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Autore: larrjnson    28/07/2013    1 recensioni
"Carissimo amore,
ormai sono passati tre anni da quando smisi di scriverti ininterrottamente, e vivo con la speranza che Guglielm, il postino, mi porti una tua lettera e non solo le solite bollette o il mutuo per la nuova casa per farmi finire per essere definitivamente al verde."
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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19 Settembre 1967
Doncaster


 

Carissimo amore,                                                                                                                                                                           
ormai sono passati tre anni da quando smisi di scriverti ininterrottamente, e vivo con la speranza che Guglielm, il postino, mi porti una tua lettera e non solo le solite bollette o il mutuo per la nuova casa per farmi finire per essere definitivamente al verde.
Non ho mai ricevuto una tua risposta da quando sei andato via, ogni giorno continuavo a scriverti come mi sentivo, come la tua mancanza mi facesse sentire incompleto, non abbastanza, vuoto, perché tu, caro Harry, riempivi ogni vuoto, mi completavi, mi saziavi, mi facevi sentire vivo, ciò che non succede più da esattamente tre anni, perché devi sapere che niente è cambiato dal primo giorno che ho cominciato a scriverti fino ad adesso.
Volevo continuare a scriverti per l’eternità, ma il tuo non ricevere risposta mi stava uccidendo, così smisi. Perdonami.
Ma oggi, ho sentito il bisogno di mandarti nuovamente una lettera, perché mi sono reso conto, che scrivere per te mi dava un senso, mi teneva impegnato a pensarti. Non posso dire di aver vissuto bene, ma meglio in confronto a prima che ti incontrassi.
Vorrei dirti cosa ho intenzione di fare e ripeterti per la millesima volta, come nelle altre mie lettere, quanto la tua assenza mi stia sgretolando lentamente, facendomi diventare un mucchio di cenere, come tutti i fogli di carta stracciati, buttati nel camino di fronte a me, inceneriti e morti.
Come ricorderai, spero, non sono mai stato un ottimo scrittore, e potrai immaginare la difficoltà che io abbia trovando per scriverti ogni mio stato d’animo per un anno, ma a me non importava e importa, perché so che tu avresti capito nonostante tutto.
Domani prenderò il primo treno per la grande Londra e lì ricomincerò da zero.
Zero significa niente, vuoto. In questo caso dimenticare tutto, lasciare tutto indietro, alle spalle, rinascere. E io vorrei rinascere con i miei 23 anni lì, ma nel mio “rinascere” e “ricominciare” tu sei presente comunque.

Non riesco a dimenticare niente di te, non riesco a dimenticare quel mese passato insieme, non riesco a dimenticare il tuo viso, i tuoi occhi dolci del color verdi, legati con leggere sfumature color verde scuro,quel verde scuro di cui ne è rilegata la speranza, che porto ancora con me pensandoti ogni giorno, la tua voce, le tue morbide labbra, la carnagione d’orata baciata dal sole, i ricci spettinati ricaderti sulla fronte, la tua risata, quella risata che mi faceva rivivere, che dava un senso ancora una volta alla mia vita, che dava un senso, l’ennesimo forse, al fatto che io ero lì con te e continuavo a ringraziare qual buon dio lassù avesse deciso di mandarti qui.
Nelle lettere precedenti non ho mai parlato tanto di quel mese,più che altro ti dicevo come la tua assenza mi distruggeva, ma come riusciva a farmi andare avanti. Ma ora voglio ricordare, voglio scrivere di noi, di quel bellissimo agosto 1964 passato insieme, perché qualunque cosa ti porti a non rispondermi non importa, ma vorrei che ricordassi con gran gioia e amore, almeno spero, quel poco tempo, che avrei voluto non finisse mai e soprattutto, vorrei  che sapessi cosa mi hai provocato, dal primo giorno che ti ho visto, a seguire…


