13.
“Fantastico!”
mormorò ironicamente Jane Seymour, camminando spaesata tra i corridoi di WhiteHall.
Si fermò un
attimo, spostò il suo pesante carico da
un braccio all’altro e prese un ben più pesante respiro, cercando di riprendere
la calma. Dove era finita? Lady Elizabeth Darrell, la
dama d’onore della Regina, le aveva detto di recarsi a prendere le stoffe per
il cucito, ma nella sua prima settimana a Corte, Jane aveva evidentemente
sopravvalutato la sua conoscenza del Palazzo e adesso non riusciva più a
trovare gli appartamenti reali di Sua Maestà. Si lanciò un’altra occhiata
preoccupata intorno e poi lentamente una risata del tutto priva di ironia le
sfuggì dalle labbra. Si sentiva in quel momento completamente stupida: come
poteva sperare di attirare l’attenzione del Re se era stata capace di perdersi?
Fortunatamente
per lei, non era il senso di orientamento che Enrico cercava nelle donne e la
sua bellezza si rivelò più che sufficiente per farlo fermare con uno sguardo
affascinato proprio davanti a lei, proprio in quel momento.
“Lady Jane,
vi siete persa?” domandò sorridendo appena e avanzo verso di lei.
La ragazza
rialzò lo sguardo davanti a sé e si sprofondò in un inchino quando incontrò
inaspettatamente la figura del Re, limitandosi semplicemente ad annuire in
un’espressione di studiato imbarazzo.
“Non temete,
vi farò strada io” propose lui palesemente affascinato, porgendole un braccio.
Jane lo
guardò per qualche istante, poi glielo afferrò, lasciando che un servitore al
seguito del Re la liberasse delle stoffe. Un sorriso ben più fiducioso si aprì
allora sulle sue labbra: fantastico lo era davvero.
**
Come mai
ultimamente si tenevano a Corte balli tutte le sere? Non se lo chiedeva il Re,
mentre, protagonista della festa sembrava aver puntato gli occhi su una nuova
dama, non se lo chiedeva Jane Seymour al
suo fianco mentre si apprestava a diventare la nuova Anna Bolena, non se lo
chiedeva neppure suo fratello Edward mentre, chiacchierando allegramente con la
sua seconda moglie Anne, osservava compiaciuto
la scena.
Era invece
la domanda che ronzava nella mente della Principessa, seduta accanto ai troni,
entrambi vuoti, dei suoi genitori. Era appena uscita dalla sua reclusione
volontaria nei suoi appartamenti e, ancora triste per come la sua speranza nel
ritorno a casa si era rivelata solo una chimerica illusione, non riusciva a
capire il motivo di tanta gioia intorno a lei. Scosse la testa e fece per
portarsi il calice di vino alle labbra, quando una leggera pressione sul polso
le impedì di portare a termine il gesto. La ragazza alzò lo sguardo e non poté
mascherare la sua sorpresa nell’osservare il duca di Suffolk
lasciarle andare la mano e prendere posto accanto a lei.
“Cosa
volete, vostra grazia?” chiese duramente, sforzandosi di apparire distaccata.
“Voglio solo
parlarvi… Maria”
Lei si voltò
lentamente e riscoprendo negli occhi dell’uomo quella dolcezza che le era così
tanto mancata, sentì tutta la sua simulata freddezza sgretolarsi. Maria,
l’aveva chiamata così, semplicemente così, di nuovo.
“Ah adesso
volete parlarmi?” domandò non riuscendo a non sentirsi spaventata da quel
repentino cambiamento di idea.
“Sì, voglio
solo dirvi che ho sbagliato” ammise Charles, allungando delicatamente una mano
sulla sua e sorridendo appena quando si accorse che lei non la stava scansando
“Vi amo Maria ma non potevo… non volevo impedirvi di sposare un principe come
meritate o di riconciliarvi completamente con vostro padre… Sarebbe stato
egoista da parte mia”
“E adesso
cos’è cambiato?” chiese Maria non ancora del tutto convinta.
“E’ cambiato
che ho scoperto di non poter fare a meno del mio lato egoista” rivelò
semplicemente rivolgendole uno dei suoi sorrisi malandrini.
Maria restò
a guardarlo per un po’ in silenzio, poi rispose al suo sorriso e gli strinse la
mano.
Quella
decisione apparentemente egoistica era stato il gesto più altruistico che
avesse potuto fare per lei.
