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Autore: VeraNora    23/07/2013    7 recensioni
Ebbene sì... ecco che arriva il proseguo di "Strano il mio destino" e "Family Buisness"... non è esattamente un proseguo... è più un tassello mancante, quella parte di storia che in molti mi hanno chiesto di scrivere: Klaus e Jessica.
Ma non è solo questo... è molto di più.
Tutto inizia con l'incontro che fa Gala, questa ragazza speciale, in un freddo giorno di dicembre.
Cosa scoprirà la ragazza? Perché proprio ora?
Spero vi piacerà anche questo mio nuovo progetto.
***************************DAL CAPITOLO*********************************************
«Devo sapere in cosa credi, Gala… devo sapere quanto la tua mente è in grado di accettare e quanto sei disposta ad ascoltare… perché vedi… se la risposta è “tanto” ti racconterò una storia… la tua storia! Ma se non è così… ti dimenticherai di questo incontro, di questo discorso e di me…»
Genere: Avventura, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Damon/Elena
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Gala tornò a casa confusa. Varcò la soglia del suo monolocale e le sembrò di essersi risvegliata da un lungo sogno. Si guardò intorno ed osservò le pareti spoglie e l’arredamento scarno: un tavolo di plastica quadrato per due persone, due sedie di legno, un divano letto sempre aperto, libri sparsi in ogni dove, un armadio a muro e un mobiletto con sopra una tv mai accesa.
Agli angoli della casa scatole ovunque, ancora chiuse da quando si era trasferita lì 3 anni prima.
Lasciò cadere la borsa sul pavimento e si poggiò contro la porta, sospirò e chiuse gli occhi.
“Non essere stupida, Gala! È normale aver voglio di fuggire da… questa vita… ma non è credendo alle frottole di uno sconosciuto, seppur bellissimo, che lo farai! Sei più intelligente di così!” si disse, tornado in contatto con la sua parte razionale, costretta al silenzio per tutto il giorno.
 
Dopo aver perso di vista Damon, aveva continuato a vagare per la città, senza meta. Entrò in due diversi bar ed ordinò caffè e scotch sperando di recuperare la sensazione provata nel sentire quegli odori mischiati nel fiato di quel misterioso uomo che era riuscito a scuoterla in un modo che non sapeva ancora spiegarsi.
 
“C’è qualcosa in lui… mi ricorda qualcosa…” pensò, provando a riprendere contatto col suo istinto. Gli  aveva chiesto se si conoscessero e lui aveva glissato rispondendole che prima aveva bisogno della sua cieca fiducia.
“Ma certo! Ha bisogno di tempo per capire come fregarti meglio! Svegliati!” tornò ad ammonirla la sua ragione. Gala si schiacciò le mani sugli occhi e scosse la testa. Improvvisamente si focalizzò sulle ultime battute che si erano scambiati.
 
«… questa è una storia che merita di essere ascoltata come si deve…»
Le aveva detto rispondendo alla sua domanda sul perché non potesse raccontarle subito tutto.
«E posso  almeno chiederti di che parla
«D’amore! Di passione… di avventura… e di pericolo
«E sarebbe la mia storia
«Anche! È innanzitutto la storia di colei che ti ha dato la vita … Ti parlerò di tua madre …»
 
«Mia madre…»
sussurrò. Si fece scivolare le mani lentamente sul viso e le fermò sulla bocca, come se volesse raccogliere qualche residuo di quella parola: ‘madre’.
Gala Nessuno aveva avuto una madre, una donna che per qualche ragione non le era rimasta accanto, che non le aveva lasciato niente se non un nome strano, causa di parecchie prese in giro. “Ti ha lasciato più di questo… ti ha lasciato una storia… e Damon” la consolò la voce timida del suo istinto.
