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Autore: _diana87    26/07/2013    7 recensioni
[ATTENZIONE SPOILER FINALE DI STAGIONE]
Sette sospettati, sette delitti, sette peccati.
Un unico serial killer.
Genere: Angst, Drammatico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Grace Van Pelt, Patrick Jane, Teresa Lisbon, Un po' tutti, Wayne Rigsby | Coppie: Jane/Lisbon
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Gesti


 


Probabilmente le teorie di Patrick avevano un senso.

Partridge era sempre più in ansia del solito, sopratutto quando si trovava faccia a faccia col mentalista. Era un pazzo e un esaltato. Pensava di conoscere tutto su Red John, ma in realtà era solo un buffone.

Bertram continuava ad impartire ordini, e ormai aveva fatto coppia fissa con Teresa nel giocare a poker ogni giovedì sera.

Kirkland si muoveva a passo felpato. Prima faceva il buon visto, poi parlava male dietro le spalle.

Patrick lo aveva detto a Teresa e la sua squadra: quel Robert Kirkland dell'Homelad Security era un potenziale Red John.

Tuttavia mancavano le prove. Come poterlo incastrare?

In ogni caso, Teresa lo aveva sempre messo in guardia, "Lascia che sia la legge a fare il suo corso. Non fare mosse azzardate, che stavolta non sapremo cosa fare per tirarti fuori di prigione. Non puoi sempre cavartela con la legittima difesa. Dobbiamo assicurarci che sia davvero lui il serial killer che stiamo cercando."

Bisognava quindi indagare ancora a fondo, studiare gli omicidi nei dettagli e sopratutto sentire di nuovo chi aveva incontrato Red John prima di diventare Red John, Bret Stiles e Sean Barlow.

Il mentalista non aveva alcun dubbio: loro erano dei pezzi chiave che gli servivano per completare il puzzle.

"Potremo continuare questa discussione a casa mia, che ne dici?"

La domanda lo spiazzò completamente. La sua tazza preferita gli cadde dalle mani, frantumandosi in mille pezzi. In fretta e furia, si abbassò per raccogliere i cocci da terra, mentre la donna si apprestò a dargli una mano, aiutandolo con scopa e paletta.

"Scusa, ma pensavo che... a casa mia saremmo stati tranquilli..." le chiese con un misto di ingenuità e vergogna. Nel momento in cui raggiunse la sua mano, lui la spostò bruscamente, rialzandosi da terra senza guardarla negli occhi.

La tazza frantumata fu gettata nel cestino più vicino, mentre l'agente mora lo guardava come se gli avesse appena detto la cosa più brutta di questo mondo.

"E come la metti con David?"

La domanda di Patrick suonò come una preoccupazione. Teresa si spostò una ciocca di capelli che le stava dando fastidio.

"Non c'è questo weekend. E' ad una riunione di lavoro ad Atlanta."

"Sei sicura sia una buona idea stare da soli? Sai che succede quando ci troviamo in situazioni come queste..."

"Jane, dobbiamo solo parlare di Red John. L'altra volta ci siamo trovati bene. E poi penso che casa mia sia sicura."

Scrollò le spalle abbastanza sicura di sé, convinta che niente sarebbe successo.

 

Quella sera, Patrick si presentò a casa della sua collega, e fu sorpreso nel trovare la tavola imbandita con due cartoni di pizza mista, e lei seduta a sorseggiare una birra in lattina. Teresa lo accolse vestita tipicamente casalinga: una maglietta blu cobalto, shorts in jeans e piedi scalzi. Il mentalista sorrise nel vederla in quell'abbigliamento inconsueto.

"Che c'è?" gli chiese alzando un sopracciglio. Capendo qualche secondo dopo a cosa alludesse, gli diede uno spintone.

Dopo una cena abbastanza tranquilla, si sedettero come erano soliti sul divano del salottino. Stavano ricapitolando le ultime cose.

Teresa gli chiese più volte se fosse sicuro delle sue teorie, e lui ribatteva che non aveva più dubbi. Dovevano solo trovare un modo per perquisire l'ufficio e la casa dell'agente Kirkland.

E l'unica via possibile era un mandato.

E c'era una sola persona che poteva emetterlo.

I due si guardarono per qualche istante e poi dissero all'unisono, "Bertram."

"Per farlo, dovrò dire tutta la verità."

