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Autore: Lou_    28/07/2013    7 recensioni
Le situazioni che ci troviamo ad affrontare, giorno dopo giorno, anno dopo anno, che siano belle, brutte, perenni, noiose, prima o poi un cambiamento ce l’hanno.
Può essere progressivo, lasciarti il tempo di ragionare e di vivere minuto per minuto quell’inaspettata occasione, o brusco, che ti stravolge nel profondo, lasciandoti sorpreso ad osservare la tua vita mutare e prendere forma, senza magari tu lo voglia.
Harry Styles la sua vita non l’aveva mai potuta definire sua, perché semplicemente non lo era.
Era malato, schiavo del suo male, costretto in un ospedale fino la fine dei suoi giorni.
Un'esistenza che andava sgretolandosi, a partire dalla sua famiglia.
Lo stesso giorno in cui se ne rese conto, si ritrovò ad affrontare un altro brusco cambiamento, senza valutarne conseguenze: Louis irruppe nella sua stanza trascinandolo con sé lontano, da tutto e da tutti.
Perchè lui lo voleva davvero, sapeva in fondo di meritarselo e Louis aveva un sorriso che ti scaldava il cuore. [...]
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
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“Chapter 16”
 
 




 
 
“Che rumore fa una persona che crolla?
E se non fa rumore, chi viene a raccoglierla?”

 
 
 
 
 

 
 
