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Autore: Soqquadro04    28/07/2013    6 recensioni
Damon, Rose, un anniversario... e cinque minuti, semplicemente.
[Seconda classificata al "The Vampire Diaries - Pairing Game" indetto sul forum di EFP da FairLady@EFP]
Genere: Fluff, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Damon Salvatore, Elena Gilbert, Rose Famil | Coppie: Damon/Elena
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Seconda classificata al "The Vampire Diaries Contest - Pairing Game" indetto da FairLady@EFP

Interprete

Non posso darti soluzioni per tutti i problemi della vita
Non ho risposte per i tuoi dubbi o timori,
però posso ascoltarli e dividerli con te

Non posso cambiare né il tuo passato né il tuo futuro
Pero’ quando serve staro’ vicino a te

Non posso evitarti di precipitare,
solamente posso offrirti la mia mano
perche’ ti sostenga e non cadi

La tua allegria, il tuo successo e il tuo trionfo non sono i miei
Pero’ gioisco sinceramente quando ti vedo felice

Non giudico le decisioni che prendi nella vita
Mi limito ad appoggiarti a stimolarti e aiutarti se me lo chiedi

Non posso tracciare limiti dentro i quali devi muoverti,
Pero’ posso offrirti lo spazio necessario per crescere

Non posso evitare la tua sofferenza,
quando qualche pena ti tocca il cuore
Pero’ posso piangere con te e raccogliere i pezzi per rimetterlo a nuovo.

Non posso dirti né cosa sei né cosa devi essere
Solamente posso volerti come sei ed essere tuo Amico.

Jorges Luis Borges

Damon si è svegliato all'improvviso, un groppo in gola, ansante e sudato. Non è esattamente il giorno di Natale, del resto.
È ancora buio, ma l'alba già fa capolino dalla cima delle case, con una promessa di normalità che oggi non può sopportare.

Non è una giornata qualsiasi, in fondo.”

Elena dorme ancora, quando si solleva delicatamente a sedere. Le lancia un'occhiata, un minuscolo sorriso a incurvargli le labbra e ad accendergli di gioia e serenità – e unicorni e arcobaleni, già che c'è – le iridi.

Le lascia un bacio sulla fronte, allungandosi lentamente verso di lei, attento a non svegliarla.

La consapevolezza dei minuti – e poi delle ore – che scorrono, inesorabili, è forte, ma la tristezza da cui verrà sicuramente inghiottito se andrà lo trattiene a letto, dubbioso e preda di un'ansia fastidiosa.
Quando si decide ad alzarsi, l'aurora ha già fatto irruzione nella camera, colorando d'oro la pelle di Elena e scaldando piacevolmente la sua.

Cerca di scendere dal letto senza far sentire troppo lo scompenso a lei, muovendosi poi piano per la camera e raccattando i vestiti – nota un'altra camicia fatta a brandelli che dovrà buttare prima di uscire – mentre la osserva di tanto in tanto, di sottecchi.
Si sente in colpa, mentre si dirige verso la porta a passi felpati, facendo meno rumore possibile.

Sa che la preoccupazione la farà uscire di testa, quando troverà uno stupido biglietto che le augura un “Buongiorno, Elena. Stamattina non sarò a casa né a Mystic Falls, e ti prego di non cercarmi. Sto bene. Ti amo. Damon” dozzinale, comune, impersonale e decisamente poco esaustivo. Non è mai stato bravo con carta e penna, e questa inettitudine traspare dolorosamente da quel piccolo foglietto stropicciato.
Le ha mentito. Il senso di colpa si stringe attorno alla gola, andando a sommarsi a quella presa umida di ricordi che l'ha assalito appena sveglio.

Ne vale veramente la pena?”

Si volta ancora verso Elena, proprio mentre sta per uscire in corridoio, una mano appoggiata allo stipite della porta.
La osserva rigirarsi fra le coperte, cercando senza successo il suo corpo, lì accanto.

Prende in considerazione l'idea di aspettare che si svegli. Di chiederle di accompagnarlo.
Eppure, sa già che non lo farà. Questo giorno non può essere loro. Non ancora.
Forse non glielo farà mai capire, forse se ne accorgerà da sola. Ma non adesso.

Non quest'anno”, pensa, mentre distoglie lo sguardo e si dirige verso le scale.

*****

È piccolo e insignificante fra i mausolei in marmo del cimitero, in piedi e controluce – l'effetto non è male, anche se “la figura nera delineata perfettamente dal sole alle spalle” non è propriamente un cliché da antagonista. , ancora si ostina a giocare coi ruoli delle fiabe –, immobile di fronte a un albero, intento a fissare vacuamente il terreno.