Patrick spalancò gli occhi preso da un'improvvisa e sensata agitazione.

"No, non voglio che tu lo faccia."

"Jane, lo sai che non abbiamo altra scelta. E' rischioso, ma devo farlo." tentò di nuovo l'approccio avuto in precedenza. Poggiò la mano sulla sua, cercando un contatto, cercando di confortarlo e di fargli capire che comunque andavano le cose, ce l'avrebbero fatta. Insieme.

Stavolta, complice l'intimità del focolare domestico, Patrick posò l'altra mano sulla sua e i loro sguardi si incontrarono come se fosse la prima volta.

"Perché ti ostini ad aiutarmi, Lisbon?"

"Perché siamo amici, e gli amici si vedono nel momento del bisogno."

"Ma noi non siamo amici."

D'istinto, questa volta fu lei a sottrarsi a quell'incontro di mani, restando a guardarlo sbalordita. Si strinse a sé, sentendosi in trappola, mentre provava a dare un peso alla sua ultima frase.

"Che vuoi dire, Jane?"

Lo guardava speranzosa. Il biondo consulente si inumidì le labbra e si allungò verso di lei tendendole la mano.

"Red John uccide chiunque mi stia vicino. L'ha fatto in passato, e ora che sappiamo qualcosa di più, arriverà a te. Tu sei il mio ricordo felice più prezioso, e non voglio che ti accada qualcosa, sopratutto se per colpa mia."

"Te l'ho ripetuto tante volte. Sono un'agente del CBI, posso difendermi. Non mi avrebbero fatta 'senior' senza una ragione."

Esasperato, Patrick spalancò le braccia.

"Santa Teresa, vuoi morire per salvarmi?"

La donna abbozzò un sorriso quando il consulente nominò il suo nomignolo con cui si era fatta una carriera all'interno del CBI.

Notò una lacrima scenderle delicatamente sulla guancia, e con un colpo di mano la spazzò via.

"Se fosse necessario, lo farei."

Il silenzio regnò sovrano per quei secondi interminabili, duranti i quali Patrick la guardava e immediatamente capì tante cose che finora la sua 'amica' gli aveva nascosto. Lei aveva cercato di andare avanti con la sua vita per non pensare a lui, ma inevitabilmente non ci riusciva.

Quell'anello che portava al dito era solo una copertura che le aveva impedito di essere veramente felice, solo per non lasciarsi andare ad un sentimento sincero. La stessa fede che anche lui indossava, nonostante fossero passati dieci anni da quando sia moglie era stata uccisa.

Ora riusciva a capire le cose più lucidamente.

Teresa stava soffrendo. Lui l'aveva allontanata, aveva finto, e per che cosa? Per proteggerla?

Non ce n'era più bisogno. Se avrebbero dovuto affrontare quel dannato serial killer, lo avrebbero fatto insieme. Come una coppia.

"Io ci tengo a te, egoista e arrogante che non sei altro..." l'agente mora tentò di coprire il silenzio con le parole, mentre le lacrime le scendevano sulle guance come un fiume in piena.

L'uomo strinse i pugni.

"Va bene, ho sbagliato. Ti ho allontanata. Ma l'ho fatto per proteggerti, possibile che non lo capisci?"

No, evidentemente lo capiva, ma non riusciva ad accettarlo.

"A che costo, scusami? Mi hai ferito. Idiota."

Avrebbe voluto dirgli tante cose cattive perché se lo meritava, ma lui non le diede il tempo perché si avventò su di lei prendendole il volto tra le mani e baciandola.

Ormai non c'era più bisogno di fingere. La verità era saltata fuori. E come spesso accade tra due persone che si amano, quando le parole finiscono, sono i gesti a parlare più forte.

Senza fare esitazioni, la donna posò le mani sulle sue come ad accompagnare il gesto, poi si mise a cavalcioni su di lui, continuando a premere le labbra sulle sue, aiutandosi con la lingua, nel tentativo disperato di aprire un varco nella sua bocca, cosa che le riuscì facilmente subito dopo. Gli passò le mani nei capelli, mentre lui con le mani le cingeva la schiena, e con una si intrufolò sotto la maglietta raggiungendo il reggiseno.

Teresa si staccò da lui, lo prese per mano e lo condusse verso la camera da letto. Patrick non se lo fece ripetere due volte, così la prese in braccio come una novella sposa, e varcò con lei la porta della camera da letto.

