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Autore: Rouge e Minori    25/07/2013    2 recensioni
Salve, noi siamo Rouge e Minori, siamo due autrici che cercano di sfondare in questo fandom per cui, siate clementi. Allora... parliamo della storia. Come tutti ben saprete Korra ha succeduto ad Aang, salvando il mondo etc etc. Ma noi due ci siamo chieste: "E dopo Korra?" Ok, premettendo che Korra abbia avuto una vita lunga e felice insieme a Mako e compagnia cantante noi abbiamo voluto spostarci nella Nazione della Terra dove, secondo il ciclo dell'Avatar, dovrebbe nascere il successivo protettore del mondo.
Atlas è nato nella Nazione della Terra e, dopo un'incidente da bambino, è naufragato sull'isola di Kyoshi. Da li inizia la sua avventura per imparare i domini di Acqua, Fuoco e Aria assieme all'amica di sempre e a nuovi, stravaganti compagni. Ma non tutti sono contenti del nuovo Avatar, chi andrà a disturbare la missione del giovane Atlas?
P.S. Premettiamo che le nozioni in merito a "La Leggenda di Korra" in nostro possesso sono imprecise dato che non ricordiamo bene la serie e ci è impossibile riguardarla (non troviamo gli episodi) quindi potrebbero esserci incongruenze con la storia originale in tal caso, fatecelo sapere, correggeremo il più in fretta possibile. Speriamo di avervi incuriosito!
Genere: Avventura, Comico, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Avatar: La Leggenda di Atlas
Prologo

Le onde dell’ oceano si facevano sempre più imponenti e tumultuose, la nave oscillava a contatto con esse, l’impatto con uno spigoloso scoglio aveva aperto una falla nella prua. Il capitano aveva buttato l’ancora in mare e i passeggieri avevano incominciato a salire sulle scialuppe di salvataggio.
  «Prima le donne e i bambini!» aveva gridato la voce del primo ufficiale.
La pioggia batteva forte sul viso di una donna, che con forza stringeva in grembo un bambino, di al massimo tre anni.   I lunghi capelli castani, anche se fradici, le incorniciavano un viso snello e spigoloso; il naso era piccolo, coperto di lentiggini e lievemente all’insù. Nei suoi occhi verdi si riflettevano paura e preoccupazione, le stesse che la intimavano a stringere la presa sul figlio, sopito tra le braccia materne.
 «Riusciremo a salvarci Sirrah, vai alla scialuppa e fatti assicurare un posto su di essa. Io me la caverò» aveva detto un uomo, cingendola a sé. Era un individuo alto e avvenente, la  barba era appena accennata e i capelli castani erano spettinati e bagnati. Per quanto cercasse di rassicurare la moglie, nei suoi occhi castani, c’erano i suoi identici timori.
  «Aeden, non posso abbandonarti qui» aveva detto la donna, lasciando scendere dal viso tutto il suo dolore e tutta la sua angoscia.
«Sappiamo entrambi che nostro figlio è più importante, ti prego, vai e educalo anche per me» aveva baciato la moglie per l’ultima volta, prima che questa si voltasse per l’ultima volta anche lui, aveva dato libero sfogo alle sue emozioni.
 Sirrah, facendo attenzione a non scivolare, si era diretta dal primo ufficiale che stava calando una delle ultime scialuppe.
 «Mi perdoni ma, anche io e mio figlio avremmo bisogno di salire su una barca di salvataggio» aveva detto la donna, pregando che la facesse salire,  anche se in cuor suo diffidava in una risposta positiva.
  «Siete prima, o seconda classe, signora?» aveva domandato il primo ufficiale, con un tono severo.
«Nessuna delle due, noi siamo di terza classe» aveva umilmente risposto la donna.
  «Allora non potete salire. Sono le regole del comandante» aveva proferito lui ferreo.
«Ma avevate detto solo donne e bambini ed è necessario, per  noi, salire su quella barca!» aveva ribattuto Sirrah, cercando di ingoiare le lacrime di frustrazione e sofferenza.
  «Ho detto: non si sale se non si è di minimo seconda classe» aveva ribadito il primo ufficiale.
«Lei non capisce, la nostra salvezza è di vitale importanza, mio figlio è…» l’uomo  le aveva dato una poderosa spinta, per far passare le persone più ricche di lei.