«Damon…»
ripeté ad alta voce. Strinse gli occhi e due ghiacciai si materializzarono tra le scintille di luce. “Perché mi fido di lui? Perché sento di potergli credere?” si chiese quasi con rabbia. Sbuffò, si tolse il cappotto e si diresse verso la cucina a prendere qualcosa da bere. Passò accanto ad uno scatolone e si bloccò, gettò uno sguardo all’indicazione sul contenuto, scritta con  un pennarello blu: ‘NIENTE. Poggiò una mano sul tratto grosso di quell’anomala definizione e fece scorrere le dita sulle lettere. Una specie di raptus la colse e si mise a scartare il pacco in preda ad una frenesia innaturale. Quando ebbe tolto anche l’ultimo pezzo di nastro adesivo con cui aveva sigillato la scatola, tirò le alette di cartone e scoprì il contenuto. Tra fogli di giornale per fare spessore c’era la targa della sua laurea con il merito “Migliore del corso”. Due foto che la ritraevano con toga e tocco:  una con  il professor Martins e l’altra con il Magnifico Rettore. Un portachiavi a forma di rosa che le aveva regalato Michelle, una delle rare ‘amiche’ dell’università, ma aveva perso anche lei di vista ormai. Una lettera d’amore, l’unica che avesse mai ricevuto, da un ragazzo, di cui non ricordava nemmeno il nome, il primo anno da matricola. Sotto a tutto quel ‘niente’ c’era il fascicolo che le aveva consegnato la Madre Superiora dell’Orfanotrofio.
Lo prese con mano tremante e lisciò la copertina di carta riciclata, color mattone. Su un’etichetta adesiva,  attaccata in alto a destra,  c’era la scritta “N° 226 – S – Gala”.
Aveva speso notti intere a studiare quel fascicolo in passato , ma era la prima volta che faceva caso all’etichetta. Le scappò da ridere.
«Catalogata come un libro… peccato abbiano sbagliato, dovrei stare sotto la ‘G’, non sotto la ‘S’!»
commentò. Aprì il fascicolo ed il suo pseudo certificato di nascita era rimasto immutato dall’ultima volta in cui lo aveva scrutato nella speranza che una nuova verità le saltasse all’occhio.
«Niente di nuovo Gala Nessuno… resti una probabilità… non c’è storia al mondo che ti solleverà da quest’onere!»
cercò di scherzare. Poi un pensiero le attraversò la testa come un lampo, dandole un’illuminazione.
«Lui lo sa! Lui saprà quando sono nata! Se conosce la storia di mia madre, saprà anche quando mi ha messa al mondo!»
esclamò entusiasta. Il tono di voce usato la mise in imbarazzo. Era sola e parlava da sola.
“Complimenti Gala! Stai perdendo proprio il lume della ragione!” la sgridò la solita voce razionale.
Si morse l’interno della guancia e cercò di ignorare ancora per un po’ quella parte di sé. Sfogliò il resto dei pochi documenti che avrebbero dovuto parlare di lei: il foglio di ammissione all’orfanotrofio, i certificati medici che attestavano la “buona salute dell’infante” e qualche  responso delle sue prime e uniche visite allo psicologo dell’orfanotrofio. Sospirò, chiuse il fascicolo e lo lasciò cadere nella scatola. Andò in cucina, aprì il frigorifero e fissò l’interno semivuoto: due mele molto mature, del formaggio molto stagionato, tre uova molto vecchie e l’ultima birra del set che le era stato mandato per la campagna pubblicitaria: gusto mela.
Sollevò le sopracciglia e la prese, la stappò, si buttò sul divano letto senza togliersi le scarpe e gustò la bevanda. Dopo un paio di sorsi la guardò turbata.
«La birra dovrebbe avere un altro scopo… e tu sai di succo di frutta!»
inveì contro la bottiglia. Sollevò la testa al soffitto e sbuffò.
«Parlo da sola e non sono nemmeno ubriaca… Gala Nessuno… quanto sei patetica!»
Si alzò di scatto, gettò la birra nel pattume, si mise il cappotto e scese allo Store sotto casa  e comprò due bottiglie di vino bianco, tornò all’appartamento e decise di ubriacarsi. “Magari dimentico tutta questa storia e basta… domani andrò a…” il pensiero di Gala rimase in sospeso. Si era appena ricordata del licenziamento in seguito alle molestie di Johnson e dello strano congedo che le era stato riservato dopo che Damon l’aveva convinta a tornare alla P&W. Cercò nella borsa le lettere che il suo ex capo le aveva consegnato e le aprì. Henry Johnson si era prodigato ad elencare tutte le sue ottime qualità di creativa, il suo socio, Gabriel Hartman, un uomo scorbutico e sempre acido, non si era risparmiato ad elogiarne le fantastiche qualità di relazione coi clienti e con i colleghi di lavoro. L’ultima lettera era della socia di maggioranza: Lavinia Butterglaud. Una donna che era più un mito alla P&W, in quanto non si faceva vedere mai, se non in seguito a qualche disastro. Nei 4 anni passati da loro, Gala ebbe l’onore di sapere che si trovava nello stabilimento una sola volta. La vide passare per una frazione di secondo e tutto ciò che scorse fu l’enorme cappello a tesa larga e la pelliccia d’ermellino che ne camuffavano la figura. Nonostante ciò, Lavinia Butterglaud aveva scritto meraviglie di lei, una dipendente con cui non aveva scambiato mai nemmeno davvero la stessa aria.
