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Autore: Blackbird_    28/07/2013    4 recensioni
Le confessioni di un ragazzo stanco, ma coraggioso.
A casa nostra, però, balliamo spesso. Lì siamo lontani dagli occhi di tutti, siamo solo io, lui, i nostri corpi e la musica di sottofondo. Piroettiamo in salone, ci stringiamo per un lento mentre cuciniamo, inventiamo nuovi passi mentre rassettiamo le stanze. Balliamo e ci baciamo, ed è tutto meraviglioso.
Genere: Angst, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Bravery

 

Ho occhi verdi, ricci scuri e due adorabili fossette al lato della bocca quando sorrido. Almeno questo è quello che la gente dice di me. La gente dice davvero tante cose di me. Spesso sono stato considerato anche un sex symbol. Quando un paparazzo qualsiasi mi ha chiesto se mi considerassi tale ho alzato gli occhi al cielo, ho ridacchiato, provocando l'ulteriore isteria delle ragazzine tutt'intorno a me. Già, perché paparazzi e ragazzine urlanti fanno parte della mia vita da qualche anno, ormai.
Faccio musica, è ciò che più mi piace fare al mondo. La musica mi libera dai pensieri, dal mondo attorno. La amo.
Esiste solo una cosa migliore della musica, nella mia vita. E più che una cosa è una persona. La mia persona. Lui è il mio migliore amico, è colui che mi è sempre stato affianco in ogni momento, è colui che amo più di chiunque altro.
Uno dei miei più grandi segreti è proprio questo: sono innamorato di lui da anni, lui spesso mi ricambia, a volte no. Ma non possiamo farne parola con nessuno.
Viviamo insieme, suoniamo insieme, dormiamo insieme, componiamo insieme. Siamo una cosa sola. Forse è questo che ci fa andare avanti nonostante tutto.
Amo lui, amo la nostra musica. Odio la nostra casa discografica e, spesso, detesto anche le nostre fan. Il mondo è pieno di omofobi, e due ragazzi giovani e famosi come noi non possono assolutamente mostrarsi a tutti in situazioni compromettenti. Siamo diseducativi e innaturali, ci dicono. Eppure il nostro amore è così spontaneo.
E allora, per nasconderci, siamo costretti a recitare la parte di qualcun altro. Lui finge di stare con una ragazza qualsiasi da più di un anno, un'universitaria anonima che, stranamente, nessuno conosce né ha mai sentito nominare. Lui è talmente bravo a fingere che spesso io stesso mi domando se non si stia davvero affezionando eccessivamente a questa sua fidanzata di copertura.
Io, dal canto mio, vesto i panni del latin lover, del Don Giovanni, del womanizer. Non mi viene particolarmente difficile, effettivamente. Mi basta sfoderare il mio sorriso migliore e chiunque cade ai miei piedi. Nessuno si accorge che quelli non sono affatto i miei sorrisi migliori, ma semplicemente di situazione. Quelli migliori sono quelli che affiorano spontaneamente ogni volta che guardo lui, quelli che coinvolgono ogni parte del mio volto. Da quando sono diventato famoso sono stato paparazzato con decine di ragazze, mai con la stessa, sempre famose e in vista. Una di loro, una cantante, sembra che mi abbia addirittura scritto delle canzoni, che abbia parlato della nostra dolorosa rottura. Mi diverto ad immaginare tutte quelle fan che, ascoltando quelle canzoni, mi dipingono come un ragazzo senza cuore. O, peggio ancora, tutte quelle che dipingono lei come la ragazza facile di turno che non mi meritava, che mi ha spezzato il cuore. Amare risate al pensiero di quelle insulse canzoni scritte dai produttori ultra pagati che cercano solo una via di guadagno facile.
Ho provato anch'io a scrivere delle canzoni sulla mia vera vita, sul mio vero amore. Ad una sono particolarmente affezionato. L'ho registrata da solo, senza il mio gruppo, col solo ausilio di un amico chitarrista che accompagnava la mia voce. Credo sia una delle canzoni più vere e sincere che abbia mai scritto. Paradossalmente, non è stata creduta. La gente non sa distinguere più la verità dalla menzogna, soprattutto quando si tratta di me. Hanno dato un'interpretazione del tutto erronea alle mie parole. Ma funzionava, ai produttori piaceva, addirittura. Non accade molto spesso che apprezzino canzoni scritte da me, le ritengono sempre troppo poco vendibili. Invece quella funzionava, e avrebbe funzionato anche spartita con gli altri del gruppo. Ma i nostri manager sono omofobi. Loro erano gli unici, oltre a me e a lui, a conoscere il vero significato dei miei versi. E il loro odio è più grande del loro desiderio di soldi. Quella canzone, quella che amo quasi quanto ami lui, non è mai stata distribuita. Nessuno ascolterà mai la verità. Posso solo canticchiarla a me stesso, ricordandomi quanto sia crudele il mondo.
