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Autore: Hagne    25/07/2013    1 recensioni
Tratto dal primo capitolo:
"I fantasmi del passato erano mostri difficili da addomesticare, creature d’ombra che mal tolleravano le catene alle quali venivano costrette, ed i suoi, di fantasmi, non avrebbero potuto essere imbrigliati neanche se avesse avuto le catene più spesse, pesanti e dure con le quali vincolarli"
[ Seguito di " A Demon's Fate"]
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Loki, Nuovo personaggio
Note: Cross-over, Movieverse, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The Heart Of Everything '
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Capitolo 3
“She embraced, with a smile
As she opened the door
A cold wind blows,
 it puts a chill into her heart “
[…]
Take my hand as I wander through
All of my life I gave to you
Take my hand as I wander through
All of my love I gave to you “

 (Restless- Within Temptation)




Mescolarsi agli umani gli era sempre risultato particolarmente ostico,  bastava il solo pensiero a generare in lui  disgusto e  raccapriccio.
Fin dal suo primo respiro di aria inquinata e aspra inspirata, Loki aveva infatti capito di aver scelto un mondo abitato da creature inferiori, dall’intelletto limitato e da una moralità che il più delle volte erano loro stessi a metter  da parte per un bene maggiore.
E lui glielo aveva dato, quel bene  maggiore, un motivo per  il quale unirsi sotto un’unica bandiera e scoprire che essere governati era nella loro natura mentre   la sua, al contrario, era sempre stata quella di comandare.
Mondi.
Umani.
Giganti di Ghiaccio.
Ogni creatura era predisposta al suo dominio, a sottostare alle sue leggi, a chinare il capo di fronte alla superiorità del suo intelletto e dei suoi poteri divini, eppure, c’erano volte in cui Loki, dall’alto del suo ruolo di tiranno e Re senza pietà né comprensione, veniva spinto giù da un malessere che lo rendeva quanto e forse più impotente degli umani stessi.
Ed era il viso turbato di Astrid, in quel momento,  a lasciarlo inerme lì, accanto a lei, con l’occhio buono catturato dall’ombra di un sorriso che lentamente, parola dopo parola, aveva visto spegnersi fino a diventare il fantasma di una serenità che in lei non trovava più.
- Quindi lo avete già incontrato ? – chiese Nick Fury  con voce tetra, quasi a ricordare a se stesso che fosse oramai consolidato che il loro pianeta fosse divenuta meta turistica di mostri spaziali.
Astrid scostò gli occhi dalle mani strette in grembo con aria tesa,  riportando l’attenzione sul fotogramma che il capo dello S.H.I.E.L.D aveva mostrato a lei e agli occupanti delle sedie accanto alle sue.
Era un’immagine sfocata, ma la scia d’energia rilasciata dalla creatura era troppo familiare per non far aggrottare pericolosamente le sopracciglia di papà Bruce e di Tony.
Un’aria crucciata che l’aveva fatta irrigidire per l’ansia di non poter sbrogliare la matassa di ipotesi che, molto probabilmente, elaboravano ogni secondo.
Perché, qualunque domanda le avessero posto, qualunque quesito le avessero rivolto, lei non avrebbe saputo cosa rispondere.
Avrebbe potuto però confermare il sospetto che increspava il viso di suo padre, ma ogni qual volta schiudeva le labbra per rivolgergli la parola, non riusciva a trovare nè la voce, né il coraggio di dire .
Non ci riusciva, non ne aveva la forza, e non perché temesse una loro reazione, ma perché quel pensiero spaventava anche lei.
Il pensiero di aver trovato qualcuno come lei, qualcuno che emanasse un’energia distruttiva tale da disintegrare la materia e mutare le sorti di una civiltà, di un mondo, dell’universo, del pianeta che lei si era ripromessa di difendere.
Provò ancora a farsi coraggio, facendo scattare la mano verso l’orecchio destro che richiuse fra pollice e medio, sfiorando distrattamente l’orecchino che pareva assorbire il suo calore corporeo, prosciugandola dal sudore che, se avesse continuato a incupirsi ancora, le avrebbe imperlato la fronte.
Ma nuovamente, non riuscì a sillabare una parola.
 Rimase muta, con le labbra socchiuse e lo sguardo incatenato al profilo sfuggente dell’uomo di metallo che, dopo tanti anni, le aveva ricordato un nome che aveva sempre tentato di dimenticare e seppellire assieme ai ricordi più tristi della sua storia.
- Se necessario useremo i Giganti di Ghiaccio come difesa.
Loki potè quasi sentire sotto le dita la pelle del viso di Astrid perdere calore, ma tacque l’agitazione di sapersi responsabile dell’angoscia della compagna quando seppe di essere nel giusto.