«Ti dimostro che tutto è possibile nel nostro mondo…» le aveva detto Damon.  Leggendo quelle lettere non poté fare a meno di credergli. “No! No! Gala! Andiamo! Sicuramente quando hai urlato a Johnson che era un porco qualcuno avrà sentito… magari la stessa Butterglaud , ed hanno deciso così di evitare una denuncia! Non puoi credere davvero a queste frottole!” tornò a riprenderla la solita voce.
«Beh… credo che domani scoprirò chi è il matto, no?»
disse tra sé e sé. Abbandonò l’idea di ubriacarsi e si preparò per dormire. Contrariamente a quanto pensava, il sonno sopraggiunse rapido. La notte passò senza sogni e quando la sveglia suonò, il mondo era ancora inghiottito dalla notte. Si alzò e si preparò con i pensieri in apnea. Aveva deciso di mettere a tacere istinto e ragione: avrebbe affrontato quella giornata senza niente a condizionarla.
Gala scese in strada e fu avvolta da un freddo a cui non era pronta, non era mai uscita a quell’ora. Pensò se tornare in casa e mettersi qualcosa di più pesante, guardò l’orologio e temette di fare tardi, quindi si strinse cercando di riscaldarsi quanto più possibile e camminò veloce.
Arrivata nei pressi di Crowe Street il suo corpo si era riscaldato abbastanza, proseguì fino al cimitero e trovò Damon poggiato contro il cancello, a braccia conserte. Indossava la stessa giacca di pelle del giorno prima e non sembrava affatto turbato dal gelo polare che condensava il fiato in nuvolette bianche.
«Puntualissima!»
le disse, porgendole un caffè bollente. Gala si affrettò a stringere il bicchiere di cartone tra le mani, godendo di quel calore artificiale. Se lo portò alle labbra e bevve avida, senza preoccuparsi di scottarsi. Damon la osservò con espressione divertita, lei lo guardò senza sollevare il viso dal bicchiere.
«Cosa c’è?»
gli chiese continuando a riscaldarsi col vapore del caffè. Lui scosse la testa, chiuse gli occhi ed abbassò gli angoli della bocca.
«Niente… è che continui a ricordarmela…»
«Chi?»
«Oh… lo vedrai…»
le rispose, spingendo il cancello. Con un cenno della testa la invitò a seguirlo. Lei rimase un attimo indietro, a chiedersi se fosse normale entrare in un cimitero a quell’ora… soprattutto: perché era aperto?
Diede un’occhiata al lucchetto e si accorse che era stato scassinato. Spalancò la bocca e guardò in direzione di Damon che si era fermato ad aspettarla. Indicò tremante il lucchetto divelto e disse nel tono più calmo che le riuscì:
«H-hai… tu hai…»
«Scassinato il lucchetto? Sì! Ed ora andiamo… non c’è molto tempo prima che arrivi … Ben…»
«B-Ben?»
balbettò.
«Sì… il custode… apre ogni mattina alle 7:30. Dai!»
«P-perché non vederci a quell’ora quindi?»
Damon sollevò la testa al cielo e sospirò.
«Testarda e curiosa come lei! Ascolta Gala… non voglio ci disturbi nessuno, ok? E la storia che ti devo raccontare ha bisogno di silenzio e quiete… e tu avrai bisogno dell’intera giornata per smaltire quello che ti dirò… prima iniziamo… prima avrai modo di decidere se scolarti due bottiglie di vino o meno…»
Quelle parole le gelarono il sangue nelle vene.
«C-come… tu… tu mi hai spiata?»
domandò sconvolta.
