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Autore: The Prophet    25/07/2013    1 recensioni
Dunque, premessa.
E' una bozza, scritta di getto e non rivista, quindi obrobbriosa.
Scrivere ff non è il mio forte. Se vi va leggetela, o ignoratela, è uguale, lo hiatus ha preso questa nuova forma (?)
Nota: Alcuni eventi descritti nella ff sono in parte Spoiler per chiunque non abbia ancora visto la 8 season.
Genere: Fantasy, Mistero, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nel futuro
Capitoli:
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Chi mai ha aperto le porte della sua bocca? Il terrore risiede tra quei denti!
Nel suo collo risiede la forza e innanzi a lui corre la paura.” [Bibbia, Libro di Giobbe, 41; 6/14]

 
Watertown, South Dakota
 
Louis era sicuro che nulla, proprio nulla, avrebbe potuto rovinare quella serata. Era la serata, quella che aspettava da mesi, quella che aveva programmato per mesi. Camicia e jeans stirati alla perfezione, immancabile ciuffo impomatato, giacca in pelle, le chiavi della vecchia Dodge di suo padre ancora inserite nel quadro. Si sentiva perfetto, invincibile.
Questi pensieri lo sfiorarono solo per qualche minuto, mentre lasciava che la sua mano scivolasse sulla schiena di Julienne McKinckle, senza trovare ostacoli. La ragazza non lo fermò, piuttosto continuò a baciarlo con una passione che Louis non si era aspettato, in nessuna delle ventisette volte in cui aveva idealizzato quella sera, o quel momento. Conquistare Julienne era stato facile, si disse. La cena era andata bene, e la sorpresa che lui le aveva riservato – un posto appartato nel Jackson Park con vista diretta sul Kampeska Lake – era piaciuta tantissimo alla ragazza.
Mentre la mano di Louis cominciava a farsi strada nell’intimo della ragazza, lei lo allontanò di scatto.
“..cosa c’è?” mugugnò il ragazzo.
Julienne passò la mano sul finestrino appannato, per vedere all’esterno. “Non hai sentito?”
“Sentito cosa?”
“Non so. Sembrava un.. tonfo.”
Il ragazzo sorrise. “E’ il battito del mio cuore, baby..” sussurrò, prima di lanciarsi con più foga nel mezzo di ciò che aveva lasciato in sospeso.
Julienne McKinckle parve assecondare gli ardori del ragazzo per qualche secondo, ma poi lo riallontanò ancora, e decise di uscire dall’auto.
Louis sbuffò e la raggiunse all’esterno, dove la nebbia che saliva dal lago rendeva impossibile distinguere i contorni di ciò che era intorno a loro. La luna era coperta dalle nubi, e il freddo della notte iniziò ad avvolgerli.
“E dai piccola..”
“Te lo giuro, Louis, non me lo sono sognata. C’è qualcosa qui fuori”. La ragazza strinse le braccia intorno al petto, stava tremando.
“Sì, hai ragione. Ci sono alberi, nebbia e qualche scoiattolo qui fuor-“
Qualcosa simile ad un tonfo secco raggiunse le orecchie dei ragazzi. Entrambi si voltarono di scatto verso il lago, ora che la nebbia aveva completamente raffreddato i loro istinti.
“L’hai sentito ora?” sussurrò Julienne.
Per tutta risposta, il ragazzo si mosse verso il lago. La ragazza lo richiamò.
“Voglio controllare, così ti calmerai..” Louis fece di tutto per nascondere il timore nella sua voce, ma non ci riuscì. Nonostante le ripetute quanto silenziose invocazioni della ragazza, raggiunse in fretta la sponda del lago. Scivolò su alcune foglie umide, e per poco non rischiò di cadere nell’acqua scura. Quando rialzò gli occhi, non riuscì a credere a quello che vedeva: piccole bolle si stavano formando sulla superficie dell’acqua, come se l’intero lago fosse sul punto di ribollire. Louis immerse un dito, e poi l’intera mano, nella pozza. Nonostante il bollore, l’acqua del lago era fredda come il ghiaccio.
Fece per ritirare la mano, quando gli sembrò che qualcosa lo sfiorasse.
Julienne, che nel mentre era rimasta sola, continuava ad osservare gli alberi intorno a lei.
Il rumore di un ramo secco che veniva spezzato la fece scattare, ma quando si voltò vide solo Louis emergere dalla nebbia.
“Mi hai spavento.. allora, che hai trovato?” La ragazza osservò il sorriso del giovane distorcersi in una mezzaluna di denti lunghi e sottili. L’urlo della ragazza fu coperto da quello della creatura che le era davanti, mentre questa le si lanciava contro e la costringeva a terra, dilaniandone muscoli ed ossa con voracità. Una voracità che solo la fame conosce.
 