La porta della camera di Louis Tomlinson si aprì lentamente, facendo entrare uno spiraglio di luce, che squarciò il buio completo che avvolgeva la stanza, e lo stesso ragazzo, scosso e con un nodo alla gola.
Harry Styles si era infatti rifugiato subito dopo il ‘dialogo con Mark Tomlinson’ nella stanza del moro, chiudendo finestre e spegnendo le luci, avvolgendosi nel buio più assoluto e rannicchiandosi con le gambe al petto sul letto di Louis.
Il maggiore si grattò la testa, stringendo lo sguardo davanti a sé per riuscire a identificare la posizione di Harry, quindi tossicchiò per schiarirsi la voce e
“Harry, sono io…posso…posso entrare?” sussurrato con timore, un timore aggrappato alle parole sono io, quasi fosse una giustificazione più che plausibile per andare da Harry e i suoi pensieri.
Ed in effetti,era proprio così.
Il riccio non avrebbe risposto a nessun altro al momento, forse perché aveva bisogno di un abbraccio, forse perché voleva assolutamente non pensare alle parole acide sputate da quell’uomo poco prima, o forse non lo sapeva nemmeno lui.
-“Si” sussurrò quindi anche lui, in risposta, passandosi una mano sull’occhio e sforzandosi di sembrare tranquillo.
-“Sei…diventato una specie di vampiro per caso? Non si vede nulla qui!” provò a sdrammatizzare il moro, un sorriso incoraggiante in volto, anche se per il buio Harry non l’avrebbe notato, le mani davanti il viso per evitare di sbattere contro qualcosa.
Il riccio però non rise, mugugnò solo qualcosa contro le sue gambe ancora strette al petto.
Perché forse sapeva perché voleva solo Louis lì con lui, perché era l’unico che poteva illuminare una stanza buia; arrossì istintivamente al pensiero.
-“Scusami, stavo solo…scherzando.” Osservò rassegnato Louis, riconoscendo finalmente la figura del suo letto davanti a sé e un Harry rannicchiato timidamente sopra, quindi vi si avvicinò a tentoni.
-“No” si affrettò subito l’altro a rispondere, la testa alzata di scatto dalle ginocchia “fa sempre bene scherzare un po’ sai? Mi piacciono gli scherzi.”
Louis sorrise timidamente, incrociando le gambe sul materasso e attendendo che Harry parlasse di tutto quello che gli girava in testa.
Perché i miei pensieri e preoccupazioni sono sicuramente peggio dei suoi.
Perché mio padre è uno stronzo, e lo ha ferito.
Mi fa male vederlo così.
Voglio un tuo sorriso, Harry Styles, e qui in tutto questo buio non lo posso vedere, posso solo sentire il peso che ti porti addosso, e aiutarti ad alleggerirlo.
-“Hai parlato con Jay?” chiese Harry dopo un poco, lo sguardo perso nel buio.
-“Si e non lo vuole lasciare Harry. La nostra famiglia ne risentirebbe troppo e poi…Mark lotterebbe per l’affidamento delle mie sorelle e si sa che chi ha più soldi vince.” Cominciò amaramente l’altro, iniziando a giocherellare con le mani in grembo, la fronte corrugata, uno strano peso sul petto e un tremolio nella voce a pronunciare parole simili.
Harry si limitò a sospirare, impotente rispetto certe cose, cercando quindi con la mano quella tremolante di rabbia di Louis e la strinse delicatamente; Louis scosse la testa, sorridendo all’istante.
-“Ci penso spesso Harry, sai? Se non ti avessi mai portato via da quell’ospedale, se non avessimo viaggiato con la mia auto scassata da una parte all’altra della città…avrei fatto un errore fin troppo grande”
L’altro storse il naso, il cuore che batteva nel petto ad un ritmo incalcolabile.
-“Non ti avrei causato tutti questi problemi invece.”
-“Quali? Dimmi quali problemi, avanti.” Chiese retoricamente il maggiore, alzando di poco il tono della voce, infervorato.
-“Ma tuo padre…” provo allora il riccio timidamente, cercando di vedere nel buio il viso di Louis.
L’altro a quelle parole sbuffò sonoramente, si voltò verso Harry in modo da essergli di fronte e gli prese il viso tra le mani delicatamente.
-“Tu non devi ascoltarlo, non lo devi fare. Non ha minimamente ragione su qualsiasi cosa dica riguardo te, o noi. Non ti conosce, e non ne avrà mai la fortuna.”
Passarono qualche attimi di silenzio, il riccio sorrise silenziosamente, forse finalmente tranquillo accanto l’altro ragazzo.
-“Sto arrossendo per tua informazione” sussurrò quindi dopo un poco, scatenando una piccola risata da parte di Louis, che avvicinò piano il suo viso fino a incontrare quello del riccio e sfiorargli il naso.
-“E ora?” sussurrò sulle sue labbra il maggiore, non smettendo di sorridere.
Harry scoppiò a ridere di gusto, liberandosi dalla presa dell’altro e spingendolo con le mani contro il materasso alle loro spalle, in modo che Louis fosse steso sulla schiena sotto di lui.
-“E ora?” riprese il tono scherzosamente il riccio, sussurrandogli le parole contro l’orecchio e sfiorandogli il collo con le labbra, le mani attorno il suo busto.
Louis allacciò le gambe alla schiena del minore, tirandolo verso di sé, per poi allacciare anche le braccia attorno il suo collo e ridere, ridere silenziosamente, perché era dove voleva stare con Harry: abbracciato a lui e felice.
-“Ora te lo dico io cosa facciamo, Harry Styles” iniziò Louis tra risate sommesse dell’altro “ti bacio, ripetutamente e tutte le volte che voglio, facciamo l’amore esattamente in questa posizione e poi ce ne andiamo da qui.”
Harry arrossì, annuendo felice e “e dove andiamo?” chiese poi curioso, iniziando a soffiare languidi baci lungo il collo morbido del maggiore.
-“Londra, New York, Parigi… ovunque tu voglia…basta che sono con te” soffiò quindi l’altro, soffocando del piccoli gemiti di piacere e solleticando la schiena del riccio con le dita.
Harry rise, scuotendo la testa e scompigliando i ricci, per poi solleticare il naso di Louis con il proprio e “e dove li troviamo i soldi, o mio grande viaggiatore?”
Louis sbuffò contrariato, tirando nuovamente a sé il minore e sussurrando un “li fottiamo a mio padre, piccolo” che fece ridere di gusto l’altro, che riprese a baciarlo con foga, la voglia di sentire il sapore del maggiore sulle sue labbra, distrarsi e, perché no, viaggiare semplicemente con la mente, immaginandosi mano nella mano con Louis ovunque e da nessuna parte.
 