«Certo che sì… e non è nemmeno la prima volta… di certo non sarà l’ultima! Ti tengo d’occhio da 27 anni…»
A Gala cadde il bicchiere dalle mani, non sentiva più freddo, era totalmente intorpidita dallo shock.
Damon le si avvicinò, le mise le mani sulle spalle e disse:
«Come ti accennavo ieri… è una storia che merita tutta la tua attenzione… e serve tutto il tempo che abbiamo… tu lo stai sprecando! Cieca fiducia, Gala… cieca fiducia! Ed ora seguimi!»
Di nuovo il tocco di quello strano e misterioso uomo ebbe in lei un effetto calmante. Nonostante l’assurdità di quello che le aveva detto, i suoi piedi si mossero dietro lui.
Lo seguì in silenzio fino ad una piccola cripta, di marmo bianco, con una porta a vetri ed intarsi dorati, Damon l’aprì e fece segno a Gala di entrare. Lei esitò qualche istante ma poi si addentrò. L’interno era illuminato da piccole lucette elettrice, c’era una panca di legno al centro della piccola stanza e stava di fronte all’unica lapide che recava foto e scritta. Grossi mazzi di rose rosse e bianche riempivano i cestini, impregnando l’aria del loro profumo. Gala chiuse gli occhi ed inspirò quell’odore sorridendo.
«Amo le rose…»
disse, senza riuscire a trattenersi. Damon sorrise.
«Lo so…»
Lei  si girò a guardarlo indispettita.
«C’è qualcosa che non sai? Di me, intendo!»
«No… sei tu quella a cui mancano i pezzi… io sono quello che li ha!»
rispose sarcastico. Gala si morse un labbro e sbuffò.
«Dici di tenermi d’occhi da 27 anni… come diavolo è possibile? Quanti anni avrai? 28? 30?»
«Hey! Non offendere! Ho solo 23 anni!»
«Cosa?»
«Gala… ascolta… una cosa per volta! Ok? C’è davvero tanto da sapere prima di passare a quel tipo di informazioni… iniziamo con le cose semplici…»
le disse, indicando la lapide alle sue spalle.
«Chi è?»
chiese lei.
«Lei… è tua madre!»
rispose lui, accarezzando la foto incastonata nel marmo. A Gala mancò il respiro. Tutta quel mistero per scoprire che sua madre era morta. Sentì le lacrime bruciarle negli occhi e non seppe spiegarsi il motivo, in fondo lei una madre non l’aveva mai avuta… perché dispiacersi proprio alla scoperta che era morta?
“Perché ti ha appena tolto la flebile speranza a cui ti eri aggrappata… quella di poterla conoscere” si rispose mentalmente. Si avvicinò lentamente alla lapide, mettendo sempre più a fuoco l’immagine che Damon aveva accarezzato con tanto amore. La foto ritraeva una bella ragazza, davvero simile a lei: occhi grandi e verdi, capelli ricci e castani, sorriso vitale, viso ovale e morbido. I suoi occhi corsero alle lettere dorate che indicavano il nome della donna.

«Jessica Salvatore»
lesse ad alta voce. La data di nascita e la data di morte indicavano che aveva un anno in più di lei al momento del decesso.
«14 febbraio…»
Quella era il giorno della sua morte. Il giorno degli innamorati di 27 anni prima, Jessica Salvatore moriva.
La mente di Gala iniziò a fare connessioni su connessioni “N° 226 – S – Gala” pensò. Non era un errore di catalogazione alfabetica la “S”, era il suo cognome : “Salvatore”… e quel “probabilmente nata in febbraio” avrebbe potuto combaciare con quella data di morte.
«È… lei è morta dandomi alla luce?»
domandò, con il pianto a spezzarle la voce. Damon la osservò un po’, sorrise e scosse la testa.
«No… »
«No? Tutto qui? Non hai altro da dirmi?»
«Oh… ho un’infinità di cose da dirti… ma non è iniziando da questo punto che capirai…»
«Cosa? Cosa devo capire!»
«Che c’è un mondo da cui sei stata protetta per tanto tempo, un mondo in cui l’età è relativa… in cui vita e morte potrebbero voler dire la stessa cosa… un mondo in cui l’amore fa da padrone, a dispetto di quel che potrebbe sembrare…»
«Io… io quando sono nata?»
