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Autore: dreams___    29/07/2013    0 recensioni
Sono stato un tipo abbastanza studioso, quando ero piccolo passavo le mie giornate a leggere, il reparto Romanzi era il mio preferito, passavo lì ore intere, leggevo una marea di libri. Anche adesso leggo tanti libri, un po’ per il fatto che non ho altro da fare un po’, invece, perché mi piace ancora leggere. Ma la storia che sto per raccontarvi è la storia di un ragazzo, che è cambiato grazie a una persona, incontrata per caso, in un giorno d’inverno.
Genere: Erotico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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1.
Quella mattina stavo cercando, tra gli oggetti di mia mamma, qualsiasi indizio sulla mia presunta cugina. Dopo la sua assenza avevo messo tutte le loro cose in una scatola color marrone, che avevamo comprato insieme in una bancarella poco distante da casa nostra;

“Mamma compriamo qualcosa a papà?” dissi tenendola per mano e correndo verso una piccola bancarella, “Potremmo comprargli una scatola o un baule” disse lei osservando una specie di scatoletta su una bancarella, “Come mai una scatola?” la guardai senza capire, “mamma la scatola papà te la tira dietro” mia mamma rise, la sua era una risata stupenda, rideva di cuore “Tesoro, una scatola l’apprezzerà sicuramente, potrà metterci dentro tutti i suoi piccoli ricordi e magari quando sarà vecchio potrà aprirla e viaggiare in un mondo di emozioni” io divenni serio e “Hai ragione mamma, sarà perfetto”

Mia mamma abbracciata a mio papà, su una panchina, che guardavano Sofia e Lucy giocare ai giardinetti. Quella foto la stavo guardando da un bel po’ di tempo mentre mi immergevo nei ricordi. Amavo le foto perché anche se le persone cambiano, o spariscono, le foto rimanevano intatte senza cambiare. Quelle foto però facevano male, come ogni ricordo dei miei genitori, tutto faceva male.

Nella scatola intravidi una foto di famiglia: c’era lo zio Mark, fratello di mio papà, che teneva in braccio Mary, sua figlia, e abbracciava sua moglie Rose, poi c’era mia mamma in primo piano che affettava una torta, forse del mio quarto compleanno, mio papà aveva in braccio un cagnolino, poi c’era la nonna e il nonno e accanto a loro c’era una bambina di cui non avevo idea di chi fosse, o almeno non ricordavo. Poteva essere mia cugina? Chiunque fosse non l’avrei mai saputo e se fosse stata mia cugina, non l’avrei mai più rivista.

“Mi dispiace siamo chiusi” urlai appena sentii il campanello appeso sopra la porta suonare, nel dirlo chiusi la scatola e mi diressi verso la porta e “ho detto che siamo chiusi, ci sen-” mi fermai. Lei era lì davanti la porta e “ti avevo detto di andartene” “buongiorno anche a te” disse “lo so, dovevo andarmene ma, ecco vedi non ci siamo nemmeno presentati e io volevo tanto bene alla zia. Tu mi hai detto che è tua mamma e io non sapevo della tua esistenza” si avvicinò a me. “sai è buffo, nemmeno io sapevo della tua esistenza, comunque sono stato diciotto anni senza sapere di te, posso starne altrettanti senza parlarti” lei mi guardò piegando la testa e “che bel caratterino che hai” disse. Le feci un finto sorriso a trentadue denti e dissi “vattene”.

Lei non mi ascoltò, comincio a girovagare per la biblioteca “se vuoi, posso raccontarti la mia storia” disse mentre camminava vicino agli scaffali, sfiorando con un dito ogni libro “anche a me piacciono i libri” mi misi a sedere sul bancone, “bene, non mi interessa” dissi alzando gli occhi al cielo e “e visto che non mi interessa puoi benissimo stare zitta e andartene”. Lei mi ignorò “io non so il tuo nome, come ti chiami?” mi guardò e io scesi da dove ero seduto, mi avvicinai a lei con passo svelto, le presi il viso costringendola a guardarmi “Pablo, adesso te ne puoi anche andare okay?”, lei si liberò dalla mia presa e “Pablo, bel nome. Tua mamma non mi ha mai parlato di te”.

Si mise a sedere su una poltroncina, la stessa su cui si mise la prima volta che venne, le gambe accavallate una sopra l’altra e entrambe le braccia sul bracciolo di sinistra, era veramente una bella ragazza “senti carissima cugina di cui non sapevo l’esistenza fino a qualche giorno fa, non ho nessuna voglia di conoscerti, d’accordo?” “invece io voglio conoscerti” “che testa dura che hai, vattene” mi diressi verso il giardino e accesi la sigaretta, come facevo da sempre ormai. Lei non se ne andò anzi, mi venne dietro “fa male fumare, lo sai?” fece per prendermi la sigaretta di bocca e la bloccai “tu non sei mia madre okay? Tu non sei nessuno per me e non sarai mai nessuno, voglio che te ne vada, voglio che sparisci dalla mia vita e che lasci in pace la mia famiglia e se voglio farmi del male non sono affari tuoi” i suoi occhi brillavano, la stavo guardando dritto negli occhi, era vicinissima a me, a dire il vero una parte di me voleva che se ne andasse e sparisse per sempre dalla mia vita, una parte di me avrebbe voluto che rimanesse, non so per quale motivo.