Ricordavo ancora che quello era un giorno speciale. In questo piccolo paesino non si trovano spesso famiglie ricche che decidono di alloggiare in una locanda per più di due settimane, eppure la tua famiglia per quanto odiosa sia, non potrei mai ringraziarla di aver scelto proprio la locanda di mio padre.
Una famiglia ricca alloggiare da noi per un arco di tempo maggiore alle due settimane…  Non era mai passata neanche per l’anticamera del cervello a mio padre che questa cosa sarebbe potuta succedere, eppure è successa.
Eravamo emozionati, mio padre più che altro per ché da qualche anno, a quella parte nessuno alloggiava, se lo faceva era per un notte, e la maggior parte delle volte, senza il servizio colazione o cena, perciò ti lascio immaginare come andava avanti l’economia di casa mia, fino a quando non trovai un lavoro nel cantiere, dovevo raggiungere la maggiore età e prima, l’unica cosa che facevo era aiutare quel pover’uomo di mio padre, a tenere la dimora che ci permetteva per lo meno di mangiare, in condizioni adeguate.
 Mia madre se n’era andata troppo presto, aveva lasciato troppi problemi, e un grande vuoto incolmabile in me e mio padre, e tu Harry, sei riuscito a curare il mio vuoto.

Fatto sta, che a me, del grosso nome della tua famiglia, scritto su quel registro, alla ricevitoria della locanda, poco importava.
La maggior parte dei ragazzi che hanno vissuto come me, per giunta senza una figura materna che faceva da faro, nella grande nebbia chiamata adolescenza, avevano preso molte strade sbagliate, e si sa, un padre molte cose non può aggiustarle tutte da solo, e si era anche rassegnato con me dopo che si è reso conto che rubare era la nostra unica salvezza, e io il ladro sapevo farlo benissimo.
Quel giorno, mi aveva pregato di non fare niente, che se perdevamo la tua famiglia come clienti saremmo finiti per non portare a termine quello che stavamo facendo. Quei soldi servivano per pagare il metro di terra del cimitero per la bara di mia madre, perché papà ci tenne tanto, e così anch’io, la mamma meritava di stare di stare in pace e essere sepolta in un posto adeguato, perché lei aveva fatto tanto, è stato solo colpa di quella stupida malattia a portarla via, lei ci aveva dato tutto, e non meritava che il suo corpo non fosse seppellito a dovere.
Ma comunque, la voglia di prendere qualche gioiello a tua madre, o qualche tua camicia firmata così da ricavarne un bel gruzzoletto c’era.

Avevo programmato tutto a dovere, niente poteva farmi cambiare idea, fino a quando quella tarda mattina, tu non scesi dalla tua auto e venni travolto dal calore che Doncaster emanava.
Mi bloccai di colpo, perché non pensavo che potessero esistere persone così belle.
Sembravi quasi surreale, quel leggero venticello caldo ti spostava i capelli verso destra e il tuo fare per metterli a loro posto era delicato, sensuale e persuadente quasi. I tuoi occhi erano una fessura verde che imprecavano per il vento, non molto forte, ma che gli davano  un gran fastidio.
Una ragazza dai tuoi stessi lineamenti si avvicinò a te, intuii fosse tua sorella, soprattutto per la forma degli occhi, e ti osservavo accuratamente restando incantato quasi accecato da quella luce che emanavi. Mi puntasti gli occhi addosso, e io riuscii a mala pena a sostenere i tuo sguardo arrossendo. Non ero mai arrossito prima di allora, così che la prima cosa che pensai fu
“È bellissimo.”
Il fatto che il tuo maggior domo, che poi tutt’ora non capisco il perché di portarlo lì, mi posò le valigie, mi svegliò da quel meraviglioso sogno, incantesimo, magia, non so neanche come definire quell’attimo.
Ricordo ancora le sue parole, soffocando un leggero sorriso ripensandoci “Su giovanotto, che fa dorme? Prenda queste valigie e le porti di sopra, sì svegli un po’, sembra che ha visto qualche figura soprannaturale.”
In effetti avevo visto qualcuno di soprannaturale, e ricordo ancora che tu a quelle parole avevi accennato un mezzo sorriso divertito, abbassando il capo ed entrando in locanda.
“M-mi scusi, le porto subito sopra.” Balbettavo appena.
Cosa mi avevi fatto in quegli istanti mio dolce Harry?
Quella mattina mi avevi disarmato.
Mio padre mi aveva parlato delle vostre intenzioni di passare la mattinata all’aria aperta, e il mio piano per rubare qualcosa era più che perfetto, ma non ne avevo più la forza, forse neanche l’intenzione. Mi avevi catturato, per un attimo in quella mattinata non pensavo alla mia solita e dolorosa vita, non pensavo alla mamma, non pensavo a rubare il minimo centesimo alla tua famiglia. Lì avevi iniziato a salvarmi, perché forse lo sapevi, lo sapevi fin dall’inizio, quando mi sorridesti.
In quei giorni non c’eravamo rivolti la minima parola, io ti guardavo da lontano, pensando che fossi troppo prezioso per me, ma alla fine pensai..  le cose preziose diventavano mie, potevi diventarlo anche tu?