Lo era, sapeva d’esserlo, ma ciò non gli impedì comunque di distogliere lo sguardo per non vedere l’orrore negli occhi della compagna.
E lei lo era, orripilata da una possibilità che non avrebbe mai potuto essere concepita in nessuno caso,  ma una possibilità che Loki aveva invece espresso senza l’ombra di emozione, come se la consapevolezza di aver proposto il suo popolo come scudo difensivo dal nuovo pericolo non lo avesse minimamente toccato.
Ma toccava lei.
Perché quelle creature, seppur a lei avverse, ostili e recalcitranti, avevano il suo affetto.
Lo aveva Sunniva, lo avevano i piccoli cuccioli che  avevano imparato ad amare il calore insolito del suo corpo più che respingerlo, gli unici figli che avrebbe mai potuto avere.
Lo aveva quel pianeta che era diventata la sua seconda casa, una casa da proteggere, da difendere, non da sacrificare.
- No.
Lo scatto isterico della mascella del dio portò Bruce a muoversi nervosamente sulla sedia mentre un velo d’ansia frusciava tra i presenti, un’ inquietudine che Tony, contrario ad ogni forma di pessimismo cosmico, tentò di smorzare a suo modo.
- Credo di riuscire a gestire una statuetta degli oscar rivestita di carta stagnola.
- Il signor Stark ha ragione Astrid – lo appoggià Nick Fury, non riuscendo comunque a non tendere una smorfia nel comprendere di aver appena gonfiato l’ego dell’eroe – più di una volta ci siamo dimostrati sufficienti a respingere gli attacchi alieni.
- E poi non dimenticare che abbiamo Hulk – tornò a sottolineare lo scienziato, strizzando l’occhio al dottor Barner che però pareva far caso solo al pallore del viso di sua figlia.
Perchè Astrid non era tipo da spaventarsi facilmente, Bruce lo sapeva, perciò, il  vederla  turbata a quel modo lo rendeva cosciente che il pericolo, quella volta, superava di gran lunga le loro aspettative.
Persino guardandola  sua figlia sembrava urlargli  che non ce l’avrebbero fatta, che quello che stavano per affrontare era qualcosa di così orribile da scuotere anche lei.
Perché ciò che aveva deciso di invadere il loro pianeta, ciò che aveva reso lei così preoccupata e loro così ansiosi era un essere con le sue stesse potenzialità, lo aveva capito lui,  l'aveva capito l’altro nel riconoscere lo sciame di radiazioni gamma disperso dalla  strana creatura, lo aveva compreso anche Tony, ma se l’uomo non riusciva ad esprimere la propria agitazione, lui  era ben lungi da fingersi ignorante, in quel momento.
- Non basterà.
- Come?
Astrid fissò il viso di suo padre con ansia, indurendo lo sguardo nel guardare il fotogramma e la creatura.
- Non basterà – ripetè ancora, e persino Pepper fino ad allora rimasta silente non potè che agitarsi sulla sedia prima di  lanciarle uno sguardo inquieto.
- Cosa non basterà tesoro? – si convinse a chiederle, sebbene la paura di conoscere già la risposta le avesse fatto tremare la voce.
Astrid non rispose subito, prese del tempo, per se stessa, e per ciò che sapeva di dover fare, di dover dimostrare loro così da mettere la sua famiglia di fronte alla realtà, un’orribile realtà che lei per prima non voleva accettare, ma era sua responsabilità difenderli tutti, lei che ne aveva il potere.
 Un potere che se fosse stato davvero comparabile a quello del loro nemico, come temeva, avrebbe richiesto ben più di un pugno di eroi, quella volta.
E aveva paura.
L’aveva avuta la prima volta chi si era vista davvero, la prima e unica volta che si era data la possibilità di “cadere”.
Ma non era stato come guardarsi allo specchio, perché non ci sarebbero stati specchi abbastanza grandi da contenere la sua immagine, e quando era caduta, quando si era lasciata implodere, ciò che aveva visto l’aveva atterrita.
- Tutto – si arrese a bisbigliare nel tornare a guardare in viso suo padre e chi, in quel momento, si accorse con una nota di panico che la stanza, i mobili, cominciavano a sbiadire.
- Non contro questo.
Quando il pavimento scomparve loro sotto i piedi Pepper non potè che lanciare un urlo spaventato mentre l’agitazione tornava a farli trasalire nel notare come il  nero cupo che aveva appena inghiottito il pavimento tornasse loro in contro, un abbraccio di morte che li abbandonò, con angoscia, in un  immenso abisso monocolore, una distesa di buio nel quale, per un attimo, rimasero tutti immobili, e silenti, spaesati,  prima di riuscire a vederla.
Luce.