Damon sorrise e asciugò le lacrime che sfuggirono al controllo di Gala.
«Il 13 febbraio…»
Un’ondata di emozioni la colse all’improvviso, togliendole il fiato. Non era morta dandola alla luce, era morta il giorno dopo… magari per complicazioni. Che scherzo era quello? Perché Damon le stava facendo questo? E perché lei continuava a fidarsi di lui?
«I-io… io sono finita in orfanotrofio a due… a due anni! Con chi sono rimasta per due anni? Ho… ho un padre? Sei tu?»
«Gala… non potrei mai essere tuo padre…»
«P-perché no? Hai detto che mi controlli da 27 anni e che nel tuo mondo l’età non conta… e… e hai detto che sei innamoratissimo di un’altra donna… e… e hai accarezzato la sua foto… tu l’hai accarezzata come se l’amassi… e… e…»
farfugliò esasperata prima di mettersi le mani sul viso e cadere in ginocchio. Gala iniziò a piangere senza riuscire a controllarsi. Si sentiva in preda ad emozioni che non sapeva di avere. Damon le si avvicinò piano e le toccò le spalle. Di nuovo quel gesto le infuse una tranquillità inaspettata e smise di tremare. Lui la sollevò piano e l’accompagnò a sedersi sulla panca e quando smise di singhiozzare le prese il viso tra le mani e le disse calmo:
«A piccoli passi, ti spiegherò ogni cosa. Ma dobbiamo andare per ordine o rischierai di farti travolgere dalle emozioni… ok? Fidati di me…»
Gala annuì asciugandosi le lacrime con il dorso delle mani gelate. Damon le sorrise.
«Bene… innanzitutto… io amavo moltissimo Jessica… ma non nel modo in cui credi tu… lei… lei era mia figlia»
La bocca di Gala si spalancò. Affondò il viso nelle mani, scosse la testa e scoppiò in una risata isterica.
«Stupida! Stupida che non sono altro!»
borbottò, sollevando la testa.
« È così che ti diverti? Pedinando ragazze orfane e tristi? Ammaliandole con i tuoi occhi magnetici e manipolandole con la tua voce calda? Perché mi fai questo? Perché hai scelto me?»
inveì. Damon sospirò.
«Sapevo non sarebbe stato facile…»
commentò.
«E perché? Perché sono testarda come la donna di cui dici di essere padre? Hai 23 anni! Lei è morta che ne aveva 28 ed io… io ne ho 27! Mi spieghi che razza di pazzo sei?»
urlò alzandosi. Damon aprì la bocca per rispondere ma lei lo bloccò.
«No! Non voglio sentire! Non voglio sapere niente! La pazza sono io! Io che ti ho dato retta… che sono venuta qui rischiando non so cosa! Avresti potuto uccidermi… o violentarmi… o che ne so io!»
«Gala… lo sai che non ti farei mai del male… lo senti…»
Per quanta rabbia provasse in quel momento, Damon aveva ragione. Lei sentiva questa inspiegabile fiducia nei suoi confronti e non riusciva a capire perché. Era abituata a non dare confidenza a persone che facevano parte della sua esistenza da anni… perché, invece, non riusciva a liberarsi di lui?
«Come ieri… concedimi quest’ora… fammi iniziare la mia storia… la tua storia! Se non sarai soddisfatta… domani non tornare!»
le propose .
«D-domani? È così lunga?»
«Sì. E richiederà molto più di un altro giorno…»
«Ah sì? E quanto?»
«Non lo so… ma di questo passo potrebbero volerci anni!»
scherzò lui.
«E a te che differenza fa? Hai detto che nel tuo mondo il tempo è solo un dettaglio!»
«Ed è così… nel mio mondo… non nel tuo…»
Gala sbuffò, lo guardò e si risedette pesantemente sulla panca, incrociando le braccia sul petto. Si morse l’interno della guancia e cercò di placare il vortice di pensieri che aveva iniziato a confonderle la mente.
Prese un gran respiro e si voltò verso Damon.
«Perché ora?»
gli chiese. Lui la guardò confuso.
«Se mi tieni d’occhio da 27 anni… perché hai deciso di raccontarmi tutto ‘ora’?»
si spiegò lei.
