Premessa: questa one-shot è ambientata dopo la 12esima puntata. Si tratta dell'episodio in cui il pronto soccorso deve affrontare un caso di peste, perciò l'ospedale è costretto ad un isolamento di cinque giorni. Sappiamo che Cristiana e Riccardo si sono baciati, ma questa volta, a differenza di quella della 2a puntata, la cosa si fa seria.
Quarantena
Teresa
aprì la porta della sala medici di una fessura,
dalla quale si insinuò sgattaiolando all’interno e
trascinando con sé la sua
borsa, che, con terrore della donna, per poco non rimase impigliata
nella maniglia.
Con sguardo indagatore e fare furtivo si guardò intorno
sotto le espressioni
attonite dei presenti.
«Hai
svaligiato una banca e vuoi condividere il bottino
con noi povere sfigate?»
esordì la Ranieri.
Teresa
ridacchiò sotto i baffi. «Molto
meglio.»
Si
avvicinò al tavolo e scostò i vassoi
con i resti della cena poco soddisfacente offerta per gentile
concessione della
mensa del Morandini e posò ad una ad una le bottiglie di
vetro che
appesantivano la sua borsa. L’attenzione fu subito
concentrata in quell’unico
punto: le donne accerchiarono il tavolo.
«Teresa,
ma…»
La
donna interruppe Esther prima che
potesse alludere a ipotetiche abitudini non propriamente salutari.
«Riserva
speciale del reparto di
neonatologia. Infermiere del turno di notte.»
«Ora
si spiega… Ma come le hai avute?»
«Storia
lunga» troncò, suddividendo una
colonna di bicchieri di plastica.
Rimasta
in disparte sino a quel momento, Cristiana
si levò in piedi e raggiunse le colleghe. «Non
vuole dirci che se n’è
appropriata con l’inganno» scherzò
sorridendo.
«Dottoressa,
le ho prese in prestito…»
Si
levò un coro di “seee”, “ma
va!”, “a
chi la racconti?”, ma Marina interruppe i tentativi di Teresa
di giustificarsi.
«Che
male c’è a mandar giù qualche
bicchiere? Il nostro turno è finito e ce lo meritiamo, dopo
il duro lavoro che
abbiamo fatto oggi.»
Le
colleghe concordarono vivacemente.
Non mi ha più parlato.
«Dottoressa
Gandini, è sicura di non
volere neanche un sorso per distendere i nervi?»
Non mi ha più cercata.
«Dottoressa,
sta bene?»
Cristiana
sollevò lo sguardo e lo centrò
con quello di Teresa, preoccupata. «Sì,
sì, grazie, ma preferisco di no.»
«Scusate
ragazze» Sergio fece capolino
dalla porta ed Esther e Marina scattarono davanti al tavolo subito
seguite
dalla caposquadra.
«Grazie
per l’appellativo “ragazze”»
esordì, «ma le consiglierei di bussare, la
prossima volta.»
«Stavo
cercando Malosti» chiarì, non
propenso agli scherzi. E di certo non lo
troverò in mezzo a donne e alcolici, si disse, ma
evitò l’ironia.
«Non
è con voi?» s’interessò
subito
Cristiana.
«Si
è allontanato mezz’ora fa con la
scusa di un succo di frutta alle macchinette.»
«Ti
do una mano a cercarlo, avevo giusto bisogno
di sgranchirmi le gambe.»
«Temo
dovrò lasciare a te l’onore, io
sono distrutto.»
Teresa
si fece da parte per far uscire
Cristiana.
«Buonanotte»
salutò Sergio. «E spero per
voi che quella sia acqua.»
«L’avevo
detto che qualcuno ci avrebbe
beccato!» si lamentò Esther.
Cristiana
s’incamminò lungo il corridoio illuminato
cupamente dalle sporadiche luci al neon, sufficienti perché
non si inciampasse,
ma abbastanza attenuate da non infastidire il sonno.