Nessuno ascolterà mai la verità, tutti saranno sempre limitati a vedermi come un womanizer.
Ormai ho smesso di provare a dire al mondo quello che ho dentro. Nessuno mi ascolta, nessuno mi crede. Tutti si limitano alle apparenze. Ho trovato un metodo tutto mio per esprimermi, ormai. Quando ho qualcosa da dire, ho bisogno di raccontare qualcosa di me, lo faccio attraverso i tatuaggi. La mia pelle è ormai diventata la mia biografia. Chiunque mi chiede del loro significato non riceve risposta da parte mia, mi limito ad un’alzata di spalle e ad un laconico “sono solo tatuaggi”. Se solo sapessero che non è davvero così. Gran parte di quei tatuaggi, infatti, non è altro che una parte della mia storia d’amore. Le rondini, la nave, il lucchetto, tutti gli altri: non sono altro che frammenti di noi. Sono riuscito a contagiare anche lui, con la mia mania dei tatuaggi. Non apprezzava molto il fatto che mi riempissi le braccia e il petto di inchiostro, inizialmente. Poi anche lui ha capito che è necessario sfogarsi in qualche modo, prima o poi, se non si vuole implodere. Ora gran parte dei disegni sulla nostra pelle sono collegati fra loro. Io non sono nulla senza di lui. Come la mia nave non è nulla senza la sua bussola e il suo nodo d’ancoraggio. Come le mie rondini sono sole senza la sua rondine. Il mio ‘Hi’ non è niente senza il suo ‘Oops’, proprio come le cose che ci siamo detti la prima volta che ci siamo incontrati. Come il mio lucchetto non può essere aperto senza la sua chiave. Come la mia citazione non è tale, senza le sue virgolette. Sono il nostro modo di comunicarci amore eterno, così come sono eterni quei segni indelebili sulla pelle che ci uniscono inesorabilmente.
Adoro ballare. I miei amici spesso mi prendono in giro, mi chiamano ballerina. Durante i concerti mi sbizzarrisco con mosse audaci, ancheggio e faccio i pliè. Per tutti è solo autoironia. La cosa più bella è ballare insieme a lui. Prima accadeva, durante i nostri spettacoli, ad ogni canzone. Le nostre mosse preferite erano quelle alla Danny e Sandy di Grease. Ora i manager ci hanno proibito anche quello, e sono davvero rare le volte che riusciamo a muoverci insieme sul palco. A malapena riusciamo a scambiarci occhiate veloci. A casa nostra, però, balliamo spesso. Lì siamo lontani dagli occhi di tutti, siamo solo io, lui, i nostri corpi e la musica di sottofondo. Piroettiamo in salone, ci stringiamo per un lento mentre cuciniamo, inventiamo nuovi passi mentre rassettiamo le stanze. Balliamo e ci baciamo, ed è tutto meraviglioso.
Da quando la ragazza copertura è entrata nelle nostre vite, i momenti di quotidianità in casa sono diminuiti a dismisura. Lui deve uscire con lei, devono frequentare posti affollati per farsi vedere e fotografare, ed io devo restare a casa da solo. Casa nostra è così mostruosamente ed esageratamente grande quando lui non c'è. Mi tengo occupato cucinando i suoi piatti preferiti, lo aspetto fino a tardi alzato. Quando torna lo vedo mentre mangia con un sorriso stanco stampato in volto, mi racconta poco o niente della giornata, posa tutto nella lavastoviglie e si precipita in camera sua a dormire. In giornate simili quella stanza è offlimits per me. Imposto il lavaggio dei piatti e lo raggiungo al piano di sopra. Spesso già dorme, spesso è al telefono con lei o con i manager per organizzare l'uscita successiva. In sere come queste soffro una tremenda mancanza del nostro solito bacio della buonanotte.
