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Autore: Samita    29/07/2013    2 recensioni
Serie di fluff / slice of life casuali, della felice famigliuola Stark. Giusto per diletto. (!) Non si considera Avengers - Age of Ultron nella storyline! (!)
[3] “Tu eri uno Stark – tu” lo additò “ti eri presentato a casa sua in bermuda, due fiori di campo ed un prototipo non immatricolato delle Stark Motors!”
[6] Adam era il leader indiscusso della classe. Delle classi. Di tutta la scuola. E se gli girava di fare qualcosa che richiedesse più di due mani, potete stare tranquilli che qualunque bambino era disposto ad amputarsene una per lui.
[7] “NO!” urlò al figlio. “Vattene!” Lo additò “Sparisci! Evapora! Non voglio vederti! Sciò! Addio! Via! Via! Via!”
Genere: Fluff, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Tony Stark
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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(6) Quella volta in cui…

 

 

Alla tenera età di otto anni Adam Howard Stark sembrava aver ereditato ogni singola attitudine del padre – dall’intelligenza mostruosa allo charme, in particolare influenzato sull’altro sesso. A scuola era effettivamente circondato da bambine, cui mostrava improbabili giochetti imparati da – indovinate chi? Fra questi vi era la costruzione sul posto di piccoli droni e la riparazione di qualunque apparecchio elettronico i loro compagni gli porgessero. Agli altri maschietti il fatto che fosse un farfallone non sembrava dare fastidio, presumibilmente per la giovane età – anzi: Adam era il leader indiscusso della classe. Delle classi. Di tutta la scuola.

E se gli girava di fare qualcosa che richiedesse più di due mani, potete stare tranquilli che qualunque bambino era disposto ad amputarsene una per lui.

Ovviamente, Adam era un genio. Tony questo lo sapeva – e gongolava dalla mattina alla sera all’idea di cosa avrebbe potuto fare suo figlio una volta raggiunti i quindici anni – età in cui lui aveva iniziato l’università al MIT.

In tutta questa storia c’era solo una piccola – ma fastidiosissima – nota stonata: la pagella di Adam.

Pepper si era limitata a lasciarla sul tavolo da lavoro della taverna, troppo sfibrata per affrontare di petto la questione con Tony – il quale, in queste occasioni, si dimostrava altamente incapace di ragionare razionalmente. Tra l’altro – si ripeteva – lei era incinta e lui si era preso un determinato tipo di impegno per quel che riguardava questa gravidanza: quindi no, non aveva assolutamente voglia di discuterne. Si limitò ad andare a stendersi sul letto, godendo di quel po’ di silenzio che per ora regnava in casa.

 

Di nuovo?

La pace era durata poco. Già mezz’ora dopo essersi stesa aveva sentito i passi di Tony che, di corsa, saliva le scale – fino ad irrompere in camera, pronunciando con tono fra lo scandalizzato e l’adirato la frase di cui sopra.

Pepper cercò di rigirarsi nel letto – cosa che la pancia, ormai, le impediva.

“Tony – ” mormorò, posandosi il dorso di una mano sugli occhi “– stavo dormendo…”

Quello, nel frattempo, era andato a sedersi sul letto, accanto a lei: si lasciò cadere sul materasso, che grazie al cielo non aveva le molle – cosa che impedì a Pepper di sobbalzare.

“Ma guarda che schifo!” fece lui, indicando la pagella che teneva aperta in mano con tanta violenza da darle praticamente una sberla. “B meno?! Non dovrebbero nemmeno sognarsi di dare questi voti alle elementari – figuriamoci a lui!

“Sono le migliori scuole elementari della contea… questo significa che danno voti bassi, Tony.”

“Come fa un bambino che sa programmare in assembler ad avere B+ in matematica?!

“Tony…”

Ma questa gente non ha la più pallida idea di che cosa sia un giudizio! Si rendono conto di chi hanno davanti?!”

“Stai diventando irritante, Tony.”

