Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: PinkyCCh    26/07/2013    9 recensioni
Elisabetta, al quinto anno del liceo scientifico, ha sempre cercato di passare inosservata, per evitare problemi. Il suo unico obbiettivo era: arrivare all’ultimo giorno di liceo, indenne, senza problemi. Ma qualcuno sembra non essere d’accordo. Chi? Nico. Il tipico cliché adolescenziale. Bastardo al punto giusto, stronzo al punto giusto e bello al punto giusto. Una scommessa li unirà. Un professore un po’ pazzo li unirà. Riuscirà Elisabetta a cavarsela? Riuscirà a non cadere tra le grinfie di Nico?
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Nota Autore: In questo capitolo ci sarà una lunga sorpresa che aspettavate. Buona lettura!







- Tu ed Io -


 

Ero impegnata sentimentalmente con Vincent. Quel Vincent che inizialmente mi aveva quasi spaventata. Quello con cui avevo ideato un piano per vendicare me stessa e sua sorella Maria. Quello che mi aveva fatto sentire finalmente a casa, dimenticando in parte il dolore che mi attanagliava da tempo ormai. Se solo avesse saputo che nonostante tutta la buona volontà, non ero riuscita a dimenticare Nico, credo che mi avrebbe mandata al diavolo in un nano secondo. Ma d’altronde non avrebbe potuto pretendere nulla, giusto? Io non gli avevo giurato amore eterno. Per quanto doloroso potesse essere, il mio cuore era solo in mano a Nico. Anche se lui l’aveva bellamente gettato nelle ortiche. Ormai per quanto ci avessi provato, mi ero fatta mente capace che non sarei riuscita a dimenticarlo tanto facilmente. Continuava a tornarmi in mente e con lui anche i momenti che avevamo passato assieme. Era una cosa totalmente logorante. Mi stavo auto distruggendo e la cosa più brutta era che ne ero totalmente ed incondizionatamente cosciente. Come potevo permettere ad un semplice ragazzo di rovinarmi la vita in quel modo?
La cosa che più m’infastidiva era quel dolore lancinante al petto che mi accompagnava in ogni minuto della giornata. Il dolore si alleviava un po’, solo in presenza di Vincent, ma per il semplice fatto che quel ragazzo aveva un effetto soporifero sui miei sensi. Con Nico era tutto eccitante, veloce ed insicuro, mentre con Vincent era tutto così familiare, cauto, noioso. Erano come il sole e la luna. Erano due opposti che non si sarebbe mai attratti tra di loro. Troppo diversi, troppo lontani per potersi minimamente avvicinare. E forse per me era un bene non dover miscelare quelle due presenza all’interno della mia vita.
Non sapevo se Nico avesse saputo della mia vera relazione con Vincent e se avesse eclissato di proposito l’argomento con la sottoscritta, ma in qualunque caso ne ero rimasta leggermente delusa. Mi aspettavo che sarebbe arrivato a metter su un casino per quella mia unione, ma purtroppo era solo un sogno di una stupida ragazzina illusa dall’amore stesso. Lui non sarebbe mai arrivato.
 



 
POV Nico

Puttana.

Ecco la prima parola che mi venne in mente quando Luca mi raccontò dell’accaduto in discoteca. Era solo una lurida puttana.
Il mio amico li aveva seguiti fuori dalla discoteca, insospettito dall’atteggiamento di Vincent, e quelle che vide lo sconcertò altamente.
Lui le aveva proposto di mettersi insieme e lei come aveva risposto? Baciandolo. Ma dico io! Uno risponde baciando? Ma che razza di risposta era? E poi lei non era quella tanto pudica e verginella che si vergognava persino a farsi vedere in mutande e reggiseno? Tutta quella situazione mi mandava in bestia. Pensare di aver mandato tutto a puttane facendomi scoprire in quel modo assurdo, era frustrante. Come avevo potuto lasciarmi sfuggire la questione della scommessa? Eppure quando l’avevo vista lì, guardarmi confusa per il mio averla trascinata via da Vincent, mi aveva fatto parlare senza riflettere.
 
 


Ahi Nico, mi fai male!”
“Tu non capisci! Quei porci vogliono solo scoparti,leccarti e solo Dio sa cos’altro e a me da letteralmente al cazzo vedere degli uomini viscidi che osano toccare gli oggetti delle mie scommesse!”
“S-scommesse?”