 
Lebannon, Kansas.. due giorni dopo
 
 
Sam Winchester poggiò lo scatolone sul tavolo-planisfero. Uno per uno, raccolse i dossier dei Letterati che erano sul tavolo per sistemarli nello scatolo secondo un ordine preciso. Cominciò con quelli che recavano la dicitura “Possessione Demoniaca”, passò poi agli elenchi dei metodi anti-possessione, per terminare con quelli relativi agli effetti del sangue demoniaco.
“Intendi continuare a ignorarmi?” La voce di Dean lo raggiunse da dietro lo scatolo, dove era seduto impegnato col suo bicchiere di whisky.
Sam voltò il capo verso lo scatolo. “Non ti sto ignorando” rispose con relativa calma.
“..ah sì?”
“Eh sì.”
Silenzio. Sam continuò a riporre i dossier nello scatolo.
“Dunque..” riprese Dean “è tutto qui.”
“Così pare” commentò seccamente Sam.
“Quindi non devo pensare che ce l’hai con me.” Dean Winchester vuotò il bicchiere.
Altro silenzio. Altri dossier nello scatolo.
“..perchè dovrei avercela con te?”
L’atteggiamento di Sam cominciava a farsi irritante, per Dean.
“Sai cosa? Non pensarci..” Il cacciatore si costrinse a mantenere la calma. Ma era davvero calma, quella che dimostrava, o più semplicemente il suo orgoglio?
Sam terminò di riporre i dossier, richiuse lo scatolo e andò a sistemarlo su uno degli scaffali metallici che erano nella stanza.
L’apparente calma sul volto di Dean fu tradita da una smorfia simile ad un sorriso, una sorta di espressione che pareva dire ‘so che ce l’hai con me’, mentre abbassava il capo verso il tavolo.
Il silenzio era calato a riempire lo spazio tra i due fratelli, quando Kevin Tran fece il suo ingresso nella stanza reggendo il portatile di Sam.
“Credo che dobbiate dare un’occhiata a questo” enunciò, forse con voce troppo alta. Dean rimase immobile, ignorandolo. Sam fece altrettanto, continuando a sistemare lo scaffale.
Il Profeta spostò più volte lo sguardo sui due. “Ragazzi..” Ma per i cacciatori fu come se nessuno fosse lì.
Kevin sbuffò appena, e poggiò sonoramente il portatile sul tavolo. Dean sobbalzò insieme al suo bicchiere vuoto, e Sam si voltò di scatto verso di loro.
“Ehi!” fu il secco commento di Dean. “Era proprio necessario?”
“Almeno ora ho la vostra attenzione” dichiarò Kevin. Il ragazzo vide Sam sistemarsi comodamente su una sedia accanto a lui. “Che succede?”
Kevin li fissò ancora. “Ditemelo voi.. state bene ragazzi?”
“Sì.” Sam e Dean risposero all’unisono, i loro sguardi si incrociarono per qualche secondo, poi si voltarono entrambi.
“Ah beh, contenti voi..” commentò Kevin “Ad ogni modo, ero su internet e controllavo i notiziari online, quando..” Il Profeta cliccò sulla tastiera, rivelando una finestra che dava su un articolo di una testata giornalistica minore del South Dakota. Sam si avvicinò allo schermo.
“Persone dilaniate da bestia selvaggia?” lesse.
Kevin annuì. “Sembra sia accaduto qualcosa di.. curioso da quelle parti, pochi giorni fa. Una ragazza fatta letteralmente a pezzi. E ieri notte è toccato ad un uomo. E’ stato trovato immerso in una pozza di acqua e sangue nel lavandino di casa sua, a pochi metri da dove è avvenuto il primo attacco..”
“La polizia crede sia opera di un animale..” continuò Sam.
“Beh, è quello che credono sempre!” commentò Dean, che era rimasto seduto.
“..tuttavia non escludono nulla” riprese Kevin “E c’è di più. Subito dopo aver letto l’articolo, ho informato  Garth come mi avete detto di fare in questi casi, e lui vi chiede di recarvi sul posto a indagare. Gli altri cacciatori sono impegnati.”
Dean alzò il volto verso Kevin e suo fratello. “Come sarebbe impegnati?”
“Non l’ha specificato.. parla di problemi coi demoni. I loro attacchi si fanno sempre più frequenti..”
Sam allontanò il volto dal computer, concentrandosi su Dean che si era fatto improvvisamente serio.
“..quel figlio di puttana ha detto che Abaddon ha dei piani..” commentò il cacciatore, massaggiandosi il mento. La barba continuava a crescere, contornandogli le labbra, ma a Dean sembrava non importare. Aveva deciso di lasciarla com’era, impegnandosi solo a mantenere una lunghezza media. L’ambrato colore del pelo metteva in risalto il biondo cenere dei suoi capelli, che erano rimasti corti e a spazzolino come sempre.
Dean Winchester si alzò. “Dunque, si va nel South Dakota”.
Si voltò verso Sam. “Prepara le tue cose, partiamo subit-”
“..In verità, credo che resterò qui.” Quella dichiarazione bloccò Dean sul posto.
“.. cosa?”
“Vorrei.. insomma, voglio restare qui” rispose Sam.
“E si può sapere perché?”
“Ah, beh.. mal di testa.”
Mal di testa?
“Sto bene, tranquillo. Sono solo stanco, e poi ho delle cose da fare.. ricerche, per lo più.”
Dean sorrise beffardo. “Certo.. sì, ora si chiamano ricerche..”
“Dean, sono seri-“
“Perfetto” lo fermò Dean “fa come vuoi. Insomma, chi se ne frega se tuo fratello va incontro alla morte cacciando chissà cosa. Ma non importa, tanto tu hai delle ricerche da fare!” Sentì la rabbia crescergli dentro, e si forzò a fermarsi. Sam e Kevin lo stavano fissando.
“..sai che non è così” disse Sam.
“No, non lo so” commentò Dean, poi voltò le spalle al fratello e si diresse verso l’esterno.
Sam imprecò a denti stretti.
“Dovreste parlare” propose Kevin, mentre la porta del covo veniva chiusa con forza. Sam guardò il ragazzo.
“Sì, beh, prova tu a parlarci!”
“Non posso essere la vostra balia. E lui è tuo fratello, Sam..”
“Non avrebbe dovuto mentirmi sul sangue di demone. Doveva dirmelo subito. Pensa di proteggermi, ma sbaglia! Sono nel giusto, e lo sa, ma si comporta come se avesse ragione lui! Lo fa praticamente da sempre, e io ne ho piene le palle..”
Kevin lo fissò a lungo, e per un attimo sembrò come se fosse in lotta con se stesso.
“Quindi un po’ ha ragione.. ce l’hai con lui” fu il suo semplice commento.
Sam fece per rispondere, ma qualcosa lo bloccò.
Il Profeta richiuse il portatile e lo porse a Sam, sorridendo.
“Non ho mentito. Ho davvero bisogno di fare delle ricerche..” disse, raccogliendo il portatile. “Jesse.. quel demone che è entrato qui.. Voglio scoprire chi è. Voglio saperne di più.”
Sam Winchester abbandonò la stanza, lasciando Kevin da solo. Quando fu certo che il cacciatore non potesse sentirlo, il Profeta si ritirò nella sua camera. Chiuse la porta a doppia mandata, e avvicinatosi alla scrivania prelevò da un cassetto una lastra di pietra quadrata. C’erano delle incisioni su di essa, e nell’insieme la pietra sembrava essere molto, molto vecchia. Kevin Tran aprì il piccolo quaderno nero che teneva nascosto insieme ad altri libri, e respirò a fondo. Lentamente lasciò scorrere gli occhi sulle incisioni, concentrandosi, mentre il sapere della Tavoletta Angelica gli scivolava nella mente come acqua sulla roccia.
 

