Libri > Hyperversum
Segui la storia  |       
Autore: Agapanto Blu    24/07/2013    4 recensioni
Anno Domini 1234.
Chatel-Argent, feudo dei Montmayeur, Francia.
Quando Daniel Freeland decide, come ultimo tentativo di aiutare la figlia diciottenne, di portare la sua Alexandra nel passato, non si aspetta certo l'immensità di sciagure che, con più foga e sadismo del solito, Hyperversum gli scatenerà contro...
Tra un rapimento, segreti che tornano alla luce e giovani amori, sembra che tutto si stia rivoltando contro il gioco di maschere dei Ponthieu e perfino la morte potrebbe non essere così certa...
Ma chi si cela dietro tutto ciò?
**********
Quando i battenti furono aperti di nuovo, il Falco d’Argento non esisteva più e Ian Maayrkas veniva portato fuori dalla sala con i polsi incatenati dietro la schiena e due guardie ai fianchi.
Lo sgomento della corte francese fu totale.
*****
Daniel non voleva crederci, non riusciva a crederci.
Eppure davanti a lui, terribili nelle loro armature, l'una con un leone d'oro rampante in campo rosso e l'altra bianca con una croce nera centrale, stavano gli incubi più tremendi che Hyperversum gli avesse mai fatto incontrare.
Jerome Derangale sorrise.
"Chi abbiamo qui?"
Al suo fianco, il barone Gant rise.
"Una spia senza signore!".

Alcuni personaggi leggermente OOC.
Genere: Avventura, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti | Coppie: Daniel/Jodie, Etienne/Donna, Geoffrey/Brianna, Ian/Isabeau
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A






30. Un incontro fortuito

 
Luis sbuffò e gettò di nuovo i dadi ottenendo però solo un uno e un due assieme alle risate soddisfatte di Philippe, suo compagno di gioco. Non che avesse sperato di vincere, visto che con la solita fortuna sfacciata il suo avversario era riuscito a fare due sei.
“Hai perso ancora, Luis!” lo sbeffeggiò Philippe, attirando gli sguardi esasperati e nervosi degli altri commilitoni.
“Sei impossibile!” sbottò questi recuperando i dadi con espressione stizzita.
Philippe rise.
“Rivincita?” propose.
“Altrimenti che vorresti fare?” sbottò l’altro, sempre più nervoso, “Sono giorni che ce ne stiamo qui a far niente! E la ragazza mi sta facendo saltare i nervi con il suo caratterino!”
Philippe scrollò le spalle.
“Le resta solo quello.” si limitò a commentare prendendo i dadi dalle mani di Luis, “Lasciale graffiare il muro: prima o poi si consumerà gli artigli!”
Luis fissò Philippe con espressione scettica.
“Che diamine stai dicendo? Quella non graffia mica il muro! Al massimo me quando le porto il cibo!”
Philippe alzò gli occhi al cielo: era inutile provare a parlare con Luis, per lui ogni cosa andava presa alla lettera e di certo la sua mente non aveva spazio per figure retoriche o perle poetiche.
Stava per ribattere quando la porta del capanno si aprì.
Charles, il capo del loro gruppo, entrò a passo di marcia con espressione truce.
“Che succede?” chiese uno degli uomini portando d’istinto la mano alla spada.
“Ci muoviamo.” ordinò l’uomo seccamente, “Luis, Philippe: prendete la ragazza, se urla imbavagliatela e se scalcia legatela.”
“Credevo dovessimo restare qui…” commentò Luis alzandosi.
“Gli uomini di Raimondo di Tolosa ci sono alle costole, sono a un soffio dal prenderci: non possiamo restare fermi, è troppo pericoloso.” spiegò Charles, “Ci muoviamo verso i nostri signori: li raggiungiamo a Bouvines, feudo di Flandre.”
 