Minuscoli pulviscoli di luce che puntellavano il pavimento e il soffitto come un cielo stellato, ricoprendo ogni cosa, ma non gli angoli.
Perché non ce ne erano, da nessuna parte.
 Era in un corridoio infinito proiettato verso il nulla, ciò che li aveva inghiottiti, un tunnel  che non sembrava avere nè un inizio, né una fine se non  un centro, ed era davanti a loro, quel centro.
L’unico punto in cui il bagliore diveniva così acceso, così accecante da far male agli occhi, e dovettero tutti schermirsi il viso per riconoscere il profilo di un viso  che portò Bruce a sgranare gli occhi per l’incredulità con un bisbiglio sommesso.   
- Cosa diavolo è ? – sibilò Fury, l’occhio serrato per non essere accecato dalla luce.
- Astrid.
- Come? – saltò il capitano dello S.H.I.E.L.D nel sentire la voce di Loki soffiargli sul viso, come se fosse poco lontano, ma allo tempo irreale, impalpabile come un fantasma.
- Astrid. Tutto ciò vedete intorno a voi è Astrid – tornò a ribadire il dio, accostato alla figura che solo lui poteva guardare senza rimanerne folgorato, perché era una luce alla quale i suoi occhi si erano abituati, un bagliore che, se avesse allungato le mani, avrebbe  visto raggrumarsi attorno al suo palmo come fiamme.
Lingue infuocate che però non l’avrebbero bruciato, né ferito, non lui, non chi avevano imparato a riconoscere e ad amare.
Perché  Astrid era tutto quello.
Cielo, terra, aria e fuoco, non c’era limite a ciò che potesse diventare, essere.
Energia, pura e semplice energia che  nessuno mai era riuscito a controllare, o ad aver per sé.
Ma lui l’aveva.
Poteva controllarla, poteva toccarla senza temere di esserne annientato, guardarla, senza timore di venirne accecato, stringerla, senza aver paura di sentirla svanire dalle  braccia che al suo tocco sarebbero rimaste ustionate.
Perchè Astrid era sì impalpabile, sfuggente come un sogno, ma capace di raggrumarsi tra le sue braccia, se glielo avesse chiesto, e non potè fare altrimenti quando colse il rammarico nei suoi occhi policromatici, la preoccupazione per quegli esseri umani che, sebbene non fossero spaventati da lei, non riuscivano a non provare timore per tutto quello.
Quando la luce smise di sfrigolare Nick Fury sbattè le palpebre più e più volte, disorientato e non ancora abituato al chiarore delicato della stanza, ma era di nuovo nella sala informatica dell’elivelivolo, con delle pareti a confinare il loro spazio e un tavolo sul qual reggersi per riprendere l’equilibrio.
Anche Bruce impiegò qualche secondo a capire di essere nuovamente seduto su qualcosa che non fosse il nulla, e fu con preoccupazione che cercò intorno a sé la figura di sua figlia.
Ma quando non la trovò lì dove l’aveva lasciata, sentì l’orrore fargli tremare le pupille e l’altro cominciare a ruggire per l’angoscia prima che un colpo allo stinco lo convincesse a guardare in cagnesco Tony Stark.
- Se cerchi la piccola è lì, perciò non osare fare lo psicolabile perché non ho nessuna intenzione di farti da analista in questo momento – gli berciò contro lo scienziato, indicando col mento l’angolo della stanza dove l’ombra cupa di Loki inghiottiva una figura più minuta e luminosa, dallo sguardo rammaricato.
- Bene – cominciò Fury con stanchezza, massaggiandosi energicamete le tempie – credo sia il caso di darci la possibilità e il tempo di assorbire questa notizia, ma vi voglio pronti per le otto in punto. Ci stiamo dirigendo a New York  per incontrare il dottor Reed Richards. Pare che lui sappia dove colpirà il nostro amico. Potete andare a riposare.
Le smorfie pensierose degli eroi lo convinsero a congedarli senza altre parole, perché nessuno di loro le avrebbe ascoltate davvero, non dopo la portata di quanto visto.
Perché, se davvero il nuovo nemico della Terra poteva disporre di un simile potere, se davvero l’entità sconosciuta aveva solo un minimo di quelle capacità, allora avevano bisogno di riposare un po’ prima di decidere quale divinità pregare per ricevere un po’ di fortuna.



°°°

 



    
- Ripetimelo ancora una volta tesoro, credo di aver capito male, sai, l’età.
‘Cretino!
 Pepper avrebbe voluto urlarglielo nell’orecchio a pieni polmoni, ma si costrinse ad essere più matura di quell’idiota che aveva capito, aveva capito benissimo, solo che faceva lo gnorri per dispetto e  continuava a fissarla con uno sguardo obliquo dall’uscita dell’hangar.