*

 
L’inverno è arrivato’ recitava la scritta di un cartellone pubblicitario. Sembrava si riferisse ad un film, o una serie tv, molto famosa. Leggendo quel cartello, Dean Winchester non poté che essere d’accordo.
Dal suo arrivo a Watertown, la pioggia non aveva concesso tregue. Pioveva da ore, le gocce fredde e pesanti cadevano senza sosta. E il tempo non accennava  a migliorare. L’impenetrabile nuvolone nero che ricopriva la città era secondo solo al macigno che Dean avvertiva dentro di sé da quando aveva lasciato il Covo dei Letterati. Non riusciva a smettere di pensare a Sam, al fatto che aveva dovuto nascondergli la verità su Abaddon, su Crowley, sul sangue demoniaco.
L’ho fatto per proteggerlo, pensò. Per proteggerlo, certo.. Un pensiero si fece spazio nella sua mente, sottile come il fumo ma pesante come le nuvole che ricoprivano il cielo. Per proteggerlo, ma da cosa?
Lasciò l’Impala a pochi passi dall’ingresso del Jackson Park e si diresse verso il lago, ignorando la pioggia che di lì a poco avrebbe inzuppato l’elegante mascherata da sbirro dell’FBI.
Camminò con una non voluta lentezza, senza preoccuparsi troppo né del tempo né di quelle poche persone che erano nel parco. Nella sua testa si affollavano i pensieri degli eventi recenti, e non ultimo il pensiero di Castiel, ancora disperso chissà dove nel mondo. Dean aveva scelto di credere che la caduta degli Angeli non avesse nulla a che fare con lui. Per quanto difficile, stava provando a fidarsi di nuovo, lentamente, nonostante il vorticare delle domande che giorno dopo giorno aumentavano dentro di lui. E l’unico che, almeno in parte, poteva fermare quel tornado era scomparso nel nulla. Di nuovo. Erano notti ormai che Dean aveva smesso di invocare il nome dell’angelo. Se anche lui è.. magari non riesce a sentirmi.
Non sapeva cosa credere. Aveva avuto a che fare con un angelo sgraziato soltanto una volta,  quasi sei anni prima, quando Anna e gli angeli avevano fatto il loro sanguinoso ingresso nella vita sua e di Sam.
C’erano giorni in cui Dean rimpiangeva i vecchi tempi, quando la caccia era fatta di mostri e pochi demoni, e tutto quello che doveva fare era assicurarsi che Sammy non ci lasciasse le penne. Le penne.. curioso riferimento, pensò. Ma quel tempo era ormai lontano, e tutto quello che Dean Winchester poteva fare era resistere, innalzando le sue difese di insensibilità e menefreghismo da ubriacone, e provare ad andare avanti. Anche ora, anche mentre camminava tra le aiuole e i vecchi olmi, anche mentre la stanchezza sembrava farsi spazio inesorabilmente tra i suoi muscoli.
Quella mattina aveva già ispezionato la casa della seconda vittima, senza trovare nulla se non sangue e frammenti di pelle ed ossa; così aveva deciso di recarsi sul luogo del primo attacco, sperando nella sua buona stella. Era immerso in questi pensieri, quando raggiunse il luogo dell’attacco. Una piccola collinetta circondata dagli alberi, a pochissimi passi dal Kampeska Lake. Respirò a fondo, riportando la mente alla realtà intorno a lui. L’aria fredda e umida penetrarono in Dean, mentre si chinava a terra verso una chiazza scura. La terra era stata rimossa, forse a causa della violenza dell’attacco. Era impossibile riconoscere qualsiasi traccia di impronte, eccetto quelle dell’autovettura che due notti prima era stata in quel luogo.
I segni delle ruote erano ancora ben visibili, a causa dell’erba rimasta schiacciata.
Dean osservò con cura la zona dell’attacco, scendendo poi verso il lago. Sorpassò gli alberi che circondavano la collinetta, e contemplò il grigiore delle acque. La pioggia pareva diminuire, le gocce ora più piccole creavano ripetute increspature sul pelo dell’acqua. I cerchi, in principio minuscoli, diventavano sempre più grandi. Il cacciatore osservò il lago, poi abbassò lo sguardo. Cercò indizi nell’erba alta, ma differentemente dalla collinetta sembrò che nessuno avesse messo piede in quel punto. Sbuffò sonoramente.
Magari è stata Nessie, pensò.Deluso fece per ritornare indietro, e spostandosi avvertì qualcosa attaccato sotto la lucida scarpa. Imprecò a voce bassa. Prese a strofinare la suola in terra, nel tentativo di ripulirla, e notò una sostanza densa e nera raccogliersi intorno fili d’erba. Il cacciatore si abbassò ad osservare meglio. Per un momento, a Dean tornò in mente l’acquedotto nel quale era sprofondato Castiel, quando aveva rilasciato i Leviatani. Poi ricordò i corpi che aveva visto all’obitorio, o meglio, ricordò quel che ne era rimasto: frammenti di un braccio e della testa di lei, più qualche brandello di carne scomposto di lui.
Si voltò verso il lago, poi di nuovo verso la sostanza scura che era per terra.
Merda.
Per quanto incredulo, non poteva permettersi di ignorare quella possibilità. Attraversò in fretta il parco, e tornò all’auto. Istintivamente prese il cellulare, e digitò il numero di Sam. Quando fu sul punto di inoltrare la chiamata, il suo dito si fermò sul tasto. Ripensò a quanto gli aveva detto suo fratello, prima di lasciarlo andare da solo. Richiuse il cellulare, e lo lanciò sul sedile alla sua destra. Poco dopo lo riprese, compose il numero e attese la risposta dall’altro lato.
“Garth, credo di avere novità sul caso del South Dakota.”
 
