Il suo cellulare era una pietra
fredda, con uno schermo
liscio e luminoso.
La
Morte l’aveva riportato a casa, nel giusto anno, ancora
lontano dal 2030. Aveva
pensato per un po’, e aveva deciso che il mezzo migliore era
un SMS. Come
ferire meglio una persona? Un conciso, impersonale, messaggio tramite
telefono.
Qualcosa che non lasciasse scampo, che non ammettesse ripensamenti.
Gli
bastava inviare quel messaggio e rifiutarsi di rispondere ad altre
richieste.
Inviare e sparire per sempre. Inviare – e diventare un
fantasma, piuttosto che
un mostro. In genere era molto bravo a trovare le parole adatte, ma
quel giorno
esse si rifiutavano di assecondarlo. Era faticoso. In un modo o
nell’altro,
riuscì infine a mettere insieme i pezzi di quello che doveva
essere il più
efficace sms mai scritto; il messaggio che avrebbe rotto ogni legame
tra lui e
Gael.
Appoggiò il telefono sulla
scrivania e si gettò contro lo
schienale della sedia. La luce del sole di Luglio lo colpiva
inclemente. In un
periodo di tempo breve, lo sapeva, avrebbe dovuto premere il tasto
verde
dell’invio. Non poteva aspettare la notte. La notte era
sempre troppo carica di
significati per compiere azioni a mente lucida. La notte era il momento
di
cambiare idea.
Passarono i minuti. Il suo mp3 gli
vomitò una canzone nelle
orecchie, e poi un’altra. Sapeva benissimo che cosa stava
succedendo – più il
tempo scorreva e più aumentavano le possibilità
che lei lo contattasse.
Considerando che non si era fatto vivo per due giorni, era probabile.
Guardava
il cellulare come fosse stato l’Unico Anello del libro di
Tolkien. L’oggetto
del potere. E come quel bamboccione di Frodo, lui era lì a
fissarlo invece di
fare la cosa giusta.
Nel Signore
degli
Anelli di Tolkien, il protagonista arriva a dover distruggere
una piccola
fede dorata, che contiene in sé tutto il male possibile e
immaginabile, ed
esita, perché la lusinga del potere cerca di farlo deviare
dalla retta via.
Aveva odiato l’espressione ebete dell’attore che
recitava Frodo, nel film.
Eppure in quello stesso momento stava indugiando, quando poteva
semplicemente
inviare quel fottuto messaggio.
Certo avrebbe fatto male, a lui e a
lei. Ma non quanto
spingere lei a commettere un omicidio-suicidio. Da qualunque lato la
guardava,
quella era l’unica scelta disponibile.
Testa, disse il suo cervello, o
croce.
Si alzò e andò
in bagno, guardandosi nello specchio. Aveva
bisogno di farsi la barba.
Bianco, disse il suo riflesso, o nero.
Il colore del suo viso non appariva
del tutto naturale,
oltretutto. Continuò a fissare nel pozzo dei suoi occhi
castani, senza
distogliere lo sguardo. Probabilmente aveva anche un serio bisogno di
una
doccia. Biascicò, con in bocca ancora il sapore della birra
della sera prima.
«Vita,» disse
Nikolaj, «o …»
Qualcosa nei suoi occhi
cambiò. Non era stata quella una
delle prime lezioni che aveva imparato, nella sua crescita?
Perché si era
sempre scontrato con la realtà? Appoggiò le mani
sul lavandino, sporgendosi
contro lo specchio. Perché aveva sempre fatto a botte con
gli eventi, e perché,
in genere, le aveva prese?
Sapeva troppo bene la risposta a
quella domanda.
Nikolaj aveva sempre avuto
un’idea abbastanza precisa di
come le cose dovessero funzionare, nel mondo. Bianco, o nero. Anno dopo
anno la
realtà aveva fatto di tutto per maciullare i suoi ideali
– frantumandoli, uno
per uno. Insegnandogli
coi fatti che il
mondo non è perfetto e non è giusto, ma nemmeno
la sua presunzione di poterlo
giudicare, e classificare come “buono” o
“cattivo” lo era. Facendogli conoscere
che c’erano più sfumature di grigio che il suo
occhio potesse percepire. La
vita era stata chiara – Nikolaj non era Dio, non era un
giudice, non era un paladino
– e più volte l’aveva costretto a
infrangere i suoi stessi principi. La vita
aveva trasformato un bambino cresciuto con tante belle favole in un
adulto
complicato.
Ma nonostante tutto, Nikolaj aveva
ancora gli occhi buoni.
Oh, si, era un’ipocrita, e si nascondeva dietro maschere,
talvolta si
approfittava del suo prossimo, talvolta rideva amichevole assieme a
persone che
detestava. Talvolta, semplicemente, detestava tutti indistintamente. In
quel
momento non aveva importanza. In quel momento, riusciva ancora ad
apprendere da
i suoi errori.
Non era stata la prima lezione che
aveva imparato?
«Non esistono il bianco e
il nero.» confidò profetico, allo
specchio. «Da soli, non significano una merda.»
La verità stava nelle
sfumature. Come lo Ying e lo Yang. Se
tutto fosse stato diviso in due, bene e male, il mondo sarebbe stato
così
facile – stupidamente facile. Era difficile accettarlo, ma,
cristo, aveva
senso! Nonostante la valanga di luoghi comuni che affollava la sua
testa,
spalancò gli occhi.
Testa o croce? Vita o morte? Prendere
… o lasciare?
Quello era un gioco da bambini! E per
poco ci era rimasto
fregato.
«Morte,»
sussurrò Nikolaj, e visto che niente accadeva,
andò
ad afferrare un coltellino svizzero dalla sua borsa.
«Morte,»
ripeté, a denti stretti e con la lama che gli
incideva, dolorosamente, il braccio.