Avevo sentito vagamente il tuo nome mentre servivo le pietanze a tavola,una sera con Mrs. Grate, -papà aveva insistito tanto per assumerla e darci una mano, diceva che una figura femminile doveva esserci, anche per non dare nell’occhio per essere soli uomini. Io non ero d’accordo con lui, quello che faceva lei lo faceva la mamma, e mi sentivo quasi come se l’avessimo tradita- la tua sorellina più piccola lo gridava in continuazione, “Harry, Harry..” e tu con fare angelico esaudivi ogni sua richiesta, mi incantavi, ancora.
“Scusa giovanotto?” la voce di una donna acuta e con mo’ di disprezzo mi chiamò. Non sapevo se ringraziare tua madre quella sera, o tirarle l’intero vassoio in testa.
“Sì?”
“Questa carne le sembra cotta a puntino? Guardi qui, è bruciata!” per un istante volevo scoppiare a ridere, ma poi le parole mi uscirono dalla bocca senza neanche il tempo di rendermene conto “Tagli via quel pezzo e lo matta ad un angolo del piatto, semplice no?”
Mio padre mi aveva pregato di essere gentile e di ubbidire ad ogni richiesta mi veniva fatta dalla tua famiglia, ma quella di tua madre non sembrava affatto una richiesta, e la mia risposta era più che accettabile.
Ricordo, meglio di ciò che disse tua madre, il tuo sorriso alla mia risposta, come per ringraziarmi di averle risposto in quel modo.
“Come scusi?” Dio, pensai che quella donna oltre ad essere estenuante doveva avere anche un debole per la minima sciocchezza fatta bene.
“Ha sentito. Vuole anche che gliela tagli io? Subito allora.” Mi stavo avvicinando, mentre sentivo il tuo sguardo addosso, ma in quel momento non mi sentivo imbarazzato, d’altronde non lo ero mai stato, se non quella mattina appena tu misi piede qui.
“Ma si allontani per favore! Vada via.” Continuava.
“Mamma per favore, smettila.” E lì, invece di smetterla lei, mi bloccai io. La tua voce era un suono così soave, quasi un canto leggero, soffice e fine, nonostante il tono infastidito e roco, risultava dolce comunque, quasi come zucchero.
“Dica a suo padre che me ne faccia un’altra, e cotta per bene!” quella donna aveva rovinato ogni magia che la tua voce aveva creato nell’aria, quasi come se fosse volata via.
“Lei non da ordini a nessuno, ora mangi questa e si accontenti, anche se è leggermente rosolata non muore nessuno.”  Le sputai con voce acida ad un fiato, mentre mi guardavi quasi con mo’ di soddisfazione per averla risposto in quel modo.
“Certo Mrs. Styles, le porto subito un’altra fettina come desidera, mi scusi se l’ho fatta rosolare troppo. Louis, con te parlerò più tardi.” C’era mio padre sulla soglia, e i miei occhi erano chiusi in una fessura che racchiudeva rabbia, odio, e umiliazione.
