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Autore: Take_Me_ Home    30/07/2013    2 recensioni
Brava la mia piccola. Ti amo, lo sai?
Se mi aveva fatto fare tutto quello per farmi capire che non dovevo fare quelle cose da “persone normali” era perché voleva proteggermi, e le persone proteggono coloro che amano, no?
“Sì, lo so. Ti amo anch’io”, risposi.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Louis Tomlinson, Niall Horan, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Capitolo 5

Strano quanto a volte delle semplici convinzioni possano stravolgerti la vita, vero? Insomma, se non avessi avuto... lui la mia vita sarebbe stata quella di una normalissima ragazza con amici, una bella famiglia... avrei vissuto, non mi sarei accontentata di sopravvivere. Ma per quanto cercassi di dare tutta la colpa a lui sapevo che quei tagli me li ero procurati io, ero stata io a dargli ascolto... solo io. Lui mi aveva solo “aiutata”. Mi svegliai con quei pensieri, nel mio letto. Chi mi ci aveva portato? Ero sicurissima di essere svenuta sul pavimento, ad almeno due metri di distanza! Quasi appena ebbi aperto gli occhi mia madre fece il suo ingresso nella mia stanza.
“Oh, hai aperto gli occhi! Finalmente! Come stai? Ti fa male qualcosa? Il dottore ha detto che stai bene, che probabilmente è stata solo stanchezza”. Stanchezza, certo. Mi limitai a grugnire un “sto bene”, per poi voltarmi dall’altro lato per evitare di guardarla. Ero svenuta, lei mi aveva trovato e portato a letto. Mi aveva fatta visitare e il dottore non aveva capito il motivo di quello svenimento. Ma come avrebbe potuto? Un senso di ansia mi attorcigliò lo stomaco. Stavo dimenticando qualcosa, ne ero sicura. Perché Louis mi aveva aggredita? Stavo uscendo ma per andare dove?
“NIALL!”, urlai mettendomi a sedere.
“Niall?!”, chiese mia madre non capendo.
“Lascia stare mamma. Che ore sono?”, chiesi buttando all’aria le coperte e mettendomi alla ricerca di qualche vestito.
“Le 7 del mattino... ma perché?”, mi chiese sempre con lo stesso tono.
“Devo andare a scuola”, bisbigliai, ma probabilmente mi sentì perché si alzò dal mio letto e mi venne in contro.
“No no! Tu non devi andare da nessuna parte! Il dottore ha detto che hai bisogno di riposo, quindi tu resti a casa”, mi disse mentre mi infilavo un paio di jeans saltellando per farli entrare. Trovai una maglietta su una sedia e la infilai velocemente.
“Non posso mamma, devo andare”, le dissi bruscamente per poi infilarmi in bagno. Appena entrai in bagno la luce troppo forte mi fece girare la testa, facendomi avvertire per la prima volta i postumi dello svenimento. Mi lavai velocemente e rientrai in camera, dove mia madre mi stava ancora aspettando.
“Ma non puoi? Se ti sentissi male di nuovo? Io non permetterò che...”.
“Tu non permetterai cosa, mamma? E’ una vita che te ne freghi di me e adesso che sto cercando aggiustare la mia vita sei arrivata tu, con il tuo desiderio improvviso di darmi una mano. Be’, sai che ti dico? Io non ho bisogno di te! Sono sempre stata da sola e ormai mi sono abituata. Certo, i risultati non sono stati dei migliori, ma ora sono vicina all’essere... normale, e non voglio che tu mi ributti giù nel burrone dal quale sto cercando di uscire. Lasciami stare e torna a fare quello che facevi prima che ti rendessi conto di quanto penosa sia diventata la mia vita!”, le urlai in faccia, dicendo quello che mi tenevo dentro da ormai troppo tempo. Lei rimase immobile, ma vidi i suoi occhi riempirsi di lacrime. Prima che potessi dire o fare qualcos’altro girò i tacchi e corse via. Poco dopo sentii la porta di casa sbattere.
Sotto sotto mi dispiaceva di averle urlato quelle cose, ma era davvero tutta la vita che aspettavo di liberarmi, e finalmente l’avevo fatto. Accatastai quei pensieri un angolo della mia mente e, una volta preso lo zaino, mi catapultai anch’io fuori di casa. La macchina di mia madre non c’era già più, ma non ci prestai più di tanta attenzione. Cominciai invece a correre verso la scuola, sperando di arrivare in un largo anticipo per poter parlare con Niall. Volevo dirgli tutto, volevo che mi capisse, che mi ascoltasse... volevo che per una volta qualcuno di reale si interessasse ai miei sentimenti, e Niall aveva dato segno di volerlo fare, solo poche ore prima, ma per uno strano scherzo del destino non ero riuscita a dimostrargli che ci tenevo davvero a conoscerlo meglio. Corsi fino a non avere più fiato e, proprio mentre già riuscivo a vedere i cancelli della mia scuola, una voce tanto familiare quanto estranea mi riempì la testa. Era familiare perché era una vita che ci convivevo, ma era stranamente così diversa... non mi aveva mai parlato in quel modo.

