di collaborare se non vuoi far la fine di tutti gli altri prigionieri'.

Dovette chiudere gli occhi a causa del vento troppo forte, ma dal profumo così famigliare che le sembrava di essere a casa.

'Non so di chi stiate parlando, vi prego!'

Peeta era in compagnia di qualcun'altro, un uomo panciuto sulla quarantina che aveva un sorriso beffardo impresso sul viso.

Un pugno allo stomaco, che le provocò l'ennesimo conato di vomito.

'Senti stronza, si può sapere perché li difendi? Tu eri in contatto con Abernathy, non puoi non sapere nulla'

Abernathy? Sì, è Haymitch quell'uomo in compagnia di Peeta. Ma... chi è Haymitch? È un amico? È un nemico?

'Non conosco nessun Abernathy, per favore, ho fame... Non so niente, ve lo giuro!'

Il colpo alla testa fu troppo forte, perse i sensi.

I suoi capelli biondi erano intrecciati in un'acconciatura complicata, indossava un abito rosa pallido e dei sandali bianchi immacolati. Al suo fianco, lo stesso uomo che aveva identificato come 'Abernathy'. Ma chi era costui? La guardava con quei suoi occhi grigi, magnetici. Insultava il suo modo di vestire, il suo modo di essere... Aveva un bicchiere di whisky in mano...

Quando riprese i sensi, si trovava ancora nella solita cella. L'odore era inconfondibile. Era addirittura aumentato. Tremando, si portò una mano sulla guancia dove lo schiaffo continuava a bruciare: non doveva essere passato troppo tempo, si disse. Provò ad alzarsi, cadendo rovinosamente in una pozza di sangue fresco. Ironico: anche lei, come i suoi tributi, stava sperimentando il bagno di sangue. Solo in modo diverso. Loro avevano, seppur minima, una possibilità di sopravvivenza: lei non aveva nemmeno questa.

Una porta si aprì, da qualche parte.

Fu pervasa da una sensazione di sconforto: il concerto era iniziato. Urla straziate, persone che chiedono pietà, perdono... era come una melodia, l'unica melodia che l'aiutava a rimanere sana di mente. L'unica melodia che le ricordava di essere viva, che finché sarebbe resistita, anche lei aveva una possibilità. Ma fra poco sarebbe stato il suo turno: sarebbe stata lei a invocare pietà.

Venne il silenzio, che era addirittura più terrificante delle urla. Silenzio voleva dire morte. Silenzio voleva dire nuova vittima.

Sentì dei passi, chiuse gli occhi.

Voleva chiudersi nel guscio che aveva creato anni prima, voleva indossare nuovamente la sua maschera. Ma come il suo viso colpì duramente le pareti in pietra, si rese conto che sarebbe stato impossibile.

Il carceriere aveva ragione: non era altro che un gingillo, una bambola.

'Dolcezza, quando aprirai gli occhi potrai parlare come mio pari. Per adesso, non sei altro che un fottutissimo burattino nelle mani di Capitol City. Una bambola, un oggetto senza valore.'

Non sapeva a chi appartenesse quella voce che costantemente le ricordava di essere senza valore. E allora perché continuava a vivere? Perché continuava a resistere?

All'improvviso sentì la sua porta aprirsi di scatto, sentì entrare qualcuno.

Sentì quel qualcuno mormorarle 'Rimani in vita, dolcezza'.



'Trinket, non riesco a respirare, mi vuoi morto?' la donna, estremamente imbarazzata, sciolse l'abbraccio. 'In quel caso, la cosa è reciproca tesoro' aggiunse lui, sbeffeggiandola com'era solito fare. Le era mancato non sentire più quel tono di voce sarcastico e ironico, anche se non lo avrebbe mai ammesso ad alta voce.

In quell'istante, si ricordò di Abernathy, il motivo per cui non aveva confessato nemmeno sotto tortura.

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A/N: Santo cielo, è la seconda Hayffie che scrivo ma la prima che pubblico! Comunque: sono fiera di aver finalmente messo piede in questo fandom era tanto che mi ripromettevo di scrivere qualcosa e invece facevo tutt'altro ahahah
Sono un Hayffie shipper fino al midollo, non posso farci niente. Inguaribile romantica, ovviamente dovevo farla finire in maniera fluff!
La dedico ad alcune persone:
-Valeria, il mio Haymitch
- Francesca, perché si merita una dedica
- Fedia, perché go, Fedia go!
- Giada, perché sei una grande.
- Gabriella, la mia Annie a cui voglio tanto bene <3
- Lucrezia.
- Tutti quelli del GdrHg, che amo follemente.
è una storia scritta in un momento di 'feels' post-trailer di Catching Fire. La mia modalità fangirl non si era ancora spenta. L'ho scritta ascoltando 'The Misery', Sonata Arctica. Infatti ho scelto questo titolo (sì, avete presente quella cosa chiamata fantasia? Quando si tratta di titoli non ce l'ho).
Bene, ci vediamo alla prossima fic!
   
 
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