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Autore: Alicegym    23/07/2013    2 recensioni
Stivi, Jack, Leo e Alice . Quattro amici che da soli non sono niente ma insieme fanno "Gli Smog", una band creata solo per divertirsi e magari intrattenere quei quattro gatti alla pizzeria di paese. Ma cosa succederebbe se un famoso produttore li scoprisse e li facesse partecipare a un concorso di musica internazionale? Semplice: il chitarrista conquistatore di ragazze, il timido e impacciato batterista, il suonatore di tromba e basso con l'amore dei fumetti e la bella ragazza capace solo di cantare, partono per una incredibile avventura a Londra, coinvolgendo cantati provenienti da tutta europa, colpi di scena e piccole storie d'amore
Genere: Commedia, Sentimentale, Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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«Credi che funzionerà?» dissi io incerta.
«Elìs, con la tua voce potremmo guadagnare milioni, fidati» disse Leo, mentre montava la sua batteria.
«Ma dai!» dissi sorridendo imbarazzata «Bisogna guadagnare… quanto?»
«40 euro» disse Stivi indossando la chitarra.
«Entro le 16.15. È l’ultimo treno» aggiunse Jack porgendomi il microfono.
«Ma dai, ABBIAMO MENO DI TRE ORE». La mia voce risuonò per tutta la stazione e la gente ci guardò. Senza accorgemene, Stivi aveva acceso l’amplificatore portatile del microfono che avevo in mano.
Eravamo di nuovo a chiedere l’elemosina, come all’inizi della band. Per vedere se le nostre canzoni piacevano e per farci conoscere un minimo, cantavamo nelle piazze più visitate della nostra città e chiedevano un soldo o due se ne avevano in tasca. I soldi che guadagnavamo li spendevano subito in attrezzatura per la musica. Cantavamo in grandi vie e piazze, ma era la prima volta in una stazione, che in più conoscevamo veramente poco. Stavolta però dovevamo guadagnare un bel po’ e anche per un motivo importante: tornare a casa.
Con delle monete trovate nelle tasche, abbiamo comprato in cartoleria un grande cartoncino giallo e un pennarello nero. Con la mia bella grafia ci scrissi sopra: “GLI SMOG: siamo un band a cui sono stati rubati i soldi e cantiamo per tornare a casa”.
«Speriamo che attiri gente o che almeno gli impietosisca» disse Jack sistemandolo in bella vista.
«Buongiorno» dissi timidamente al microfono «Come potete vedere, siamo una band di nome “Gli Smog” che sperano tanto in un vostro aiuto. Ci servono 40 euro e quello che avanza dal comprare i biglietti del treno per tornare a casa, andrà ai barboni dalla stazione» aggiunsi con un sorriso. «Tranne i soldi per una bottiglietta d’acqua» obbiettò Stivi «Ho già sete». Io lo fulmini con gli occhi e mi rivolsi di nuovo al pubblico praticamente inesistente. «Ok, spero che vi piaccia».
Stivi iniziò a strimpellare qualche accordo e dopo l’attacco di Leo e Jack, iniziai a cantare.
Suonammo praticamente tutto il nostro repertorio. Molte bambine venivano da me per ballare e io le prendevo le piccole manine ballavo con loro. Alcune signore notarono la tranquillità di Jack a suonare la pianola, anche nei momenti apparentemente più complicati. Molti ragazzi sulla trentina guardarono sbalorditi l’incredibile talento di Leo alla batteria che si scatenava in ogni momento e faceva restare ad occhi aperti ad ogni singolo assolo. Stivi, grazie ai suoi capelli rosso fuoco e a quegli occhi color cielo, attirava tutte le ragazzine, ammaliate dalla sua bellezza e dalla sua aria rocchettara.
Ogni canzone, scritta da noi o di altri musicista, era stata cantata quel giorno. Io con il mio passato da ginnasta artistica e ritmica (carriera sportiva, che avrebbe potuto portare in alto, dovuta abbandonare per un soffio al cuore) sfoderai ogni tipo di acrobazia in quel pavimento sudicio per attirare il pubblico: verticali, capriole, rovesciate e spaccate.
Un cosa che piaceva sempre a tutti, in una precisa canzone, era tirare in aria il microfono, fare una rovesciata indietro e riprenderlo e ricominciare a cantare.