«Beh… non che non ci abbia provato prima… ma ieri mi è sembrato il momento giusto…»
rispose lui.
«C-che? Cosa?»
«Sì… ho provato ad avvicinarti altre volte… ma non mi è mai sembrato... il momento giusto… ieri, invece, mi sei venuta praticamente addosso…»
«Tu mi sei venuto addosso! Tu mi hai vista ed hai deciso di bloccarmi!»
ribatté lei.
«Ho smesso di contare le volte in cui mi sono parato davanti a te… mi hai sempre evitato all’ultimo minuto… ieri, invece…»
«Cosa? Ti sei parato davanti a me ed hai aspettato che ti sbattessi addosso?»
«Sì»
disse con semplicità. Gala lo guardò interdetta. Non riusciva a capire se essere spaventata o divertita.
«Gala… se ho imparato una cosa nella mia luuunga esistenza, è che bisogna lasciar fare al destino! E così ho fatto»
Lei  spalancò gli occhi incapace di esprimersi. Recuperò un po’ di calma e decise di stare al gioco di Damon, per testarlo.
«Ok… allora perché mi vuoi raccontare questa storia?»
«Perché gliel’ho promesso… a Jessica… le ho promesso di raccontarti tutto quando sarebbe stato il momento…»
«Ed ora è il momento…»
«Se me lo concedi…»
«Ok… iniziamo… dimmi tutto!»
lo invitò lei. Damon sorrise e si preparò a raccontare la sua storia.
«Forse è bene che inizi dal vero inizio… da quando il mio destino mi ha portato a scontrarmi con Jessica…»
«Un momento… credevo avessi detto che eri suo padre!»
«Ed è così… in un certo senso…»
Gala corrugò la fronte incapace di capire cosa intendesse dire.
«Sì… beh… credo debba fare un passo indietro ed iniziare da me… vedi… io sono un vampiro»
ammise lui.
La donna si raddrizzò e scoppiò a ridere. Notò la serietà sul volto di Damon e capì che lui non scherzava.
«Sul serio? Un vampiro?»
Lui fece spallucce.
«È quello che ho detto…»
«Ascolta… c’è un limite a tutto… va bene la follia del destino, del tempo che non conta nulla… e le tue altre assurdità… ma un vampiro?»
Rimase in attesa di vederlo cedere, ma non avvenne. Decise quindi di risvegliare la sua parte razionale ed ancorarsi a quella per andare via da lì il più presto possibile. Si alzò dalla panca sospirando.
«Ok, Damon… ascolta… sono sicura che sei un bravo ragazzo… ma io mi sono appena stancata di giocare…»
Si voltò e si diresse verso l’uscita. In un secondo Damon gli si parò davanti, a Gala sembrò che gli si fosse materializzato davanti. Indietreggiò di un passo tremando. Si girò a guardare la panca, per assicurarsi che non ci fosse un gemello con cui mettere in atto quel trucchetto, la trovò vuota e pensò invano ad una spiegazione razionale . Lui allargò le braccia lentamente.
«Gala… ascoltami… potrei soggiogarti a non avere paura di me e della mia natura… ma non voglio… e Jessica non avrebbe voluto… devi ascoltare questa storia senza trucchi, senza inganni…»
provò a tranquillizzarla.
«T-tu… i-io… c-cosa…»
balbettò lei, senza riuscire a formula una frase di senso compiuto.
«Lo so… è uno shock… ma se mi concedi del tempo ti giuro che tutto ti sarà chiaro… devi solo ascoltarmi…»
Gala deglutì e si lasciò cadere sulla panca, con il fiato corto. Damon le si sedette accanto e mise una mano sulla sua. Nonostante il trucchetto di velocità e la confessione sulla sua natura da vampiro, il contatto con lui, continuava a infonderle calma e serenità. Provò a combattere quel senso di fiducia “cieca fiducia!” ma alla fine si arrese. Con le lacrime agli occhi gli disse:
«Ok… dimmi tutto quel che vuoi… ascolterò… ma se domani non tornerò… ti prego di non cercarmi mai più!»
Damon le sorrise.
«Se domani non sarai qui, ti prometto di sparire dalla tua esistenza… e se vorrai cancellerò anche quello che ti ho detto oggi…»
Gala annuì e lui iniziò la sua storia.
   
 
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