***
 
Alexandra era nervosa. Molto nervosa. Sempre più nervosa.
Non avrebbe raggiunto Margherita in tempo per far sì che la Storia avesse il suo corso: ne era certa.
Era il nove Maggio, erano in viaggio da tre giorni e la loro destinazione non sembrava essere poi molto più vicina di prima. Avevano avuto quantomeno la fortuna di non ritrovarsi con il tempo a sfavore e Petra era stata abbastanza accorta da portare con sé abbastanza denaro per pagare delle provviste, fiduciosa che il padre si sarebbe potuto arrangiare con la caccia.
“Non possiamo andare più in fretta.”
Alex si riscosse e si voltò, pur inutilmente, verso Petra.
La baronessa, cavalcando al suo fianco, cincischiò con la corda che legava insieme il pomolo della sella del cavallo dell’americana a quello del suo.
“Non possiamo muoverci più in fretta.” ripeté tuttavia, “I cavalli sono sempre gli stessi e sono affaticati, perfino noi siamo stanche, e tuttavia stiamo continuando un miglio dopo l’altro: non possiamo andare più in fretta, è inutile che continui ad agitarti.”
Alex si morse la lingua, ma dovette ammettere che l’inglese aveva ragione. Poteva consolarsi solo con il fatto che almeno suo padre e gli altri non le avevano inseguite. Era quasi certa che Matilde avesse fatto un ottimo lavoro nel nascondere le loro tracce, forse addirittura nello spostarle verso Chatel-Argent.
“Non avremmo ormai dovuto incontrare tuo fratello?” chiese ad un certo punto, irritata.
Se solo avessero incrociato Beau, avrebbero potuto ottenere da lui aiuto per i parenti in difficoltà presso Chatel-Argent e quantomeno un paio di pugnali per la propria difesa personale. In effetti, non aveva esattamente un’idea chiara di cosa fare disarmata quando e se avesse trovato i rapitori di Margherita di Provenza.
“Non lo so…” sospirò Petra, “Sarebbe dovuto arrivare già da tempo!”
Alexandra stava per chiedere alla compagna ancora qualcosa, ma si immobilizzò nel sentire il rumore di parecchi cavalli che trottavano verso di loro.
“Petra…” mormorò solo, alzandosi sulla testa il cappuccio del mantello.
Petra la imitò, fece spostare il proprio cavallo e quello dell’amica sul lato della strada e scrutò ansiosa il nutrito gruppo di armati che stava andando loro incontro, ma non rispose.
Strinse gli occhi quando vide che uno degli armati stava innalzando un vessillo sulla propria lancia, probabilmente dopo aver notato le due figure incappucciate che cavalcavano sul ciglio della strada.
In campo nero, un leone d’oro scintillò alla luce del sole.
Petra si irrigidì sentendo tutto il sangue defluirle dal viso per lasciarla pallida, ma ebbe la prontezza di non far alcun movimento.
“Alex…” mormorò, approfittando del fatto che gli armati fossero ancora lontani.
“Che succede?” chiese questa, sorpresa dal tono quasi disperato nella voce dell’amica.
“È mio fratello…”
“Beau?” chiese Alex sgranando gli occhi, “Beh, era ora!”
“No.” la smontò Petra.
Alexandra sbiancò a sua volta, sperando di non aver capito.
“No?” chiese comunque, “Non è Beau?”
Petra deglutì, sentendo la fine della missione avvicinarsi repentinamente.
“È Harald…” mormorò in un soffio.
E quando i soldati del suo gemello di aprirono a ventaglio per impedir loro di proseguire mantenendo l’anonimato, Petra seppe che lei e Alex non avrebbero fatto un altro passo in quella direzione. Suo fratello le avrebbe come minimo strappato il cuore per essersi esposta a tutti quei pericoli.
 