Ricordo ancora i tuoi occhi, che quasi riuscivano a leggere quello che c’era nei miei,ricordo l’azzurro unirsi al verde quasi come qualcosa di straordinario e ricordo il fatto di essere uscito, di essere andato sul dondolo, nel retro della veranda a fumare, fu lì che la nostra avventura iniziò realmente.
Aspiravo velocemente con foga, ero dannatamente arrabbiato con mio padre e quella donna che sembrava una regina o non so. Continuavo a chiedermi cosa poteva aspettarsi da una locanda in un piccolo paesino, Buckingham Palace con tanto di banchetto?
A persone umili come noi dava fastidio un atteggiamento del genere. Noi tutti sudavamo per una fettina di carne, lei l’ha cestinata, con tanto di consenso di mio padre in un batter d’occhio.
“Hei” la tua voce roca e persuadente riecheggiava in quel silenzio notturno, se non fosse per il brusio di qualche animale lì.
Alzai gli occhi e ti vidi. Il tuo viso era illuminato dalla luce del portico e i tuoi occhi erano di un verde splendente e non potei non pensare alla speranza.
Ti sedesti vicino a me, e provai quello che non avevo mai provato.
Il mio cuore cominciava ad accelerare. Cos’era? Imbarazzo? Paura? Paura di cosa poi?
“Scusala mia madre, sai non la sopporto neanch’io quando fa così, a volte sembra non capire quanto duramente lavori la gente per procurare cibo e altro.”
Avevi esattamente espresso quel che girava nella mia testa, quasi mi venne voglia di sorridere.
“Lo noto” ti dissi.
Avevi lo sguardo su di me, così decisi di guardarti anch’io.  Eravamo a pochi centimetri di distanza, e lì lo vidi, il tuo sorriso per la prima volta.
Fece spazio alle labbra, che si schiudevano leggermente, e dei denti bianchi perfetti cominciavano a prendere spazio e insieme a due grosse fossette che si fecero sempre più marcate sulle tue guancie. Eri bello, eccome se lo eri, eri dannatamente bellissimo. Mentre le tue labbra tenere rosee con quella forma perfetta e scolpita fecero  uscire quella sorta di tesoro nascosto in esse. Mi mancò quasi il fiato. Ti sarai accorto che lo fissai per un po’, e sentii soprattutto il viso avvampare. A distrarmi fu la tua risata, te n’eri accorto, eccome.
Ti offrii un tiro, e tu rifiutasti. Cominciammo a parlare del fumo, e di quanto potesse darti fastidio, per un po’ pensavo quanto tu potessi essere paranoico, ma starei stato lì a parlare un eternità,e poi qualche risatina scappava.
“Scusami, io ora devo rientrare, devo aiutare mio padre a rimettere apposto la roba.”
“Certo, perdonami se ti ho trattenuto. Ti fa di vederci domani? Sempre se non hai da fare, vorrei dare un occhiata a Doncaster.” Ed è lì, che il mio battito, calmatosi, da quella forza che lo fece battere all’impazzata che d'un tratto si fece viva di nuovo, forse più di prima. Uscire con te? Forse era la cosa che volevo di più, ma non c’avevo neanche pensato. In qualsiasi caso accettai.