Corri dal tuo nuovo amichetto eh? Ma non ti libererai facilmente di me. Quello che è successo ieri era solo un assaggio. Non hai voluto passare il resto della tua vita con me?

Bene, mi assicurerò che tu non sopravviva abbastanza da provare qualsiasi altra cosa. Divertite piccola, finché hai tempo.

Il mal di testa di pochi minuti prima tornò e per poco non mi accasciai a terra. Riuscii a rimanere in piedi solo appoggiandomi al muretto della scuola. Aspettai un po’ che i capogiri passassero e poi continuai ad avviarmi verso l’entrata, questa volta camminando. Una volta entrata puntai immediatamente alla panchina più vicina. Non ero ancora del tutto stabile e sapevo che se non mi fossi seduta subito sarei finita come il pomeriggio prima: svenuta sul pavimento. Era strano, mi succedeva ogni volta che Louis tornava a  parlarmi. Era come se mi sforzassi talmente di respingerlo, di tenerlo fuori dalla mia testa che mi risucchiasse tutte le forze.

Oh, ma tu non puoi tenermi fuori. Io sono parte di te, vivo in te! Ahahahahah

“Basta, sta’ zitto!”, sussurrai, arrancando verso la panchina. Peccato che proprio mentre mi stavo per sedere una spinta mi spinse a terra.
“Smamma sfigata, questa è la mia panchina”, disse una voce che riconobbi come quella di Margaret Rose. La spinta non era stata forte, ma era bastata per farmi cadere a terra, in preda a capogiri degni di una donna incinta.
“Ehi ma... che ha? Oddio questa adesso muore!”, urlò quella gallina in cerca di attenzioni. Come previsto una folla di studenti le si strinsero attorno, ma non per aiutarmi. Si limitarono a fissarmi, parlottando tra loro, mentre io lottavo per rimanere sveglia. Avrei voluto urlare, dire loro di aiutarmi, ma non avevo la forza.

Lo vedi? Tu non esisti senza di me! Tu sei...

