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Autore: Rubus idaeus    27/07/2013    1 recensioni
La lezione di chimica e biologia all'università era diventata particolarmente frequentata da quando l'insegnamento della materia era stato affidato al novello professore, fresco di laurea, Raymond John Andrews, un giovane intraprendente ed estremamente brillante che aveva ottenuto la cattedra senza particolari difficoltà suscitando l'invidia dei colleghi rivali più anziani.
Genere: Generale, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Universitario
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Una volta uscita dall'aeroporto mi sentii immediatamente spaesata. La folata d'aria gelida che mi colpì mi congelò fin dentro le ossa e mi fece tornare alla realtà. Ma che razza di pazzia stavo facendo? Presi a tremare. Il freddo sembrava aver risvegliato il mio buon senso ed mi diedi della stupida per aver compiuto una mossa così avventata. Cosa non si fa per amore... Il dado è tratto, pensai sospirando e stringendomi nel cappotto.

Salii su un taxi, ma al momento di dire al conducente dove portarmi mi bloccai. Maledizione, come speravo di ritrovarlo in una città grande come New York senza sapere nemmeno dove abitava?

-Mi dica dove la devo portare.

-Ehm, mi porti in un hotel, per favore, uno qualsiasi.

Per un momento avevo perfino pensato di scendere dalla macchina e tornare indietro in aeroporto, ma ormai ero lì, non potevo permettermi di aver fatto tanta strada per niente.

Rimanemmo imbottigliati nel classico traffico del tardo pomeriggio per quasi un'ora, poi d'improvviso mi ricordai della pagina di giornale. La pescai dalla borsa e incrociando le dita cominciai a leggere con attenzione l'articolo alla ricerca di qualche, qualsiasi, informazione su dove avrei potuto rintracciarlo. Credo che il mio improvviso grido di trionfo abbia fatto sobbalzare l'autista, perchè ricordo che si girò lanciandomi uno sguardo perplesso. Non badai troppo a lui, ero fuori di me dalla contentezza, ora sapevo dove cercarlo.

-Ho cambiato idea, niente albergo, mi porti immediatamente al Carnegie Hall!

 

 

L'auditorium Carnegie Hall, 7th Avenue, è famoso per i numerosi concerti dei più grandi artisti musicali newyorkesi e non solo che ha ospitato. Le tre meravigliose sale offrono l'ambientazione più suggestiva e adeguata ad una rappresentazione musicale di alto livello. Quella stessa sera era in programma un concerto per ricordare l'esecuzione della Sinfonia Domestica di Strauss, che diresse egli stesso, nel 1904 e che riscosse enorme successo alzando bruscamente il prestigio della Hall. Diceva l'articolo, che dopo il concerto, il team di ricerca del quale faceva parte anche il dottor Andrews, avrebbe tenuto una specie di breve conferenza nello stesso auditorium. L'unico problema era che si poteva partecipare solo su invito. Pazienza, avrei trovato il modo di entrare, mal che mi sarebbe andato, avrei aspettato Raymond fuori.

La Carnegie Hall non era un palazzo maestoso e imponente, anzi la facciata era decisamente modesta e deludente, ma pur sempre elegante. L'interno era invece uno sfavillio unico di lampadari di cristallo, estremamente luminoso. Arrivai, purtroppo, che il concerto era già iniziato da quasi un'ora e le due macilente maschere non mi lasciarono entrare nella sala. Tentai di tutto nel tentativo di convincerle, ma furono irremovibili, così mi sedetti sconfitta su una delle poltroncine poste nell'ingresso e aspettai che lo spettacolo finisse. Sentivo in lontananza la bellissima musica, così dolce, così romantica e già pregustavo il momento in cui lo avrei rivisto.

Il tempo passò, a tratti lentamente a tratti rapidamente, la musica terminò e si levò un fragoroso applauso: era giunto il momento della conferenza. Il mio cuore cominciò a battere emozionato, mancava poco ormai. Le voci oltre la porta che separava l'ingresso dalla sala mi giungevano all'orecchio ovattate e tenui, non capivo con chiarezza le parole. Ecco, ci fu un nuovo applauso, più lungo, più forte. Mi alzai, era evidente che avessero terminato, e attesi impaziente che la folla sgorgasse come un fiume da quelle porte, così avrei potuto affacciarmi nella sala e andargli incontro.

E così accadde, più o meno. Tutti uscirono disordinatamente in massa, c'erano moltissime persone, tutte elegantissime e tirate a lucido da testa a piedi. Presi un gran respiro e mi avvicinai alla porta e lo vidi. Era là, giusto sotto il palco, in piedi che chiacchierava sorridente con un gruppo di uomini in smoking come lui. Presi un altro enorme respiro e raccolsi ogni frammento di coraggio che trovai in corpo, quindi feci per compiere un passo verso di lui quando avvistai una donna in abito rosso che si infilava nel gruppo andando ad abbracciare proprio Raymond. Chi accidenti era quella?

Poi, d'un tratto, inaspettatamente lo baciò, lo baciò sulle labbra e lui le sorrise dolce. Io mi sentii come se qualcuno mi avesse infilato una spada nel petto e avesse girato la lama dentro la carne per farmi soffrire di più. Sanguinava il mio cuore e la profonda delusione si trasformò ben presto in rabbia bruciante. Capivo molte cose solo in quel momento, cose che avrei dovuto immaginare in tutto quel tempo. Il motivo per cui non si era fatto più sentire era proprio accanto a lui, scintillante come un'attrice alla premiere degli Oscar, fasciata in quel bellissimo vestito da migliaia di dollari. Sospirai e strinsi i pugni finchè le nocche non mi si sbiancarono e le unghie non si furono infilate nel palmo delle mani.

Uscii dall'auditorium col morale a terra e la prima cosa che mi venne in mente fu di chiamare Katy e di raccontarle tutto. Avevo bisogno di confidarmi con qualcuno.

-Jo! Ma dove sei finita?
-Sono a New York, Katy.

Sentii la sua grassa risata nell'altoparlante del cellulare, comprensibilmente l'aveva preso come uno scherzo.

-Dico davvero, Katy, ho fatto una sciocchezza...

Le raccontai quindi tutto, ogni dettaglio e lei ascoltò in silenzio.

-Oh, Joyce, che gesto romanticamente coraggioso il tuo.

-È fidanzato, Katy, capisci? Ed io sono stata una sciocca e un'ingenua a credere che amasse ancora me dopo tutto questo tempo, anzi, è ancor più probabile che non mi abbia mai amato veramente, suppongo che per lui quella notte non è stato altro che una semplice scopata.

-No, Jo, io non ci credo. Aspetta però, non andartene, parlaci prima. Prova almeno a fargli capire che si è comportato male nei tuoi confronti. Insinua in lui il rimorso di averti abbandonata. Non può averti dimenticata così.

Chiusi la chiamata stringendo i denti come un guerriero che si appresta alla battaglia girai i tacchi e tornai suoi miei passi. Katy aveva ragione, dovevo parlargli.




GRAZIE MILLE DELLE RECENSIONI MI FA MOLTO PIACERE LEGGERE I VOSTRI PARERI E RINGRAZIO ANCHE CHI HA INSERITO LA MIA STORIA TRA LE STORIE SEGUITE O ADDIRITTURA TRA LE PREFERITE. VI AUGURO BUONE VACANZE, CREDO CHE NON AGGIORNERO' PER UN PO'... A PRESTO.

  
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