 
 
Sam lasciò cadere il libro sul tavolo. Portò le mani al volto, sbuffando sonoramente.
“Ancora niente?” domandò Kevin, seduto poco distante da lui.
“Nulla. Sembra che nemmeno i Letterati possano aiutarci, stavolta..”
Mentre il Profeta tornava a concentrarsi sul libro che era davanti a lui, uno spesso volume dalla copertina rosso scuro, il cacciatore decise che era tempo per un drink.
“Bisognerà cercare ancora” lo incitò Kevin senza distogliere lo sguardo dal testo. “Devo riconoscerlo, se c’è qualcuno che sa come immergersi nelle ricerche quello sei tu. Avevo anch’io la mia buona dose di dedizione allo studio, un tempo.. prima di tutto ciò.” Il suo volto si incupì.
“Merito di Stanford, presumo”commentò Sam, ricordando i suoi trascorsi universitari.
“Lo sai..” riprese poco dopo, mentre si versava del whisky “in realtà io non sono così bravo. C’era un nostro amico.. Bobby, non hai fatto in tempo a conoscerlo. Lui era.. il migliore di noi.” Sam contemplò il bicchiere pensando per un istante al suo amico, per poi bere alla sua salute. Da quando avevano restituito l’anima di Bobby Singer al Paradiso, per adempiere alla Seconda Prova, i cacciatori non avevano avuto più alcun contatto col vecchio. Sam se l’era più volte immaginato tranquillo e spensierato nel suo Paradiso personale, intento a cucinare stufati e torte con sua moglie Karen. Poi ricordava il suo essere burbero e scontroso, e quasi poteva vederlo mentre passava buona parte della sua eternità alla Roadhouse, con Ash, Jo ed Hellen.  Si riscoprì a pensare a loro più del dovuto. Gli mancavano, ma la quotidianità impediva di pensare troppo a qualcosa che non fosse la caccia. Lasciò che i ricordi prendessero il sopravvento, solo per qualche minuto, e si concesse un secondo drink alla loro memoria.
Kevin alzò il volto per osservarlo. “Avrei voluto conoscerlo”, si limitò a dire.
“Già” rispose Sam “Credo gli saresti piaciuto”. Si voltò e sorrise al ragazzo. Il Profeta sorrise a sua volta, prima di tornare a concentrarsi sul suo libro. Sam si avvicinò ad uno degli scaffali che erano alla sua destra, e fece scorrere il dito sui polverosi e rigidi dorsi dei libri, alla ricerca del prossimo volume da passare in rassegna.
“..forse ho trovato qualcosa.” Kevin Tran pronunciò dubbioso quelle parole. Sam  si voltò di scatto, e si diresse verso il ragazzo.
“Hai detto che il nome di quel demone era Mephisto, giusto?” domandò Kevin.
“Sì.. beh, mi pare che fosse quello il nome. Non ne sono sicuro, Dean non.. ha detto di non ricordarlo.”
Ci fu un breve scambio di sguardi tra i due, poi il ragazzo riprese. “Beh, questo libro nomina un certo Mefistofele.. ma credo sia lo stesso demone che vi ha attaccato. Leggi cosa dice.. qui-” Kevin indicò un punto specifico della pagina, una colonna di testo accompagnata a lato da ghirigori e immagini di esseri alati. Sembravano in procinto di cadere dal cielo, sprofondando in un abisso di fuoco e oscurità.
Sam fece scorrere gli occhi sul testo, quando ad un tratto realizzò che qualcosa non andava. Tornò indietro e rilesse più volte, ma ciò che leggeva sembrava andare contro ogni logica.
“Ne parla come se fossero.. angeli?” Era incredulo.
“Secondo questo libro, Mephisto.. o Mefistofele, faceva parte di un gruppo di angeli a cui fu proibito di abitare in Paradiso, a seguito di alcuni eventi imperdonabili” spiegò il Profeta.
“Qui parla di insegnamenti.. il fuoco, l’agricoltura, la guerra.. questi angeli istruirono i primi uomini..”
“..e sembra siano andati oltre” continuò Kevin, sfogliando il libro. “Pare che questi primi angeli abbiano avuto.. contatti.. con le donne umane..”
Sam guardò Kevin con fare interrogativo. “Vuoi dire che hanno.. beh, diciamo, abusato di loro?”
Il ragazzo arrossì. “Precisamente.” Deglutì sonoramente. “Comunque sia, sembra che questa.. unione.. abbia avuto conseguenze. Pare che una stirpe di potenti abomini sia nata da loro..”
Nephilim..” lesse Sam.
“Ad ogni modo” riprese Kevin “questa fu la goccia che fece traboccare il vaso, e Dio ordinò che venissero cacciati per sempre dal cielo.”
Non potendo più risiedere nei cieli eterni, queste entità abitarono per prime il Vuoto oscuro e fiammeggiante che era la Terra, dopo la loro inesorabile caduta..”
Kevin annuì. “Sono a tutti gli effetti angeli caduti, Sam.”
Sam Winchester fissò il libro sul tavolo. “Non stiamo combattendo demoni.. stiamo combattendo angeli antichissimi..”
“..Crowley lo sapeva” rivelò Kevin d’improvviso. Sam si voltò di scatto verso il ragazzo.
Crowley?
Kevin sospirò. “Dean ha accennato a una cosa simile.. quando lui e Crowley erano andati alla ricerca del sangue per guarirti, lui ha.. riconosciuto questo Mephisto, e chiunque altro Abaddon abbia richiamato in quel magazzino.”
Chiunque altro?” Sam apprese quelle notizie con incredulità. Per quanto si sforzasse di pensare ad altro, la sua mente formulava una sola, unica domanda: cos’altro c’era , che Dean gli aveva tenuto nascosto? Lui e suo fratello avevano parlato di quello che era accaduto al magazzino, e anche prima, nelle settimane in cui Sam era rimasto incosciente. Ma per qualche motivo sconosciuto, Dean non aveva fatto menzione ad altre entità oltre a quella che si era impossessata di Jesse Turner.
“Dean ha detto che Crowley li ha chiamati.. i Caduti” continuò Kevin.
Sam osservò Kevin, poi spostò lo sguardo sul libro. Non sapeva cosa pensare.
“Almeno ora sappiamo perché” allungò una mano verso il tavolo, e richiuse il libro.
 