“Levatevi dai piedi! Spostatevi! Rachel... andiamo levati dai coglioni!”, urlò una voce in mezzo alla folla. La riconobbi immediatamente e nonostante l’oscurità che incombeva più pesante che mai su di me, nonostante non avessi neanche la forza per aprire gli occhi, sorrisi.
“Rachel...”, sussurrò quando, lo intuii dal tonfo provocato dalle sue ginocchia sull’asfalto duro, si inginocchiò vicino a me. In quel momento tutto cessò. I capogiri, l’oscurità... si dissolse tutto nell’aria, come se fosse solo la mia immaginazione e per quello che sapevo poteva anche essere così. Aprii gli occhi e incontrai quelli blu di Niall che mi fissavano preoccupati.
“Niall...”, gracchiai e il mio sorriso si allargò. Era qualcosa di spontaneo, semplicemente non riuscivo a trattenere il sorriso e questo lo sorprese, forse perché non avevo mai sorriso davanti a lui. Il suono della campanella fece disperdere tutti quei ficcanaso che si erano fermati a guardarci, lasciandoci completamente soli. Si alzò e mi diede una mano a fare lo stesso. Tornai a guardare il suo viso, nella disperata ricerca di incrociare ancora quello sguardo blu oceano, ma invece del sorriso che mi aspettavo di vedere trovai un muro di freddezza. In quel momento mi ricordai del perché stessi correndo come una disperata verso la scuola.
“Niall io...”, provai a dire, ma mi interruppe bruscamente.
“Lascia stare. Se non volevi uscire con me bastava dirlo”, disse triste, abbassando lo sguardo. Era ferito, e non lo biasimavo.
“No! Tu non capisci, io...”.
“Ah, ora sono io che non capisco? Mi hai dato buca, Rachel. Hai idea di quanto ti abbia aspettata prima di andarmene via sentendomi un emerito idiota?”, mi domandò arrabbiato. Mi limitai ad abbassare lo sguardo, colpita ed affondata dalle sue parole.
“Avresti potuto dire di no, sarebbe stato meglio”, disse e fece per andarsene, ma prontamente gli afferrai il polso, tirandolo indietro. Immediatamente, appena la mia pelle toccò la sua, una familiare scarica elettrica mi attraversò la schiena.
“Aspetta, fammi spiegare! Io volevo uscire con te, sul serio!”, gli dissi e lui si bloccò, voltandosi nella mia direzione.
“E allora perché non l’hai fatto? Perché non puoi dirmi quello che nascondi? Non fare quella faccia, lo so che nascondi qualcosa”, aggiunse in risposta alla mia negazione. Valutai le ipotesi: se non avessi detto niente Niall si sarebbe voltato di nuovo e se ne sarebbe andato. Non mi avrebbe più rivolto la parola e sarei stata di nuovo sola. E se invece gli avessi raccontato tutta la verità? Magari sarebbe riuscito a fare ciò che lo psicologo provava a fare da anni. Ormai non avevo nulla da perdere, o difendere. Non mi importava più di Louis, anzi, volevo allontanarlo da me il più possibile.
Fu pensando a quelle cose che mi avvicinai a lui, poggiandogli una mano sulla guancia e fissandolo intensamente negli occhi. Avrei voluto che vedesse la mia sincerità, il mio rammarico e, soprattutto, il bisogno che avevo di lui. Lo conoscevo da poco, ma dal suo arrivo nella mia vita tutto era cambiato. Stavo uscendo da quello stato di trance nel quale avevo trascorso la mia vita, e questo lo dovevo solo a lui. Mi stava cambiando, ed io non potevo essergli più riconoscente.
“Permettimi di spiegarti tutto. Ti dirò ogni cosa, ma devi farmi spiegare”, gli dissi sempre guardandolo negli occhi. Lui annuì e, prendendomi per mano, mi portò fuori dai cancelli, in direzione del parco. La scuola per quel giorno poteva aspettare. Intanto non avevo paura di altri attacchi da parte di Louis perché avevo capito che quando ero con Niall ero protetta. Ripensandoci, questo mi accadeva anche quando ero dalla psicologa. Che fosse perché...
“Parla, ti ascolto”, mi disse Niall una volta raggiunto il parco. Mi guardai intorno ed indicai un gazebo poco distante. Ci sistemammo lì sotto e cominciai a parlare.
“Promettimi che mi prenderai sul serio, che non mi giudicherai una pazza e che non penserai che sia tutto uno scherzo. Ti sto raccontando la mia vita”.
“Vai tranquilla”, mi rispose facendomi un sorriso di incoraggiamento.
“Allora, da che ricordo sono stata sempre da sola. La mia famiglia era sempre troppo impegnata per pensare a me e non avevo amici. Non so perché è successo, forse per la solitudine, o forse non è stata neanche colpa mia, ma ho cominciato a sentire una voce, che mi parlava da dentro la mia testa”. Lo vidi trattenere il respiro e per un momento temetti che sarebbe scappato urlandomi di essere pazza. Invece riprese subito il controllo e mi regalò un altro dei suoi splendidi sorrisi.
“Va’ avanti”, mi disse.