La adagiò sul letto delicatamente, mentre lui si posizionava su di lei. Ma fu la donna che prese di mano la situazione occupandosi di slacciargli i pantaloni e poi togliendogli anche il resto dei vestiti. Lui l'aiutò a liberarsi dei suoi indumenti.

Si stese completamente su di lei baciandola con passione come non aveva mai fatto prima. In breve tempo, le labbra passarono ad esplorare tutto il resto del corpo. Dal collo all'incavo dei seni, per poi passare all'ombelico, punto delicato in cui lei ebbe un gemito, e infine vicino alle mutandine.

Come se cercasse un consenso, la guardò per un istante prima di procedere a toglierle ed esplorare anche quel posto.

Teresa dovette portare le braccia vicino alla testa e stringere le coperte più forte che poteva. L'apice del piacere era appena stato raggiunto.

 

Si svegliò sentendo l'aroma del caffè per lei, e l'odore di tè alla pesca provenire dalla cucina. Toccò la parte del suo letto vuota e sorrise. Si mise addosso la camicia bianca e i pantaloni che indossava la sera prima, e nel rivestirsi raggiunse la cucina.

Teresa era vestita come quando andava al lavoro, ma si era lasciata andare a fare la donna di casa. Intenta ai fornelli, stava cucinando altre pietanze per una colazione completa. Pancetta e uova strapazzate, e pancake.

Patrick continuava a sorridere come un uomo innamorato, appoggiandosi al muro che separava il salottino e la cucina dal corridoio che conduceva alla camera.

"Allora sei brava a cucinare?"

L'agente si voltò leggermente sorpresa di sentire la sua voce, e iniziò a sorridergli a più non posso. Si morse le labbra. Voleva farsi vedere mentre preparava da mangiare al suo uomo.

"Visto quante so fare?" posò tutto sul tavolo, poi si avvicinò a lui aiutandolo ad abbottonare la camicia.

Il mentalista le annusò i capelli avvicinandola a sé.

"E' bello sentire il tuo profumo a prima mattina. L'ultima volta non ho avuto questo privilegio visto che sei sgattaiolata per andare a lavorare..."

Teresa non smetteva di sorridere e pensare a sé stessa come la donna di casa che prepara da mangiare per l'uomo che ama, ma che a volte preferisce alzarsi la mattina presto per andare al lavoro e lasciarlo a letto.

"Che maleducata!"

"Che stakanovista!"

Si alzò di poco per raggiungere il suo volto e stampargli un bacio casto sulle labbra.

"E' così che doveva essere la nostra prima volta. Senza tutte quelle complicazioni."

"E che mi dici di David? Cosa farai con lui ora?"

Prima che potessero intraprendere un discorso serio, il cellulare le squillò. Rispose tenendo lo sguardo fisso su di lui.

Gli passò una mano sulla camicia per sentire ancora il suo corpo.

"Van Pelt. Dimmi."

"Boss, abbiamo delle news. Io, Rigsby e Cho stiamo già vicini a casa tua."

Immediatamente Teresa fece segno a Patrick di prendere le sue cose e andarsene, altrimenti i suoi agenti avrebbero potuto notare la macchina del mentalista. Prima che potesse andarsene, però, i tre agenti erano già arrivati davanti casa del loro capo.

La rossa dapprima sbiancò quando riconobbe l'inconfondibile auto Citroen DS celeste, poi cercò di sviare l'attenzione del suo fidanzato e dell'amico verso la macchina. Cho però fu più veloce.

"Grace... tutto bene? Hai una faccia..."

La ragazza sperava che fosse un sogno, o magari solo una coincidenza. Una macchina uguale identica a quella di Jane parcheggiata sotto l'appartamento monolocale di Lisbon. Sì, doveva essere un caso. Oppure...

"Sì, sì, sto bene. Saliamo, avanti! Non vogliamo mica far aspettare il boss!" disse più che altro borbottando qualcosa.

Wayne ci capì poco e niente dei tentativi della sua fidanzata di non farlo guardare verso una certa direzione. Kim sospirò, avendo capito perfettamente la situazione.

"Ti si deve spiegare sempre tutto, eh?"

 

"Ehi, ragazzi. Ditemi tutto."

Teresa li fece accomodare e loro si guardarono prima negli occhi, poi si sfregarono le mani. All'agente mora non mancò questo gesto.