**
“Il mio
signore è contento per il modo in cui si sia risolta la questione” disse
l’ambasciatore, unendosi alle danze insieme alla Regina, su esplicita pressione
da parte del Re.
Etienne Chevalier, da poco arrivato in Inghilterra era un uomo
affabile e dotato di grande fascino, ma il suo tono mellifluo non aveva fatto
altro che irritare Caterina, che adesso guardava il suo accompagnatore con un sopracciglio
alzato, ben sapendo quali erano sempre stati le inclinazioni di Francesco I. Ma
del resto, aveva imparato durante il corso della sua vita a non aspettarsi
coerenza e lealtà dalle persone. Specialmente se francesi.
“Davvero?”
chiese semplicemente in tono vagamente ironico.
A pochi
passi da loro, suo marito stava ridendo mostrando a tutta la Corte la sua nuova
infatuazione che ancora una volta non era per lei. Chiuse per un attimo gli
occhi, poi riportò lo sguardo sull’ambasciatore che stava parlando di alcune
trattative da avviare tra i due paesi. Poteva essere interessante, peccato che
non avesse udito una singola parola. Il cambiamento di musica interruppe il
ballo e Caterina si sentì sollevata quando vide l’uomo rivolgerle un inchino e
porgere la mano ad una delle sue dame di compagnia, ma il sollievo svanì
improvvisamente quando scorse il Lord Cancelliere avanzare chiaramente verso di
lei.
“Posso avere
l’onore di un ballo, Vostra Maestà?” chiese quando fu abbastanza vicino,
inchinandosi davanti a lei.
“No” rispose
semplicemente lanciandosi delle occhiate intorno.
Thomas si
alzò e la fissò per qualche istante, ma non c’era alcuna traccia di stupore sul
suo viso: si era aspettato quella risposta, anche se non conosceva ancora il
motivo che vi era dietro.
“Avete
ballato con un Francese e voi non sopportate i Francesi” le fece notare con una
traccia di ironia nella voce.
“E’ vero”
ammise lei annuendo “Ma sapete cosa odio di più? Gli eretici” continuò in tono
sprezzante.
Cromwell
abbassò lo sguardo e tacque per alcuni istanti, non riuscendo a mascherare la
ferita che l’odio rinnovato da parte di lei gli stava procurando. Caterina
guardò la delusione sul volto dell’uomo e si morse un labbro, rendendosi conto
di essere stata meschina con l’ultima persona che forse l’avrebbe meritato.
“Io… Io non
posso” disse in un sospiro, facendogli alzare lo sguardo.
“Non potete
ballare con me?” domandò lui chiaramente confuso.
“Mi… mi
mancate” mormorò Caterina a fatica, sentendo gli occhi riempirsi
improvvisamente di lacrime.
Si voltò di
scatto e raggiunse rapidamente il trono, come per sfuggire a quell’inaspettato
momento di debolezza, lasciando l’uomo con il dubbio di aver udito realmente
quell’ammissione o meno.
**
Enrico non
aveva smesso di sorridere un istante, aveva ballato tutta la sera e partecipato
a tutti gli intrattenimenti proposti; Sua Maestà sapeva che se era così
raggiante era solo grazie alla presenza della bella dama che lo aveva
affascinato e dato che quella sensazione di allegria gli era molto gradita,
aveva deciso di prolungare la compagnia di Jane il più a lungo possibile. Le
stampò un bacio sulla mano e le promise di avere un incontro privato più tardi,
per poi incamminarsi con questo pensiero nella testa verso il suo Lord
Cancelliere coinvolto al momento in una conversazione con l’ambasciatore di
Francia.
“Master
Cromwell” esordì, facendo un cordiale cenno di congedo all’altro uomo “Thomas”
disse poi in tono più confidenziale posandogli una mano sulla spalla.
“Vostra Maestà?”
“Ho visto
che parlavate con la Regina poco fa… Ci sono ancora problemi tra voi?” chiese
con aria pensierosa, lanciando un’occhiata al trono vuoto, segno che la Regina
aveva lasciato la Sala già da un po’.
“Oh… No”
rispose Cromwell dopo un attimo di esitazione, non aspettandosi quella domanda.
Il Re spostò
lo sguardo su di lui e gli concesse un sorriso “Bene” commentò semplicemente
ponendo fine alla questione “Ho un favore da chiedervi”
Thomas
guardò il trono vuoto di Caterina, il Re e poi Jane Seymour che si stava
avvicinando verso di loro. E ebbe la netta sensazione che qualunque fosse stata
la richiesta da parte del Re, non gli sarebbe piaciuta.