***
 
Matilde si lasciò sfuggire una smorfia quando sua madre strinse il nodo della nuova fasciatura ma riuscì, stoicamente, a non farsi sfuggire un gemito.
“Se oltre al temperamento di tuo padre, avessi preso la sua abilità nel tenere un segreto adesso io saprei cosa mi nascondi!” la rimproverò Donna in quel momento, ma la ragazza finse di non sentirla perché troppo presa dal provare a infilare il braccio steccato e fasciato alla bell’e meglio nella specie di foulard che portava al collo e che altro non era, come la stessa benda, se non strisce di stoffa ricavate da un mantello.
Donna stava torchiando la figlia da tre giorni, dalla sparizione misteriosa di Alexandra e Petra, ma lei ignorava le domande, fingeva di distrarsi o semplicemente sfruttava la vicinanza di qualcun altro per interrompere l’interrogatorio e prendere tempo. Sua madre non aveva mai insistito troppo, forse perché aveva intuito l’importanza della cosa o forse semplicemente perché aveva capito benissimo cosa la figlia stesse facendo.
Matilde non lo sapeva e non voleva scoprirlo.
Per due giorni avevano atteso l’arrivo delle truppe di Beau, riparati nella capanna che Jhoannes aveva mostrato loro, ma ora il Re aveva dato ordine di spostarsi verso Saint-Michel.
In quel momento, l’avvicinarsi dell’omonimo de Ponthieu del luogo sacro diede alla giovane De Sancerre il pretesto per sfuggire alla madre e al contempo cercare di capire cosa avesse in mente il sovrano: due piccioni con una fava.
Tre, se contiamo il fatto che potrai parlargli un po’…, insinuò una vocina fastidiosa nella mente della contessina che però ignorò anche questa.
“Monsieur!” chiamò.
Michel sentì e le si avvicinò, un po’ sorpreso e un po’ sollevato all’idea di poter finalmente chiedere direttamente alla ragazza delle sue condizioni.
“Madonna, come vi sentite oggi?” chiese, premuroso.
Matilde gli sorrise ma era ben conscia di essere leggermente arrossita e ringraziò il cielo quando si rese conto che la madre era troppo distratta –o fingeva di esserlo- dal rimettere in una bisaccia le strisce di stoffa avanzate.
“Meglio, anche se il braccio mi duole ancora…” ammise, sincera.
Michel si inginocchiò per arrivarle al livello della ragazza, seduta su un masso.
“Vi porteremo presto da un medico, ve lo prometto. Al monastero sapranno curarvi.” sussurrò.
Matilde, ricacciando il senso di colpa in fondo allo stomaco, sorrise al ragazzo e colse l’occasione per carpirgli le informazioni che le servivano.
“Ne siete certo?” chiese, “È lì che siamo diretti, quindi?”
“Sì.” le rispose il giovane, “Sembra che Derangale e Gant se ne siano andati da Chatel-Argent perciò vi lasceremo al monastero prima di proseguire verso il castello a controllare.”
Matilde sgranò gli occhi, sorpresa.
“Se ne sono andati così?” chiese, “Senza motivo?”
Michel annuì scrollando le spalle.
“Nessuno sa perché, ma volevano farci sapere che hanno lasciato il castello perché sono usciti dalle mura con gli stendardi aperti: uno dei contadini che abbiamo incrociato ieri ha riferito tutto questo a Monsieur Guillaume perciò sono stati attenti a farsi ben notare.”
Matilde annuì, ma non rispose più, intenta ad inseguire i propri ragionamenti.
Quella storia si stava facendo sempre più complicata e lei non era certa di riuscire a seguirne tutti i risvolti.
Michel interpretò male la sua espressione pensosa perché osò anche allungare una mano a stringere quella non contusa della giovane.
“State tranquilla, madonna.” le sussurrò con gentilezza, “Andrà tutto bene.”
Matilde, comunque, si guardò bene dal chiarire l’equivoco.
 
