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Autore: Angelus_Dragon    22/07/2013    4 recensioni
Avete mai pensato che anche le cose inanimate possano avere pensieri ed emozioni? Ebbene a me sembra quasi di percepirli. Sarò una che si immedesima troppo, ma non posso mai fare a meno di immaginare cosa possano pensare le cose inanimate: auto, giostre, biro etc. In questo caso ho pensato alla Costa Concordia, l'ex Ammiraglia della flotta Costa Crociere.
Genere: Drammatico, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Faceva freddo.
Era buio.
E lei era inclinata su un fianco, dolorante come un animale ferito, lentamente percepiva l’acqua lambirla e soffocarla.
Le persone che aveva ospitato a bordo si agitavano, correvano senza meta urlando e piangendo e lei, oramai impotente, non poteva far altro che ascoltare le loro voci e continuare la propria discesa verso il basso fondale.
Ci aveva provato. Aveva tentato di sopportarlo, ma il peso era troppo, ed ora non poteva che accettare il suo destino.
 
Passò diverso tempo, tanto, poco, non lo sapeva dire con esattezza, ma ad un certo punto il vociare agitato dei suoi passeggeri si spense, trascinato via dalle lance di salvataggio che sparivano nelle tenebre della costa.
Sola.
Rimase da sola, accerchiata dalle imbarcazioni della guardia costiera come se fosse una bestia pericolosa rivoltatasi contro i suoi stessi padroni, i fanali alogeni perlustravano il suo corpo morente in cerca del danno. Lo trovarono. Un grosso squarcio sul lato rivolto al cielo, una ferita terribile che ora sanguinava nero gasolio.
Se ne andarono.
Non restò nulla al di fuori del suo cieco dolore, dell’assordante silenzio della notte. Stelle brillanti vegliavano su di lei, ma le parve quasi di essere derisa.
 
Un anno era passato da allora, ed ancora giaceva immobile a metà tra acqua e cielo. Gli umani le avevano costruito intorno tutto ciò di cui avevano bisogno per lavorare. Li sentiva vociferare in continuazione, ma non poteva capire cosa dicessero le loro parole. Lei non poteva capire nulla degli esseri umani, il suo obbiettivo era far vivere loro un’esperienza al limite dell’impossibile: farli volare sull'acqua, portarli attraverso l’oceano, tanto misterioso quanto affascinante, che lei poteva dominare. Poteva cavalcarlo senza problemi. Era nata per farlo. L’aveva sempre fatto al meglio! Ma allora dov’erano ora le persone alle quali aveva regalato quelle esperienze? L’avevano abbandonata. L’avevano lasciata con la sua ferita in una fredda notte d’inverno. Se n’erano andati lasciandola marcire nel mare, lasciando che le alghe si insinuassero in quelle che una volta erano stanze di lusso, saloni per balli e risa e che ora erano case per i pesci. Tante furono le persone che durante quell’anno si erano fermati sulla costa ad osservarla, a parlarne, a sussurrare congetture sul perché si trovasse lì. Voci che erano ben diverse dal coro d’ammirazione che sentiva quando, avvicinandosi all’isola, illuminava il paese con le sue luci brillanti, come se un frammento di cielo stellato navigasse sull’acqua proprio davanti ai loro occhi stupefatti.
Un anno per rammentare ciò che era una volta e per concretizzare ciò che invece era ora.
Gli umani intorno a lei lavoravano duramente e si rese conto, con il tempo, che stavano cercando un modo per tirarla su, per riportarla alla sua posizione originale. Per un momento fu pervasa dalla gioia, un fiotto di speranza folle e gradito che svanì come il gabbiano che gridando attraversò le nuvole grigie di un imminente temporale.
Non l’avrebbero ricucita per poterla salvare, per aggiustarla e rimetterla in mare, lo sfregio che si era procurata la marchiava come condannata.
L’avrebbero sollevata per trascinarla via e demolirla…
 
 “Addio mare, e grazie per ogni carezza che mi hai concesso da quando ti ho conosciuto. Addio e grazie per non avermi abbandonata nemmeno quando sono rimasta intrappolata tra questi scogli, ora la mia tomba.”

   
 
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