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Autore: Pioggia    05/02/2008    7 recensioni
Un libro di favole, una dedica profetica e l'inizio di una maledizione.
Il primo incontro tra una dolcissima auror e un affascinante lupo mannaro (con contorno di rabarbaro)
Genere: Romantico, Commedia, Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nimphadora Tonks, Remus Lupin, Sirius Black
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Erano passate due ore? O forse dormiva – almeno così credeva – da due minuti?


Ninfadora Tonks non era di quelle persone che non riescono a poltrire a letto, anzi! Lei era capace di stare giornate intere acciambellata come un gatto variopinto sul morbido piumone. A far cosa? Nulla. Pensare, meditare, sognare ad occhi aperti o – come era solita urlarle la madre Andromeda – perdere tempo.
Tonks era una di quei rari esempi di essere umano che ogni giorno correva a destra e a manca, parlava (Merlino se parlava!), faceva brillare i suoi occhi curiosi per tutto il mondo, aiutava la gente, combinava disastri su disastri. Ma quando aveva bisogno di staccare la spina, ricaricarsi, ebbene, nessuno doveva assolutamente disturbarla. E invece in quel momento non riusciva a disconnettere il cervello, non ce la faceva proprio smettere di pensare, interrogarsi, scrutare la sua anima nel profondo.
Sbuffando, accese la lampada sul tavolino e afferrò il pesante libro che da che aveva memoria aveva occupato la postazione d’onore sul comodino.

Tutto era iniziato durante una cena, una serata che avrebbe segnato per sempre la sua vita.
Ma probabilmente era cominciato molto prima, a causa di quella che era una vera e propria maledizione.






- “Dov’è la farfalla che ti ha generato?” una voce roca e divertita le aveva rivolto quella strana domanda e Tonks si ritrovò a rimpiangere la compagnia di Dedalus Lux e Malocchio Moody. Ci mancava solo il solito ubriaco che prova ad abbordare l’unica ragazza presente in uno spazio chiuso… con un enorme sforzo non grugnì spazientita come un venditore di contrabbando di schiopodi.
Già si sentiva a disagio in quella che le era sempre stata descritta come una prigione orrenda, Grimmauld Place, inoltre si trovava completamente circondata da persone perlopiù sconosciute che la guardavano con occhio critico e infine aveva rovesciato un disgustoso portaombrelli, tre tazze di the e aveva l’impressione di stare antipatica a quella che sembrava giocare il ruolo della chioccia della situazione, una donna coi capelli rossi e una strana avversione per i piatti vuoti. Sì, aveva avuto modo di parlare con più calma con il cugino accusato di strage ed evaso per chiarire con lui alcuni concetti (non chiamarmi col nome che mi ha dato quella matta di mia madre, non ho ammazzato Minus ma avrei voglia di farlo seduta stante e cose così), ma adesso si era ritrovata sola in un angolo della sala oscenamente sfarzosa ma lurida a cercare di rimediare all’accidentale volo di una fetta di pane, atterrata chiaramente dalla parte imburrata.

- “Dov’è la farfalla che ti ha generato?” chiese nuovamente l’uomo con uno strano sorriso sulle labbra.
Aveva una giacca che sicuramente aveva visto parecchie stagioni e i capelli striati di grigio, ma non sembrava vecchio e non aveva l'aspetto per niente brillo. Solo allegro, ma di una spensieratezza solo apparente, che celava profondi dolori. Tonks inarcò le sopracciglia, ma non espresse ad alta voce il commento impertinente che rischiava di strangolarla se non l’avesse urlato in faccia a quello sconosciuto. Si limitò a gracchiare un vago “Eh?” seguito da una smorfia insofferente.
- “Si dice che quando una farfalla sbatte le ali, in qualche altra parte nel mondo si scatena un uragano” spiegò il mago, sorridendo ancora di più.
Malgrado la voglia di piantare lì lo strano soggetto prima di riuscire a capire se la stesse insultando in qualche contorta maniera, non poté fare a meno di osservare gli occhi dell’uomo.
- “Ci siamo, stregaccia da quattro zellini bucati. Non iniziare con le solite paranoie, mantieni la calma. Distacco!” si disse mentalmente.

Il motivo di tale raccomandazione risiedeva nell’unica debolezza di Ninfadora Tonks, la sola cosa capace di farla crollare, la causa di molte sofferenze, la sua maledizione.

Gli occhi.