 



I suoi occhi. Dio, i suoi erano lucidi, sull’orlo del pianto. Mi guardava sbigottita ed incredula. Come avevo potuto farle una cosa simile? Lei che mi aveva aperto il suo cuore ed il suo mondo. Lei che avevo giurato di proteggere. Lei che avevo ferito e trattato alla stregua di una puttana, ma d’altronde si stava comportando come tale.
Aveva rivoluzionato il suo modo di vestire, di parlare e persino di camminare. Ma cosa voleva dimostrare con quell’assurda trasformazione?
Ed io? Io che ero diventato uno stalker in pratica. Per scoprire dove lavorava, avevo sguinzagliato tutti i miei fedeli amici. Quando avevo saputo che si era licenziata dal ristorantino, avevo dato di matto ma cos’avrei potuto pretendere? Che rimanesse al mio fianco nonostante tutto? Lei, lei era divenuta la mia ossessione. La vedevo ovunque. Continuavo a ripensare ed a rivivere quel bacio che io stesso le avevo chiesto di dimenticare. Ma poi perché cavolo glielo avevo chiesto? Io, io che invece lo rammentavo costantemente! Forse le avevo fatto quella proposta per paura di un qualcosa di più grande, di una qualunque aspettativa che potesse crearsi su di me, su di noi. Aspettative che, sicuramente, avrei infranto con il mio essere fottutamente stronzo.
Da quando poi avevo saputo che la relazione con quel bastardo di Vincent era diventata seria mi ero chiuso ulteriormente. Quando li avevo visti seduti in quel pub a ridere e scherzare. Una sensazione di caldo mi aveva invaso, provocandomi irritazione e sgomento per quella scenetta mielosa che mi si parava dinnanzi. Avevo costretto i miei amici a cambiare meta e dirigersi in un vecchio bar pulcioso e puzzolente. Tutto pur di non vederli insieme. Mi ero giustificato con me stesso dicendo che era solo perché avevo perso il mio giocattolino da scommessa e quei fottuti cinquecento euro con il quale mi sarei comprato il computer nuovo. Ma forse non era solo quello, ma la mia mente riluttava l’idea che potesse significare altro. Io non ero nessuno e lei non era nessuno. Eravamo degli sconosciuti in fin dei conti. Che cosa me ne fregava a me di lei? Che cosa m’importava se i suoi sorrisi non erano più rivolti a me? Se i suoi occhi non guardavano più me? Se le sue attenzioni non erano più per me? Se lei non era più la mia Marsh?
Era frustrante come situazione, cavolo.
E lui? Vincent che veniva ogni santissimo giorno a prenderla da scuola, baciandosela e stringendola ogni qualvolta mi vedeva arrivare insieme a Luca e gli altri? Irritante. Avrei voluto spaccargli la faccia, ma avevo sempre desistito, altrimenti sarei passato per il geloso di turno e non lo ero affatto. No. Non era gelosia. Solo fastidio per un giocattolo perso.
In più, ad accentuare il mio senso di irritazione ci si metteva anche mio cugino Andrea, il quale sapeva di tutta quell’assurda situazione. Lui che dispensava consigli d’amore. Ma dico, gli era dato di volta il cervello? Lui che scopava un giorno sì e mille sì? Lo scopatore per eccellenza voleva dispensare consigli? Ridicolo. Si stava cadendo nel ridicolo. Semplice.

“Nico” richiamò la mia attenzione il mio tanto dispensato cugino Andrea.
“Che vuoi?” mugugnai inviperito.
“Non le hai ancora parlato?” domandò lui poggiandomi una mano sulla spalla.
“E tu non sei in grado di farti i fatti tuoi, cugino?” acido e tagliente, come al mio solito.
“La perderai così, lo sai? Sai che lei s’innamorerà presto o tardi di qualcuno che non sia tu? Di qualcuno che sia in grado di ricucirle le ferite che tu stesso le hai procurato?” non so se il suo tono di voce, o l’argomento del discorso, fatto sta che mi avvicinai a lui con aria minacciosa ed alzando un pugno in aria pronto a sganciarlo sul suo viso.
“Non ti permettere mai più ad intrometterti nella mia vita, chiaro?” sibilai a denti stretti sul viso di Andrea.

Mi dava fastidio vedere come tutti la facessero facile, dicendomi cosa e cosa NON fare per riaverla con me. Ma loro cosa ne volevano sapere di quello che avevamo passato? Di quello che IO le avevo fatto passare?