Oggi è un giorno di quelli. Siamo qui in città da ieri, e la ragazza ci ha raggiunti questa mattina. Ovviamente sono usciti subito, in un bagno di folla. Io ho approfittato dell'uscita secondaria dell'albergo per sgattaiolare lontano da quella realtà che inizia a starmi stretta. Tutti mi vedono come il ragazzo gentile e disponibile, che ha sempre un sorriso in serbo per tutti. Sono l'unico nel mio gruppo, effettivamente, ad accettare di essere fotografato con tutti, a firmare autografi a chiunque me lo chieda, a sporgermi per ricevere milioni di abbracci da chi mi si avvicina. Sono un ragazzo forte, non demordo pur trovandomi davanti centinaia di ragazzine. La verità è che mi spaventano a morte i loro attacchi di isteria. Si accalcano su di me, non mi permettono di respirare, mi tirano i capelli per averne alcuni come reliquia da venerare, mi urlano contro, assordandomi. Quando finalmente riesco a chiudermi in albergo, il più delle volte piango come un bambino terrorizzato. Ma oggi non avevo voglia di essere circondato di attenzione. Fortunatamente Louisville è piena di stradine e viottole poco frequentate, e non ho avuto difficoltà a muovermi senza essere disturbato. Le passeggiate in solitaria mi fanno bene. Se non fosse per il concerto di stasera, rimarrei volentieri a girovagare fino allo sfinimento. Non ho affatto voglia di vedere la finta coppietta che da mostra di sè in albergo, questa sera. Non ho voglia di vedere la finta coppietta e basta, in realtà. Tutti credono che io sia amico d'infanzia di quella ragazza, che l'abbia presentata io al mio migliore amico perché la consideravo perfetta per lui. In realtà prima che i manager la ingaggiassero non la conoscevo minimamente, ed ora, in tutta onestà, meno siamo nello stesso posto e meglio mi sento.
Non mi sono mai reputato un tipo possessivo, ma condividere con lei il vero amore della mia vita mi da fastidio. Mi fa rabbia. Mi fa tristezza.
Sono un ragazzo che ha necessario bisogno di contatto umano, per trasmettere ciò che provo e per capire se anche per gli altri è lo stesso. Abbraccio spesso i miei amici. Abbraccio spesso lui. Ogni occasione è buona per me per sfiorarlo, per sentire il suo calore, per mostrargli la mia presenza. Durante le interviste ci sediamo sempre vicini ed ogni scusa è buona per poterci toccare. Casualmente lascio scivolare la mano sul suo ginocchio, con nonchalance lui mi circonda le spalle con il braccio. Le facciamo apparire sempre come casualità, come gesti naturali e a cui non facciamo nemmeno caso. Nessuno sa dei brividi che mi percorrono da capo a piedi ogni volta che ci sfioriamo. Mi ritrovo spesso stupidamente a sorridere, inebetito.
Perché le sue dimostrazioni d'affetto hanno su di me un'influenza positiva non calcolabile. Quando le sue dimostrazioni d'affetto sono pubbliche, poi, sono anche più elettrizzato. Perché solo noi capiamo il senso di quei gesti, nonostante tutti possano vederli. Perché solo io conosco il motivo di quel sorriso inebetito, nonostante siano molti a notarlo. È il nostro unico modo per ammettere a tutti del nostro amore. È la nostra piccola ribellione d'amore contro i manager e tutti gli omofobi.
Purtroppo non possiamo fare più di questo. Oltre a guardarci sorridendo, a sfiorarci, a infilare nelle nostre risposte dei velati riferimenti alla nostra vita, non abbiamo la possibilità di fare nulla. Tutto ci è vietato, e noi, salvo questi brevi momenti di anarchia pura, sottostiamo al volere degli altri.
Ed è proprio per seguire le direttive degli altri che spesso ci ritroviamo a ferirci l'un l'altro. Come quella volta in cui pubblicò una frase riguardo alla nostra relazione, definendola una stronzata. Ci ho creduto, per un attimo. Ci ho creduto eccome. E sono stato male come mai prima. Perchè forse non intendeva farmi del male, forse era semplicemente stufo di sentirsi dire di smentire ogni voce, ma per un attimo, anche solo per formulare quella frase, lui quelle parole le ha pensate davvero. Ha realmente creduto che la nostra storia fosse una cosa stupida. Mi ha pugnalato, infliggendo un colpo su una ferita già aperta.
Non è affatto facile vivere provando un amore simile. Si provano tante gioie, si soffre molto. La vicenda amorosa di Romeo e Giulietta, in confronto al nostro amore contrastato, non è nulla. Noi non abbiamo duelli né spargimenti di sangue, ma un intero mondo pronto a giudicarci e ad opporsi a noi. E anche solo il pensiero di ciò fa male, fa male davvero.
Perché non possiamo essere liberi di amare chi abbiamo voglia? Perché non posso stringere pubblicamente la mano a colui che considero la mia vera e unica anima gemella? È tutto così ingiusto.
L'amore che provo è l'unica cosa che mi fa andare avanti. Anche se spesso è ricambiato, ma a volte no. So che, prima o poi, potrò essere libero di amare senza limiti e senza restrizioni. E probabilmente solo allora anche lui non potrà più nemmeno pensare che è tutta una stronzata.
Nel frattempo l'unica cosa che abbiamo siamo noi stessi. Noi due, ciò che ci unisce, e il coraggio di andare avanti. Non abbandonerò mai, per nulla al mondo, tutto questo. Perché il più delle volte fa male, ma lui è la cosa più bella che mi sia mai capitata e non permetterò al mondo di portarmelo via.
Combatterò contro il mondo, se necessario. Basta avere un po' di coraggio.

   
 
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