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Autore: _nihonjin_    29/07/2013    2 recensioni
La prima volta che mi baciò posò delicatamente le sue labbra sulle mie. La sua lingua incontrò la mia. Ci riscaldammo, ci amammo, ci raccontammo i nostri segreti. Tacemmo di fronte all’amore. Non osai aprire gli occhi neanche quando lui si staccò. Le mie guance erano rosse.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Niall Horan
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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The first time that..



La prima volta che lo vidi era seduto su una panchina di ferro verde, sporca di terra e bagnata.
L’aria era fresca, infatti aveva appena smesso di piovere. Sul suolo vi era qualche pozzanghera.
C’era umidità, tanta. Il cielo era cupo, grigio e il sole coperto da giganteschi nuvoloni scuri.
La prima volta che lo vidi aveva i gomiti poggiati sulle ginocchia, le mani stringevano e tiravano i capelli biondi. Sembrava disperato, impaziente, frustrato. Alzò improvvisamente il capo e i suoi occhi azzurri incontrarono i miei marroni. Chiari contro scuri. Le sue iridi erano lucide, forse stava quasi per piangere.
La prima volta che lo vidi trattenni il fiato. Lo stomaco si contorse e un piacevole calore mi fece sentire strana. Il cuore smise di battere per alcuni interminabili attimi. Poi riprese a pompare sangue, ma questa volta talmente veloce che quasi ebbi l’impulso di fermarlo, come se quel ragazzo lo sentisse e percepisse la mia agitazione.
La prima volta che lo vidi mi parve un angelo caduto dal cielo sulla terra. Forse per quello era disperato. Forse voleva ritornare da dove era venuto ma non sapeva come. Sarei voluta andargli vicino e tastare sulla sua schiena per vedere come e dove nascondeva le ali bianche. Pensai che doveva andarsene dalla terra, lui non meritava di vivere in questa desolazione.

La prima volta che mi baciò era febbraio. Era sera e stava nevicando. Ci stringemmo sotto il suo enorme ombrello infreddoliti. Se non si stava attenti si poteva scivolare. Il ghiaccio ricopriva la strada, le finestre, gli alberi. Persino le nostre labbra erano secche e screpolate.
La prima volta che mi baciò desiderai che quel momento non finisse più. Il dolore, l’ansia, le preoccupazioni, sparirono. Avrei voluto stringermi un po’ di più a lui, ma non lo feci per semplice imbarazzo. Afferrai in un pugno il bordo del suo cappotto e rimanemmo così, a bearci di tutto ciò che la vita ci stava offrendo.
La prima volta che mi baciò posò delicatamente le sue labbra sulle mie. La sua lingua incontrò la mia. Ci riscaldammo, ci amammo, ci raccontammo i nostri segreti. Tacemmo di fronte all’amore. Non osai aprire gli occhi neanche quando lui si staccò. Le mie guance erano rosse.
La prima volta che mi baciò infilai le dita tra i suoi capelli biondi. Erano morbidi. Da tempo desideravo farlo. Sentivo il suo respiro, il suo cuore battere velocemente insieme al mio. Mi abbracciò forte, forse non voleva che scappassi, voleva che rimanessi con lui. E io sarei rimasta a qualsiasi costo.

La prima volta che mi portò al mare era maggio. Si stava bene. Il sole splendeva timido nel cielo e un leggero venticello ci rilassava. Facemmo cadere i nostri zaini sulla sabbia e corremmo veloci verso l’acqua. Lui si arrampicò su uno scoglio e si tuffò. Faceva un po’ di freddo.
La prima volta che mi portò al mare si stese accanto a me sul suo asciugamano e dopo un po’ si addormentò. Lo guardai a lungo respirando il dolce profumo del sale. I suoi capelli erano ancora bagnati, la pelle leggermente arrossata.
La prima volta che mi portò al mare accese un fuoco quando vide che il sole stava tramontando. Mangiammo della frutta e arrostimmo i marshmallow. Poi prese la sua chitarra e iniziò a suonarla mentre io cantavo insieme a lui, tentando di non stonare. La sua voce sembrava proprio quella di un angelo.
La prima volta che mi portò al mare mi disse: “Ti amo.” Lo sussurrò timidamente guardando in basso. Prese il mio viso tra le mani e mi baciò accarezzandomi con il pollice la guancia. “Ti amo anche io.”

La prima volta che l’accompagnai all’ospedale piansi. Piansi lacrime amare, piene di angoscia. Grosse gocce d’acqua salata mi rigavano il volto, cadevano sulle mani, sul pavimento. Singhiozzavo, sperando che tutto fosse solo un brutto sogno.
La prima volta che l’accompagnai all’ospedale mi sorrise tristemente. Rimase a guardarmi per interminabili attimi. I suoi occhi erano sempre azzurri, vivi e spettacolari. Ma questa volta brillavano particolarmente. Provai a dirgli che sarebbe andato tutto bene, ma le parole mi morirono in gola. Vidi il mio riflesso in uno specchio. Ero sciupata, distrutta. Non ce l’avrei fatta.
La prima volta che l’accompagnai all’ospedale mi prese in disparte. Mi portò in un luogo poco illuminato dell’edificio. Mi prese le mani e le baciò con quelle sue labbra sottili e morbide. Le nostre fronti si toccarono e rimanemmo in quella posizione per un po’. I miei occhi erano talmente gonfi e stanchi che li chiusi, e aspirai il suo profumo.
La prima volta che l’accompagnai all’ospedale lui non si dimostrò spaventato. Lui era forte, lui non aveva timore di nulla. Lui non aveva paura della morte.


Le mani mi tremano. Sono ancora seduta sulla panchina verde, la stessa di quando lo vidi per la prima volta. Mi stringo un po’ di più la sciarpa al collo portandola fin sopra il naso. Sta iniziando a nevicare.
Dov’è adesso lui?
E’ morto.
Non esistono altre parole per spiegarlo.
Ma lui c’è. C’è quando lo penso, quando mi trovo in difficoltà, quando ho bisogno di aiuto.
Mi tiene la mano se mi sento sola alla stazione del treno, mi bacia la fronte quando il sabato sera mi richiudo in casa a piangere la sua assenza, mi abbraccia nei momenti in cui la notte mi sveglio per colpa degli incubi, mi grida il suo amore ogni secondo.
Lui è nell’aria che respiro, nell’acqua dello stagno poco più in là, forse in quell’albero laggiù, o addirittura in questa panchina verde.
Ora lui è davvero un angelo.
La prima volta che vidi Niall, era seduto proprio qui.
  
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