Un uomo in particolare, vestito bene in giacca e cravatta, con un corto taglio ai capelli scuri, continuava a fissarci senza però mai accennare ad un sorriso. Aveva un aria incredibilmente familiare ma ci feci poco caso, ero troppo impegnata a fare acuti che mi toglievano il fiato.

Erano passate circa due ore e il treno sarebbe partito da lì a 45 minuti. Avevamo guadagnato circa 25 euro tutte in monetine da 20 centesimi.
«Ma quanto è tirchia la gente?» chiese Leo sbalordito.
«Leo, non tutti possono dare la sua paghetta in beneficenza. La gente, spesso, deve pagare l’affitto» dissi al batterista, che per lui avere i soldi era quasi una banalità.
«Si, va bene, però….» disse indicando il capello pieno di monentine.
«Ho un idea» disse (di nuovo) Stivi guardandomi.
«Un'altra?» dissi io «Bhè, la prima era buona, ma se questa è pervertita, ti dico subito: io NON mi prostituisco!».
«No, No» rise lui. Svuotò il cappello, mi prese per un braccio e mi portò più possibile in mezzo alla gente.
«Un momento di attenzione» disse «Adesso facciamo un gioco»
«Ho paura» dissi io con un sorriso tra divertimento e terrore.
«Lei è Elìs ed è un incredibile cantante. Ora inizierà a cantare una nota e la terrà per tutto il tempo per cui che ci impiegherete, voi pubblico, a mettere 7 euro in questo cappello» indicò il suo stesso berretto rosso della Nice «Cioè lei canterà senza prendere fiato, io farò passare il berretto, voi ci metterete più monete possibili e lei si fermerà quando arriviamo a 7 euro»
Guardai contrariata il chitarrista.
«7 euro?» dissi «Non c’è la farò mai»
«Si, hai ragione» disse parlando con me ma guardando la gente «10 euro allora».
«Cosa? Oh, no no no» dissi iniziando ad andarmene. Lui mi prese per i fianchi e mi sussurrò nell’orecchio: «vuoi tornare a casa o no?».
Aveva vinto.
«Ok. Iniziamo» mi arresi io.
Stivi: «Pronti. Attenti. Via»
Io iniziai a tenere una nota alla mia portata ma, dopo pochi secondi, vedendo che la gente con osava muovere un muscolo, la alzai leggermente. Le persone iniziarono a mettere qualche moneta.
«Solo 4 euro e mezzo? Possiamo fare di meglio, vero?». Stivi mi fece cenno i alzare il tono. Io lo guardai obbietta ma lui continuò a farmi quel gesto con la mano. Feci una delle note più alte che potevo fare, da staccarsi le orecchie. Pensate che dava noia persino a me. Stivi continuava ad urlare come funzionava il gioco, anche in inglese per i turisti, e ogni tanto diceva la quantità di denaro dentro il cappello.
«8 e mezzo. Dai, ci siamo quasi» disse esultate girando ancora per la gente. Io non ce la facevo più, le corde vocali mi si stavano per spaccare.
Vidi che Stivi offrì il cappello all’uomo in cravatta che, con gli occhi rivolti a me, prese il portafoglio, estrasse una banconota gialla e la mise nel cappello.
Io mi fermai subito e molta gente applaudì entusiasta. Ero esterrefatta, come Stivi, Leo e Jack. Tutti Gli Smog si avvicinarono al signore. Non ebbi nemmeno il tempo di dire “Grazie” che Jack esclamò: «Ma lei è Niall Stayes ! Il Menager inglese» risolvendo per me il dilemma.
L’inglese fece un cenno con la mano, riconoscendo il suo nome, ma per il resto era completamente perso. Si vedeva che le uniche parole che sapeva in italiano erano Pizza, Mafia e Berlusconi.
«Faccio io ok?» disse Stivi rivolto a noi.
«My friend asks if you are the British producer Niall Stayes»
«Oh, yes, I am and I was amazed by her incredible singing talent» disse l’uomo con un perfetto inglese indicandomi. “Sono rimasto stupito dal suo incredibile talento nel canto”. Uno dei sorrisi più larghi che abbia mai fatto mi si stampò in faccia. Uno dei produttori più famosi e importanti dell’Inghilterra, mi aveva notato. Non riuscivo a crederci.