“Neanche tu ti sei reso conto effettivamente di quello che provi per quella ragazza. Te ne rendi conto? Nico, l’amore non è mai facile, non è mai scontato o un porto sicuro, ma è proprio questo il bello. È sempre tutto nuovo e difficile da scoprire. Se così non fosse non ci sarebbe quella sensazione d’ansia ed angoscia che ti accompagna ogni volta prima di vederla o saperla tra le braccia di un altro. Fa chiarezza in te Nico, ma fallo in fretta perché lei ha già intrapreso una direzione diversa dalla tua e fra un mese e mezzo le vostre vite cambieranno totalmente direzione. Cosa credi che accadrà dopo la maturità? Ci hai pensato? Hai pensato a cosa farà lei? A cosa farai tu? Pensaci…” concluse rammaricato Andrea, guardandomi negli occhi.

Fu in quel momento che capii la gravità della situazione. Era vero. L’avrei persa, poiché la scuola sarebbe finita e molto probabilmente avremmo intrapreso strade e carriere scolastiche diverse.

“Porca zozzona…” esclamai abbassando il pugno che ancora ciondolava a mezz’aria e chinando il volto.

Mi presi la testa tra le mani realizzando che dovevo darmi una mossa. Dovevo trovarla e parlarle. Dovevo capire, anzi dare un nome a quello che mi stava capitando.
Lasciai mio cugino come un ebete a casa mia ed uscii sbattendo violentemente la porta. Iniziai a correre per le strade di Taranto senza una meta precisa.
Ero un coglione. Non sapevo neanche dove andare. non sapevo se l’avrei trovata a lavoro, a casa, con lui.
Solo pensare che potesse trovarsi in compagnia di quel coglione, mi fece risalire un conato di vomito.

“È solo possessione la mia…”continuai a cantilenare in testa, cercando di ignorare quel senso di vuoto che affliggeva testa e cuore.

Alla fine mi ricordai che lei era solita gustare un cappuccino, il suo preferito ne ero certo, al caffè italiano in centro. Quasi in automatico le mie gambe si mossero e mi condussero al bar, trovando guarda caso Elis seduta ai tavolini fuori, intenta a leggere un libro.
Un sorriso involontario apparve sul mio viso. Mossi due passi ma mi bloccai quasi subito, notando che non era sola. Vincent si era appena accomodato di fronte a lei, non prima di averle lasciato un casto bacio a fior di labbra. Quelle stesse labbra che avevo baciato con passione due mesi prima. Già erano passati due mesi da quel bacio da dimenticare. Due mesi e lei si era già dato ad un altro.
Si era già data. E se lui l’avesse posseduta anche in quel modo? E se lui avesse reso un’unica persona i loro corpi? E se lei se ne fosse innamorata? No, lei aveva detto di amare me, solo me! Ma io mi ero comportato da perfetto bastardo.

“Asciugati la bava, tesoro.” Una voce femminile mi fece sussultare e girare di scatto.

Una ragazzina mi guardava con aria di sfida e con un sorriso beffardo, mentre mi affiancava.

“Linda?” sussurrai ancora sovrappensiero.
“Blasi cosa credi di fare? Vuoi rovinarle ancora la vita?” la sua non era una vera domanda, ma un’affermazione rabbiosa.
“Tu…” cercai di parlare ma lei mi fermò con un gesto della mano.
“Tu non immagini quanto abbia dovuto lavorare per diventare così ed andare avanti. L’hai distrutta. E poi, la scommessa? Serio? Ne vogliamo parlare? Ti facevo più maturo. Ti facevo più uomo. Sei stato il suo primo amore, te ne rendi conto? Si è fidata solo di te e tu l’hai calpestata bellamente.” Sembrava inviperita, anzi lo era.

Distolsi lo sguardo andandolo a posare su Elis che rideva a qualche battuta sicuramente pessima di Vincent ed il mio stomaco continuava ad attorcigliarsi dal nervoso.

“Però – riprese a parlare Linda – tifo per te. Quel Vincent non mi convince. È troppo mieloso per essere vero e lei non prova nulla per lui se non disperazione per te.” Concluse socchiudendo gli occhi ed alzando il viso, lasciandosi accarezzare dalla brezza calda di un maggio fin troppo afoso.
Avrei dovuto risponderle, lo so, ma ero pietrificato. Non sapevo neanche cosa dirle e come comportarmi.  Continuavo a fissare Elis seduta a quel tavolo che rideva e sorseggiava il suo cappuccino tutta allegra. Era davvero cambiata, constatai, ma forse solo esteticamente perché dentro, ero convinto, fosse ancora quella ragazzina sola ed impaurita da un mondo che sembrava non le appartenesse.
“Per quanto tu mi stia non dico dove, credo che dovresti fare qualcosa. A settembre partirà…” l’ultima frase la sussurrò quasi avesse timore a pronunciarla.