Damon si muove verso l'ombra creata dalle fronde, lasciandosi cadere malamente a terra e appoggiando la schiena contro la corteccia nodosa.
Sospira, mentre le lacrime già premono per uscire, spinte dal ricordo di momenti troppo brevi. Le trattiene, le ricaccia indietro a forza.
Rose l'ha già fatto piangere una volta. Non può vincere ancora.
Sorride, amareggiato, mentre arriva alla conclusione che parlare alle tombe è uno dei suoi vizi peggiori.*

«Ciao, Rose.» la voce è solo un sussurro, flebile e un poco incrinata. Sempre lo stesso sorriso aspro e addolorato.

«Penso tu sappia perché sono qui. Parlando alla terra, perché non credo tu mi stia ascoltando, in questo momento.» scuote la testa, alzando lo sguardo al cielo. Damon segue con gli occhi il lento percorso di una nuvola, cercando un modo per non sentirsi stupido mentre chiacchiera amabilmente con il vuoto. Non ha nemmeno una lapide da fissare.

Prima di seppellirla, non aveva avuto il tempo di far incidere uno stupidissimo pezzo di marmo con date inventate – non avrebbe nemmeno saputo cosa scriverci sopra.

Compagna? Non lo era, non lo aveva voluto – “non amo uomini che amano altre donne. Ho più stima di me stessa di quanto si creda** – anche se, spesso, Damon aveva pensato che insieme sarebbero stati una bella coppia. Non terribilmente pieni di zucchero, perché fra loro non ci sarebbe stato amore – non quel sentimento devastante, radicato, incredibilmente forte che lo lega ad Elena –, quanto la convenienza della sicurezza. Essere in due era meglio che rimanere soli.

Figlia adorata? Dubitava che i suoi genitori avrebbero improvvisato una visita.

Forse, l'unica cosa che avrebbe davvero potuto scrivere era “amica di letto di un vampiro con problemi sentimentali patologici”.
Non esattamente una frase adatta ad una lapide.
Storce la bocca, Damon, quando una fitta al cuore gli dice che dovrebbe smetterla di ironizzare perché, tanto, è completamente solo, con l'unica eccezione di un corvo gracchiante che no, non ha chiamato, appollaiato esattamente sul ramo sopra di lui.

Perché, in fondo, Rose non era solo la sua amica speciale – sorride, ora, al ricordo dell'espressione di lei mentre pronunciava quelle parole, appena prima che le sue dita sfiorassero la stoffa di una vestaglia viola, scostandola e mostrando una ferita che non si era rimarginata. Era – è – molto di più, purtroppo.
Damon sospira, capendo che probabilmente la giusta iscrizione è un'altra.

Migliore amica di un vampiro con problemi sentimentali patologici. Sicuramente meglio che dare la possibilità di sparlare dei loro trascorsi affettivi ai quattro fantasmi che frequentano quelle tombe incrostate di licheni.

Mystic Falls non era neanche casa sua. Ma, almeno nella morte, aveva scelto di donarle un'illusione di appartenenza. Non aveva avuto i mezzi per portarla a St. Austell. Avrebbe voluto, ma non aveva potuto farlo.
Il buonsenso – seppur offuscato da un dolore più lacerante di quel che avrebbe mai immaginato – gli aveva suggerito che sparire per quei tre, quattro giorni che una sepoltura nei pressi di Londra richiedeva, e poi tornare come niente fosse, non era una buona idea. Così si era accontentato di un misero fazzoletto di terra nella parte vecchia del cimitero, dove i morti erano stati dimenticati da tempo. La maggior parte, almeno.

«Non so se sei a conoscenza degli ultimi sviluppi. Anche perché non ti sei più fatta sentire, dopo Denver, quindi...» Damon abbassa lo sguardo sui suoi piedi, facendosi improvvisamente interessato alle scarpe. Appoggia le mani sull'erba secca e giallastra, inspirando profondamente mentre la brezza gli scompiglia i capelli. E racconta al vento gioie, sconfitte, dolori.

«Sto bene. Stiamo bene. Dopo Silas, è tutto relativamente tranquillo. Se si escludono le frequenti crisi isteriche di Caroline – quella donna si crea i problemi da sé. Mi spieghi a chi diavolo importa se una stupidissima gonna per il primo giorno di College è blu invece che rossa?» un ghigno stanco, le mani che gesticolano animatamente, gli occhi di nuovo al cielo.