***
 
Petra sospirò e chinò il capo.
Lei e Alex si erano dovute fermare, ovviamente, di fronte agli uomini di suo fratello. Avevano provato a temporeggiare, sperando che le loro voci di donne sarebbero bastate a far svanire il sospetto dei soldati e a dissuaderli dal costringerle a mostrare il viso, ma l’assenza di un uomo che le accompagnasse e le sporadiche indicazioni delle giovani sulla loro provenienza e meta avevano solo acuito il nervosismo degli uomini e alla fine era stato proprio il giovane Harald Martewall a farsi avanti e intimare loro, con voce ferma seppur ancora non minacciosa, di scoprirsi il capo senza costringerlo a dover utilizzare metodi più bruschi.
Petra doveva dire che l’espressione del giovane era stata sbalordita per un solo istante quando si era trovato davanti la sorella, ma poi era stata sostituita da uno sguardo gelido che lo aveva reso simile in modo inquietante al padre. Non si poteva dire la stessa cosa dei soldati che l’avevano riconosciuta, i quali erano rimasti basiti per parecchi minuti prima di riprendersi.
Poi...basta. Harald aveva ordinato agli uomini di fermarsi, a loro due di scendere e poi le aveva condotte con sé fuori dalla strada, nel campo aperto che la marginava, ma non aveva detto nulla e si era messo a camminare avanti e indietro nell’erba lasciando le due giovani in piedi ad attendere con il cuore in gola di capire quante speranze avessero di portare a termine la loro ‘missione’.
Saranno ormai dieci minuti che fa così senza dire una parola…, valutò Alexandra, I casi sono due: o è furioso, oppure è assolutamente furioso.
Harald sembrò essere arrivato ad una conclusione perché ruppe il suo itinerario ossessivo per voltarsi verso la sorella, rivolgendole un’espressione furente. I capelli castani erano spettinati e gli ricadevano sul viso senza però arrivare a nascondere gli occhi verdi, che lampeggiavano di rabbia. Aveva l’espressione affaticata, quasi che dalla sua partenza da Chatel-Argent non fosse mai sceso da cavallo per riposare, e un colorito pallido che lo faceva sembrare più giovane e debole di quanto non fosse in realtà: Petra non sarebbe stata sorpresa dallo scoprire che Harald non aveva smesso un istante le ricerche della giovane principessa.
Ancora, però, il ragazzo non disse nulla, ma la baronessa inglese sapeva che stava tacendo per non lasciarsi prendere dalla foga davanti ad un’estranea.
“Harald, ti prego, fammi spiegare…” tentò comunque, seppur quasi del tutto certa che lui si sarebbe messo ad urlare.
“È esattamente ciò che voglio.” la sorprese però lui, “Voglio, anzi pretendo, una motivazione valida che spieghi il tuo essere qui, adesso, sola con un’altra ragazza e lontana quattro giorni a cavallo dal castello dove ti avevo lasciata!”
Ad ognuna delle parole, il ragazzo si era avvicinato ancora di più alla sorella fino ad arrivarle esattamente davanti in modo da far valere anche la superiorità fisica.
Petra deglutì, ma non indietreggiò.
Aprì la bocca per parlare, ma Alexandra la precedette.
“Sua Maestà è stato attaccato con la sua scorta mentre andava alla ricerca della principessa” disse, seria, “e poco dopo gli stessi uomini sono riusciti ad entrare a Chatel-Argent e a far prigionieri coloro che erano all’interno.”
La rabbia di Harald sembrò sfumare all’improvviso, rapida com’era arrivata, per lasciar posto alla sorpresa e alla preoccupazione.
Petra si ritrovò le mani del fratello ai lati del viso e gli occhi ansiosi di lui davanti a sé.
“Ti hanno fatto del male?” fu la prima cosa che chiese e Petra si sentì sollevata nel sapere che, nonostante tutto ciò che poteva aver fatto, il fratello era ancora preoccupato per lei.
Scosse la testa.
“Io e Matilde eravamo uscite nel borgo con Michel de Ponthieu, ma quando siamo rientrate Alexandra ci stava venendo incontro tentando di avvisarci dell’imboscata: Michel ha fatto fuggire noi tre, ma è rimasto indietro con il fratello a coprirci la fuga.” spiegò e poi si gettò nella descrizione degli avvenimenti successivi.
Alexandra intervenne sporadicamente, giusto per farle capire ciò che poteva e non poteva raccontare: evitò di spiegare la lotta con i briganti e il quasi arresto di Alex, ma poi esitò quando si ritrovò a dover spiegare il perché fossero rimaste sole e per di più fossero in viaggio in direzione opposta a quella del padre.
Decise di prendere tempo.
“Dov’è Beau?” chiese.
Harald sospirò passandosi una mano tra i capelli.
“Beau è tornato in Inghilterra: ci sono stati dei problemi, i baroni fedeli a Re Enrico III si rifiutano di sostenerlo in una nuova guerra contro il Galles e la situazione è precaria, specialmente per le terre di chi come noi è più fedele alla Francia che all’Inghilterra. Lui è dovuto tornare indietro con i suoi uomini per organizzare una difesa del feudo in caso di ritrosie, visto che ha più esperienza, e io sono rimasto qui con il compito di continuare le ricerche.” spiegò, “Beau ha mandato un messaggero a Chatel-Argent, ma non ricevendo notizie da nostro padre o da lui ho immaginato che non fosse arrivato a destinazione per qualche motivo e mi sono messo in viaggio per raggiungervi. Ora credo di sapere cosa ne è stato di lui…”