Come ho detto prima, non so se ringraziare tua madre quella sera o tirarle qualcosa in faccia, perché tu hai parlato con me e, proprio da quella sera abbiamo cominciato ad uscire insieme,nonostante le pretese di quella donna che ti ritrovavi come madre.
Mi feci conoscere le parti migliori di te giorno per giorno, quelle che mi prendevano, che mi fecero sentire bene, quelle che non mi fecero pensare al passato, ma pensare ad essere lì con te, a pensare a noi.
Avevo abbandonato la vita da “ladro” e stranamente mi sentivo meglio, perché tu Harry, eri quella svolta che mai nessuno nella vita si aspetta, quella che arriva all’improvviso, e penso di non essere stato più fortunato ad avere io quella svolta, ad avere
 te come svolta.

“Mi piace Doncaster sai. Sei nato qui, o sbaglio?”

“Sì, ma questo è nulla, dovrò portarti in un posto veramente speciale. Credo il più bello per me.”
“Voglio andarci, mi piace conoscere posti nuovi. Voglio andarci il prima possibile!” mi dissi, e io avevo voglia di portarti il prima possibile nel posto magico, e ad incoraggiarmi fu soprattutto il tuo entusiasmo e il tuo dolce sorriso da bambino.
Come ti dissi appena arrivati lì, tu eri la prima persona ad essere a conosce za di quel posto.
Mi chiesi un innocente “Perché?” e ti dissi che non mi piaceva che la gente andasse lì, perché quello era il mio posto.
Mi rifugiavo lì sin da bambino, su quella montagnetta che andava ad alzarsi, ma per il momento c’eravamo fermati lì. Quando mia madre morì, lì era come se potessi sentirla, era come se il vento che mi accarezzava la pelle fossero le sue dolci mani, e il canticchiare degli uccelli la sua dolce voce canticchiare una canzoncina quella che era solita cantare in cucina o mentre faceva le pulizie.
Erano passati dieci anni dalla sua morte, ma io avevo bisogno più che mai di lei, più di nessun altro, ma questo non lo sapeva nessuno, ma tu eri l’eccezione alla regola Harry, e sapevi anche questo.
“E lissù? Non si può andare?” chiedesti con fare innocente
“In verità sì..”
“Allora.. andiamo?” ricordo ancora il tuo sorriso eccitato.
“Magari più in là, quello è un posto speciale, ma ti prometto che un giorno ti porterò lì.”
Sembravi quasi dispiaciuto, ma sorridesti di nuovo, come se sapevi, ancora..
Le due settimane, le passammo lì, e penso che fu quando parlai con te del dolore che portavo dentro da anni e del fatto che tu riuscisti a trovare le parole adatte per farmi star bene, che cominciai a provare qualcosa di più, qualcosa di strano, bello, tanto bello, che non avevo mai provato in vita mia, che nessuno era riuscito a farmi provare, ed era strano anche per me provare qualcosa del genere.

Ti avevo parlato all’inizio del mio stare lontano dalla gente, di trascurarle, di non provare nessun sentimento.
Provavo solo amore per mio padre, mia madre.. e per te.
Sì Harry, fu lì che mi innamorai di te, fu tutto di te che mi fece innamorare, e questo lo sai, ma sai anche che non mi stancavo mai di ripetertelo e non mi stancherò mai, fu lì che tu sapevi già tutto, sapevi come sarebbero andate le cose, fu lì che proprio quel giorno eravamo vicini, troppo vicini.

“Ti sei mai innamorato Louis?” mi chiedesti con la tua voce calda preso a guardare le mie labbra, a scrutarle, a pensare di farle tue.
“Non lo so.. credo di sì, e tu?” era l’unica cosa che veniva da dire, perché io mi ero innamorato, ma forse in quell’istante non mi sentivo pronto a dirtelo, ma a te non bastava quella risposta.
“Dai Lou, cosa vuol dire non lo so? Sì o no?” la tua dolce voce mi rapiva, come sapeva fare ogni volta. Mi ipnotizzava, mi rendeva fragile, mi sentivo sciogliere ogni volta che pronunciavi qualcosa, era dannatamente dolce il tuo vociare, era bello sentirti parlare, ma era ancora più bello posare le labbra sulle tue, e così feci.
Ti baciai e tu lasciasti che io lo facessi, ricambiavi, infilavi le mani nei miei capelli, e li spettinavi, eri preso,  nello stesso modo in cui ero preso io, e continuavi a baciarmi incessantemente con più forza, forse anche foga per avere aspettato così a lungo quel momento. Ricordo il modo in cui abbandonammo l’incrociare delle nostre labbra, per prendere fiato. Appoggiai la fronte alla tua, scrutandoti le labbra, gli occhi, accarezzandoti, ad un tratto mi dissi “Allora Lou, sei innamorato si o no? Perché io lo sono, sono follemente innamorato di te.”

Erano le parole più belle che avessi mai sentito “Perché io lo sono, sono follemente innamorato di te.” riecheggiavano e risuonavano nella mia mente con la stessa dolcezza con cui l’avevi detto, e quasi stentavo a crederci, erano la melodia più bella che avessi mai sentito, un eco infinito, nella mia mente non riuscivo a non pensare a quelle parole che sembravano poesia.
“E io lo sono di te, Harry.” Questa fu la mia risposta, prima che tu ti avventassi nuovamente su di me, e ricominciammo quella dolce danza fra labbra, lingue, emozioni, sensazioni, fra le nostre mani incrociarsi, i nostri bacini muoversi a ritmo di quel lento valzer infinito in un tardo pomeriggio di agosto nel più bel posto di Doncaster.
 