*

 
E’ tutto qui?”
“Tutto qui, agente.”
Il medico legale abbassò il telo bianco, coprendo i resti umani sparpagliati sull’edera del Riverside Park. Dean Winchester sfilò il guanto di lattice azzurro dalla mano, e dopo aver ringraziato l’uomo si allontanò dalla scena del delitto. Lasciò il terreno impregnato di sangue e fluido nero dietro di sé – le macchie erano ben visibili questa volta, e la scientifica aveva già raccolto dei campioni per analizzarli. Fortuna che non troveranno nulla, pensò Dean, mentre si allontanava oltre i sigilli posti dalla polizia. Sarà comunque meglio avvertire Garth di mandare qualcuno a occuparsene..
Aveva smesso di piovere poche ore prima, ma il freddo continuava a permeare sugli abiti umidi di Dean.
La giornata non era cominciata per niente bene. La telefonata del medico alle 7:35 del mattino aveva solo peggiorato il suo umore. Inveì contro la pioggia, mentre raggiungeva l’Impala parcheggiata alla meglio nei pressi dell’ingresso del parco, sulla West Kemp Ave.
Quasi per caso, notò in terra e poco lontano dall’auto una piccola chiazza scura sull’asfalto. Richiuse la portiera e si avvicinò, controllando la sostanza scura. Il fluido nero dei Leviatani era ben riconoscibile, e ricopriva interamente la grata per lo scolo delle acque piovane che era poco più avanti. Dean fissò l’oscurità oltre la piccola grata, tendendo l’orecchio nella speranza di captare qualche rumore sospetto. Tutto quello che udì fu solo lo scorrere dell’acqua. Quando si rialzò per tornare all’auto, piccole gocce di pioggia presero a cadere dal cielo. Entrò in auto, mentre le gocce cominciavano a cadere più in fretta. Fece per dirigersi al motel, poi l’insegna di un bar lo convinse a fare una piccola sosta. Il delitto di quel mattino l’aveva colto impreparato, non si aspettava un attacco in pieno giorno; ma il Leviatano responsabile di quelle morti sembrava non lasciarsi intimidire nemmeno dalla pioggia che attanagliava Watertown. Chissà chi l’ha chiamata così, questo inferno acquatico di città, pensò il cacciatore, mentre richiudeva dietro di sé la porta del bar.Se non smette entro la sera finirà allagata come Atlantide..
L’interno del locale era polveroso, scuro e semivuoto. Solo un vecchio uomo con un cappello rosso e una giacca sbiadita era seduto ad un tavolo in un angolo, la testa penzolante sul petto. Dean lo fissò, convincendosi che il sonno l’avesse colto a metà della sua birra.
Un vecchio juke box riproduceva una inusuale canzone di Elvis Presley. Le parole si ripetevano senza interruzione.

Wise men say only fools rush in
but I can't help falling in love with you..

 
Spavaldo, il cacciatore si avvicinò al bancone, dove una giovane ragazza dai lunghi capelli scuri era china a sistemare alcune bottiglie di tequila in uno scaffale. Gli occhi di Dean si concentrarono sulle meravigliose curve di lei, in bella vista oltre lo scollo accentuato del top nero e stretto che indossava. Un sorriso di approvazione comparve sul suo volto, proprio mentre la ragazza alzava lo sguardo verso di lui. Dean non smise di sorridere.
“Cosa le servo, agente?” la voce della ragazza era pacata, ma sembrava celare una sfumatura di scherno.
Dean la fissò. “E’ così evidente?” domandò.
“Cosa è evidente?”
“Che sono uno sbirro” dichiarò Dean.
“In verità.. sì.” Si alzò lentamente, e il cacciatore poté ammirare meglio la ragazza. Se anche se n’era accorta, la barista non mostrò il minimo cenno di dissenso. “Insomma” riprese “Watertown non è famosa per le sue attrazioni turistiche. E le due persone morte negli ultimi questi giorni, quel completo fradicio di pioggia e il pantalone così stretto sul posteriore..” Sorrise.
Dean portò istintivamente lo sguardo dietro di lui. E’ davvero così stretto? pensò.
Quando si voltò di nuovo verso il bancone, trovò un bicchiere pieno per metà di whisky. La ragazza era tornata a sistemare le bottiglie, questa volta quelle che erano dietro di lei.
“Beh, sono colpito” confessò Dean, sedendosi  al bancone e gustando il decimo bicchiere di whisky della giornata. “Sono un libro aperto, pare”. La ragazza non si voltò, mentre Dean indirizzava i suoi sguardi verso curve posteriori di lei.
“Lo sai, non dovrei dirlo.. ma attualmente i morti sono tre”. La barista parve apprendere la notizia con curiosità, più che con sorpresa.
“Quindi..” riprese dopo aver svuotato il bicchiere “cosa sai dirmi dei due che sono morti?”
“Nulla che non le abbiano già detto, presumo” rispose la ragazza, che intanto aveva ripreso a sistemare le bottiglie dietro di lei.
“E se fossi interessato a quello che hai da dire tu?” Dean picchiettò l’unghia contro il vetro, e la ragazza si voltò. Il cacciatore le indicò il bicchiere vuoto, e questa lo riempì con il whisky. Poggiò i gomiti sul bancone, e si abbassò un poco verso Dean.
“Ti direi che erano originari del posto” fece la ragazza. Dean sogghignò.
“E’ un inizio..” riprese a fissarla, stavolta negli occhi neri.
“Ma questo lo sapevi già” continuò lei.
“Probabile, sì..” Dean vuotò il bicchiere con un solo sorso. Improvvisamente fu come se si sentisse a disagio, accanto a quella barista. Calmati, tigre.
La ragazza dai capelli scuri si allontanò, rimanendo in piedi davanti a lui. “Purtroppo non so altro, non frequentavano spesso il bar..”
“Davvero non sono mai venuti qui? Che strano..” dichiarò Dean senza smettere di sorridere.
La barista rispose al suo sorriso, avvicinandosi di nuovo. “Credi che il misterioso assassino di Watertown colpirà anche questa notte?”
Dean tornò ad essere irrequieto. “Io.. no- non saprei. Perché?”
La ragazza scoppiò in una risata, allontanandosi quando il ragazzo delle consegne appena entrato nel bar le fece segno di avvicinarsi. Dean non aveva neppure sentito la porta che si apriva. Pensò di ordinare dell’altro whisky, ma qualcosa lo convinse a lasciare una banconota da venti sul bancone e a lasciare il locale. Prima che potesse tornare all’esterno, e alla pioggia, udì chiaramente la ragazza dire qualcosa.
“Il mio turno finisce alle undici!”
Dean Winchester rimase per un attimo sulla soglia del bar, col volto abbassato. Sorrise in silenzio, e si diresse verso l’Impala. La pioggia non accennava a diminuire. Mentre rientrava nell’auto, notò che accanto all’ingresso del bar c’era una grata per lo scolo dell’acqua simile a quella che aveva visto al Riverside Park, solo un po’ più grande. Grande abbastanza per permettere a qualcuno di scendere nelle fogne. Osservò l’acqua piovana scorrere veloce verso l’oscurità, oltre la grata metallica arrugginita. E fu allora che lo notò, una delle viti che avrebbero dovuto assicurare la grata al marciapiede mancava: la grata dondolava mossa dalla forza dell’acqua. In quel momento, nonostante l’ingente quantità di alcol assorbita quel giorno, Dean Winchester capì esattamente cosa andava fatto.
 

