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Autore: OrenjiAka    29/07/2013    4 recensioni
Ace era solare, allegro.
Marco invece notava troppi dettagli che non potevano essere trascurati.
E quando chiedeva spiegazioni, non riceveva alcuna risposta.
Adesso se ne pentiva...
Genere: Angst, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi, Crack Pairing | Personaggi: Marco, Portuguese D. Ace
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Disclaimer: Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di Eichiiro Oda; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.



Silenzi

E relative conseguenze

Quella mattina lo trovò avvolto nelle coperte con le guance bagnate. Ace sembrava un bambino abbandonato.
Marco lo studiava con lo sguardo.
«Cosa c’è?»
«Stai piangendo».
Il moro si alzò: «Era solo un incubo».


Era sempre un incubo.
C’erano delle volte in cui Marco si poneva delle domande a riguardo: era sempre lo stesso? Aveva a che fare con un brutto ricordo? C’erano persone importanti per lui?
Aveva bisogno d’aiuto?
Non c’era nessuna risposta.
Ace sul suo passato taceva.
L’unica cosa di cui riusciva a parlare spontaneamente era di un fratello minore, poi basta.

Nessuno sulla Mobydick si era accorto di certe cose. Marco invece sì.
Lo aveva visto quella volta che, dopo qualche birra di troppo a un banchetto, Vista si era messo a parlare del timore di perdere i suoi “fratelli” in battaglia e Ace se n’era andato via.
O meglio, era scappato.
Aveva visto la stessa apprensione spuntare fuori quando il moro leggeva sul giornale dei guai di suo fratello minore.
Ace si addossava responsabilità che non poteva assumersi e si sentiva in colpa quando se ne rendeva conto.

Marco non riusciva più a guardarlo mentre sorrideva senza pensare a cosa ci fosse realmente sotto quella maschera.

«Parlane con qualcuno».
Sull’uscio della porta Ace si voltò.


Nessuno l’aveva notato, ma Ace stava male.
E quello ad avere paura era Marco.

«Ti farà bene» continuò.
Il moro era immobile.
L’altro si chiese se era la prima volta che qualcuno gli chiedeva qualcosa del genere.
Un sorriso si aprì sulle labbra di Ace: «Grazie, sono a posto così» se ne andò.


Marco da quel momento non chiese più nulla ad Ace.
Continuava a farsi domande quando il moro gli sorrideva.
“Forse mi sto preoccupando troppo” si disse, e non ci pensò più.
Quello che contava era che Ace stesse bene, se era lui a dirglielo non aveva di che temere.

___
A Marineford, Ace urlò di non voler più vivere.
A quelle parole Marco sentì qualcosa spezzarsi nel petto.
Non si perdonò di non averlo aiutato, nemmeno dopo la sua morte.
 
E l’unica cosa che poteva fare era stare davanti alla sua tomba con una bottiglia di rum vuota in mano, chiedendosi quanto sarebbe cambiato se fosse stato più attento e se Ace gli avesse, finalmente, parlato.

 
 
 
 
N. d. A.
È stato scrivendo questa storia che mi sono resa conto di quanto fosse importante la scelta di Oda di dare a Ace, anche se solo per pochi minuti, la possibilità di cambiare idea sulla sua vita.
Non solo per lui, ma anche per i suoi compagni e per suo fratello.

In questa storia né Marco né nessun altro sa del passato di Ace per due motivi: primo, nemmeno Rufy aveva mai parlato ai suoi compagni di sé –con l’eccezione del cappello e di Shanks, non vedevo perché dovesse essere diverso per Ace.
Secondo ma non meno importante, sono convinta che se Ace ne avesse parlato con qualcuno avrebbe già cambiato idea sulla sua vita, cosa che invece abbiamo visto accadere a Marineford.
Grazie per aver speso un po’ di tempo per aver letto fino a questo punto.

Ci vediamo!
  
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