Ricordo che ogni giorno a seguire lo passammo lì, immersi in baci, carezze, abbracci, e anche battibecchi, ma noi eravamo complici, così con la stessa velocità con cui finimmo di battibeccare concludendo quelle sciocchezze con risate fragorose ricominciavamo a baciarsi, ricominciavamo a ballare quella nostra dolce danza.
Agosto stava ormai finendo, e tu dovevi partire, la grande Londra ti aspettava, e io potevo solo sognare di andare lì tra qualche anno, tu non volevi abbandonarmi, ricordo i pianti dell’ultimo giorno, credo di non aver mai pianto così tanto se non al funerale di mia madre, ma ricordo meglio il giorno precedente, quello dove tu Harry, sembravi un principe, il mio.
“Quindi oggi mi porterai lassù Lou?” continuavi a dirmi come un bambino che non attendeva altro che il suo desiderio veniva esaudito
“Si Harry, sono ore che te lo ripeto.” Ti sorrisi mentre appoggiavi la testa sulla mia spalla.
“E.. che Louis, domani è l’ultimo g..”
“Per favore Harry.” Ti bloccai. Non ti dissi quanto dolore provai, ma tu lo sapevi, come tutte le altre cose d’altronde.
Ti portai in cima alla montagna, alla nostra nostra montagna, al nostro rifugio.
Ti avevo portato solo a valle, stavamo stesi all’ombra delle grandi querce, non avevo portato nessuno in cima, e volevo portarti lì, farlo nel momento adatto. Ho aspettato così tanto.

Arrivammo. Quasi mi ero dimenticato quanto fosse bella la vista da lì.
Si vedeva una grande valle, era una delle poche lì, quasi belle come quelle che c’erano in Irlanda.
Verde di ogni tonalità si poggiava su quel terreno da creare così un dipinto perfetto, quelli che in una galleria ti fanno fermare a guardarli, esaminarli, goderli. E tu eri esattamente in quel modo. Quasi incerto del paesaggio che avevi davanti, e mi ricordo che l’unica cosa che dicesti, dopo aver ripreso in un certo senso fiato fu, “È splendido.”
E lo era,lo era proprio come te. E ho aspettato tanto perché solo una volta all’anno, quando il sole tramonta si verifica una delle cose più bella mai viste fin ora.
Spicchi di Sole li chiamavano..
La cosa che mi ha affascinato  ad essere sincero, è stato il fatto che non mi chiesi il perché avvenissero, e l’apprezzai, perché lì per lì non avrei saputo risponderti, e neanche ora.
Somigliava che il sole si dividesse, quasi in piccoli pezzettini, non molti solitmanete, qualcuno, ma quella volta ce n’erano un bel po’.
Si staccarono, si disperdevano, ma poi ritornarono di nuovo a riavvicinarsi, senza più diversi.
“Ti amo Harry.” Fu li che lo dissi. Che te lo dissi, e tu ti girasti, come se fosti più affascinato dalle mie parole che dallo spettacolo sotto i tuoi occhi.
Sorridesti con quel dolce sorriso, quello che è riuscito a catturarmi cuore, anima, quello che è riuscito a farmi tuo.
“Anche io Louis, e lo farò per sempre.” Furono le ultime parole, prima di baciarmi, in quel bacio quasi bisognoso, pieno di vita, di quelli belli, pieni d’amore che si danno una sola volta nella vita, quelli che non si scordano, che se ci ripensi, il tuo corpo è percorso dallo stesso brivido di quel giorno.
Ti amo Harry, e lo farò per sempre.