Non che l’espressione di Bruce fosse migliore di quella dello scienziato, ma il dottore era fin troppo educato per mostrarle apertamente  la propria contrarietà, una carineria della quale Pepper si accontentò, tornando ad indicare col braccio la figura seminascosta nell’ombra di un aereo.
- Andate da lui.
- Continuo a non capire.
- Cosa c’è da capire? – sbraitò esausta, allargando le braccia in un gesto di insofferenza – dovete.andare.da.Loki. – sillabò contrita, ricercando nello sguardo del dottore un po’ di sostegno, ma per quanto dolce e pacato l’uomo fosse, l’idea di rivolgere la parola al dio degli inganni lo infastidiva, figurarsi andare a ricercare di propria iniziativa un confronto verbale con lui.
Non che Bruce non fosse un uomo che preferiva il sano dialogo al mutismo ostile, ma c’era qualcosa in Loki a lasciarlo sempre un po’ perplesso.
Perchè si sentiva sconfitto già in partenza, ancor prima di aprir bocca, una reazione ovvia la sua visto che  quello con cui tentava di instaurare un rapporto era pur sempre il dio degli inganni, e per quanto intelligente fosse, ne sarebbe uscito sempre perdente, in un modo o nell’altro.
- Ma io non.ci.voglio.andare – puntualizzò Tony con sarcasmo, incrociando le braccia al petto e imbronciando le labbra.
Una reazione per la quale la donna si trovò a conficcarsi le unghie nei palmi delle mani.
- Sei o non sei il padre di Astrid?
Lo sguardo inviperito con il quale Bruce sembrò tornare in sé riuscì a strapparle un sogghigno, ma lei mirava a pesci più grandi, e ora il cetaceo più grande e stupido aveva appena abboccato all'amo.
Perché Tony Stark non era tipo da gabbare facilmente, ma se c’era un modo per attirarne l’attenzione era senza dubbio mettere in dubbio le sue qualità come leader, e ovviamente, dubitare anche solo lontanamente la paternità di Astrid.
- E questo cosa diavolo c’entra ora? – berciò incattivito, aggrottando le sopracciglia.
- C’entra visto che Astrid è tua-vostra figlia – si corresse subito nel cogliere il lampo di frustrazione nello sguardo del dottore – ciò fa di voi i suoceri di Loki.
Ridere avrebbe rovinato l’estenuante opera di convincimento che stava portando avanti, ma Pepper non riuscì a nascondere un risolino divertito nel vedere i due uomini, gli eroi d’America, rabbrividire all’unisono e trasalire come se li avessero punzecchiati con un forcone.
Ma era puro e semplice raccapriccio quello che arricciava il naso di Tony Stark e irrigidiva le pupille del dottor Barne, un profondo e per una volta, comune orrore per una possibilità che non aveva mai sfiorato nessuno dei due.
La risata però scoppiò, e non nel petto della donna, come ci si sarebbe aspettato, ma in quello che lo scienziato colpì con un pugno per ritrovare il fiato mentre ricercava la stessa sprezzante ironia sul viso del compagno.
- Hai sentito Barner? Suoceri . Potts dice che io e te saremmo i suo-suoc- si umettò le labbra più volte per riuscire a dare la perfetta intonazione derisoria – suoceri di quello lì  – ed indicò il dio immobile nell’identica posizione di poco prima.
Bruce stiracchiò un sorriso così, per renderlo contento, non per  vero e proprio spirito di solidarietà.
- Io e te – continuò a cinguettare – suoceri di quello lì, hai capito? – cercò anche di pungolarlo con il gomito prima di torcere il collo verso la moglie e tendere un sorriso sprezzante.
- Ora mi dirai anche che quello lì ed Astrid sono sposati.
Pepper potè  quasi vedere il povero dottore sbiancare di colpo alle spalle del marito mentre un filo di sudore freddo cominciava a imperlargli la fronte, ma lo scienziato non sembrava riuscire a fermarsi.
- No Barner? – tornò a punzecchiarlo Tony, il viso voltato per metà così da riuscire a cogliere la sua reazione – te lo immagini? Astrid, la mia Astrid, moglie del dio degli inganni, non lo trovi divertente?
Ma il dottore non rideva, non sorrideva neanche, pareva invece spaventato da lui e dallo sguardo che lo scienziato aguzzò istericamente nel subodorare qualcosa di orribile.
Una scia che sapeva di menzogna e di un terrore freddo che ora rendeva Barner incapace persino di muovere un muscolo senza sembrare spiritato.
- Non lo trovi divertente Barner?