«Jeremy è tornato perfettamente normale. Pensante, cosciente e, fortunatamente, vivo e vegeto.» deve sembrare molto buffo – o forse soltanto completamente pazzo – visto da fuori. Non se ne fa un problema.

«Matt – proprio lui, uno degli ultimi esseri umani della cittadina con la più alta mortalità d'America – e Rebekah – metà città è ancora sconvolta. Io no, ovviamente. Si vedeva lontano un miglio che quei due si piacevano – sono da qualche parte in Europa. Praga, mi pare... o Parigi, non ricordo.» è vero, però, che non è rimasto sorpreso il giorno in cui Ken*** e Barbie Klaus si erano presentati alla porta della pensione, le valigie in mano, con la pretesa di interrompere lui ed Elena per i saluti. Era stato tentato di sbattere loro la porta in faccia e tornare di sopra, ma poi entrambi i Gilbert avevano fatto capolino dal corridoio ed aveva dovuto desistere.

«L'unico che mi preoccupa è Stefan. A volte non mi sembra lui.» sa che sta male. Non capisce perché ancora non sia partito, ma in fondo è consapevole del fatto che non dovrebbe stupirsene. Non è ancora pronto.
Damon sospira, riflettendo che forse non sono poi così diversi, loro due.

«Non abita più con noi. Ha preso una camera in un alberghetto fuori città, e ogni tanto lo incrociamo per strada... ed è strano. Non è mio fratello. Non quello che conosco io.» ma cosa poteva aspettarsi, alla fine? Congratulazioni, pace e serenità?

Quando – si rifiuta di pensare che probabilmente si tratta di un se – Stefan sarà felicemente occupato con un'ipotetica rossa tutto pepe in grado di tenerlo impegnato, in tutta calma, ritroveranno un equilibrio precario. Ma è ancora troppo presto, le ferite ancora troppo fresche.

C'è un'ultima cosa che deve dirle. Il sole è incredibilmente caldo sulla pelle. Rovescia il capo all'indietro, appoggiandosi di nuovo contro il tronco nodoso dell'albero.
Lanciando un'occhiata fra le fronde verdeggianti, nota che il corvo se n'è andato. Ora è veramente solo.
Sposta lo sguardo verso le sue dita. Giocherella distratto con un filo d'erba che ha strappato mentre era sovrappensiero, arricciandolo e stropicciandolo.

«Ed Elena ha scelto me, Rose.» sai che ancora non ci credo? Che la notte mi sveglio pensando di aver vissuto in un sogno, e un inizio di panico mi si attacca addosso finché non la vedo accanto a me? E che il mattino, quando la osservo svegliarsi e sorridermi, e dirmi “ti amo”, mi convinco che se anche è un sogno non mi importa?

Non lo dice ad alta voce. Trova i suoi stessi pensieri così incredibilmente sviolinanti da esserne quasi atterrito.
Espira, piano, fissando i movimenti cauti di un millepiedi sul marmo rovinato di una lapide poco distante da lui. O da loro. Ma è inutile che provi a convincersi: Rose non c'è.

Rimane immobile un altro poco, la testa inclinata, aspettando qualcosa. Non sa nemmeno lui cosa, esattamente.
Un tocco sulla spalla, forse. Un alito di vento freddo. Un movimento strano fra le tombe. Uno stramaledettissimo segno che gli assicuri che non ha
parlato da solo come un idiota per nulla.

Non arriva, ovviamente.

Damon sospira, il cuore gonfio di amarezza. Si alza, strofinando le mani sui pantaloni per ripulirle dai granelli di terriccio che si sono infilati fra le dita.
Si avvia lentamente verso i cancelli del cimitero, camminando piano, in silenzio, attento a non disturbare qualche passerotto che pare terribilmente fuori posto in quel luogo.
Sorpassa le cancellate in ferro battuto, raggiunge l'automobile parcheggiata proprio lì davanti.

Non sono passate più di due ore da quando è uscito di casa, ed è pronto – e questa è una bugia, ma sorvoliamo – ad affrontare Elena e tutta la preoccupazione che avrà represso dopo aver trovato il fantomatico biglietto.

Sospira ancora, mentre si accomoda al posto di guida, inserendo le chiavi nel quadro.
Non mette in moto, aspettando ancora un attimo. Ancora un secondo. In attesa di quel segno che gli dimostri di non essere solo, oggi. E funziona.