  «Accetti l’idea di morire signora. Ed ora, se non le è di troppo disturbo, non mi faccia più perdere tempo e lasci passare chi davvero lo merita» aveva detto l’ufficiale, in tono glaciale.
«Si pentirà di quello che ha fatto signor primo ufficiale, questa notte, cambierà il destino di molta gente innocente e bisognosa. E tutto ciò, grazie a voi e al vostro cuore di pietra» aveva detto la donna, scandendo le parole come l’incudine che batte sul metallo.
 Il bambino si era risvegliato, spaventato ed infreddolito. Sirrah, era corsa dall’altro lato della nave, aveva fatto un profondo respiro ed aveva guardato il figlio con tutta la sicurezza che poteva trovare all’interno del suo cuore.
 «Andrà tutto bene tesoro, ce la caveremo. La mamma è qui» aveva detto lei accarezzandogli e guance paffute ed arrossate.
  «Papà?» aveva domandato il bambino, che ancora si mangiava un po’ di parole.
«Lui ti manda un grande bacio e dice che ti guarderà sempre dall’alto» aveva dato un bacio sulla fronte del figlio e col suo lungo scialle ci aveva avvolto il figlio e lo aveva  infine legato intorno al suo collo. Come una fascia «Reggiti a me» aveva detto lei per poi prendere la rincorsa e buttarsi in mare, nel mezzo della tormenta.
 Il bambino aveva cominciato a piangere, per paura, per il dolore, per l’acqua che aveva ingoiato. Sirrah, nuotava più velocemente che poteva, ad ogni onda si voltava per prendere i colpi degli scogli al posto del figlio, che era sempre più scosso ed irrequieto.
 «Mamma ho paula » aveva detto il bambino, che ancora faticava a pronunciare le “r”.
  «Ora mamma ti canta una canzone, va bene tesoro?» aveva detto lei con tutto il fiato che poteva permettersi di sprecare.
«Sì» aveva gridato il bambino, terrorizzato dalle possenti onde e dai rumorosi lampi.
  « Oltre le montagne, la chiara alba fa risplendere la rugiada. Nel vento lo scrosciare della fonte si diffonde….» una forte onda l’aveva sbattuta contro uno scoglio, ma lei, con il poco fiato che aveva, continuava la sua soave ninnananna « Anche se la notte ti confonde, non avere timore, la luna alta brilla, le stelle luminose splendono; senti il mio dolce canto che ti cullerà, che in te alimenterà una viva fiamma, guarda la cera colare dalla candela, il tempo passa e torna la fresca alba. Non avere timore, ascolta la mia voce, che rimane viva e chiara in te. Non scordare le dolci parole di questa mia canzone, che la notte tempestosa cacciano via» le mancava il respiro, faceva fatica a nuotare, ma il figlio si era riaddormentato ingenuamente, senza più il timore della tempesta.
Aveva profonde ferite procuratagli dagli appuntiti faraglioni, ma riusciva ancora a sopportare il dolore, tanto, da poter scorgere, finalmente, la salvezza. Un isola. Aveva nuotato verso di essa, accompagnata anche dalle onde che prima l’avevano scaraventata conto gli scogli.  Le nubi si stavano diradando e il cielo si stava rasserenando, dato che la tempesta era conclusa.
Sulla spiaggia una famiglia era intenta a rincorrere la propria figlia, di al massimo quattro anni, che era decisa a voler vedere nascere l’arcobaleno dall’oceano. Sirrah, si era aggrappata ad uno scoglio vicino alla riva e pian piano, vogata dopo vogata, era riuscita ad arrivare alla spiaggia. La madre della famiglia le era corsa in contro e con lei, anche il resto dei familiari. Aveva tolto la fascia dove suo figlio dormiva sereno, l’aveva spinta verso l’altra donna, che la guardava  con timore. Anzi, guardava le sue ferite grondanti di sangue, con timore.
«Hywen!» aveva ordinato al marito «Presto cerca aiuto e porta Meissa con te» aveva detto la donna con voce tremante.
L’uomo aveva preso in braccio la figlia ed era corso verso i soccorsi. Ma Sirrah sapeva che era troppo tardi, lei non poteva salvarsi, ma aveva fatto il possibile per proteggere suo figlio. Il suo più grande e prezioso tesoro. Provava dolore, perché non sarebbe stata lei ad occuparsi di lui, lei non lo avrebbe cresciuto. Lei non avrebbe realizzato il suo sogno di crescerlo come un forte e coraggioso uomo, ma forse, poteva farlo qualcun altro, anche se era così tremendo per lei doversi separare da suo figlio. L’altra donna aveva preso in mano il bambino, lasciandosi sfuggire un sorriso nel vederlo illeso.