Alexandra aveva ascoltato solo con un orecchio le spiegazioni del ragazzo perché la sua testa era assolutamente altrove: Jas aveva detto che Carl poteva contare su quindici uomini oltre a Gant e Derangale. Se Harald e i suoi uomini avessero raggiunto il re e gli altri, avrebbero potuto ribaltare la situazione dando ai francesi una speranza di risolvere la situazione senza farlo sapere a nessuno.
“Quanti uomini avete con voi?” chiese, interrompendo Petra e attirando su di sé gli sguardi di entrambi i gemelli.
Harald aggrottò la fronte, ma uno sguardo della sorella che lo supplicava di rispondere lo piegò alla richiesta.
“Pochi, ho lasciato gli altri a continuare le ricerche.” ammise, “Contando anche me, siamo sette.”
Alexandra fece un rapido conto. O aveva un fortuna sfacciata o qualcuno, là sopra ai piani alti, aveva intenzione di riportare la Storia alla sua strada originale.
Harald e i suoi uomini più i nobili francesi, contando anche Ian e Daniel, formavano un gruppo di diciassette combattenti. Esattamente abbastanza da contrapporsi a Derangale e Gant.
“Monsieur, ascoltatemi.” dichiarò l’americana, decisa a seguire quello che, a parer suo, era assolutamente un segno del Destino, “I nemici di Sua Maestà possono contare su quindici uomini: se voi raggiungete vostro padre, porterete la nostra fazione a pari numero di guerrieri!”
Harald sgranò gli occhi, sorpreso dalle informazioni della giovane, poi però le rivolse uno sguardo sospettoso.
“E voi come lo sapreste?” chiese.
“Mio padre è la spia migliore di Francia!” mentì la giovane gonfiando il petto con finto orgoglio, “Ciò che so, me lo ha detto lui. E sempre per lui e per Sua Maestà io e Petra dobbiamo proseguire il nostro viaggio.”
Harald era palesemente pronto ad obiettare e aprì la bocca per contestare ma Petra lo afferrò per un braccio.
“Harald, ascoltami: noi dobbiamo proseguire.” disse, seria, “E lo faremo, in un modo o nell’altro. Dovrai metterci in catene per riportarci indietro e anche così faremo il possibile per scappare! Ma se ci lasci proseguire, potrai aiutarci, rassicurare sulla mia salute nostro padre e quello di Alexandra sulla sua e ribalterai una situazione che, altrimenti, potrebbe costare le vite di molte persone!”
Harald era uno dei cavalieri migliori del regno. Frutto compiuto degli insegnamenti del padre e della memoria del nonno, quasi senza i difetti dei due… ma era anche figlio di Brianna e da lei aveva ereditato insegnamenti sulle erbe, determinazione, lo sguardo ferino che lo contraddistingueva e la capacità di farsi beffa delle convenzioni all’occorrenza. Amava la sorella, più della propria vita, e a lei era legato dall’affetto e da un legame più profondo che si era creato quando erano ancora in grembo alla madre; però sapeva leggerle negli occhi e nelle sue iridi, in quell’istante, c’era una determinazione che tirava fuori raramente e solo quando veramente credeva in qualcosa.
“Siete sole e disarmate.” commentò, “Sono sicuro che un uomo in meno con me non sarebbe poi una gran differenza: piuttosto posso occuparmi io di due nemici…”
“No, Harald.” lo fermò la sorella, “Portali con te: non sai cosa sono in grado di fare quelle persone. Noi non abbiamo bisogno di un uomo che ci scorti, devi credermi: se vuoi aiutarci, procuraci una spada e due pugnali.”
Harald sgranò gli occhi.
“Armi!” esclamò, “Petra, questa è una follia!”
“Tutto questo è una follia, sir Martewall…” intervenne Alexandra, “Voi volete aiutarci a rimettere le cose a posto, o no?”
Harald esitò. Lanciò uno sguardo alla sorella che però non distolse gli occhi.
Il giovane inglese aveva ceduto prima ancora di rendersene conto.
Si sfilò la spada e un pugnale dalla cintura poi chiamò uno dei propri uomini e se ne fece consegnare da lui un secondo. Porse tutto a Petra che porse ad Alexandra la spada e un pugnale ma l’americana scosse la testa e prese per sé le due lame più corte e indicando all’inglese come nascondere la lama più lunga sotto il mantello.
Petra guardò il fratello: disarmato per armare lei, aveva rinunciato volontariamente al tenere la propria spada e la ragazza sapeva cosa significasse per lui.
“Se dovesse succederti qualcosa,” dichiarò serio Harald, “non potrei perdonarmelo, lo sai.”
Petra annuì e il ragazzo iniziò a tornare verso la strada con le due fanciulle al seguito.
“Di’ a nostro padre che mi dispiace, ma non ho avuto altra scelta.” sussurrò Petra, a bassa voce, mentre si accostava alla propria cavalcatura, “Spero solo che possa perdonarmi.”
Si sentì afferrare per una spalla e fermare, il momento dopo era stretta tra le braccia del gemello.
“Lo farà, lo sai…” le mormorò Harald all’orecchio, la voce colma di dolcezza e priva della rabbia e della preoccupazione di prima, “Ma tu devi stare attenta, va bene?”
Petra sorrise staccandosi e salì a cavallo.
Alexandra fece fare un paio di passi al proprio animale perché si accostasse al barone inglese.
“Per quanto la mia parola possa contare, mio signore, sappiate che la difenderò.” intervenne chinando il capo con umiltà.
Petra sorrise: Harald non poteva saperlo, ma quelle parole erano la rassicurazione migliore che avrebbe potuto ricevere.
 