Un guizzo isterico delle palpebre tradì il suo nervosismo, la tensione che lo scienziato acuì nel tendere un sorriso che ora pareva essere un po’ meno divertito e un po più cattivo.
- Hai visto tesoro, il dottor Barner non lo trova divertente – sibilò, rivolgendo uno sguardo distante alla moglie prima di ritornare su di lui – e come mai? Forse perché sa qualcosa che io non so?
Altro guizzo isterico, altra ruga d’espressione attorno gli angoli della bocca che ora Tony Stark teneva tanto tesi da farlo sembrare un invasato.
- E quale oscuro segreto mi tiene nascosto secondo te? Qualcosa di così agghiacciante da aver paura di condividerlo con il suo più vecchio e caro amico.Perché  siamo amici io e te, non è vero Bruce?
Ma pareva completamente terrorizzato, il povero Barner, un orrore che Pepper preferì smorzare per dargli un po’ di respiro e far capire a Tony, una volta per tutte, ciò che era ovvio a tutti meno che a lui.
- Credevi davvero che non avrebbero fatto il grande passo tesoro?
Tony Stark non era un uomo pauroso, glielo impediva l’aria da belloccio e quel sorriso scanzonato che smorzava la sua indole acida e suscettibile, ma in quel momento era tanto brutto da far spavento con tutti gli zigomi tirati e le pupille pulsanti orrore e fastidio.
- Lo-
- Lo sapevi anche tu ? – lo precedette Bruce con aria sorpresa, attirando su di sé l’occhiata allucinata con il quale lo scienziato lo fucilò prima di guardare la moglie e rantolarle un “donna” piuttosto minaccioso.
- Anche? Cosa diavolo significa anche tu, Barner? Da quanto lo sai? Perché non me lo hai detto? Perché diavol-
- Per lo stesso motivo per il quale io non l’ho fatto tesoro. Sei consapevole di stare delirando vero?
- Delirando? – gracchiò l’uomo con la gola secca e la mano pressata sul petto – credi che io stia delirando? Io?
- Si, perché ti stai innervosendo senza motivo?
- Senza motivo! Donna! Fai attenzione a quello che dirai oppure io-
- Io cosa Tony – lo riprese piccata, alzando il mento in segno di sfida – stai solo facendo i capricci, e solo perché l’idea che Astrid sia cresciuta non ti va giù.
- Non è vero, non è solo per questo.
- E allora perché?
- Perché- perché … lui non mi ha chiesto il permesso!
La smorfia attonita con la quale Pepper si trovò ad accogliere la sua giustificazione sembrò rendere Tony ancora più folle, uno squilibrio mentale che catalizzò sull’ombra immobile del dio, un profilo verso il quale caricò con le narici frementi prima di sentire le urla della moglie e il richiamo concitato di Bruce.
Quando cadde riverso a terra Tony Stark si trovò a strizzare gli occhi con un gemito di dolore mentre i passi frettolosi di Bruce e Pepper lo avvisavano dell’immediato soccorso rivoltogli, tuttavia, anche quando lo raggiunsero preferì rimanere disteso a rimirare il cielo con il viso ancora arrossato per lo schianto contro il muso dell’aereo.
Perché si era gettato contro un’illusione, un vecchio trucco che avrebbe dovuto cogliere, capire, ma per il quale, nella foga del momento, non era riuscito a captare.
Ed eccolo lì, disteso per terra con il naso probabilmente fratturato e la rabbia sfumata per una realtà che aveva in realtà ipotizzato, ma non accettato, dopo tutti quegli anni.
Forse l’aveva sempre saputo, perché lui era un genio, e i geni non si lasciano sfuggire nessun particolare, non il modo in cui Astrid pareva tenere al proprio orecchino, non la presenza di un monile identico sul sinistro di Loki.
Ma capire e accettare non andavano di pari passo, e forse, arrivati a quel punto, avrebbe dovuto accettare la cosa, capire che Astrid era davvero cresciuta, avrebbe dovuto, ma non voluto.
E non lo volle, si limitò infatti ad alzare un pugno in aria e urlare il proprio malumore nella speranza di irritare il dio degli inganni e avvertirlo del pericolo imminente che lui avrebbe presto rappresentato per lui, ma Loki non si diede pena di quelle urla, o delle minacce di morte, non ora che la stanchezza stava assalendo anche lui.
- Non crede a tutte le cose brutte che ha detto, sai?
Loki riaprì gli occhi con un gesto annoiato, ma quando la sentì muoversi tra le sue braccia non potè che inclinare il collo e ritrovare la compagna  con il naso all’insù, gli occhi sgranati per rimarcare la foga della sua confessione.