“Io? Loro! A- in scienze. Con quei progetti! E non mi vengano a dire che glieli ho fatti io, lo vedono ogni giorno trafficare su qualcosa.”

“Sai –” fece Pepper, mettendosi semi-seduta, puntellata sui gomiti “– forse è per questo che finisce ad avere voti bassi. Fa altro.”

“Si annoia.”

La donna roteò gli occhi, sconfortata. Tony era irrecuperabile.

Almeno Adam se ne fregava, della pagella. Così poteva metterlo in punizione. Ma poi arrivava Tony a disfare tutto… ed erano da capo.

L’uomo si alzò, senza preavviso, e si avviò con decisione verso la porta.

“Tony – dove vai?” chiese lei, preoccupata dal gesto.

“A parlare con gli insegnanti.”

Oh, no.

TONY!

 

Pepper riuscì a stento a rincorrerlo – considerato il pancione in crescita – fermandolo prima che potesse mettere in moto la macchina.

“Non provarci!” fece lei, praticamente parandosi davanti al cofano. Tony fece capolino dal finestrino, guardandola da dietro gli occhiali da sole.

“Non volevi un marito moderno e responsabile che si cura di cosa combinano i figli?” domandò, retorico.

Pepper sbuffò.

“Non è questo il modo. Scendi dalla macchina, non troverai nessuno a quest’ora.

Quello levò le sopracciglia: “Ah, no? Allora perché mi hai inseguito fin qua ad impedirmi di partire?”

Ops.

“Va bene – forse potresti rischiare di trovare qualcuno… la pagella è arrivata stamattina, abbiamo tempo per ragionarci sopra.”

“Io sono una persona impulsiva, lo sai.” Fece notare lui, premendo il pulsante d’accensione.

Appunto – e spegni quel motore, lo scarico fa male alla bambina!”

Tony spense il motore, altamente sensibile sull’argomento. Pepper sapeva usare le sue armi.

“Quando ne parliamo, quindi?”

 

Ne parlarono quella sera: Pepper passò il resto del pomeriggio a controllare, una volta che il bambino fu tornato a casa dalla scuola, il comportamento di Tony nei suoi confronti. Avesse detto mezza parola sulla pagella e, peggio ancora, sul fatto che fosse sbagliata, lo avrebbe ucciso. La sua strategia fu di spedire l’uno in taverna e l’altro in giardino, sperando che si distraessero entrambi.

Alle undici riuscirono finalmente a sedersi sul divano della hall, l’uno con un calice di vino, l’altra con una tazza di infuso.

Rimasero in silenzio per lungo tempo, osservando l’oceano dalla parete vetrata.

“Tony?” iniziò, infine, Pepper.

Quello rispose con un “Mh.”, senza nemmeno scostare lo sguardo dall’acqua.

“Ci sono già andata a parlare l’anno scorso, è inutile che ci torni tu.”

Mh.” Portò il calice di bianco alle labbra, sorseggiandone un po’. Era piacevolmente fresco e leggermente liquoroso. L’ideale, per quell’ora. “Com’è che avevi detto, all’epoca?” si chiese, retorico. “Controproducente.”

“Neanche lontanamente in grado…”

“Un disastro.”

“Non ti sto criticando, Tony.”

“– ma è meglio che non veda gli insegnanti.” Concluse lui per lei.

Sembrava starla prendendo sportivamente, in fin dei conti.

“Tu che voti avevi in pagella, da piccolo?” domanda stupida.

“Io non sapevo che esistesse la B, da piccolo. Mi limitavo a contare i più.”

“E tuo padre?”

“Perché tiri sempre fuori mio padre?!” sbuffò, scocciato, posando il calice sul tavolino.

Pepper sorrise, divertita.

“Mio padre faceva spallucce –”  continuò lui, sommesso “– e mi metteva qualche nuova chiave in mano. In seconda elementare ebbi accesso al saldatore.

“Era un premio?”