Difatti al verbo partirà, mi girai di scatto e arpionai il mio sguardo al suo, facendole una muta richiesta di continuare.

“Ha deciso di frequentare l’università al nord. Sta tranquillo, non è a causa tua. Aveva quest’idea da un paio di anni ormai.” Concluse Linda.
“Sai dove andrà?”  domandai sussurrando, quasi avessi timore che quella ragazzina mi omettesse quel particolare così importante della vita di Elis.

Annuì ma aggiunse subito dopo che non me l’avrebbe detto per tutelare la privacy della sua amica.
Era frustrante sopra ogni cosa ritrovarsi in quella situazione.

“Va da lei.” Sussurrò in fine per poi voltarmi le spalle e sparire tra la gente che passeggiava in centro.

Andare da lei. Era una parola. Che avrei dovuto dirle? Come mi sarei dovuto comportare?
Scossi la testa continuando a fissare quel tavolo, sembravo uno stalker, ne ero certo.
Vidi Vincent alzarsi e dirigersi verso l’interno del bar e mentalmente mi dissi che era quello il momento esatto per andare da lei.

“Ora o mai più.” Sussurrai, iniziando a camminare a passo spedito verso Elis.

Le sopraggiunsi alle spalle, chinandomi alla sua altezza e sussurrandole all’orecchio.

“Ho bisogno di parlarti.”

Riconobbe subito la mia voce, sicuramente, poiché si girò spaventata ed indietreggiò sulla sedia stessa, portandosi le mani all’altezza del viso, quasi avesse timore di me.

“C-cosa vuoi, Nico?” mi rispose con sprezzante freddezza.

Però lo vedevo nei suoi occhi quella scintilla, la stessa che aveva avuto negli occhi mesi prima.

“Vieni con me.” Le dissi, offrendole la mia mano.

Forse avevo ancora un’ascendete su di lei, poiché dopo un momento di tituba mento si alzò, non prima di aver mandato un sms, probabilmente, a Vincent per avvisarlo.
Ci allontanammo in silenzio dal bar, lei continuava ad avere la testa china e io la spiavo di sottecchi, sorridendo ogni tanto per il semplice fatto che avesse lasciato solo quell’ameba per seguire me.
La mia felicità non durò poi molto, poiché una brutta sensazione m’invase.
Era bastato così poco per portarla con me. Ero così tanto importante per lei? Non riuscivo neanche a capire i suoi pensieri ed il motivo per il quale lei mi avesse seguito con così tanta facilità. Iniziavo a sentirmi un vero schifo.
Non credevo che l’amore rendesse così deboli, o forse sì?

“Cosa devi dirmi?” arrestò di colpo la sua camminata, fermandosi vicino una panchina sul lungomare e guardandomi con aria truce.

Forse non mi aveva seguito per amore. Rimasi sconcertato dal tono della sua voce e dal suo modo di rivolgersi. Della mia Elis ora non c’era più nulla. La ragazza dolce e solare aveva lasciato posto ad una ragazza fredda e dall’aria dura.
La guardai sospettoso e mi avvicinai a lei con cautela quasi avessi timore di spaventarla ulteriormente.

“Non osare avvicinarti. Credevi che avessi seguito come una scolaretta in calore Blasi? Ti sbagli di grosso! Ti ho seguito semplicemente per un motivo! Ti odio, mi fai schifo. Devi lasciarmi in pace, chiaro? Lasciami vivere con Vincent in pace! Devi lasciarmi in pace! Cos’è non ti hanno dato i cinquecento euro per la scommessa? Ti ho fatto perdere i soldi? Beh mi dispiace dirtelo ma il giocattolo si è rotto!” concluse ormai livida in volto ed affannata per il troppo esclamare.

Fu come ricevere una pugnalato in pieno petto ed un moto di rabbia mi fece muovere velocemente verso di lei, arrivando ad una spanna dal suo volto.
In quel momento qualcosa si schiarì dentro di me.
Le posizionai una mano dietro la nuca e con l’altra le afferrai il polso, l’attirai verso di me e la baciai.
Un bacio che sapeva di disperazioni ed emozioni per troppo tempo oppresse.
Cercò di dimenarsi e non rispondere al bacio, ma dopo un po’ contraccambiò, posando il braccio libero attorno al mio collo.
Ormai saturi dal bacio appena dato, ci staccammo ansimanti e guardandoci negli occhi, notai la sua sorpresa mista a rassegnazione e in quel momento mi resi conto che avrei dovuto dirle quello che avevo appena appreso.

“Ti amo.” Dissi di getto.
 
 
 
 
 
 
 

   
 
Leggi le 9 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: PinkyCCh