Erano stati gli occhi di Bill Corraway a convincerla a baciare per la prima volta un ragazzo, per poi ritrovarsi ad inseguirlo per le strade del quartiere brandendo un hula-hoop come una clava non convenzionale.
Erano stati gli occhi di Anthony Rubish a convincerla che lui sarebbe stato il ragazzo perfetto, per poi ridursi a sedere per ore al Ministero dopo aver trasfigurato non troppo accidentalmente la sua mano in un merluzzo puzzolente (dopo che suddetta mano era stata vista posata in maniera per nulla discreta sul fondoschiena di una certa Emily Proudl).
Erano stati gli occhi di Ryan Bishop a convincerla che dopotutto l’aula di incantesimi era un bel posto per dichiararsi amore eterno, per poi scoprire che le tacche intagliate sullo stipite della porta erano in realtà la maniera ideale per lui di tenere il conto delle ragazze alle quali aveva recitato lo stesso copione.
E infine erano stati gli occhi di Brian Coldwer a convincerla che infondo era una buona idea fare un viaggio per l’Europa senza di lui, per poi ritrovarsi a dover minacciare Mundungus Fletcher di restituirle tutti i suoi mobili sparsi per mercatini e bancarelle in giro per il Regno Unito, pena una gita ad Azkaban.

Tutta quella sfilza di dolori, delusioni e sofferenze erano capitate a causa di quella sua irrefrenabile passione per gli occhi. Ma non per il bulbo oculare in sé o per chissà quale fissazione da optometrista.
Lei adorava gli sguardi che regalano calore, quegli occhi che una volta incontrati ti compaiono nella mente e ti fanno compagnia anche per anni, quelle occhiate che riescono a farti innamorare follemente, a dispetto di qualsiasi altra cosa. Lei lo sapeva: erano la sua maledizione.
Adesso si trovava in quella situazione che conosceva così bene da starci male; lui sorride, lei si volta, lui inclina la testa lievemente, lei lo fissa…

- “Morgana” sussurrò come una preghiera.

Due iridi color miele, curiose, dolci, ma ferme e piene di tristezza e malinconia. Uno sguardo carico di gentilezza e colmo di un amore inespresso e titubante. Un viso segnato, sì, ma giovane e alla ricerca disperata di amore nel profondo.

- “Devo andare” Tonks, con sforzo titanico si costrinse a non continuare ad annegare in quella dolcissima tortura.
Il mago la fissò confuso.
- “Ninfadora, scusami non volevo offenderti” balbettò arrossendo leggermente.

Alt.

Occhi o non occhi, sconosciuto o meno, quel tipo aveva commesso l’unico errore col quale un essere umano poteva correre il rischio di essere schiantato seduta stante dall’altrimenti gentile e cortese auror. La sua espressione mutò con rapidità strabiliante; i capelli che solitamente erano di colori allegri e brillanti virarono verso un nero per niente rassicurante.
- “Se ci tieni alla pellaccia evita di prenderti così eccessive confidenze, razza di maniaco maleducato e… e… - annaspò aggrottando le sopracciglia alla ricerca di un aggettivo calzante - … e incomprensibile!”

Quello che nelle intenzioni della strega doveva essere un sibilo terrorizzante in realtà era stato un urlo dal volume da far concorrenza ad una jam session delle Sorelle Stravagarie che fece ammutolire tutti i presenti nella sala; la donnina con i capelli rossi aveva un’espressione mista a stupore e indignazione mentre Silente si accarezzava la lunga barba palesemente divertito. Sirius Black invece fece sentire la sua risata canina e dovette reggersi alla sedia per non rovinare al pavimento; Severus Piton si limitò ad arricciare le labbra nella sua inconfondibile maschera di disgusto.
Il povero sconosciuto si sentì – come Tonks – protagonista di un orribile incubo, come quelli nei quali ci si trova nudi in una strada affollata o su un palcoscenico. I capelli della strega quasi accecavano con il loro bagliore rossastro, così come il viso dell’uomo che barcollando leggermente sembrava prossimo all’infarto.

- “Molly, queste tartine al rabarbaro sono incredibilmente gustose! Non ne ho assaggiate di così deliziose nemmeno a Hogwarts! Che ne pensi Hestia? E tu Minerva? So che hai una passione sfrenata per la cucina della nostra cara signora Weasley”. La McGranitt annuì educatamente mentre veniva rapita da Molly che si era lanciata in una dettagliatissima descrizione di come il rabarbaro dovesse essere lavorato e di quanti minuti erano necessari per tostare una tartina a regola d’arte, trascinando con sé tutti i membri del genere femminile presenti nella sala.

Tonks pensò che per Natale avrebbe donato all’anziano preside una statua scolpita a mani nude.