 
 
 
 
 

 
 
 
L’autovettura della polizia di Holmes Chapel arrivò poche ore dopo la chiamata del signor Mark Tomlinson, con al seguito un camioncino del telegiornale regionale e una folla di curiosi tra le strade.
Due agenti, in uniforme e dall’espressione contratta in viso, andarono a bussare alla porta di villa Tomlinson, cercando di farsi notare il meno possibile dai cittadini della città, invano.
Jay Tomlinson andò ad aprire la porta indispettita, pensando tra sé e sé che quella era una delle più pesanti giornate mai passate, per poi sentire la gola secca e un moto di preoccupazione in corpo nel vedersi ritrovare sull’uscio due poliziotti armati, un’autovettura parcheggiata malamente a pochi passi, una giornalista e un cameraman che intervistavano la folla riunitasi attorno il loro giardino.
-“Salve signora” provò rassicurante l’agente più vicino alla porta, evidentemente tra i due quello più bravo nel parlare, passandosi una mano tra i folti capelli neri “abbiamo ricevuto una segnalazione da questa zona, è qui che si troverebbe Louis William Tomlinson? Sa, il ragazzino comparso un po’ di tempo fa sui giornali…”
La donna rimase seminascosta dietro la porta, osservando prima l’uomo che aveva parlato, un sorriso rassicurante e duro allo stesso tempo in viso, poi l’altro, che teneva una mano ferma sulla pistola nella sua cinta.
Deglutì a fatica, respirando lentamente per non andare in iperventilazione e chiedendosi anzitutto chi avesse fatto la segnalazione.
-“Beh, potrei sapere prima chi vi ha chiamato?” chiese dunque, incerta.
L’uomo parve spazientito.
-“Non possiamo divulgare troppe informazioni a riguardo, piuttosto lei risponda alla domanda, o potrà essere perseguita dalla legge come complice del ragazzo.” Sputò dunque duro.
Jay sentì le guance diventare rosso fuoco, una voglia di piangere e disperarsi ma lo sforzo di rimanere tranquilla, un flusso di frasi e domande continue nella sua testa, che non le lasciavano il tempo di pensare lucidamente.
 
 
 
 
 
 
 


