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Autore: Stay away_00    23/07/2013    0 recensioni
E avevo ragione, era molto più di quanto avessi mai desiderato.
Era quel tipo di felicità che si presenta all’improvviso, quel tipo di felicità che ti coglie e tu non sai come scacciarla, perché hai la sensazione di non essere mai stato meglio, e temi possa finire da un momento all’altro.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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L’uomo dai grandi occhi chiari si sedette su una poltrona, accavallò le gambe e prese in grembo quel piccolo diario, poco dopo, con una penna, cominciò a scrivere:

 

“Qualche tempo fa incontrai una donna.

Era l’anno 1862, ero appena tornato, mio padre mi aveva mandato a proteggere il fronte, ma poco dopo capii che quella vita non era adatta a me, forse per quello tornai, guadagnandomi la rabbia di mio padre, e quello che lui poteva definire il disonore della famiglia Gray.

Purtroppo quelli furono giorni difficili, la mia mente era presa dal sesso e dall’achool, come se tutto quello potesse portare via quello che avevo fatto, come se potesse portare via il dispiacere dagli occhi di mio padre, o gli orrori che avevo visto da miei. E alle volte capitava, alle volte credevo di dimenticare, ma raramente accadeva, e dopo, tutto tornava più forte e devastante di prima.

Fatto stava, che una notte, camminando per i sobborghi di Londra, una Londra povera, malfamata e solitaria, una Londra che agli occhi della mia famiglia era del tutto inesistente, date le ricchezze di cui erano in possesso.

Comunque, trovandomi a camminare per quelle strade, mi ritrovai di fronte una donna, persa in atteggiamenti alquanto intimi con un uomo che poteva avere almeno il doppio della sua età, ma non mi scomposi, ne lasciai che il pudore prendesse il sopravvento, semplicemente restai ad osservarla e quando quest’ultimi finirono esso diede due banconote in mano alla donna.

Appena mi vide si avvicinò a me, con una grazia e una compostezza invidiabili, unì le mani in grembo e mi sorrise con quelle sue labbra rosse, perfette sui capelli corvini e la pelle chiara, che risplendeva nell’oscurità della notte.

Restò ad osservarmi per appena qualche secondo – secondi che a me parvero ore – poi mi porse la sua mano, che d’istinto portai alle labbra e baciai delicatamente.

-Edgar.-

Mi presentai in un sussurro, non rendendomi conto di quanto potessi risultare ridicolo in quel momento, familiarizzare con una puttana non si adattava alla mia situazione sociale, non in quel momento, eppure non potevo farne a meno, non potevo non osservare i suoi occhi e desiderarla, come non avevo mai desiderato nessuna donna.

Purtroppo ero e sono ingenuo, mi lasciai prendere da sensazione che non avevo mai provato prima, lasciai che quella donna posasse le mie mani sul suo petto e appoggiasse le sue labbra sulle mie, in quello che potrei descrivere come il bacio più dolce mai dato.

Quella fu la prima notte in cui lei fu mia, e anche l’inizio delle mie disgrazie.

Katherine – quello era il suo nome. – aveva cominciato a vendere il suo corpo all’età di solo quattordici anni, suo padre si era suicidato per i troppi debiti, mentre sua madre ormai non ricordava neanche più il suo nome, figlia unica.

Dopo quella, feci in modo che passasse con me almeno tre notti alla settimana.

Poi, dopo alcuni mesi, arrivò il giorno in cui capii tutto.

Era il 15 settembre, le giornate erano fresche e quel pomeriggio lasciai che l’istinto prendesse il sopravvento sulla carne, invitai Katherine ad un pick nik in riva al fiume, sarebbe stata una bella esperienza, sia per me che per lei.

E avevo ragione, era molto più di quanto avessi mai desiderato.

Era quel tipo di felicità che si presenta all’improvviso, quel tipo di felicità che ti coglie e tu non sai come scacciarla, perché hai la sensazione di non essere mai stato meglio, e temi possa finire da un momento all’altro.

Quel tipo di felicità che ti faceva sentire inadatto e ti faceva piangere, quella felicità che sentivi al centro dello stomaco e ti spingeva a fare sempre di più e di più.

Quel giorno le dissi di amarla e accadde tutto così velocemente…

Avevamo appena terminato di pranzare, lei si era avvicinata all’acqua, dicendo di trovarci qualcosa di poetico nel proprio riflesso nell’acqua e non fui mai più d’accordo con lei.