All'improvviso, l'autoradio si accende. Un rumore metallico e decisamente fastidioso invade l'abitacolo, nello stile dei peggiori film horror conosciuti – e anche sconosciuti, almeno alla maggior parte delle persone. Lui non è incluso fra quei fortunati, in effetti, ma questa è un'altra storia.
Damon aggrotta la fronte, confuso, mentre ascolta la fine di una canzone. Stavolta il sottofondo è particolarmente adatto alla conclusione di una commediola sdolcinata. Di nuovo, rimpiange di avere una categoria simile archiviata nel cervello.

«Love is an ocean wide enough to forget, even when we think we can't.****» rimane interdetto per un attimo, mentre le parole svaniscono e un presentatore dalla voce irritante annuncia il pezzo successivo.
In un secondo, un lampo di comprensione – di speranza – fa capolino in quegli occhi chiari. Un desiderio quasi timido, mitigato dalla consapevolezza di una probabile delusione. O almeno così capisce Rose, accomodata sul sedile del passeggero, intenta a scrutarlo attentamente.

«Rose?» la chiama sottovoce, atterrito dalla paura di non ricevere risposta. Lo sguardo le si accende di frenesia, e di entusiasmo, mentre cerca un modo per farsi sentire.
Alla fine, semplicemente, gli accarezza il braccio, sperando che quel brivido di freddo che gli ha fatto drizzare i capelli sulla nuca – ricorda ancora com'è affondarci le dita, stringere quelle ciocche nere fino a fargli lanciare uno sguardo infastidito nella sua direzione – gli confermi anche la sua presenza.

Damon le pare indeciso. L'ha percepita, però.
Cercando di convincerlo, allunga la mano, sfiorandogli la guancia. Lo osserva ritrarsi istintivamente dal freddo, mentre sgrana gli occhi.

Rose decide di aver fatto abbastanza quando lo vede riprendersi.
Inarca un sopracciglio, l'ombra di un ghigno a deformargli le labbra mentre la sfotte senza troppi complimenti.

«Ti ricordavo meno melensa. Ti sei ammorbidita, Di là?» che, tradotto, dovrebbe significare – approssimativamente. Non è più abituata a parlare con lui, e ciò la porta ad essere decisamente fuori allenamento – qualcosa come “bentornata, Rose. Sì, sono arrabbiato con te. Avresti potuto anche farti vedere, quando ne avevi la possibilità.”

Rose sospira. Non può sostenere una conversazione, ma ha ancora i suoi metodi.
Gli tira uno scappellotto sulla nuca, perfettamente consapevole del fatto che gli ha praticamente buttato addosso un secchio d'acqua antartica. Damon espira di botto, boccheggiante, i muscoli contratti.

Lancia un'occhiata minacciosa dalla sua parte – o quella che presuppone, giustamente, essere la sua parte – e ringhia. Non uno sbuffo, un rumore di gola appena accennato. Ringhia.
Rose sorride, soddisfatta. Lui non può farle assolutamente nulla.
È ancora così divertente farlo arrabbiare.

Poi Damon sorride, uno stiramento di labbra troppo malinconico per raggiungere gli occhi.
Mormora una frase sottovoce, ironico. Ma le iridi chiare che scrutano attentamente il sedile del passeggero, come in cerca di un movimento che sa di non poter cogliere, raccontano tutta un'altra storia. Rose si sente stringere il cuore.

«Non penserai che ti possa dimenticare, vero? Dopo tutta la psicoanalisi a cui mi ha sottoposto Elena dopo aver scoperto del sogno, sei sulla mia lista
nera.» Rose si limita a incurvare le labbra, comprendendo quello che ha voluto dirle in quella sua maniera terribilmente scorbutica e terribilmente finta. Potrebbe anche arrendersi all'evidenza, ma tanto non lo farà mai.

Non te ne andrai dalla mia testa tanto facilmente. Ogni tanto mi manchi. E grazie, di tutto e di nulla, Rose.”

Se lì dov'è confinata esistono certezze, una delle sue costanti rimane questa: Damon Salvatore non ringrazierà mai ad alta voce. Ed è lì che entra in gioco l'interprete, del resto.
Scuote un'ultima volta la testa, poi il nulla.

In un attimo è già sparita, lo stesso sorriso che aveva mentre accarezzava un cavallo passeggiando su una soleggiata collina fuori Londra a dipingerle il viso, un velo di tristezza appena celata per averlo dovuto lasciare solo, con soltanto un effimero soffio d'aria gelida a fargli compagnia.

Damon gira la chiave nel quadro, sentendo rombare il motore, e si avvia verso la pensione senza sorridere, gli occhi lucidi di lacrime trattenute che non verranno liberate, pensando che cinque minuti all'anno sono troppo pochi per due amici speciali.