*

 
Saltò gli ultimi due pioli della stretta scaletta arrugginita, mandando gli stivali a bagnarsi nel lerciume sedimentatosi in quel posto da chissà quanto tempo. Quando fu sceso completamente, avvertì un tanfo che rendeva l’aria irrespirabile. Imprecò a bassa voce. L’oscurità non era così fitta, per una volta, le luci della notte filtravano attraverso le grate poste in superficie, a distanza fissa l’una dall’altra. Nonostante questo, Dean accese la torcia elettrica che portava sempre con sé, e iniziò a muoversi nel dedalo delle fogne. Aveva smesso di piovere poche ore prima, ma scroscianti rivoli di acqua scura ancora scendevano dalla strada per riversandosi nel canale centrale, quasi prossimo ad esondare. Alcuni ratti spaventati da quella presenza curiosa ed inaspettata presero a correre verso l’oscurità, andando a nascondersi nelle loro tane, o decidevano di gettarsi direttamente nel canale. Dean camminava sulle punte, quasi volesse evitare il contatto con la terra. Sul suo volto si era cristallizzata un’espressione di disgusto. Si maledì spesso, durante il tragitto, per aver preso quella decisione tuttavia necessaria. E in quelle tre ore, ne ebbe di tempo per rifletterci. La luce della torcia elettrica lo aiutò ad evitare alcuni vicoli ciechi e a riconoscere grate altrimenti invisibili, almeno fino a quando non ci avesse sbattuto contro. Quasi certamente girò in tondo almeno per mezz’ora, in un’area circolare in cui era possibile orientarsi. Perfino i topi si abituarono alla sua presenza, osservando con curiosità ogni movimento che faceva.
Infine, quasi per miracolo, la trovò.
Non era stato facile seguire le tracce del fluido nero in quel luogo oscuro e pieno d’acqua, ma la torcia era servita al suo scopo. La stanza circolare in cui Dean si trovava aveva solo due ingressi, quello dal quale era arrivato e la porta metallica all’altro lato. L’intero luogo era un pozzo buio, un solo fascio luminoso proveniva dal centro dell’alto soffitto; forse un’apertura nel terreno o una lampadina lontana ancora funzionante. L’intera area era sgombra, eccetto per quell’unico tavolo di legno e il letto probabilmente usato dal Leviatano. Al centro della sala, in un piccolo pozzo ricavato sul pavimento, pezzi di corpi umani galleggiavano sull’acqua scura. C’erano macchie di sangue tutto intorno alle pareti, nella stanza, e anche macchie più scure: il fluido delle creature del Purgatorio, che due anni prima avevano rischiato di distruggere il mondo e i suoi abitanti per sempre.
Nella mente ancora incredula di Dean si affollarono immagini di Dick Roman, dei vari scontri avuti con i Leviatani, di Castiel e del Purgatorio, di Sam.. Il suo Sammy, che in quel momento non era con lui. Mentre ispezionava l’oscurità del luogo si rese conto di quanto gli mancasse, soprattutto ora che si era ripreso. L’idea del sangue demoniaco non l’aveva ancora digerita, ovviamente, e forse non l’avrebbe fatto mai. Ma Sam si era ripreso, poteva stare di nuovo in piedi sulle sue gambe. Forse, pensò Dean, era davvero arrivato il momento di fidarsi di lui..
Ma poi ripensava  a suo padre, a Bobby, a Castiel.. tutti quelli di cui si era fidato l’avevano abbandonato.
E Dean non avrebbe mai potuto sopportare che una cosa del genere accadesse a suo fratello. Il suo compito era proteggerlo, anche nascondendogli la verità, se necessario. Ripensò al dialogo avuto dopo l’attacco di Jesse Turner, come gli aveva raccontato del sacrificio di Crowley e del sangue. Come gli aveva tenuto nascosto il rituale con il quale Abaddon aveva richiamato i suoi fratelli, definendo Jesse ‘un semplice ragazzo demone posseduto’. E Sam se l’era bevuta. Forse. Neppure gli aveva detto che Abaddon aveva trovato un nuovo corpo, ma era sicuro che Sam questo l’avesse capito anche da sé.
Ripensò a quando Sam si era svegliato, a quando non aveva avuto la forza di dirgli che nel suo corpo scorreva di nuovo del sangue demoniaco, il sangue di Abaddon.. Lontane come una eco risuonarono le parole d’ammonimento che Lucifero gli aveva detto, quella volta nel futuro.
Qualsiasi cosa accada, qualsiasi decisione prenderete.. tutto vi condurrà qui.
Un brivido lo percorse lungo la schiena. Quel futuro.. era possibile che si realizzasse davvero?
Le speculazioni terminarono, quando Dean decise di concentrarsi sui ritagli di giornale che qualcuno aveva attaccato al muro usando dei chewing-gum. Articoli di due anni prima che raccontavano della scomparsa di alcuni grandi magnati della finanza e del mercato americano; più in basso c’erano pagine recanti numeri di telefono, e al centro delle foto, raggruppate in un grande cerchio rosso realizzato col sangue. Foto che ritraevano persone: le vittime del Leviatano, sorridenti nelle loro espressioni, mentre erano seduti attorno tavoli di legno rotondi reggendo birre o gustando panini. Una foto in particolare mostrava una radiosa ragazza bionda, e alle sue spalle un vecchio juke boxe.
Dean Winchester concentrò lo sguardo sul particolare della vecchia macchina musicale, voltandosi di scatto quando gli parve di avvertire dei passi. Nella penombra notò un paio di bottiglie vuote di whisky, di una marca che conosceva. Gliene avevano servito un bicchiere proprio quel pomeriggio, in un bar lungo la strada che portava al motel.
Qualcosa si mosse alle sue spalle.
“Ci avrei giurato” commentò secco Dean, mentre si voltava. La luce della torcia illuminò la ragazza dai lunghi capelli scuri e dalle provocanti curve. Il cacciatore notò che la mano sinistra di lei era premuta sul fianco, a fermare l’emorragia nera.
“Sembra tu abbia dei problemi, lì in basso”
La mano destra della ragazza emerse dalla penombra, reggendo una pistola caricata e puntata contro Dean.