Le squillò il telefono, sicuramente un messaggio lei lo lesse e “Devo andare Pablo, ma per favore se hai bisogno chiamami, ti lascio il mio numero” tornò dentro e “Addio Giada” rimasi fuori, mentre lei se ne andò.

“Allora questa sera usciamo a divertirci, che ne dici?” dall’altro capo del telefono Fred, il mio migliore amico da sempre, facevamo le cazzate più cazzate insieme e ogni tanto mi aiutava a staccare un po’ la spina da tutte le mie preoccupazioni, dalla mia monotona vita, “Allora? Ci sei? Mi sembra di parlare da solo” disse sbuffando e “si ci sono e d’accordo per stasera, discoteca alle 21?” mi risvegliai dai miei pensieri e “Perfetto, passami a prendere tu, ho la macchina dal meccanico” attaccò prima che potessi rispondergli.

Lui aveva 20 anni, in prima media bocciò due volte e me lo ritrovai in classe insieme, da allora divenne il mio migliore amico, ne avevamo passate tante insieme.

Quel giorno mi ritrovai come gli altri a leggere, solo che questa volta lessi senza capire, avevo la testa da un’altra parte, non so di preciso, ma non avevo voglia di leggere, così mi alzai, chiamai le amiche delle mie sorelle per sentire dove erano e se potevano rimanere là per la notte, dopodiché andai a farmi una doccia e mi vestii. Alle 21 meno venti ero sotto casa di Fred e lui, come al solito, era in ritardo. Appena usci di casa entrò in macchina di corsa mentre sua mamma dalla porta lo brontolava perché aveva incasinato il bagno senza averlo rimesso a posto “tua mamma sempre arrabbiata?” domandai, “mia mamma è pazza” disse ridendo, “solo perché ho lasciato mutande a giro in bagno si mette a urlare” rise ancora più forte e io mi unii alla risata “andiamocene prima che decida di tirarmele dietro” disse senza smettere di ridere.

Ci avviammo verso la nostra destinazione. A quell’ora le strade erano deserte, non perché fosse tardi, ma perché molte persone non avevano voglia di uscire con il freddo di dicembre e altre sicuramente erano già partite per trascorrere le vacanze di Natale con i famigliari. Arrivammo a destinazione alle 21 esatte, Fred scese e io andai a parcheggiare e dopo raggiunsi il mio amico dentro. In effetti era abbastanza freddo, le temperature ad Halifax in inverno sono sempre bassissime ma ci saremmo riscaldati ben presto. Una volta dentro mi diressi al bancone e ordinai da bere. Le mie intenzioni erano quelle di ubriacarmi fino a perdere i sensi e ci stavo riuscendo.

Dopo aver bevuto abbastanza vidi una ragazza, mi avvicinai e “Ciao bella bambina” le mie gambe tremavano e il mio alito ero sicuro puzzasse “allora, come ti va la vita?” lei si girò e “Pablo?” disse incredula di trovarmi lì “Pablo, che ci fai qui? E come ti sei conciato?” continuò “ci conosciamo? Perché una bella ragazza come te sicuramente l’avrei ricordata” le dissi ridendo “Pablo, quanto hai bevuto?” lei si allontanò dai suoi amici con una scusa e mi portò fuori, “sei ubriaco marcio, cazzo” io mi ero appoggiato con la schiena al muro tenendola per mano “Giada! Ecco sei la cugina rompiballe che non mi lascia mai in pace!” lei mi ignorò completamente e “sei venuto qui da solo?” feci per alzarmi e caddi, lei mi cadde addosso. Eravamo sdraiati, lei sopra di me che mi guardava negli occhi, aspettando una risposta, una risposta che le arrivò con l’apertura della porta “Pablo, ti ho cercato tutta la sera, ma dove eri finito?” lui rideva, era ubriaco marcio anche lui. Giada si mise in piedi e mi aiutò ad alzarmi “vi riporto a casa, avete bevuto troppo, non potete guidare”, Fred continuava a ridere e “vuoi fare una cosa a tre cara? Se ti procuri un’amica posso starci a fare una cosa a tre, ma con Pablo mai” continuò a ridere mentre lei alzava gli occhi al cielo senza rispondergli, mi portò alla macchina e mi aiutò a salire sui seggiolini dietro, Fred si mise vicino a me e disse a Giada dove doveva portarlo. Mi addormentai.

Appena arrivati a casa Giada mi svegliò “Ehi piccoletto, siamo a casa, ce la fai ad alzarti?” io mi svegliai e “perché lo fai?” lei mi aiutò ad alzarmi “cioè perché mi aiuti?”, chiuse la portiera e la macchina. Tirai fuori le chiavi e le diedi a lei. Non mi rispose, forse nemmeno lei sapeva il motivo di perché mi stesse aiutando ma “Grazie” la ringraziai, “figurati, per così poco” rispose.

   
 
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