 «Anche voi avete bisogno di cure, mio marito arriverà subito»
Sirrah aveva fatto un cenno di negazione triste e sconsolato col capo. Era la fine, per lei.
  «Proteggi mio figlio Atlas, proteggi l’Avatar» aveva detto Sirrah, per poi spegnersi per l’eternità. Aveva lasciato suo figlio, il suo Atlas ad una donna che nemmeno conosceva. Ma sapeva di averlo lasciato in buone mani, l’isola di Kyoshi era un posto sicuro, ne era certa. Ma il suo più grande rammarico, l’avrebbe seguita ovunque. Non sarebbe più stata chiamata “mamma”, non avrebbe mai più visto i vivaci occhi del figlio e non le sarebbe potuta stare accanto nella sua pubertà. I suoi occhi si erano chiusi per l’ultima volta, con la certezza, di una vita finalmente sicura per il piccolo Atlas.
«Alhena!» aveva gridato il marito, tornato con i soccorsi, purtroppo, in ritardo.
  «Se ne è già andata, i soccorsi non sono più utili» aveva detto la donna con in braccio il bambino, ancora sopito «Questa notte, renderemo onore alla madre del nuovo Avatar con un banchetto in suo onore e un funerale degno di Kyoshi » aveva detto, stringendo forte a sé Atlas.
Degli uomini avevano portato la donna senza vita al villaggio, l’avevano cremata . Nella camera ardente, i due coniugi discutevano sul giovane Avatar.
«Alhena, sei sicura di voler crescere l’Avatar?» aveva domandato il marito.
«Era l’ultimo desiderio di sua madre, quindi…Sì. Non mi farò mai chiamare madre da lui, io non lo merito. Lui aveva già dei genitori ed è giusto che nella sua mente rimanga così. Inoltre sembra che abbia legato con Meissa» aveva fatto notare la moglie, nel vedere i due che giocavano.
  «Come vuoi» aveva detto  Hywen «Io ti starò accanto»
 La sera stessa, dopo il gran banchetto in onore di Sirrah, il piccolo Atlas cominciava a domandarsi dove fosse la sua mamma. Ignaro, che, le fiamme sotto la statua della donna col trucco strano era sua madre che ardeva.
 «Dov’è la mia mamma?» aveva domandato il bambino ad Alhena.
 «In cielo, lassù» aveva detto lei indicando la volta scura del cielo notturno « e da lì, ti veglierà sempre»
  «Come papà? Mamma ha detto che anche lui ela là»
«Può darsi. Non perdere la speranza Atlas, questo è un capitolo scuro della tua vita, ma lo supererai. Spero che mi accetterai, se non come nuova mamma, come zia» aveva detto Alhena, scompigliandoli i capelli  castani, più di quanto già non fossero. Dai grandi occhi castano chiaro del bambino avevano cominciato a scendere lacrime che gli rigavano il viso arrossato. Non avrebbe più rivisto la sua mamma e il suo papà, e questo lo aveva capito.

Appa's Corner
 Rouge: Bene, ecco a voi il prologo
Minori: Spero che vada bene
 Rouge: Mi sento fiduciosa, anche se in effetti è un po' triste come inizio
Minori: E' necessario ai fini della storia
 Rouge: Bene, oramai ci siamo. Bene popolo di Efp, speriamo di aver catturato il vostro interesse e che voi decidiate di derci le vostre impressioni sul nostro lavoro
Minori: Che siano positive o negative delle opinioni sono sempre bene accette. Se non ne avrete voglia capiremo, vero Appa?
 Rouge: Ehm... Minori?
Minori: Si?
 Rouge: Perchè Appa è qui?
Minori: Oh lui? L'ho ehm... chiesto in prestito... 
 Rouge: Oh no...
Minori: Dai, è così carino
 Rouge: E' un bisonte volante di quasi due tonnellate!
*Appa fa versi di disapprovazione*
Minori: Non urlare il suo peso al mondo, è suscettibile. Ora andiamo Appa, voliamo via insieme! Hip-Hip *Vola via con Appa*
 Rouge: Ho idea che sarà qui ogni volta... va beh. Scusate la pazzia della mia collega. Alla prossima.
  
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