 
Mark Tomlinson intanto, sentendo il brusio generale fuori casa sua, sorrise mestamente tra sé e sé, raggiungendo a passi pesanti la stanza del figlio maggiore e bussando piano alla porta.
Si bloccò però all’istante nel sentire le risatine del figlio e del ragazzo riccio, i loro gemiti e rumori che lo disgustarono ancora di più, quindi senza troppe cerimonie spalancò la porta che aveva davanti e fulminò con lo sguardo i due ragazzi, svestiti e sorridenti, sul letto di Louis.
Louis si pietrificò alla vista del padre, diventando poi di un vago colore bordò in viso e allungandosi per baciare Harry sulla fronte.
-“Evita certe stronzate Louis e scendi di sotto, degli uomini vorrebbero parlare con te” il tono uscì dalla bocca dell’uomo  lapidario, ma non riuscì ad intimidire il figlio che invece sorrise amaramente, scuotendo la testa.
-“Sei stato proprio tu ad insegnarmi a bussare alle porte chiuse, aspetta che finisco qua e se ho voglia scend…”
-“No Loulou” lo interruppe nel silenzio creatosi Harry, sedendosi faticosamente sul materasso e passandosi una mano sui ricci scomposti.
-“Io so chi sono quegli uomini…li ha chiamati tuo padre, l’ho sentito mentre lo faceva”
Il sorriso di Mark si allargò ancora di più nel sentire quelle parole, perché stava facendo del male a quel ragazzo riccio, perché stava riuscendo a rimettere in riga quel figlio sregolato e imbarazzante.
Louis si voltò di scatto verso il riccio, un’espressione preoccupata in viso, poi guardò dritto negli occhi Mark, uno sguardo glaciale, privo di ogni possibile traccia di un sentimento paterno.
-“Lo hai fatto davvero? Chi hai chiamato?” la voce di Louis divenne più squillante per la preoccupazione.
Mark si strinse nelle spalle, rimanendo sulla soglia della stanza.
-“Scendi e lo vedi, ma non rimanere un secondo di più in queste condizioni con quello sfigato” esclamò rabbioso, per poi sbattersi la porta alle spalle.
Harry storse il naso, cercando i suoi vestiti nei dintorni per indossarli, quindi guardò Louis preoccupato e incerto sul da farsi.
Non voleva separarsi da lui, non lo voleva proprio fare.
Il moro invece parve pensieroso, poi scattò fulmineo verso la sua finestra, spalancandola per lasciar illuminare completamente la stanza e si affacciò, sentendo un brivido lungo la schiena.
-“Porca puttana” sibilò tra i denti, un brusio generale sotto la sua finestra, gente che parlottava riguardo la sua vicenda, giornalisti che filmavano qualsiasi cosa e un’autovettura della polizia parcheggiata malamente sul marciapiede.
-“Cosa…cosa c’è?” chiese allora Harry preoccupato, raggiungendo il ragazzo alle spalle e affacciandosi leggermente, per poi sentire le gambe cedere sotto il suo peso, una nausea invadergli lo stomaco.
-“C’è…c’è anche l’auto di mia madre” sibilò ad occhi sgranati.
Louis chiuse gli occhi, sentendo la voglia impellente di scappare, volatilizzarsi con Harry, fuggire.
Si voltarono all’unisono l’uno verso l’altro, lentamente, in silenzio.
-“E’ dav-davvero finita, piccolo…” sussurrò Louis, sentendo gli occhi inumidirsi.
-“Possiamo scappare Loulou, hai qualche porta sul retro o….” provò agitato l’altro, spostando lo sguardo per tutta la stanza e gesticolando nervosamente.
-“No Harry, non siamo in un film purtroppo e poi…dove andremmo senza neanche la mia auto?” chiese sconsolato Louis, allungando una  mano a carezzare la guancia morbida di Harry, che si morse il labbro, sforzandosi di non piangere.
-“Andava tutto benissimo Loulou, andava tutto perfettamente. Io-io ti amo, non voglio lasciarti, non voglio andarmene senza di te io…” sussurrò agitato il minore, una lacrima che gli solcava la guancia, la mano destra a carezzare quella di Louis sulla sua guancia.
-“Shhh” sussurrò allora il moro, avvicinandosi al viso del riccio e poggiando la sua fronte su quella dell’altro, gli occhi chiusi.
-“Ti amo Harry, ricordatelo sempre, io ti amo”
-“Lo so, cristo se lo so Loulou…ti prego baciamoci” pregò dunque il minore, soffiando le parole sulle labbra morbide di Louis.
Il maggiore sorrise stancamente, avvicinandosi per baciare Harry, stringergli le mani contro i ricci, pensare che lui era reale, lì, davanti a lui, ma che poche ore dopo sarebbe scomparso, forse per sempre, dalla sua vita.
-“Non ti dimenticare mai di me, Haz, capito?” sussurrò dunque Louis, finendo di baciare Harry per poi sfiorargli la fronte ad occhi chiusi con le labbra.
Il riccio tremò nella stretta di Louis dopo quel gesto.
-“Ragazzi, io vi avevo detto che conveniva muovervi” esclamò ironicamente Mark, aprendo in quell’istante la porta, un sorriso in volto che si spense nella visione di suo figlio che baciava nuovamente quel ragazzo riccio.
Sgranò gli occhi, quando i due agenti dietro di lui irruppero nella stanza, prendendo suo figlio per le braccia e staccandolo da Harry, che allungò una mano disperato, quasi gli avessero strappato una parte di lui.
Deglutì a fatica e si irrigidì nel vedere suo figlio che veniva trascinato di peso lontano da lui, dalla sua stanza, da Harry.
Ma soprattutto, sentì qualcosa all’altezza del petto quando vide suo figlio divincolarsi tra le braccia muscolose dei due agenti, per voltarsi verso il ragazzo riccio e mimare con la bocca un ‘non ti dimenticare mai di me’.
Forse, stava iniziando davvero a capire il sentimento che era nato tra quei due.
Forse però, era troppo tardi.
 