"Lisbon, forse è meglio se ti siedi." la invitò Kim.

Nascosto dietro la porta della camera di Teresa, il mentalista era in ascolto pazientemente.

"Abbiamo scoperto che Bertram ha tenuto nascosto delle cose sulla Visualize e sugli omicidi di Red John."

L'agente senior si morse le labbra scuotendo la testa.

"Chissà perché me l'aspettavo."

"C'è dell'altro." Grace le porse un foglio con un timbro del CBI. "C'è un mandato di perquisizione nel suo ufficio e nella sua casa."

Allo sgomento susseguì una gran respiro. Ci volle qualche attimo perché assimilasse il tutto.

Si passò una mano sul volto pensando che ormai erano vicinissimi a Red John.

"Cosa dobbiamo fare?" chiese Wayne, sorpresa quanto tutti dal mandato.

"Datemi il tempo di cambiarmi e di andare in ufficio. Voglio parlare con Bertram da sola." si tenne stretta a sé senza guardarli.

Wayne e Kim incrociarono le braccia nello stesso momento, guardando Grace, che a sua volta si mise nella loro stessa posizione.

"Lisbon, c'è qualcosa che dobbiamo sapere?"

All'inizio credeva che si stesse riferendo a lei e Jane. Quest'ultimo si ricordò che la sua Citroen non era stata parcheggiata proprio nel posto più nascosto del mondo, ed era quasi tentato di uscire allo scoperto.

"Credo che Robert Kirkland sia Red John."

Adesso toccò ai tre agenti sedersi con calma per immagazzinare l'informazione appena ricevuta.

"Perciò prima di perquisire il suo ufficio, avrò bisogno di un mandato da Gale Bertram."

La bomba stava per esplodere, la miccia era stata accesa. Ormai le ore restanti per la cattura di Red John si contavano sulle dita della mano.

Patrick sorride beffardo e sicuro di sé, perché la fine era vicina.

 

La corsa contro il tempo era appena iniziata. Toccava raggiungere Bertram prima di Red John, o di chi faceva le sue veci.

Teresa era chiusa nel suo ufficio e chiusa nel suo giubbotto di pelle, in tinta con i suoi pantaloni e la sua maglietta. Neanche si stesse preparando per una guerra.

Mormorava tra sé, o forse stava solamente trovando le parole più adatte per parlare al suo capo.

Non era facile il confronto. Dire ad uno dei sette sospettati di essere sicura di sapere chi era Red John. Non era una cosa da niente. Ma lei era sicura e consapevole a ciò cui andava incontro.

"Ti ho portato questo." Grace entrò sorridendo nell'ufficio dell'amica porgendole un bel bicchiere d'acqua.

Teresa la guardò alzando un sopracciglio. Pensò che stesse scherzando. La rossa sorrise gongolando tra sé.

"Te ne servirà!"

Sbuffando come era solita fare, visto che odiava sentirsi come quella debole, la mora accettò il gesto. In fondo, Grace aveva buone intenzioni, pensò. Era preoccupata per un'amica e una collega.

Fece per andarsene, ma si voltò.

"Ho visto l'auto di Jane fuori casa tua stamattina."

E adesso come l'avrebbe messa? 

Di una cosa era certa: era stanca di mentire. I sentimenti erano venuti fuori e non si tornava indietro. Stette sulla difensiva.

"Grace, prima che tu possa giudicarmi, non è come sembra. Dovrei sposarmi con David, ma c'è Jane... e con lui è tutto così complicato."

"Non so di cosa tu stia parlando", la rossa le strizzò l'occhio come a voler condividere con lei un segreto.

Teresa stette in silenzio.

Quella giornata le aveva fatto capire quanto i gesti significassero più delle parole.



Angoletto dell'autrice (poco) sana di mente:
Beh visto che siccome è estate e non fa manco tanto caldo (se se come no, 37 gradi solo oggi :p), questo capitolo ci voleva proprio, che ne dite? XD
Diciamo che mi serviva pure qualcosa per non pensare ad altro sennò mi infurio...
Quindi la miccia è esplosa, le bombe anche, ci sono stati pure i fuochi d'artificio... ok direi che una buona doccia è quel che ci serve :p
Aspetto le vostre teorie, io le mie già le so, altrimenti non starei qui a scrivere :D
Grazie per chi legge e recensisce <3
Alla prossima!
D.

 

   
 
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