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Autore: xidolsvoice    23/07/2013    1 recensioni
insieme con il corpo,ma lontani con la mente.
si odiavano?forse,ma non sapevano che quell'odio era solo un sentimento per reprimere qualcosa di molto più forte,che solo le loro anime avevano percepito,l'amore.
oramai l'una faceva parte dell'altro,erano una cosa sola,in due corpi diversi,pronti ad amarsi fino a star male.
Genere: Fluff | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nathan Sykes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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1 Capitolo:

Era oramai arrivato il mese di Giugno, il sole batteva già forte, ed erano solo le  8.00, orario in cui avrei preferito dormire, ed invece mi ritrovavo in cucina con davanti un abbondante tazza di latte freddo, con mia madre che correva avanti ed indietro, borbottando qualcosa che alle mie orecchie risultava del tutto incomprensibile. Quella mattina saremmo dovute partire per  andare  al mare con una collega di mia madre, che ci aveva precedute  già da qualche giorno.
Di lei non sapevo assolutamente niente, e questa cosa mi dava un fastidio tremendo, odiavo andare in vacanza con persone che non conoscevano e con cui magari non avrei avuto quasi nulla da dire.
“Arlene, muoviti che  arriviamo tardi!” urlò mia madre portando fuori anche l’ultima valigia.
Sbuffai, posando la tazza del latte nel lavandino che sciacquai velocemente, presi il borsone che si trovava alla mia destra e mi avviai alla porta, mi girai dando un’ultima occhiata alla casa, non l’avrei vista per un po’ e stranamente tutto ciò mi faceva venire un groppo alla gola, feci un cenno con la  mano come per salutarla e chiusi la porta, correndo verso la macchina , mentre mia madre strombazzava con il clacson.
“Mamma smettila, la gente dorme!” urlai quasi sedendomi al posto accanto a quello di guida.
“Arlene sono le 8.30 e ci vogliono ben 6 ore di macchina per arrivare a Brighton” disse mentre guidava ad una velocità eccessiva, visto che il limite massimo di mia madre era 50 km/h.
Poggiai la testa sul finestrino, guardando fuori  mentre chiacchieravamo con in sottofondo le canzoni che trasmettevano alla radio. Erano passate circa tre ore e mezza e ci  fermammo in una zona di sosta, perché il telefono di mia madre squillava incessantemente da minuti.
“Hey, Karen, stiamo per arrivare, manca circa un’ora e mezza ,va bene? Un bacio, a dopo” disse mia madre, attaccando, per poi ripartire ancora più veloce di prima.
Il nome della donna è Karen, mh.. pensai.
“Allora, sei felice di andare a Brighton?” disse mia madre
“Secondo te? ovvio che no!” dissi, spiazzando probabilmente mia madre.
“Dai, ti divertirai! Karen ha un figlio e ha portato dei suoi amici”
“Che cosa?!” urlai, girandomi verso di lei che strizzava appena gli occhi per urlo che avevo appena fatto.
“Si, ha un figlio.. si chiama Nathan”
“E quanti anni ha? Come si chiamano gli amici? Di dove sono?” dissi, cominciando una specie di interrogatorio.
“Ah Arlene non ti fare problemi, ti troverai bene con loro!” disse mia madre, chiudendo velocemente l’argomento.
Mi girai nuovamente verso il finestrino, facendo calare un nervoso silenzio.
Dopo un’altra ora vidi in lontananza un cartellone con scritto “WELCOME TO BRIGHTON”
Stranamente ero sollevata che fossi finalmente arrivata, un’altra mezz’ora in macchina e mia madre parcheggiò fuori ad una casa, a pochi metri dal mare, dovevo ammetterlo,   era davvero magnifica.
Uscii fuori per aprire il cofano e prendere i bagagli, ma fui bloccata da una voce dolce e calorosa di una donna.
“Hey, tu devi essere Arlene, non preoccuparti che ci penso io!” disse questa donna avanzando velocemente verso la macchina.
“Karen!” urlò mia madre sorridendo, mentre la stringeva in un dolce abbraccio.
Ella sorrise, ricambiando quel gesto di affetto per poi spostare lo sguardo alla macchina.
“Nathan, vieni ad aiutarci!” urlò la signora, tirandomi verso di  lei senza permettere di avvicinarmi di un solo centimetro al cofano.
Vidi avanzare verso di noi un ragazzo dall’altezza media, che indossava un pantaloncino che gli arrivava alle ginocchia blu e una canotta bianca, con il ciuffo bagnato poggiato sulla fronte, con un sorriso largo e bianco e degli occhi verdi, nei quali quasi mi perdevo, li trovavo assolutamente magnifici.
Scossi la testa rimuovendo i pensieri che stavo facendo e lo guardai, accennando un sorriso.
“Salve, sono Nathan!” sorrise lui, porgendo la mano a mia madre.
“Chiamami Anne, caro” disse mia madre, mostrando uno dei suoi sorrisi ampi.
Lo vidi avanzare verso di me, e sentii qualcosa muoversi nel mio stomaco, che feci fermare senza troppi ripensamenti, sorrisi e gli diedi la mano presentandomi.
“Dai Nathan, muoviti a portare le valigie dentro” disse Karen, avviandosi verso la porta.
“Dai, ti aiuto io” dissi avvicinando al cofano
“No, vai che ci penso io” disse lui, la sua voce roca mi faceva letteralmente impazzire.
Gli sorrisi nuovamente e mi avviai dentro, dando un’occhiata alla casa che non aveva deluso per niente le mie aspettative. Al piano di sopra c’erano le camere da letto, e la mia era accanto a quella di Nathan e per chissà quale assurdo motivo quel pensiero mi fece sorridere. Entrai in camera mia e poco dopo entrò lui, portando la mia valigia che poggiò delicatamente ai piedi del letto.
“Sei stato gentilissimo” dissi, quasi in un sussurro sorridendo.
“Questo ed altro per te e tua madre” disse sorridendo, prima di continuare la frase “io avevo intenzione di andare a mare, vuoi venire con me? Magari ti faccio fare un giro per la spiaggia” disse, mordendosi il labbro.
“Certo, cerco il costume e vengo..” dissi guardandolo.
“Perfetto, ti aspetto giù!” disse quasi correndo fuori.
Accennai una risata scuotendo la testa, era così maledettamente bello e goffo quando correva.
Presi velocemente il costume e lo infilai, con sopra una canotta che arrivava poco più giù il sedere. Raccolsi i capelli in una coda di cavallo alta, mostrando il piercing che avevo dietro al collo, presi gli occhiali e l’asciugamano arrivando giù, dove mi aspettava Nathan seduto sul divano.
“Andiamo?” disse lui, alzandosi
Feci cenno di si con il capo, mentre mi avanzavo alla porta. Non pensavo di poterlo dire, ma forse quella sarebbe stata l’estate più bella.
  
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