Forse vedendola così innocente, come non lo era mai stata, ascoltando la sua risata, oppure incrociando i suoi occhi scuri e allegri… non avrei mai potuto spiegarlo. Era bellissima. Ed era mia.

-Ti amo. –

Due semplici parole attraversarono le mie labbra sottili, due ben parole decise e udibili. –

Solo in questo momento, amico, comprendo il lampo di esitazione che avevo visto nei suoi occhi, prima che mi stringesse a se. –

Dopo quella giornata ne seguirono altre, altrettanto felici, dopo quella giornata, tutti i pezzi caduti della mia esistenza, si rimisero magicamente in sesto, dopo quella giornata tutto sembrava migliore.

Ma tutte le belle fiabe, come è ovvio, sono destinate a finire, da quel giorno diventai sempre più ossessionato da lei.

Odiavo sentire su di lei il profumo di altri uomini, odiavo il pensiero che altre mani la sfiorassero, che altri si fossero accorti della voglia a destra del suo seno.

Odio e rabbia, ecco cosa mi scatenavano quei pensieri. Qualsiasi uomo l’avrebbe pensata al mio stesso modo, ma io avevo fatto il dannato errore di innamorarmi di una puttana, avevo fatto il dannato errore di diventare dipendente dalle sue parole e dai suoi occhi, lei per me era diventato il peggiore dei mali.

E dopo l’ennesima lite, precisamente il 19 dicembre, lei non si fece più vedere.

Era semplicemente scomparsa, finito. Era tutto finito, tutto quello era semplicemente andato a finire nel dimenticatoio, tutto quell’amore che diceva di provare, noi.

Poi arrivò il giorno che due guardie bussarono alla mia porta, chiedendomi della signorina Katherine Hamilton.

Mi dissero che l’avevano trovata morta, uccisa da un suo cliente e che di lei era rimasta soltanto una lettera a mio nome.

Sentii il mondo che mi ero creato distruggersi, la mia vita cadere lentamente in pezzi, sapendo che non avrei più avuto la forza di rimetterli insieme.

Era come se qualcuno mi avesse brutalmente strappato l’anima e avesse deciso di torturarla, sino a quando io non avrei implorato la morte.

La lettera recitava:
“Caro Edgar,

Spero tu non me ne voglia per le mie azioni, spero che i tuoi occhi riescano a vedere nuovamente cosa c’è di bello nel mondo, riescano finalmente a vedere oltre la mia figura.

Sono innamorata, ma non sei tu la persona a cui ho deciso di donare il mio cuore. Comprendimi, avevo paura e non c’era altro modo, all’inizio non pensavo che la tua ossessione per me sarebbe cresciuta sino a questo punto, ma poi hai superato il limite. Mi dispiace.”

Oggi è il diciannove Gennaio, precisamente un mese dopo la sua fuga e due settimana la scoperta della sua lettera, e dopo averci pensato, e ripensato, sono giunto ad una conclusione:

Non ci riesco, non riesco a convivere con il cuore a pezzi, non riesco a convivere con questo dolore che giorno dopo giorno si impadronisce di me, non riesco a convivere con la rabbia e con la paura.

Non posso, mi dispiace.”

 

Edgar, con uno scatto chiuse il diario, si alzò dalla poltrona e lo ripose in un cassetto, chiudendo quest’ultimo a chiave e nascondendo essa nel piccolo portagioie appartenuto a sua madre.

Prese un bicchiere di bourbon con mano tremane e lo bevve in pochi sorsi, mentre le lacrime scendevano copiose dal suo viso. Le asciugò stizzito, con il dorso della mano.

Poi, dopo aver afferrato la pistola, deposta ormai su quel tavolino da più di tre giorni si avvicinò alla parete, lasciandosi scivolare contro di esse e ritrovandosi seduto sul pavimento gelido.

Doveva ammetterlo, aveva paura, sentiva il cuore accelerato, ma allo stesso tempo avvertiva quella stana felicità nello stomaco. Quella che non provava più da troppo tempo.

Dopo alcuni secondi  il collo della pistola sfiorava le sue labbra, aveva ancora gli occhi chiusi, la mano tremante e sudata.

Il tempo di un sorriso ironico – quella donna lo aveva ucciso, in tutti i sensi. – poi, premette il grilletto. 

   
 
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