“Eh?” lui aggrottò le sopracciglia, guardandola perplesso. “No. Era solo un modo per complicarmi ulteriormente la vita in laboratorio – lo faceva ogni mese, praticamente. Non mi dava il tempo di imparare a fare bene una cosa che mi costringeva a farne altre sei, dieci volte più complicate.

“Ti costringeva.” rimarcò Pepper.

“Che poi io mi divertissi era un dettaglio.”

“Non ti eri riappacificato con tuo padre, dopo essere riuscito a sintetizzare il suo nuovo elemento chimico?” chiese lei, retorica.

“Come faccio a riappacificarmici se ogni volta che Adam ha un problema tiri fuori mio padre – ? neanche fosse stato un gran padre – !” fece lui, scettico. Tornò a prendere il calice, osservandone concentrato il contenuto; poi se lo portò nuovamente alle labbra.

“È che ha fatto un bel lavoro.” asserì la donna.

Per poco Tony non sputò il vino. Con gli occhi sgranati si voltò verso Pepper, talmente sconvolto da non riuscire a ribattere: sembrava addirittura si stesse dimenticando di respirare, tanto era lo shock. Probabilmente una bestemmia in chiesa avrebbe provocato reazioni più sobrie di quella.

Sotto certi aspetti –” si corresse rapidamente quella, non volendolo vedere svenire per la mancata ossigenazione.

Tony sfiatò, felice di essere rientrato nel mondo reale: ora le cose avevano più senso. Inspirò a pieni polmoni, sospirando.

“Mi hai fatto prendere un colpo – non dire mai più una cosa del genere!”

“Vanitoso come sei? Strano.”

“Amore – adoro i complimenti, ma quello che hai detto è al di fuori di ogni grazia di dio. Peraltro, ti stai contraddicendo – ricordi? Controproducente, un disastro… ah, ecco: patetico egocentrico privo di ogni scala di valori…

“In effetti…”

Grazie.” Tony buttò giù gli ultimi due sorsi di vino rimasti, grato a madre natura o chi per lei di aver rifilato la rottura della gravidanza alle donne. Non aveva idea di come si potesse sopravvivere per nove mesi senza un goccio d’alcool – meglio non pensarci.

“Tony, tu lo appoggi troppo.”

Ecco – lo sapeva. Lo aveva distratto per giungere dritta al punto, esattamente nel momento di maggior scopertura.

“Doveva essere colpa mia, non è vero?” grugnì quello, accavallando le gambe – caviglia su ginocchio. “Padri di qua, di là – le madri non c’entrano mai niente, in tutto questo?”

“Ne riparleremo quando dovrò spiegare a Monica come mettere un preser

“ – COSA?”

“E chi pensi che l’abbia insegnato, a me? Le suore?”

Non voglio sapere!

“Tony, sei ridicolo!”

“Stavamo parlando di Adam, no? Diamo il tempo all’altra di nascere, prima di pensare a quando dovrà mett…” no, l’immagine – macché, l’idea – era troppo cruda per lui. Si bloccò li, scuotendo la testa. In modo continuato. Brividi.

“Va bene, signor mi impressiono. Adam. Piantala di idolatrarlo – basta già lui che lo fa con te.”

Questa frase schiarì la mente di Tony, facendolo sorridere in pieno autocompiacimento.

“Senti, non è colpa di Adam mia se i suoi insegnanti non sanno riconoscere un genio.”

“Einstein è stato bocciato in quinta elementare.”

“Questa è una leggenda metropolitana – e poi Einstein lavorava all’ufficio brevetti. Noi Stark siamo di un altro retaggio.”

“Stai davvero usando la parola retaggio?” chiese lei, sarcastica.

, in pieno simbolo della mia riappacificazione con i miei antenati, va bene?

Quella si limitò a sorridere. “La cosa più ridicola di tutta questa faccenda è che tu sottovaluti tuo figlio.”

