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Autore: Sofy_Tofy    25/07/2013    2 recensioni
Era uno di quei tanti sabati noiosi, che sta per prendere un'altra piega. Qualcosa di inaspettato e assolutamente impossibile...
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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  Doccia temporale

Era uno di quei soliti sabati, quelli in cui tua madre ti sveglia alle 8 di mattina e ti dice:-Fai colazione, fatti la doccia e fila a fare i compiti. Tutto questo credono che noi riusciamo a farlo in meno di mezz’ora, magari fosse così … comunque, ci misi molto a farmi la doccia e i miei, come previsto, si arrabbiarono.:- Sei sempre la solita!:- Ti sbrighi solo quando interessa a te! (Che è anche vero.) e così via …

Prima di uscire, però, sentii come se dovesse succedere qualcosa di importante. Un brivido freddo mi percorse la schiena. Presi l’accappatoio, aprii l’anta della doccia e uscii. Quello che mi trovai davanti era sconvolgente! Non so se definirla una stanza da letto o una cella. C’erano piastrelle scolorite e annerite dall’umidità, un letto sfatto e puzzolente, le cui coperte erano stinte e bucherellate, di sicuro dalle tarme, una sedia di legno mangiucchiata dai tarli e un armadio vacillante. E poi era tutto gigantesco! Scorsi anche uno specchio. Provai a scrutarci dentro ma mi accorsi che era troppo alto. “è tutto troppo alto qui!” Pensai. Provai a saltare sopra la sedia lì vicino. A dire la verità mi fece un po’ ribrezzo.
 Mi accorsi di avere un’estrema agilità e, guardandomi le gambe, sussultai dal terrore. Erano ricoperte di pelo arancio e le dita, che si erano fatte molto più corte, erano solo quattro e finivano in artigli affilati. Le braccia erano del tutto uguali, solo più corte. Questo mi spinse a guardarmi con ancora più convinzione. Trovai facile arrampicarmi e, se la situazione non fosse stata così tragica, anche divertente. Davanti allo specchio non trovai me, una ragazza alta, magra e dai capelli rossi, ma un gatto, anzi, una gatta dal pelo arancio e gli occhi verdi, come i miei oltretutto.                       Mentre quasi venivo meno, sentii dei passi salire delle ipotetiche scale. Perché io sapevo che c’erano delle scale, anche se non le avevo mai viste. Era come un sogno che ti programmi e fai partire. Più che un sogno, un incubo. Rapida scesi dalla sedia e mi buttai dalla finestra, tanto sapevo che era solo un sogno, e quindi se fossi morta cadendo mi sarei semplicemente svegliata. Già, ma era davvero un sogno? Questa domanda mi raggelò il sangue nelle vene. Mentre cadevo mi ricordai che ero un gatto, quindi dovevo solo seguire l’istinto. Questa consapevolezza mi fece stare meglio. Atterrai senza problemi e appena alzai la testa, non vidi Roma o almeno, non la riconobbi! Era una città piena di edifici pericolanti, di prototipi di macchine che emettevano fumo a tutto spiano, donne che portavano gonne lunghissime e che tenevano per braccio il marito. Il tutto era avvolto da un’immensa cortina di fumo. Cercai di comunicare con una di quelle donne strambe e i loro mariti, ma, appena mi avvicinavo, loro gridavano :- Uuuuuhh che orrore, un gatto randagio! Via! Sciò! Mentre gli uomini cercavano di colpirmi con il bastone da passeggio.
Non sentendomi capita, me ne andai via.