Tuo Louis x

 
 
 
12 Maggio 1970 Londra


“Mr. Styles?” sentii Taylor chiamarmi.
Quella casa era vuota ormai ai miei occhi. Nessun mobile, nessun tavolo, nient’altro poteva dar vita a quella che un tempo era la mia dimora, dove avevo vissuto fin troppo a lungo.
“Dimmi pure Taylor.”
“Mr. Styles, sua madre nel testamento ha scritto che c’era anche questo per lei.”
Una scatola di legno, di dimensioni non molto grandi, ma larga, e grossa.
“La lascio solo Har.. Mr. Styles”
Annuii senza guardarlo. Il mio sguardo era stato catturato dalla scatola nelle mie mani.
Mi sentii quasi cedere, debole, indifeso. So che c’era qualcosa lì, qualcosa di importante.
L’aprii…
C’erano lettere, tante lettere, erano di Louis. Oh il mio Louis. Non mi aveva dimenticato allora, mi aveva scritto in continuazione e mia madre… lei le aveva nascoste.
Partito da Doncaster non passai periodo più brutto. Non che ora stia meglio, ma ne avevo quasi fatto una ragione che non mi scrivesse più, e invece lui mi aveva scritto.. mi aveva scritto tante volte, forse troppe, e io non avevo mai risposto. Ma d’altronde come potevo… Non sapevo nulla. Perdonami Louis ti prego.
Presi la prima lettera, quella meno ingiallita, 19 Settembre 1967, era recente. Le altre risalivano tutte al ’65, ed erano ordinate per giorno. Mi scriveva ogni giorno. Mi ha scritto ogni giorno per un anno.
Cominciai a leggere, sentendo quasi la sua voce leggerla che riecheggiava nell’aria.
 Lacrime infinite tenute dentro per troppo tempo fuoriuscivano come una cascata, fuoriuscivano con il bisogno di essere viste da tutti, da quella donna, che mi aveva privato della felicità.
Continuai a pensare di avere un futuro con Louis come avevamo deciso di fare,continuai a  sognare di poter fare tutto con lui, perché io lo amavo e avevo bisogno dei suoi dolci occhi, del suo azzurro felice, spensierato, pieno di vita.
E invece ero arrivato al tal punto di non sapere niente di lui. E se fosse morto? Quel pensiero cospiratorio mi catapultava dentro come l’unica opzione plausibile, ma la scartai d’impulso. Louis è vivo, e mi aspetta. Adesso era il mio turno, lui aveva fatto già troppo per me.
Ma da dove cominciare? Mi ero soffermato sulla frase “Prenderò un treno per Londra.” era ancora qui? Non lo sapevo. Non sapevo nulla..


 
 
Erano passati sette mesi da quando Harry trovò le lettere, ne leggeva ogni notte una prima di andare a letto, versando ogni volta lacrime, lacrime di un amore puro, quello innocente e vero.
Non smise di cercarlo, continuò per altri due anni, erano passati otto anni ormai, ma lui non si rassegnò, aveva la certezza di amarlo, come la prima volta che lo vide.
E proprio lì, pensando a quella prima volta, lo vide di nuovo, mentre attraversava la strada della fredda Londra Ovest. Era lui, era proprio lui.
L’uomo con quei riccioli ribelli lo rincorse, l’amato ci mise un po’ a riconoscerlo… ma poi, vi lascio immaginare il resto.
 

 
 
 
 
 
Salve a tutti.
Era da un po’ che non scrivevo e puff, nel bel mezzo della notte mi sono ritrovata una bella idea e buttarla su carta. Ma mi scuso per quello che è venuto, non è come me lo aspettavo ma è quasi l’una di notte e non posso pretendere niente.
Scrivendo questa os mi sono un po’ ispirata al libro se non che film “Le Pagine Della Nostra Vita” di Nicholas Sparks.
Alle lettere scritte giorno per giorno, all’amore estivo, alla madre infastidita dall'idea che suo figlio benestante potesse passare il suo tempo con un poveraccio. Insomma Nicholas è la mia ispirazione, avrò anche rubato qualche sua idea ma desideravo davvero farla una Larry di questo genere.
Per il resto mi scuso per errori, ho riletto, ma essendo quasi l’una ho gli occhi che si chiudono da soli, quindi pardon.
Credo che in questo angolo autrice mi stia dilungando troppo. Fatemi sapere pure cosa ne pensate, recensite! Sono davvero curiosa, aspetto un vostro giudizio.

Un bacio,
Miriam

  
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