- Tony - gli spiegò tranquilla – non pensava tutte le cose brutte che ha detto su di te sai? Credo solo che sia un po’ nervoso –  e gli si strinse un po’ di più, cingendogli la vita per affondare il viso contro il suo collo prima di continuare a parlare -  e le persone dicono cose che non pensano quando sono nervose, l’ho letto in un libro molti anni fa.
Gli sfuggì un sorriso obliquo nel sentirla strofinare il naso contro il suo collo, un contatto che oltre a trasmettergli l’elevato calore corporeo della compagna, pareva convincere la palpebra a schiudersi un po’ più dolcemente nel tornare a riposare lo sguardo.
Ed avevano bisogno entrambi di riposare, perché ciò che li avrebbe attesi il mattino seguente avrebbe richiesto un dispendio di energie che Loki avrebbe voluto spendere per altro che per far da balia a quegli irritanti Avengers, ma Astrid non li avrebbe abbandonati, e lui, conseguentemente,  non avrebbe abbandonato lei.
Non nelle mani di incompetenti che non avrebbero saputo proteggerla a dovere, non ad un pugno di umani che minimizzava il pericolo imminente, una minaccia alla quale il dio degli inganni avrebbe potuto dare le spalle e fingere ignoranza, fintanto che la minaccia non avesse colpito lui, eppure, indirettamente, lo aveva fatto.
Perché era una concatenazione di eventi che non avrebbe potuto manipolare, né  rigirare a suoi piacimento, non se erano i sentimenti di Astrid ad aver azionato quel meccanismo.
Un meccanismo del quale lui stesso era venuto a far parte, divenendo uno degli anelli della catena che Astrid non sapeva di avere tra le mani, per nulla consapevole di poter allentare la presa e generare più  dolore di quanto si sarebbe mai aspettata.
Il dolore degli umani, che di lei si erano profondamente innamorati, e il suo, di dolore, quello che Loki sapeva di non poter reggere, non quel tipo di disperazione, non la sua, di perdita.
Non avrebbe potuto, semplicemente.
E non per la dipendenza che oramai lo rendeva schiavo di ogni sua minima smorfia, sorriso o lacrima, ma perché non avrebbe retto, non lo avrebbe fatto il suo cuore, o ciò che ne rimaneva, un ammasso informe che singhiozzava a stento e che di quel calore pareva nutrirsi per rimanere ancora in vita.
Perché Astrid lo era per lui.
Una vita.
Quella che non aveva mai creduto di poter avere, quella che mai nessuno gli aveva dato l’occasione di costruire, perché rinnegato, respinto, abbandonato, e dimenticato, ma lei non l’avrebbe mai respinto o scordato, non lei che lo amava così tanto da fargli paura.
Una paura sciocca la sua, ma ovvia per chi come lui  non aveva mai avuto nulla se non vuoto e silenzio, attorno a sè,  un profondo e gelido silenzio del quale ora ne aveva quasi perduto il ricordo.
Perché c’erano risate a tintinnare nella sua testa, e una voce che non smetteva mai di ripetere il suo nome come una cantilena che gli ricordava che lei c’era, che non era solo, che alla fine, qualcosa di buono lo aveva fatto, ed era stato salvare lei, solo lei, da un annientamento che lui avrebbe potuto accettare  se fosse stato il suo, o quello dell’universo stesso.
Il respiro di Astrid era stato uno dei primi suoni verso i quali avesse mai  imparato a nutrire una profonda ossessione, un bisogno viscerale, un desiderio tanto  folle da averlo portato ad aver  bisogno di sentirlo sempre contro di sé.
Sul viso, sulle palpebre chiuse che lei amava baciare con delicatezza, su quell’orribile  cicatrice che percorreva anche con le dita e con gli occhi in una carezza lieve, ovunque, ma su di lui, vicino, a lui.
Perchè lo  aveva amato fin dal primo istante, da quando quella piccola e strana creatura fluorescente aveva trovato rifugio tra le braccia ammanettate e quella maschera di metallo che nella prigione gli aveva più volte impedito di gettare orribili maledizioni su Asgard.
E quando, notte dopo notte,  lo aveva sentito infrangersi  dolcemente sul proprio collo, con delicatezza,  aveva trovato impossibile addormentarsi senza avere la sicurezza di averla lì dove la sua testa aveva deciso infine che lei sarebbe dovuta stare.
Con lui.
Tra le sue braccia.
Sempre.
Ed era stato stupido, era stato infantile, ma era stata la prima ricorrenza che lui avesse mai potuto chiamare “abitudine”.
E lui, di abitudini, non  ne aveva mai avute. Ma ora, ora aveva imparato ad abituarsi a tante cose, al calore di quel corpo che si ritrovò a stringere un po’ di più nel patire uno spiffero un po’ più freddo, e alla consapevolezza di essere amato.