“Eh?” questa era nuova – di tutte le cose sbagliate che faceva con Adam, sottovalutarlo non rientrava nel pacchetto. Sino ad allora.

Tuo padre ti ha sempre riempito di sfide e non ti ha mai dato mezza soddisfazione. Tu invece sei riuscito a compiacerti del fatto che Adam avesse imparato a usare la tazza del water.

“Ehi – era in largo anticipo sulla media! Vorrei ben vedere se non c’è da compiacersi, considerato il numero di vasini che ci siamo risparmiati di svuotare!

Ci siamo?”

“Li ho svuotati anch’io –”

“– lasciamo perdere. Torniamo al punto: lui ha già il tuo riconoscimento, e per ora gli basta e gli avanza. Non ha bisogno di dimostrare niente a nessuno, quindi perché dovrebbe perdere tempo a fare compiti, verifiche, o a fare noiose esposizioni di cose noiose davanti ad una classe noiosa che non capisce niente?

Tony levò un sopracciglio, aggrottando l’altro. L’espressione era sospetta. Poi, illuminato, esultò: “Hai perfettamente ragione, Pepper! Adam è troppo avanti, dovrebbe andare già alle superiori.

La donna si portò le mani al viso, disperata. Sembrava di combattere contro i mulini a vento. Tony non coglieva – anzi, stravolgeva tutto. Capace che fosse riuscita a rinforzare la sua idea che Adam era davvero troppo figo per i bambini della sua età. Scosse il capo, sconcertata.

Non ce l’avrebbe fatta. Si alzò, rinunciando.

“Io vado a letto.” Fece, arresa.

“Eh? Perché?”

“Non si può ragionare con te.”

“Che cosa ho detto di male, adesso?!

“Ti prego – non peggiorare ulteriormente la situazione. Buona notte, Tony.”

Quello rimase a guardarla salire le scale, basito.

 

Rimaneva in vigore il divieto di parlare con Adam dei suoi voti e della sua pagella. Nei due giorni successivi – fra una saldatura e l’altra, giusto per distendere i nervi – Tony cercava di riflettere su quella sottospecie di discussione avuta con Pepper qualche sera prima.

Aveva, comunque, fatto un paio di telefonate – per mero scopo informativo – chiedendo delucidazioni su come poter far saltare le classi ad Adam. In tutta la California non esisteva scuola superiore – pubblica o privata che fosse – disposta ad accettare un bambino di otto anni. Stranamente le motivazioni di tale impossibilità includevano sempre parole come pedagogia, crescita sana, maturazione sociale e via dicendo. In soldoni: ormai i bambini non andavano a scuola per imparare cose, ma per crescere.

Una cosa che lasciava Tony fortemente contrariato.

Alla fine decise che, per una volta, fosse il caso di provare a fare quello che bisognava fare (e non quello che lui aveva deciso di fare). Così, tanto per sapere cosa si provasse. In fondo – molto in fondoci dovrà ben essere stato un motivo se tutta quella gente – educatori, Pepper… – sosteneva una determinata tesi.

 

Le due settimane successive furono caratterizzate da un silenzio indaffarato.

Pepper, dopo un lungo discorso di Tony riguardo le sue responsabilità – andava alla grande, ultimamente, sui discorsi in merito, sebbene altra cosa fossero i fatti – decise che poteva provare a rilassarsi un po’, sperando che suo marito avesse finalmente acquisito un minimo di competenze paterne.

Adam non accendeva nemmeno più la televisione, talmente era preso da… quello che stava facendo.

Finalmente.

 

Alle due di pomeriggio di un apparentemente tranquillo martedì, il telefono squillò.

‘Stabilizzatori di volo’, aveva detto il preside – non mancando di sottolineare le virgolette.

Due finestre disintegrate, un tavolo bruciato, otto lampade alogene vaporizzate e, ovviamente, tutta la scuola evacuata.

Pagare i danni era l’ultimo dei loro problemi.

 

 tuo padre riuscì a far espellere Adam.

   
 
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