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Autore: Moka96    26/07/2013    6 recensioni
I miei pensieri furono d'un tratto interrotti dalla suoneria del mio telefono che risuonò nel più completo silenzio, facendomi sobbalzare come un ladro colto alla sprovvista. Lo tirai fuori dalla tasca e risposi senza neanche leggere il nome sul display: sapevo già chi era.
Genere: Erotico, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Altri, Billie J. Armstrong, Mike Dirnt, Tré Cool
Note: AU, Cross-over, Lemon | Avvertimenti: Violenza
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Capitolo 4
 
Il suo telefono squillò.
“Shannon”
Chi cazzo è questo? 
Billie non mi ha mai parlato di un certo Shannon, eppure lui mi dice sempre tutto.
Assorto dalla curiosità risposi.
 
- Pronto? -
- Ehy dolcezza, devi ancora ripagarmi bene per la roba di domenica notte. -
 
Strinsi i pugni mentre la rabbia si incanalava nelle mie vene.
Così era lui, lo spacciatore di Billie.
Quel bastardo. 
Il bastardo che all'una di notte di ogni domenica incontrava.
 
- Che cazzo vuoi da Billie? -
- Hey hey, calma bello. Hai rubato il telefono al tuo amichetto? Non è una cosa molto carina da parte tua, sai? La puttanella potrebbe arrabbiarsi. -
- Non osare rivolgerti in questo modo a Billie, figlio di puttana. -
- Rilassati amico, credo che invece sia l'aggettivo che gli si addice di più. -
- Dov'è. -
 
Una fragorosa risata si estese dall'altra parte del telefono, poi il silenzio.
 
- Sarà con mio fratello da qualche parte, a divertirsi. -
- Dimmi dove cazzo è! -
- Non ha bisogno di te. -
 
Il respiro mi si bloccò in gola alla sua frase.
“Non ha bisogno di te.”
E se fosse davvero così? Se davvero fosse stufo di me?
Non sapevo cosa pensare.
Mi sentivo un contrasto vivente.
 
Una parte di me mi diceva: 
 
“Lasciagli vivere la sua vita, idiota! Lui non ha bisogno di te, non sei mica sua madre, te l'ha detto anche lui. Mettiti l'anima in pace, tornatene a casa e beviti una birra in compagnia del tuo divano e della tua TV, che sicuramente sono molto meglio di quello sgorbietto.”
 
 
“Vai, vai da lui, cercalo, trovalo e portalo a casa. Lui ha bisogno di te come l'ossigeno, e tu hai bisogno di lui. Il tuo migliore amico è in pericolo. Non perdere tempo, Mike!” 
 
Mi consigliava invece l'altra.
 
- Lo troverò, dovesse costarmi la vita. -
 
Chiusi la chiamata e riposi il telefono di Billie nella tasca del pantalone.
Lui ha bisogno di me.
Ho bisogno di rivedere ancora una volta quegli occhi verde smeraldo.
Ho bisogno di vederlo sorridere, ridere.
Ho bisogno di un suo abbraccio, uno di quelli che durano ore.
Ho bisogno di vederlo felice, come la luce nei suoi occhi ogni volta che corriamo per tornare a casa, mano per mano e io lo prendo in braccio quando lui è ormai sul punto di strisciare sul marciapiede. 
Ho bisogno del mio migliore amico.
 
No, non lo lascerò solo, io che sono da sempre stato il suo unico punto di riferimento, no.
 
Aspettami piccolo, sto arrivando.
 
          _____________________________________________________
 
 
Un ora, era passata una lunga ed interminabile ora da quando quell'uomo se ne era andato, lasciandomi da solo nel buio.
Non sentivo nessun rumore, nessun passo, nessun segno di vita.
Per quanto ancora sarei rimasto lì?
Faceva caldo, molto caldo.
Abbassai lo sguardo sui miei vestiti, quasi inzuppati dal sudore, a malapena riuscivo a respirare.
Provai a forzare le corde in qualche modo, per strapparle, consumarle e provare ad uscire da quel maledetto buco, ma nulla.
Era del tutto inutile.
Arrenditi Billie, sei fottuto.
 
Il frastuono di un gancio che si apre risuonò nella stanza, dei passi.
Passi familiari.
Era tornato.
Quel tonfo si avvicinava sempre di più, fino a fermarsi davanti a me.
Era buio pesto, ma ciò non mi negò di intravedere un ghigno sul suo volto.
Mi slegò i polsi e mi afferrò per il colletto della maglia ormai consumata, carezzandomi il viso con l'altra.
Le sue labbra sfioravano le mie.
 
- Sai perchè sei qui, vero? -
- No.. - riuscii a malapena a mormorare, tenendo gli occhi stretti. Tremavo, non riuscivo a muovermi, la sua voce mi immobilizzava, provocandomi brividi lungo la schiena.
 
- Sono anni che aspetto questo momento.. - soffiò sulle mie labbra, leccandole avidamente.
- Chi.. chi sei? -
 
Il mio tono spaventato, sapevo che l'avrebbe nient'altro che soddisfatto, ma non riuscivo a fare altro, non potevo fare altro, quell'uomo riusciva ad ipnotizzarmi con un solo sospiro.
Le sue labbra, la sua lingua che vezzeggiava con divertimento e avidità il mio collo per poi morderlo, marchiandomi e facendomi urlare.
A che gioco stava giocando?
 
Provavo schifo.
Di nuovo quel ghigno, poi la sua mano che violò improvvisamente la mia pelle con una stretta al cavallo dei pantaloni.
Urlai, di nuovo.
Urlai sotto i suoi sorrisi soddisfatti, sotto il suo sguardo compiaciuto.
Ero succube della sua malata volontà.
 
- Il mio nome è Jared, ricordatelo bene, perché fra poco lo urlerai. -
   
 
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