Profondamente e, con suo profondo stupore, incondizionatamente.
Lui che di incondizionato aveva avuto solo l’odio altrui, ma Astrid, Astrid era la sua abitudine.
Un’abitudine dalla quale non avrebbe mai voluto, nè  sarebbe mai riuscito a stancarsi.
 








°°°




L’andirivieni dell’uomo poteva apparire  snervante, ma le prassi andavano rispettate, e Nick Fury non era uomo da saltare le accurate ispezioni del proprio equipaggio, in nessun caso, a maggior ragione se fra i suoi uomini ritti e seriosi poteva scorgere il profilo annoiato di un miliardario con manie di protagonismo, un dottore con la tendenza a perdere il controllo e distruggere i suoi nuovi aerei da combattimento, e la piccola e graziosa creatura dall’incarnato oltremare che gli sorrideva cordiale tra i due.
Fury amava le persone  carine ed educate, una predilezione della quale nessuno, a parte Maria, era a conoscenza, e l’aliena che ricambiava il suo sguardo con pacatezza era forse l’essere più gentile e di buone maniere con il quale fosse mai venuto in contatto, il che era tutto dire visto il miliardo di esseri umani con i quali aveva avuto a che fare.
Eppure, c’era qualcosa di profondamente rassicurante in lei, un’affabilità che più di una volta l’aveva sorpreso piacevolmente, ma per quanto cordiale e garbata Astrid fosse, rimaneva il fatto che Nick Fury, capitano dello S.H.I.E.L.D, aveva il compito di essere discreto e di mantenere un certo riserbo riguardo alle proprie missioni, e quella, ovviamente, non sarebbe potuta essere né discreta, né riservata.
Non se la sua squadra contava personaggi tanto eccentrici, e non se una di loro poteva vantare uno sguardo che, se si ci fosse soffermati a guardarlo un po’ di più, avrebbe potuto mostrar loro una parte di quelle galassie che la giovane racchiudeva nelle iridi.
Uno spettacolo stupefacente, certo, ma che dava nell’occhio, e quello Nick Fury non lo desiderava affatto.
Quando Astrid vide l’uomo fermarsi davanti a lei non potè che alzare il viso per riuscire a guardarlo bene in volto e capire il perché dell’aria crucciata che continuava a deformargli il viso.
Un paio di sopracciglia aggrottate che su di lei parvero infossarsi ancora di più, dando all’occhio acuto dell’uomo un chè di preoccupante.
- Qualcosa non va signor Fury?
Così educata.
L’uomo si trovò a tendere un sorriso gentile nel sentirla appellarsi a lui con quel ‘signore che su quella piccola bocca colorata dava ancora più importanza ad una forma d’educazione piuttosto comune.
Ma era il Tesseract, la fonte di energia più potente dell'universo ad averlo chiamato ‘signore, e avere quel rispetto da parte sua era già di per sé un vanto.
- Non vorrei essere indiscreto – cominciò pacato, sentendo  su di sé l’occhio pungente con il quale il dio degli inganni lo stava fissando, indurirsi – ma credo che la tua conformazione fisica darà nell’occhio una volta scesi in strada – si arrese a spiegare, sperando davvero di non averla offesa con quella che molti avrebbero scambiato per una discriminazione, ma Astrid era fin troppo intelligente e acuta per travisare le sue intenzioni.
E infatti annuì conciliante, capendo il perché di quella constatazione volta non a sottolineare la sua diversità, ma a informarla che si sarebbe diffuso il panico se gli abitanti di New York l’avessero vista, e riconosciuta.
Perché nessuno aveva dimenticato, non il suo sacrificio che lo S.H.I.E.L.D. non aveva potuto tenere segreto alla popolazione mondiale visto che il mondo intero aveva potuto assistere  alla propria fine scampata, non al perché della sua presenza lì, sul pianeta.
Pericolo.
L’avrebbero pensato in molti, temuto in troppi se mai l’avessero vista passeggiare per le strade, e capiva che ora come ora, con la minaccia imminente ma non ancora del tutto identificata, era meglio mostrare riserbo.
- Capisco – convenne comprensiva, decidendo  di inclinarsi in avanti per incrociare lo sguardo che Loki, nel vedere la chioma policromatica della compagna oscillare morbidamente nel vuoto, si trovò a spostare su di lei e sul sorriso che gli stava rivolgendo – credo però che non ci sia problema, Loki può rendermi un po’ meno appariscente.   
Ovvio.
Nick Fury si diede dell’idiota ancor prima di trovarsi a cogliere il lieve annuire del dio prima di notare con la coda dell’occhio un movimento sospetto alla sua destra, lo scatto repentino che anche qualche soldato si trovò a guardare con curiosità.