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Note dell’autore: Ho ambientato la storia dopo la 4x23, il giorno dell'anniversario della morte di Rose.

* Mi riferisco, ovviamente, al fatto che nella 4x02 Damon si ritrova a parlare sulla tomba di Rick, credendo di essere solo.

** Cit. Rose; 2x11 – By the Light of the Moon

***Matt, of course. Anche se Ken è castano.

****L'amore è un oceano vasto abbastanza per dimenticare,
anche quando siamo convinti che non possiamo.


Cit. da “Ocean Wide” dei The Afsters


Spero vi sia piaciuta, che i personaggi siano IC e che lascerete un piccolo segno del vostro passaggio ù.ù
La vostra Soqquadro

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Giudizio

Grammatica e sintassi:
In questa sezione non ho niente di che da dire. Sei stata quasi perfetta.
C’è un errore del verbo Storcere, dove tu hai scritto Storge, invece è Storce, e qualche virgola fuori posto, ma nel complesso è tutto fluido, chiaro e corretto. Per queste due piccolezze non posso darti il voto pieno, ma è comunque un ottimo lavoro.
9.50/10

Forma e stile:
Anche in questa parte di valutazione sarò molto veloce, in quanto, conoscendo già il tuo stile e apprezzandolo molto, sapevo che la One Shot mi sarebbe piaciuta. Sei chiara e riesci ad arrivare ai sentimenti e all’introspezione dei personaggi - in questo caso di Damon -, in maniera così diretta che il lettore non può che restarne affascinato e conquistato. Non ci sono buchi, nella narrazione. Non lasci niente al caso. Per cui, qui, non posso che darti voto pieno.
10/10

Caratterizzazione dei personaggi:
Ammetto che questo pacchetto non era tra i più facili, anche se comprendeva l’inserimento di Damon, di cui abbiamo potuto ampiamente studiare il carattere. Il bel moro è stato piuttosto IC e te ne sono grata, perché è il mio personaggio preferito della serie. È stato ironico, pungente, a tratti sarcastico. Insomma, è stato il Damon che noi tutti conosciamo. Anche nei momenti di quasi dolcezza – ma non troppa –, l’ho riconosciuto. Mi è sembrato di essere tornata ai tempi in cui lui e Rose si tenevano compagnia a vicenda. Mi piacevano davvero tanto insieme. Per cui, complimenti! Anche per quanto riguarda lei, sei stata parecchio IC, seppur tu fossi preoccupata di non esserlo. Onestamente avrei preferito leggere un po’ più Rose in questo racconto, ma l’idea che hai avuto per questa OS, mi rendo conto, non lo ha permesso. Solo per questo non ti do il voto pieno. Sei stata molto brava, comunque.
9,5/10

Utilizzo dei Prompt:
Ed eccoci alla parte centrale del contest: i prompt.
La canzone, prima linea guida che ti ho dato, è stata utilizzata a dovere. Non solo hai citato una parte del testo all’interno della storia e hai fatto in modo che Damon l’ascoltasse, ma ha lanciato anche un messaggio. Gli hai dato un senso all’interno della parte finale, per cui non posso che darti voto pieno.
La coppia: la coppia, per l’idea iniziale che mi ha fatto decidere per questo pairing, era diversa. Cioè, il concept non doveva giustamente esulare dalla trama del telefilm, perché ovviamente saremmo cadute in un OOC stratosferico, ma la pensavo più come un qualcosa di, se non amoroso, quantomeno più sentimentale. Una coppia a tutti gli effetti, insomma. E Rose, il suo personaggio “attivo”, non compare che verso la fine, per cui qui, sebbene ti sia attenuta al prompt, non posso darti punteggio pieno.
Per il luogo e il tempo faccio un pacchetto unico e ti dico solo: perfetti!
19/20

Gradimento personale:
Sebbene, come ti ho anticipato, avrei affrontato la coppia in maniera diversa rispetto a come hai fatto tu, la tua OS mi è piaciuta moltissimo. Mi è piaciuta la dolcezza che hai donato ai pensieri di Damon, riguardo Rose. Mi è piaciuta perché mi hai fatto rivivere quella splendida puntata, regalandomi quelle sensazioni che mi avevano trasmesso loro due insieme. Inoltre, hai fatto emergere quel lato buono e sensibile di Damon, che non sempre riusciamo a vedere. Il modo con cui li hai affrontati tu è stato delicato e tenero, per cui posso dire davvero che hai fatto un ottimo lavoro. Bravissima!
9.5/10 

 

   
 
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