Il cacciatore alzò le mani.
“No-non una parola.. D-Dean Winchester.” La voce di lei si interrompeva di frequente, e stava sudando. La sofferenza era evidente, e Dean decise di prendere tempo.
“Ancora in vantaggio, vedo. Sai il mio nome..”
“Tutti noi abbiamo conosciuto.. il tuo nome, e non solo il tuo.. Quando eravamo lì, insieme, dentro di lui..”
Nonostante i tremori, la presa sull’arma restava salda. Dean non la perse mai di vista.
“..lui?” commentò.
L’angelo” rispose il Leviatano.
Dean sorrise beffardo. “Sai, dovreste cominciare a inventarvi delle battute nuove.. queste andavano di moda anni fa..”
“SILENZIO!” L’urlo improvviso della ragazza sorprese Dean. Il cacciatore allungò un occhio sulla ferita, la chiazza nera si diffondeva rapidamente sugli abiti e il fluido si riversava in terra a piccole gocce.
Non mi sembra di averli mai visti soffrire in questo modo, pensò.
“Come te la sei fatta?” chiese con serietà.
“Tu non sai n-nulla.. Credi di poter stare qui, davanti a me, fingendo interesse.. aspettando s-solo il momento adatto per colpirmi..”
“Ammetto di averci pensato, sì” confessò Dean.
“Non hai idea di come sia.. resistere.. vivere unavita così.. se vita la si può chiamare. Di giorno in quel bar, fingendosi un umano qualsiasi.. servendo quelle stupide bestie.. Ma inaspettatamente cominciò a piacermi.. anche dopo..”
Dean la ascoltava, senza tuttavia comprenderla a pieno. Provò a muovere lentamente una mano verso l’interno della giacca, quando pensò che la ragazza non lo avesse visto. Poi lei lo notò, e lasciò che un colpo partisse dalla pistola, verso l’alto. L’eco riempì la stanza, e Dean tornò con le mani alzate.
“..quando tu e tuo fratello.. avete rispedito i miei simili al Purgatorio.. qualcosa è accaduto, a quelli di noi che erano rimasti sulla Terra.. In principio ci sentivamo solo più d-deboli.. ma poi li ho visti morire, distruggersi uno dopo l’altro.. Decidendo si mangiare se stessi piuttosto che consumarsi lentamente! Solo io sono rimasta..” La voce della ragazza si faceva sempre più sottile.
“Ancora per poco, immagino” Dean indicò la ferita all’addome con la testa.
“Questa.. è ciò che accade, quando non ci nutriamo a sufficienza. Rimasta da sola, scoprii che nutrendomi di giovani avrei rallentato la fine.. Ma il richiamo della mia.. casa.. è troppo forte.. Ho dovuto attaccare quel ragazzo nel parco all’alba, oggi.. li hai visti, i loro corpi all’obitorio.. o ciò che resta, di tutti loro..”
“Ancora non capisco perché farmi il filo, lì al bar” confessò Dean.
“Semplice psicologia. Ti ho riconosciuto no-non appena.. sei arrivato in città, su quella tua macchina nera, come il nostro sangue. Dean Winchester, l’assassino dei miei fratelli, era a portata di mano.. Una fortuna insperata. Se solo..”
“..se solo non fossero subentrate complicazioni” completò Dean.
La barista annuì. “Una lama troppo affilata..”
“Ecco perché quel bar sembrava l’interno di un’aspirapolvere. Immagino tu non veda l’ora di correre a comprare i detersivi..”
“Taci. Sai bene che quella merda ci uccide.. ma a quanto pare, se la nostra forza si indebolisce anche un misero coltello può ferirci.. questi corpi umani sono fragili
Dean guardò la ragazza negli occhi. Ricordò il brivido che aveva provato la prima volta, nel fissare quei due occhi neri come l’oscurità.
“Quanto tempo ti rimane? Tre, quattro ore? Non ti lascerò uccidere di nuovo” la sua voce risuonò forte e decisa.
“Ed è proprio qui che ti sbagli, mio caro Winchester. Pare che il tuo fratellino non sia con te.. cosa può trattenermi dal divorarti.. adesso?”
La ragazza lasciò cadere la testa all’indietro, mentre al posto delle labbra si aprivano le fauci affilate dei Leviatani che Dean aveva visto più volte. Quando lei si lanciò verso di lui si abbassò di scatto, mandando la ragazza a sbattere contro il tavolo e riducendolo in frantumi. Il fluido nero lasciava macchie più ampie ora, e il cacciatore doveva fare attenzione a non scivolare. Il Leviatano si alzò, non aveva più in mano la pistola ma non perse tempo a cercarla. Piuttosto si lanciò nuovamente verso la sua preda. Dean ebbe a stento il tempo necessario di infilare la mano sotto la giacca, che la ragazza urlò con voce innaturale, mostrando le lunghe e affilate zanne. Gli si lanciò contro con le fauci spalancate. Il cacciatore colse l’attimo che gli fu offerto, e prima di gettarsi di nuovo a terra lanciò nell’abisso di quelle fauci un sacchetto traslucido, pieno di un liquido trasparente. La ragazza lo ingoiò senza tanti complimenti, e mentre si rialzava Dean notò che aveva riacquistato le sembianze umane. Il suo volto esprimeva incredulità, e soprattutto terrore.
“Pellicola idrosolubile” commentò Dean. “Una sola goccia d’acqua è sufficiente a farla dissolvere. E qui di acqua ce n’è tanta, no?”
Dean osservò la ragazza portare le mani alla gola e stringere, mentre sul collo e sul volto le vene sembravano sul punto di scoppiare. Liquame nero prese a fuoriuscire dalla ferita e dalle labbra di lei. Tossiva, con una violenza inaudita. Provò più volte a dire qualcosa, ma non ci riuscì. Si voltò verso Dean, e lo fissò, con un’intensità che il cacciatore non aveva mai visto.
“D-Dean..” sussurrò, poi il suo corpo iniziò a liquefarsi dal basso, mentre una chiazza scura prese a ribollire sul pavimento scuro. Davanti allo sguardo inorridito del cacciatore, il Leviatano si dissolse in una pozza nera, e alla fine questa evaporò, svanendo per sempre tra gli interstizi delle pietre. Gli abiti erano rimasti intatti, consumati in alcuni punti come se fossero stati bruciati.
L’ultimo Leviatano era finito, ma per qualche ragione Dean Winchester si sentiva peggio che mai.
 