Inseguì
il suono dei passi che le parve
udire innanzi a lei, e infatti ritrovò una figura intenta a
sedersi a terra, la
schiena poggiata al muro. Accanto a sé posò una
bottiglia d’acqua e un pacchetto
di qualcosa. Forse biscotti.
«Riccardo»
bisbigliò Cristiana dopo averlo
riconosciuto. «Mi hai spaventato.» Ma non era
così. Sono le solite frasi banali
che si dicono quando si vuol fingere sorpresa nell’incontrare
qualcuno.
Lui
mugugnò qualcosa.
«Posso?»
Si sedette accanto a lui prima
di ottenere il permesso e deviò lo sguardo verso la
conquista dal distributore.
«Cioccolato» commentò con espressione
paradisiaca.
«Fondente.»
«Non
mi piace.»
«L’ho
fatto apposta. Così potrò
gustarmelo da solo.»
«Grazie
tante.»
Fece
per alzarsi, ma Riccardo la
trattenne poco gentilmente per un braccio, costringendola a ricadere a
terra. «Dai,
scherzavo. Era l’unica tavoletta rimasta.»
Cristiana
poggiò la testa al muro e
chiuse gli occhi.
«E
poi tu non hai nessun dispiacere da
affogare nella teobromina, no?» continuò lui.
La
Gandini tornò a guardarlo poco
entusiasta di quell’uscita. «Tu
sì?»
«Tipo
oggi.»
Buttò
fuori l’aria infuriata, ma evitò
altre dimostrazioni di tedio. E così avrebbe dovuto sorbirsi
la seconda
ramanzina sul momento di debolezza? Non si sarebbe sottoposta ad
un’altra
umiliazione del genere, perciò si alzò in piedi,
stavolta abbastanza in fretta
da non essere bloccata.
Malosti
la raggiunse subito dopo.
«Sono
stanca di essere presa in giro,
Riccardo. Dovremmo stare segregati qui per altri cinque giorni,
perciò non
sopporterei di lavorare al tuo fianco a queste condizioni.»
Fece una pausa,
chiarendo con lo sguardo l’intenzione di continuare ancor
più prepotente di
prima. «Ti dispiace di avermi baciato oggi pomeriggio? Ti
dispiace di avermi
come collega, ti dispiace avermi conosciuta, ti dispiace che io mi sia
innamorata di te, ti dispiace… cosa, Riccardo?»
«Possiamo
sempre rimanere amici.»
«Risparmiati
queste cazzate da film.»
«Dove
vai?» fece eco il suo grido mentre
gli zoccoli di Cristiana echeggiavano per i corridoi silenziosi, sempre
più
veloci nell’allontanarsi, e sempre più colmi di
rabbia.
«Ad
affogare i miei dispiaceri
nell’alcol!»
«Dicono
sia molto più efficace della
cioccolata, sai?» esclamò sempre più
forte, indifferente al parlottio confuso
che avevano suscitato nei pazienti e nel personale cui si era
interrotto il
sonno. Si affannò dietro di lei, senza raggiungerla.
«Peccato per le
conseguenze epatiche!»
«Dottore,
che acciden-» fu il commento di
un infermiere dai capelli arruffati, zittito subito da un suo gesto
della mano,
come a dire che è una storia
troppo
complicata.
Con
uno scatto ridusse la distanza a
qualche metro.
«Ti
amo anche io, dottoressa Gandini!»
I
piedi di Cristiana inchiodarono, mentre
attorno a lei le pareti dell’ospedale sembravano chiuderla in
gabbia. Alcune porte
a vetri dei box più vicini si aprirono timide, mentre il
silenzio si
ricostituiva più profondo di prima.
Chinò
il capo, non sapendo se rassegnarsi
al carattere impossibile di Riccardo o se sorridere estasiata a quella
insulsa
dichiarazione.
Di
una cosa, però, era convinta.
Questi cinque giorni saranno molto più
complicati di quanto previsto.