Tony Stark non sembrò far caso al fare scocciato con il quale il capitano dello S.H.I.E.L.D. si costrinse a prestargli attenzione, al contrario, si trovò a sorridergli con quel viso stanco e segnato dalle occhiaie che aveva informato molti di loro sulla notte insonne passata dallo scienziato.
E Pepper sapeva per esperienza che il marito, se non dormiva, costruiva, e se costruiva qualcosa, di sicuro quel qualcosa non era niente di sicuro, né di normale.
- Si, signor Stark?
In quel caso, il ‘signore era palesemente ironico, ma l’uomo non parve indispettirsi, una mancata reazione per la quale Pepper e persino Bruce Barner si trovò ad aggrottare le sopracciglia per rivolgerli uno sguardo cupo.
- Io avrei un’alternativa.
- E quale sarebbe?
Il tintinnio portò molti di loro a tendere un po’ di più il collo per capire cosa lo scienziato avesse appena allacciato attorno al polso di Astrid, ma a dispetto della comune aspettativa di trovare qualcosa di orribilmente pacchiano e appariscente, ci fu la semplicità di un grazioso bracciale d’argento a incuriosire ancor di più.
Un monile che Astrid guardò deliziata, sorridendo apertamente nel notare i delicati ghirigori che si intrecciavano tra loro per ricalcare le sagome di fiori.
- Ti piace ?
Bastò il fermo annuire della sua bambina a farlo andare in brodo di giuggiole mentre Nick Fury continuava ad altalenare lo sguardo dal grazioso oggetto all’aria sognante dello scienziato.
- E questo sarebbe l’alternativa? Un bracciale.
Lo sguardo sprezzante con il quale Tony Stark sembrò tornare in sé indispose non poco l’uomo con la benda.
- Non avrei mai costruito solo un bracciale, le pare? – lo rimbrottò innervosito, allungando una mano per afferrare il polso sottile di Astrid e pigiare delicatamente un piccolo rialzo sul monile, impossibile da notare ad occhio nudo.
Si udì un lieve scatto, come di una serratura appena aperta prima che un lampo di luce fluorescente togliesse loro la vista, una manciata di secondi dopo la quale Astrid si sentì addosso sguardi allucinati e increduli senza capire il perché.
- Tu- tu sei malato – sentì sibilare  papà Bruce che ora, voltato interamente dalla sua parte le rivolgeva occhiate fugaci e innervosite per le quali non seppe come reagire, cercando in sua madre o persino in Loki un indizio del perché di tutta quella confusione.
Ma ci fu il braccio di Tony a strattonarla di lato, un braccio che si ritrovò attorno le spalle nel venire premuta contro il suo fianco mentre la sua confusione cresceva  e l’irritazione di papà Bruce aumentava.
- Perché quella faccia signori? Eppure dovreste essere abituati alla mia genialità, non-
- Genialità un corno! – sbraitò Bruce con un diavolo per capello, allungando una mano per afferrare il polso di Astrid e rigirarselo tra le mani – falla tornare subito come prima – strepitò ancora prima di sentirsi spintonare via e tornare a guardare in cagnesco lo scienziato dal sorriso sprezzante.
- Cosa c’è Barner? Geloso?
- Falla tornare come prima!
- Perché dovrei ? – lo rimbeccò acido, guardando con compiacimento la sua opera – Non vedi che è bella come il suo papà.
E fu nel venire strattonata ancora che Astrid si sorprese nel notare che la mano che papà Bruce stringeva non era più blu, o fluorescente, ma rosa e delicata come quella del genitore, come quella che aveva sempre desiderato avere.
Sorridere era una reazione comune tra gli esseri umani, ma quando Astrid sorrideva, lo faceva con un tale trasporto, con una simile carica emotiva da anestetizzare i sensi e lasciare disorientati per la forza di quelle emozioni.
Un disorientamento per il quale Bruce Barner si trovò a guardare  la figlia con indulgenza, anche se quella che guardava era una donna  con occhi nocciola e labbra pallide aperte  su un viso che rimaneva comunque bello, comunque gentile, comunque suo.
E sebbene fosse ancora perplesso per l’ovvia e destabilizzante somiglianza somatica tra Tony e l'umana sorridente che non aveva smesso di guardarlo con amore, il dottore si convinse ad accettare quella stranezza.
Perché Astrid sembrava felice, e se era felice lei, lo sarebbe stato  lui e chi vide la figlia di Tony Stark abbracciare con affetto quelli che, nonostante il colore di pelle, nonostante le differenze, sarebbero stati sempre i suoi due papà.
 
Continua…   

Grazie a chi legge la storia e continua a seguirla!
Al prossimo aggiornamento,
Gold Eyes
  
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