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Autore: kittensaraj    29/07/2013    3 recensioni
-l'introduzione della fanfiction sarà presto disponibile-
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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1.
 

 

 

 

 

 

 

 

 

Giovedì, 25 luglio.

Ore 14:30.

Negozio di tatuaggi.

Quello stramaledetto ago stava per tornare a disegnare sulla mia pelle.

Una farfalla sull'avambraccio, sotto il polso dalla parte destra.  (http://tinypic.com/view.php?pic=10ejviu&s=7)

Quel luogo era abbastanza tetro, con quelle pareti nere con il battiscopa infiammato e quei posters con teschi, croci e musica rock-metal che rimbombava, dopotutto quel posto era di mio fratello e non poteva dirgli niente nessuno.

Dopo un'ora di tortura, lo ringraziai con un sorriso e una pacca sulla spalla e me ne uscii da quella stanza.

Mentre lasciavo la reception un ragazzo castano che stava entrando nella 'camera della tortura' mi scontrò la spalla e ci fulminammo con lo sguardo a vicenda, mi squadrò dalla testa ai piedi e mentre me ne andavo il mio culo stava ricevendo attenzioni.

 

Tornata a casa gettai la borsa a terra e mi buttai sul divano stando attenta al mio braccio 'di plastica', mandai un messaggio a Randy “Oggi possiamo finalmente provare o dovete ancora scippare le caramelle a quei poveri bambini?.”

La niggas crew non provava e non faceva flashmob da mesi, ormai e non poteva, assolutamente, andare avanti in questo modo.

Nella crew eravamo in sette, io, Randy, Denver, Chris, Bey, Mercedes e mia sorella Denise, si provava spesso e volentieri da me visto che ero l'unica del gruppo ad avere una sala prove dentro casa.

L'avevo fatta creare da mio padre apposta per me e per la crew dopo aver trovato la giusta casa qui nei pressi di Brooklyn.

Era una villetta di giuste dimensioni, con una sala di registrazione con tanto di strumenti e una sala prove per la crew insonorizzate.

Fortunatamente le facemmo insonorizzare oppure con i vicini che ci ritrovavamo potevamo salutare i piedi piatti tutti giorni, ma non credo che sarebbe stata una buona idea.

Io e mia sorella condividevamo la casa mentre mio fratello, invece, aveva una casa tutta sua due viali più avanti.

Mio fratello non era proprio un vero fratello, era un fratellastro, ma quei dispregiativi non mi erano mai piaciuti.

Mia sorella non lo chiamava ne in un modo ne nell'altro, si odiavano a morte.

Dopo il divorzio, mio padre trovò una donna, Elizabeth cui aveva perso il marito e aveva un figlio di nome John.

Se devo essere sincera a me Elizabeth è sempre piaciuta, è sempre stata molto dolce con noi, ma a mia sorella non è mai andato giù il modo in cui papà trattava mamma e viceversa. 

E così non le è mai andata a genio Elizabeth e la personalità 'spocchiosa' di suo figlio.

Avevamo sette anni, però mia sorella è sempre stata molto intelligente per capire le situazioni.

Adesso su Elizabeth la pensa come me, ma su John non credo che cambierà mai idea.

Ricordo quella volta in cui si massacrarono di botte fuori dalla scuola.

Denise ebbe un occhio nero per due settimane e ricevette così il soprannome di 'benda nera' nella crew, fu divertente, noi non siamo tipi che se la prendono troppo, soprattutto tra noi sette.

Mi vibrò il telefono, un messaggio, Randy, ok.

 

Era passata un'ora ed erano solo arrivate Bey e Mercedes.

Noi quattro avevamo formato una crew dentro la crew.

Suona strano, ma era una cosa per pararsi il culo.

Se fosse mai successo qualcosa in uno scontro tra crew, o fosse mancato qualcuno all'appello ci saremo esibite noi.

In realtà i ragazzi avevano una crew da soli, la RDC crew, però quando demmo la notizia ci dissero che era meglio fare in questo modo.

Contenti loro contenti tutti.

