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Autore: Alicegym    23/07/2013    1 recensioni
Stivi, Jack, Leo e Alice . Quattro amici che da soli non sono niente ma insieme fanno "Gli Smog", una band creata solo per divertirsi e magari intrattenere quei quattro gatti alla pizzeria di paese. Ma cosa succederebbe se un famoso produttore li scoprisse e li facesse partecipare a un concorso di musica internazionale? Semplice: il chitarrista conquistatore di ragazze, il timido e impacciato batterista, il suonatore di tromba e basso con l'amore dei fumetti e la bella ragazza capace solo di cantare, partono per una incredibile avventura a Londra, coinvolgendo cantati provenienti da tutta europa, colpi di scena e piccole storie d'amore
Genere: Commedia, Sentimentale, Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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«Quindi vi è stato rubata la borsa» disse il poliziotto della stazione sfoderando una totale idiozia.
«Si! Quante volte le lo devo ripetere? L’avevo posata accanto a me e un ladro me l’ha presa». I ragazzi annuirono.
«D’accordo ma non si arrabbi». Una parte me voleva rispondere ma l’altra la fermò.
«Descrivi la borsa e il suo contenuto» disse iniziando a scrive molto lentamente sulla testiera del computer.
«La borsa è grande circa così» e azzardai con le mani la dimensione enorme «viola e con il teschio dello scheletro di Nightmare Before Chrismal sopra. Dentro c’è il libro “Sostiene Pereira” di Antonio Tabucchi, un lucidalabbra, qualche penna, un pacchetto di gomme da masticare, tre portafogli…»
«Tre?» si stupì l’uomo
«Si, il mio e i loro» dissi indicando Stivi e Jack.
«Mi dite i vostri nomi e cognomi e l’età così, se trovo il bagaglio, controllo i documenti»
«Io sono Giancarlo Mancelli. 15 anni» disse Jack.
«Stivi Tempo. 17 anni» disse Stivi
«15 anni. Alice Stilloni». “Alice” mi ci chiamavano solo gli adulti. “Ali” gli adulti con cui avevo confidenza. “Elìs” i ragazzi e “Ice” solo Jack. Lui diceva sempre che “Ali”, come diminutivo, era troppo banale, perciò usava sempre la fine del mio nome: “Ice”. A volte, per prendermi in giro, Leo mi chiamava “Sott’olio”. Quando lo usava mi offendevo, fino a quando iniziò ad usarlo anche Stivi, e non mi sembrò più così brutto. “Elìs” era per così dire, il mio nome d’arte. Ogni volta che si parlava della band, io smettevo di essere Alice, Ali o Ice e diventavo Elìs. Sul palco, con la musica che si espandeva sempre più, diventavo un'altra persona. Stivi la chiamava “Il male dei riflettori”. Diceva che avevo una doppia personalità, che cambiava quando avevo il microfono in mano. Passavo dalla piccolina, timida e secchiona che aveva paura di tutto, alla bella ragazza con una voce incredibile, che sembrava potesse uccidere un leone, se avesse voluto.
«E te?» disse lo stolto poliziotto rivolto a Leo.
«Io cosa?»
«Mi dici il tuo nome per favore?» disse il poliziotto come se fosse ovvio.
«Io sono Leonardo Lebbardi di 14 anni e mezzo, ma credo che sia inutile dato che a me non hanno rubato il portafoglio»
«Ah, è vero» disse distrattamente l’uomo mentre Leo roteava gli occhi. Odiava dire il suo cognome perché…
«Lebbardi? Quel Lebbardi?». Appunto pensò Leo. «Sì, è mio padre». Tutti conoscevano il famoso Ignazio Lebbardi, l’irritato pluri miliardario che possedeva praticamente tutto in Toscana. Odiava suo padre, quasi quanto odiava essere paragonato a lui. Ogni volta che poteva rifiutava i suoi soldi e i suoi regali. La cosa che lo irritava di più era che il padre credeva di poter comprare il suo affetto. Ma si sa bene che scarpe e cd non fanno la felicità.
«Bene, se ritrovò la borsa, chiamerò il numero che questa bella signorina mi ha lasciato. Arrivederci» concluse il poliziotto invitandoci ad uscire e dirigendosi in un'altra stanza. A “bella signorina” feci un aria schifata che credo che i ragazzi videro, ma fecero finta di niente.
«Per fortuna avevamo tutti i cellulari in tasca» dissi io.
«Bene, andiamo a comprare i biglietti» disse Jack mentre ci avviavamo verso la biglietteria.
«Non credo» sentì dire Leo da dietro di noi. Mi girai e vidi che guardava preoccupato il contenuto del portafogli. Stivi andò da lui e ci urlò dentro «Ciao…ao…ao…ao» come se ci fosse l’eco.
«Perfetto» dissi io
«Sei milionario e non hai nemmeno 5 euro nel portafoglio? Come è possibile?» obbiettò Stivi picchiandolo sulla testa con il portafoglio.
Leo, anche un po’ arrabbiato gli disse: «Intanto, sai benissimo che è mio padre ad avere i soldi. E in più io ho pagato il pranzo, ecco perché non ho contanti»
Stivi accenno un scusa e si giustificò dicendo che era un po’ nervoso.
Io: «Ok, calmiamoci tutti. Ragioniamo: siamo qui, senza un soldo e senza che nessuno ci possa aiutare, perché sono tutti a Lucca»
«Grazie Ice, non ce n’eravamo accorti» scherzò come al solito Jack.
Io: «Bisogna trovare un modo per trovare un po’ di soldi»
Leo: «Sì, ma come?».
Attimo in cui tutti, in silenzio, cercavamo una soluzione.
«Io ho un idea» disse Stivi facendo il solito sorriso che fa ogni volta che ha una strana idea. Sinceramente, ho sempre paura quando fa quel preciso sorriso, anche se ne rimango sempre estasiata dalla bellezza.

 
  
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