 

*

 
Sam vuotò il bicchiere senza pensarci troppo. Era il terzo, di seguito.
Raramente, e solo in periodi di caccia grossa, decideva di darsi all’alcol. Altre volte, poi, dipendeva solamente dal suo rapporto con Dean. E questa era proprio una di quelle volte.
Kevin Tran sedeva poco lontano dal tavolo-planisfero, col portatile grigio poggiato sulle gambe. Dietro di lui alcune luci lampeggiavano sul pannello di controllo del covo, poi si udì il suono di una porta che si apriva.
Dean Winchester fece capolino nel bunker, reggendo sulla spalla il solito sacco pieno di armi.
Richiuse la porta, e scese con tranquillità la scala a chiocciola.
“Tesoro, sono a casa!” dichiarò. Ma né Kevin né Sam risposero al suo saluto. Il Profeta lanciò un’occhiata a Sam, poi richiuse il portatile e decise abbandonare la stanza. Si disse che era tempo, per i due fratelli, di chiarirsi.
Dean lasciò cadere il sacco in terra, poi notò il bicchiere sul tavolo.
“Altro giro?” propose, imitando la bottiglia con la mano.
Sam fece un’espressione vaga. “Perché no..”
Dean Winchester prese una bottiglia e bicchiere dal carrello dei liquori, e riempì entrambi i bicchieri per metà. Alzò il suo in un brindisi, non corrisposto da Sam, e bevve tutto d’un sorso.
Osservò suo fratello attraverso il vetro, l’immagine sfaccettata come in un caleidoscopio.
Sam si stava riprendendo bene, questo non poteva negarlo. Ma non sopportava il silenzio tra loro due.
“Ascolta, Sam-”
“Dean, senti..”
Si guardarono, sorridendo per un istante.
“Prima tu” riprese Sam
“Sicuro?”
Sam annuì. Dean poggiò il bicchiere sul tavolo, e respirò a fondo.
“..so di doverti delle scuse, e delle spiegazioni. Insomma, l’anticristo fa il suo numero da circo in un bunker a prova di demone e rischiamo quasi di farci ammazzare! Se non ti ho detto di Abaddon, di Jesse.. del fottuto sangue demoniaco, sì insomma di tutto..” cercò le parole dentro di sé, e inaspettatamente gli tornò alla mente la barista che aveva ucciso qualche ora prima: quello che aveva detto sui Leviatani, sui suoi fratelli, la solitudine che aveva affrontato, il suo sguardo prima di morire. Ripensò all’anno passato con Lisa e Ben, quando credeva Sam sul fondo della Gabbia con Lucifero e Michele. Ripensò a Lucifero, che nel futuro sfoggiava il corpo di suo fratello come una debuttante sfoggia l’abito acquistato per l’occasione. Ripensò a Sam inerme, sul letto della sua stanza, in lotta tra la vita e la morte. E ora era lì, davanti a lui.
“..Dean?” La voce di suo fratello lo destò da quei pensieri.
“Quello che voglio dire, Sam.. è che mi dispiace. So di averlo detto tante, troppe altre volte. Ma è la verità”.
C’era qualcosa nella sua voce, una sorta di tenerezza dimostrata così raramente, da far credere allo stesso Dean di essere scomparsa per sempre. A forza di mostrarsi caparbio e insensibile, aveva finito per cedere al suo stesso trucco. In fondo, cosa mai poteva essere rimasto nel guscio vuoto e distrutto che era diventato il suo cuore?
“E’ compito mio proteggerti, Sammy.. e lo sarà sempre. Che tu lo voglia o no.”
Sam, che fino a quel momento lo aveva osservato, lasciò cadere la testa verso il basso. Quando la rialzò, tornò a fissare suo fratello.
“Lo so. Lo capisco”.
Dean era stupito. “Ah sì?”
“In fondo” riprese Sam “ti devo delle scuse anche io. Ce l’avevo con te per avermi tenuto nascosto del sangue..”
Dean si incupì.
“Ma, ehi, sono qui. Vivo e.. beh, vegeto. Ho solo mal di testa, ma passerà. Se io sono qui, lo devo a te.. e in qualche modo, a Crowley.”
Dean abbassò lo sguardo, e sorrise. “Già- quel bastardo.. chi l’avrebbe mai detto..”
“Solo una cosa” riprese Sam. “Devo farti una domanda, e voglio.. no, pretendo una risposta sincera”. Fissò Dean con decisione.
“Hai la mia parola” rispose il cacciatore, pronto a rispondere a qualsiasi domanda.
“C’è altro che non so?” Ora lo dirà, pensò Sam, mi dirà del rituale e dei Caduti..
Dean rimase in silenzio per qualche secondo, poi sorrise al fratello.
“No, Sam” rispose infine con tranquillità “..non c’è altro.”
  
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