Io la pensavo un po' come uno spot pubblicitario 'la twerk girls crew, la crew para culo', una volta lo dissi a mia sorella e lei mi disse che suonava bene. Scattò la risata infinita.

Intanto che aspettavamo i ragazzi finimmo la coreografia che avevamo lasciato a metà qualche settimana fa.

 

Le 18:35 e non si era fatto ancora vivo nessuno.

Ci avevano dato buca.

“Fanculo non può andare avanti così!” gridai alzandomi di scatto.

“Sorella è inutile che ti scaldi, quelli se la sono presa con comoda.” mi rispose Bey.

“Orami è come se la crew non esistesse più, un giorno di questi li incontreremo per strada e ci diranno che è finita.”

Mi girai di scatto verso Mercedes e mi diressi da lei con passo incazzato la presi per la maglia, l'alzai da terra e la sbattei contro il muro dicendole “Ascoltami bene pessimista del gruppo, abbiamo sgobbato come Cenerentola per tirare su questa cosa, siamo arrivati in vetta e adesso che siamo in basso dobbiamo ritornare in alto. Quei figli di puttana torneranno da noi che li piaccia o meno.” lasciai la presa e lei cadde a terra.

Mi diressi verso la porta e salii le scale con l'intenzione di uscire per andare a cercare qui tre disgraziati, ma quando aprii la porta trovai Randy in posizione per suonare il campanello.

Non aveva una bella cera.

“È questa l'ora di arrivare?” chiesi infuriata.

“Stiamo nella merda.”

“Che cazzo è successo adesso, sentiamo” dissi con aria menefreghista.

“I piedi piatti. Hanno arrestato Chris.” rispose Randy con aria disperata.

“Non dire balle.” dissi per non sembrare sorpresa.

“Stavamo finendo un'affare ad Harlem e ci hanno sorpresi, io e Denver siamo riusciti a scappare, ma Chris è inciampato e l'hanno preso.”

Mi gettai a terra dalla disperazione.

Presi una sigaretta, l'accesi e comincia a pensare Non posso restare qui, devo andarmene.

Intanto le ragazze erano venute sul pianerottolo e stavano parlando con Randy dell'accaduto.

Continuavo a pensare che dovevo andarmene da qualche parte, dove nessuno mi avrebbe cercato, mia madre dopo il divorzio se ne andò e non sapemmo più nulla di lei, ci mandava gli auguri per le feste e per i compleanni.

Ma un giorno mi arrivò una lettera, non dissi niente a nessuno e me ne andai in camera per leggerla.

Era una sua lettera, sembrava un indovinello, ma non riuscivo a capire cosa volesse farmi capire…

Ad un tratto scattai in piedi e corsi in camera, aprii la scatola dove tenevo tutti i suoi ricordi e cominciai a cercare quella strana lettera, la trovai e cominciai a leggerla attentamente:

 

             “Cara Giselle,                                

mi dispiace di non aver più dato notizie di me a te e a tua sorella, ma il lavoro qui non manca mai,

 c'è sempre più richiesta, le case di altra moda hanno sfilate in continuazione e la settimana della moda si avvicina ogni giorno sempre di più,

 il profumo dei cornetti caldi la mattina è qualcosa di delizioso, sai, abito sopra una pasticceria.

Si chiama 'Da Henri',  il padrone è molto gentile.

Spero di rivederti un giorno.

Baci,

Mamma. ”

 

 

Era un linguaggio semplice, ma sette anni fa non sono riuscita a capirlo, ma adesso si.

Voleva farmi capire il luogo in cui si trovava.

Le case di alta moda, la settimana della moda, i cornetti caldi...

Solo una città poteva comprendere tutte queste cose.

Parigi.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

speaks the bitch.

 

innanzitutto grazie per aver letto,

questa fan fiction é la più importante per me perché, in un certo senso rispecchia il mio modo di essere e di fare.

questo capitolo é solo un assaggio di quel che sarà, una piccola introduzione, diciamo.

mi farebbe molto piacere sapere cosa ne pensate.

 

xoxo,

kittensaraj.

   
 
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