Mentre esploravo la città (Che pareva della fine del XIX secolo), conobbi molti altri gatti che, anche non essendo persone vere, io riuscivo a capire. Gli chiesi se sapevano in che anno eravamo e uno di loro mi si avvicinò dicendomi :- Da quel che dicono gli umani siamo nel 1892 … ma tu? Chi sei e come sei venuto qui da noi? Non ti abbiamo mai visto prima! A me veniva voglia di dirgli la verità, ma temevo che loro non mi avrebbero capito. Così intanto gli dissi che ero femmina (Storsero il naso ma continuarono a seguirmi) e poi che non mi avevano mai visto perché ero evasa da una casa dove mi tenevano a forza. Loro ci credettero e, anzi, dissero che mi ammiravano perché era strano farlo da una gatta. Mi invitarono a rimanere lì da loro ma gli dissi che non potevo poiché avevo questioni urgenti da risolvere. Non la presero a male e non mi trattennero. Mi voltai, mentre me ne andavo, per salutarli con la zampa e loro, con un sorriso, fecero altrettanto. Non mi dilungai ancora nell’esplorare quella città nauseante e mi diressi subito sotto la finestra da dove ero saltata. Vedendola da fuori quella casa era messa ancora peggio: lo stucco ricopriva solo alcuni centimetri delle pareti, alcune finestre erano sprangate o con i vetri rotti e molti mattoni fuoriuscivano dalle loro postazioni. Questo mi fu molto d’aiuto. Saltai su uno dei mattoni che fortunatamente era stabile, ma pensai che forse gli altri potevano non esserlo e cominciai a tastare con le mani … cioè, zampe quelli che mi erano accessibili. Alla fine riuscì nel mio intento e entrai dentro. Era tutto come lo avevo lasciato, a differenza di una ragazzina, che avrebbe potuto avere la mia stessa età, seduta su quel letto marcio. Singhiozzava e si lamentava; i suoi vestiti erano logori e sulla schiena, dove la veste era squarciata, si scorgevano dei segni rossi, che sembravano frustate, ancora sanguinanti come i suoi capelli fulvi. Mi avvicinai con la maggiore cautela possibile, temendo che potesse entrare qualcuno, e saltai sul letto. Lei sollevò la testa e trasalì; di sicuro si chiedeva come avessi fatto ad entrare ma non mi aggredì come gli altri. Mi guardava solo con curiosità e, dal canto mio, cercai di fare l’espressione più amichevole possibile. Sembrava che volesse dirmi qualcosa. Anche io volevo parlarle, confortarla ma non sapevo se mi avrebbe capito.
:- Sei un altro di quelli vero? Mi disse all’improvviso, con una voce flebile e ancora scossa dai gemiti.
:- Quelli chi? Dissi io, e mi capì perché rispose subito :- Quelli che mio … no, meglio che non lo dica un’ altra volta, lascia stare …
Prima che io riuscissi a ribattere se n’era già andata e aveva chiuso la porta a chiave. “ Ci mancava pure questo!” Dopo vani tentativi, rinunciai e cercai di ricordare da dove ero venuta e vidi la specchiera. “ Ma certo! Quando sono apparsa qui avevo davanti lo specchio! “ Pensai. Mi ci misi di fronte e cominciai a retrocedere. Dopo un po’ di marcia indietro, inciampai in qualcosa e mi resi conto , con orrore, che era un vaso da notte (vuoto). Quindi era da lì che ero sbucata. Provai a saltarci dentro e mi ritrovai nel mio bellissimo bagno (A quel punto sarebbe anche potuto essere descritto come una reggia). I miei genitori mi corsero incontro, gridando :-è da un’ora che sei qui dentro, da un’ora!
Risposi con uno sbuffo esasperato e filai in camera mia.
Da quel giorno ogni volta che volevo, potevo andare avanti e indietro con il tempo, ma rimaneva l’enigma di quella ragazza. Ogni volta che facevo i miei “viaggetti” c’era lei, sempre abbattuta e sofferente come le prima volta. A ogni domanda che cercavo di farle, mi rispondeva con altre interrogative ma la cosa che mi diceva ogni volta era :- Io ti seguo ovunque tu vada, in qualsiasi stato emotivo ti trovi, l’importante è che tu non rinunci mai a me. Un giorno smisi di chiedere pensando fosse inutile. Da allora non vidi più la misteriosa ragazza e io sprofondai in un buio senza fine.






Angolino della scrittrice
Ciao a tutti. Questo racconto mi è venuto in mente leggendo un testo su di un libro di scuola e ho preso spunto da lì. Questo è il mio primo racconto e la verità è che sono inesperta. Spero che piaccia, e se ho sbagliato qualcosa recensionate! Ciao
evefyty00

  
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