***
 
Harald osservò sua sorella e la ragazza americana sparire lungo la strada e solo quando furono troppo lontane per essere viste fece voltare il cavallo nella direzione che l’avrebbe condotto a Chatel-Argent.
Un soldato gli si avvicinò e gli porse una spada ed un pugnale da quelli che stavano nelle bisacce dei cavalli, per qualsiasi evenienza, ed egli li prese rivolgendogli un cenno del capo.
“Signori,” esordì rivolto ai propri uomini dopo essersi armato, “mia sorella mi ha portato terribili notizie: Sua Maestà, mio padre e altri uomini sono stati fatti prigionieri.” un coro di esclamazioni accolse la rivelazione ma il giovane le sedò con un gesto della mano, “Sono riusciti ad evadere ma ora sono in inferiorità numerica nei confronti di chi dà loro la caccia: raggiungiamoli ed eviteremo il peggio, indugiamo e potremo avere sulla coscienza molte vite! So che siete stanchi, io stesso lo sono, ma questo è uno sforzo che dobbiamo compiere assolutamente. In marcia!”
Gli inglesi non se lo fecero ripetere e spronarono al galoppo le proprie cavalcature verso Est.
Spero solo che sappiate a cosa state andando incontro…, pensò Harald, per un’ultima volta, rivolto alle due giovani lontane poi condusse la sua mente sul proprio obiettivo: Chatel-Argent.




Lo so, come capitolo è un pochino scarno, ma almeno sapete che ne è di Beau, no? E Harald, piccolo lui, sarà molto importante nel continuum della storia! XD
Mi spiace essere di corsa, lo giuro!
A presto, però!
Ciao ciao!
Agapanto Blu
  
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Hyperversum / Vai alla pagina dell'autore: Agapanto Blu