 
 
 
 
 
 
 


 
 
-“Fatemi vedere mio figlio!” urlò Anne, facendosi largo a spallate tra la gente radunata fuori dalla villa Tomlinson ed entrando di corsa nella casa.
Guardò con sufficienza la donna che piangeva nella stanza che doveva essere il salotto, sul divano abbracciata a due bambine, diede una spallata all’uomo sulla soglia delle scale, senza ottenere alcuna reazione da parte sua, per poi trovarsi davanti un ragazzino moro, dell’età più o meno di suo figlio, gli occhi azzurro cielo e un’espressione sopraffatta in viso, che veniva trascinato senza sforzo da due agenti della polizia.
Qui Anne si fermò, passandosi una mano tra i capelli scompigliati, tossicchiò leggermente e guardò fisso in viso il ragazzo, che però teneva lo sguardo basso sulle sue scarpe.
-“Scusate agenti, è lui Louis?” chiese freddamente la donna, ricevendo un cenno di assenso da parte dei due agenti, che non potevano proseguire poiché Anne sbarrava loro la strada.
-“La prego signora, dovremmo portare il ragazzo in centrale e…” l’agente che sapeva parlare meglio si interruppe e sgranò gli occhi nel vedere la donna assestare uno schiaffo sulla guancia del ragazzo, quindi pulirsi la mano sui jeans e scostarsi dal loro percorso.
-“Ha rapito mio figlio, questo lurido bastardo, mio figlio.” Commentò duramente lei, ricevendo degli sguardi apprensivi e alcoltempo stupiti da parte dei due poliziotti, che ripresero a condurre Louis fuori dalla casa.
Anne, cercando di sbollire la rabbia, alzò il viso dal pavimento per poi allargare gli occhi e sorridere, sorridere col cuore nel vedere la figura magra di suo figlio sulla porta di una camera da letto.
-“Tesoro mio….” Iniziò dunque a gridare, piangendo quasi dalla gioia e avvicinandosi al figlio a braccia aperte.
Harry però si scansò, quasi disgustato, fulminandola con lo sguardo.
-“Non dovevi farlo mamma” sibilò tra i denti, le lacrime soppresse negli occhi.
Anne rimase qualche attimo interdetta, per poi sospirare e volgere un attimo lo sguardo verso la porta d’ingresso, dove il ragazzino moro di prima usciva, accolto da un brusio generale della folla.
-“Non dovevo fare cosa? Quel ragazzo ti ha portato via da me, dalle tue cure, da Gemma, dalla tua vita…se lo meritava.” Affermò con convinzione l’altra.
Harry strinse le mani a pugno lungo i fianchi, mordendosi il labbro per evitare di gridare contro sua madre tutto quello che sentiva, tutto che aveva passato con Louis.
Evitò semplicemente di spiegare tutto alla madre.
Forse per compassione verso di lei, cieca nel non vedere che tanto suo figlio l’avrebbe abbandonata presto o tardi comunque, stupida, nel non vedere quanto fosse infelice in quell’ospedale, mentre con Louis era semplicemente rinato.
Cieca, forse per scelta, nel non vedere quanto Harry fosse stato felice senza di lei.
Storse quindi il naso, sospirò, sentendo il petto tremare per la voglia di piangere e, senza rivolgere nemmeno uno sguardo a sua madre sibilò un
“fai quello che devi fare, mamma. Riportami pure all’ospedale”
Perché ciò che aveva vissuto con Louis forse, era stata solo una bella favola, un qualcosa creato da loro in contrasto con la dura realtà.
E faceva male, un male da morire. 












Okay, calma *sospira*
Lo ammetto, mi ha fatto male scrivere questo capitolo, sarà perchè amo i larry o perchè mi piaceva come si erano sviluppati i personaggi ma...beh, spero abbia suscitato in voi le stesse emozioni.
Mi aspetto insulti e insulti per Mark gente ;)
Comunque dopo di questo ci sarà l'epilogo e poi finisce la storia :/
Vi giuro, mi dispiace tanto ma purtroppo era così che mi ero riproposta di farla andare.
Comunque vi dico che dal prologo capirete il titolo della storia :)
Niente, spero di non avervi fatto troppo sclerare per il ritardo e spero di pubblicare presto l'epilogo così non vi faccio troppo soffrire lol
E' che fa anche un caldo boia e stare al pc non è il massimo lol
Comunque davvero, vi ringrazio immensamente per le continue recensioni, davvero :)
Faccio sempre un salto sulla sedia quando ne ricevo una!
Ahaha si sono messa male.
Comunque vi auguro un buon continuo vacanze e.... ci si vede al prologo.
Vi ame <3
Lou_
  
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