Sempre sghignazzando senza ritegno, Sirius si avvicinò ai due che non osavano muovere un muscolo nonostante non fossero più al centro dell’attenzione.
- “Razza di maniaco maleducato e incomprensibile” ripeté soffocandosi leggermente. “Lunastorta, non credo che mai appellativo fu così tanto azzeccato” concluse con un leggero inchino.
- “Non capisco cosa ho fatto per meritarlo, Ninfadora” riuscì a mugolare.
Sirius dovette saltare letteralmente addosso alla cugina, mettendole prontamente una mano sulla bocca per stroncare sul nascere un altro urlo che si prospettava peggiore del primo dal modo in cui la donna aveva preso fiato furiosa. Remus fece un balzo indietro decisamente spaventato dalla bizzarria di quel comportamento. Aveva già sperimentato la potenza dei polmoni della strega e ovviamente non voleva ripetere l’esperienza.
- “Devi sapere che Tonks” e calcò sul cognome “detesta terribilmente che qualcuno la chiami con il suo nome di battesimo” spiegò lasciando andare cautamente la ragazza che non smetteva di fissare torva entrambi i maghi.
- “Esatto. Se pensi che una sfuriata in mezzo a sconosciuti sia il peggio che io possa fare ti assicuro che dovrai stare attento alle tue estremità. Tutte” precisò, stavolta riuscendo a controllare il tono della voce.
- “Non sapevo che il tuo nome fosse più impronunciabile di quello di Voldemort” riuscì a farfugliare.
Tonks mugugnò qualcosa che i due non riuscirono ad afferrare, qualcosa il cui suono assomigliava vagamente a “idiota”.
- “Come fai a sapere il mio… nome?” lo interrogò incrociando le braccia sospettosa, la stessa espressione che riservava ai sospetti mangiamorte e alle peggiori canaglie.
Remus, che credeva di averla scampata, pensò con un sorriso che obiettivamente Sirius non era poi così “strano” se inserito nel contesto familiare.
- “Io e tuo cugino eravamo compagni di corso ad Hogwarts e quando sei nata siamo venuti a trovarti a casa. Mi ricordo che ti regalammo un libro di favole babbane…”
- “… e io mi ricordo che pregai e implorai James di non far scegliere a te il regalo. Diamine, portare ad una neonata un librone su Cappuccino amaranto e L’affascinante schiantata nel parco!” lo interruppe Sirius scuotendo la testa, come se quello fosse stato l’errore più grave della sua intera esistenza. Remus si limitò a guardarlo compatendolo per la colossale ignoranza in campo letterario.
- “Hai scelto tu il libro dei fratelli Grimm? Quello con le figure immobili?” chiese la strega.
- “Addirittura le figure immobili! Pensa che noia un mattone del genere” sbuffò l’animagus.
- “Quello con la copertina rosa e la dedica con gli svolazzi?” lo interruppe senza aver dato segno d’aver sentito il cugino.
- “Ah, se c’erano gli svolazzi puoi star certo che è opera sua. In una mappa stregata ci sta bene, fa molto… che so… dichiarazione d’indipendenza dei troll, ma su un libro…”
- “I troll non hanno mai firmato una dichiarazione d’indipendenza, non sanno nemmeno tenere in mano una piuma!” borbottò l’amico, deciso a mettere un freno alla vena critica di Sirius. Per tutta risposta lui sbuffò accondiscendente voltandosi per dar retta ad Arthur che gli aveva appena chiesto per quale motivo uno strano elfo domestico gli avesse appena rifilato uno spassionato calcio sugli stinchi.

- “Alla principessa rosa più dolce che ci sia…” bisbigliò accigliata la ragazza.
- “… con la certezza che prima o poi troverà il principe azzurro che la stregherà il suo sguardo” completò la voce roca dell’ex professore.






Ninfadora Tonks chiuse con un tonfo il librone rosa dopo aver dato un’ultima occhiata a quella scritta che per tutta la vita era stata la sua bussola, la sua speranza d’incontrare il principe azzurro, l’altra metà della sua anima.

Sospirò.

“Sì” si disse a voce alta “l’ho trovata”. Con un sorriso ampio si distese sul letto e finalmente si addormentò.






~





Dopo un bel po' di latitanza da queste pagine torno con questa storia senza pretese che tenevo in un cassetto da qualche tempo. So che avevo promesso di tornare presto, ma prima lo stordimento (e l'inc...avolatura) post-settimo-libro e poi gli esami e tutto il resto che ruota attorno mi hanno lasciato poco spazio per la scrittura.
Spero che questa shot vi sia piaciuta.

Prometto che al più presto commenterò tutte le fantastiche storie che nel frattempo sono state pubblicate.

Un bacio e dolci sogni,
Pioggia
  
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