«Do you… do you like my voice?» dissi balbettando il minimo di inglese che sapevo. L’uomo iniziò a parlare in inglese e molto, molto velocemente. Stivi, essendo nato in Irlanda, capiva e parlava perfettamente inglese. Parlò con lui per qualche minuto e capivo solo qualche parola: Italia, mesi, estate, band, Gli Smog e Londra. La faccia di Stivi era emozionata ogni parola che Niall diceva.
Dopo un po’ che i due parlavano, io strattonai la maglia di Stivi chiedendo cosa stesse dicendo, come se fossi una bambina all'estero. Senza togliere gli occhi dall’uomo che dirigeva lo sguardo su ognuno di noi, Stivi disse: «Ha detto sta girando l’Italia da più di un mese alla ricerca di una buona band italiana sconosciuta. Credeva di averla trovata, in Puglia, ma dice che noi siamo molto meglio»
«Perché cerca una band italiana?» chiese eccitato Leo.
«Per un concorso inter-nazio-nale». L’irlandese dissi l’ultima parola dividendo bene ogni parte, cose se nemmeno lui ci credesse.
«Oh-mio-Dio» dissi io coprendomi la bocca con le mani, dividendo le parole nello stesso modo in cui aveva fatto Stivi qualche secondo prima.
Niall, capendo il mio stupore, ricominciò a parlare per poi allontanarsi, attaccandosi al cellulare. Stivi si girò verso si noi.
«Sta parlando con un suo collega per vedere se potessimo avere un futuro» disse Stivi con 32 denti ben in vista. Niall continua a parlare e noi non gli toglievamo gli occhi di dosso. Appena l’uomo si girò, però, noi facemmo finta di niente. Tornò da noi, più precisamente, da me.
«Sing» mi disse porgendomi il cellulare.
«Ti dice di cantare» mi sussurrò Stivi.
«Lo so, idiota» dissi io al chitarrista «Ma cosa?»
«Anything» rispose lui con un espressione, forse, felice. Cercai aiuto con lo sguardo ai miei migliori amici che mi invogliavano ad iniziare. Guardai dubbiosa il cellulare e improvvisai un vocalizzo soave, il più dolce e perfetto che sapevo fare. Era una parte di una canzone di cui non mi ricordavo il titolo, era semplicemente la prima melodia che mi venne in mente.
Dopo un po’ di sali e scendi della voce, Niall mi disse di fermarmi con la mano. Riportò il cellulare all’orecchio e disse qualcosa in inglese che poteva significare: “Allora? Ti piace?”. Sapevo di essere andata bene e di avere le guance in fiamme per l’emozione. Il produttore, dopo qualche altri discorsi per me incomprensibili, attaccò il telefono e ricominciò a parlare con Stivi. Dopo un po’ di chiacchere Stivi fece sì con la testa e tornò verso gli strumenti. Prese la chitarra e se la mise a tracolla.
«Sbrigatevi. Leo, vai al tuo posto. Jack, pure. E, Elìs, sciogliti i capelli» disse Stivi deciso.
«Che succede?» chiese Leo strofinando nelle mani le bacchette. Io obbedì e tolsi l’elastico, coprendo completamente la schiena di capelli castani con le punte verdi.
«È un’audizione! Ci filmerà e lo farà vedere al suo collega. Se gli piaceremo, potremmo andare a un importantissimo concorso canoro»
«Can you give us a moment?» disse rivolto a Niall che annui.
Gli Smog si riunirono intorno alla batteria.
Stivi: «Allora… Che suoniamo?»
Leo: «Non lo so»
Io: «Qualcosa che faccia sentire il vostro talento nel suonare, perché la mia voce l’ha sentita»
Jack: «Sì,ma qualcosa di movimentato che ti prenda»
Leo: «Sì»
Jack: «Far vedere come ti muovi»
Stivi: «e qualcosa che ci diverta per far vedere che siamo uniti come band»
Leo: «Allora cosa?»
Io: «Che ne dite di “Dammi una lametta”»
Stivi: «Ma è un po’ triste»
Io: «Ma non capisce l’Italiano ed è una bella canzone»
Jack: «E ci posso suonare la tromba che fa sempre impressione»
Leo e Jack all’unisono: «D’accordo».
Impugnai il microfono. Niall si mise proprio davanti a me e accese la piccola videocamera argento. Io presi un profondo respiro e sentì Leo che batteva le bacchette per iniziare la musica.
  
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