“Con il passare degli anni questa voce si è sviluppata, è cresciuta con me e... ha preso anche una forma fisica. Ogni volta che mi addormentavo vedevo questo ragazzo. Presto mi innamorai di lui e cominciai a fare di tutto per compiacerlo. Mi diceva che ero diversa, che non dovevo avere alcun contatto con nessuna persona perché poteva farmi del male. Mi rinchiuse in una bolla di vetro e se gli disubbidivo mi puniva”.
“Aspetta, come faceva a punirti se era... be’... dentro la tua testa?”, chiese. Tentennai, non trovando le parole, ma poi decisi che una dimostrazione sarebbe stata più adatta. Così, mi alzai la manica della maglietta, mostrando i numerosi tagli rossi. Niall sgranò gli occhi e spalancò la bocca, ma di nuovo non si allontanò, al contrario, si avvicinò per osservarli meglio.
“Questi sono...”.
“Sì, me li sono fatti da sola perché sentivo di dovermi punire per avergli disobbedito. E’ tutta la vita che va avanti così. Nessun contatto con qualsiasi persona, compresa la mia famiglia, e solo la sua voce nella testa a tenermi compagnia ogni giorno”.
“Ecco perché tutti dicevano che parlassi da sola...”, disse collegando finalmente i pezzi.
“Ma io non ero mai sola. Lui era sempre e costantemente con me, almeno finché non sei arrivato tu”.
“Io?”, esclamò confuso.
“Sì, tu. Ogni volta che sto vicino a te non riesce a parlarmi. Mi succede solo con te e con la psicologa. Non riesce ad entrarmi nella testa quando sto con voi. Sono stati questi momentanei istanti di libertà a farmi capire che la mia vita era sbagliata e che per aggiustarla avrei dovuto smetterla di ascoltarlo. Ci ho provato ieri, ma ha cominciato a dare di matto e sono svenuta. Ha capito che mi interessi e solo questa mattina mi ha minacciata di distruggermi la vita se continuo a stare con te, ma io non posso fare altrimenti! Non posso passare il resto della mia vita con una voce nella mia testa”, dissi mentre delle lacrime cominciavano a bagnarmi il viso.
Niall si allungò verso di me e mi strinse in un abbraccio. Lasciò che mi sfogassi, accarezzandomi la schiena e sussurrandomi parole di conforto.
“Questo ragazzo... ha un nome?”, mi chiese dopo alcuni istanti di silenzio. Io annuii.
“Si chiama Louis. Ha i capelli castani e gli occhi azzurri”, risposi. Restammo ancora un altro po’ in silenzio, ognuno immerso nei propri pensieri. Avevo fatto bene a dirgli tutto? Non sembrava averla presa male e se pensava che fosse tutto uno scherzo non lo diede a vedere. Forse avrebbe potuto aiutarmi, dato che quando ero con lui potevo vivere una vita normale. Avrei dovuto parlarne anche con la psicologa. Mi promisi di farlo presto, così da avere tutto l’aiuto possibile.
“Quindi ogni volta che sei con me lui non riesce a parlarti?”, mi chiese ed io annuii di nuovo.
“Be’, allora credo che dovrò starti appiccicato”, disse infine sorridendo. Cosa voleva dire? Mi sarebbe rimasto vicino?
“Questo vuol dire che...”.
“No, non ti abbandonerò. Ti rimarrò accanto e insieme distruggeremo questo Louis. Vedrai che andrà tutto bene”. Avrei voluto mettermi a ballare, gridare al mondo la mia felicità, ma mi limitai a stringerlo di nuovo in un abbraccio.
“Grazie”, gli sussurrai.
“No, grazie a te. Finalmente so cosa nascondi e posso aiutarti. Non ti lascerò da sola, Rachel”. Passammo così tutto il resto della mattinata, tra le domande e le confessioni.
“Quindi lo vedi tutte le notti?”, mi aveva chiesto mentre passeggiavamo tranquillamente per il parco.
“Sì. Prima aspettavo con ansia quei momenti perché potevo stare con lui, ora solo il pensiero di dovermi addormentare mi terrorizza”, confessai. Lo vidi farsi pensieroso.
“Pensi che se ti rimanessi vicino anche mentre dormissi lui non riuscirebbe ad entrarti nella testa? Cioè, dormiresti senza vederlo?”, mi chiese. Rimasi shoccata.
“Be’, io non... non lo so, ma probabilmente sì”, risposi arrossendo al pensiero di me e Niall sdraiati sullo stesso letto.
“Be’, buono a sapersi, no?”, disse sorridente, per nulla imbarazzato. Risi di cuore, seguita da Niall. Era una bellissima sensazione. Ridere, sorridere... di solito non rientravano delle cose che ero abituata a fare, invece con Niall tutto era spontaneo.
“Secondo te perché quando sei con me non lo senti?”, mi chiese.
“Non sono sicura, ma ho una teoria. La prima volta che ci siamo visti Louis riusciva a sentirmi e a parlarmi benissimo, quindi non sei proprio tu a respingerlo. Insomma, sei tu ma... oddio come te lo spiego?”, esclamai passandomi le mani trai capelli e prendendo un respiro profondo. Lui rise di cuore.
“A parole tue”, mi spronò.
“Allora, penso che abbia innalzato una specie di barriera che impediva a Louis di parlarmi quando tu eri nelle vicinanze quando ho cominciato ad interessarmi a te. Era come se l’affetto che provavo per te tenesse Louis lontano”, spiegai, arrossendo nuovamente. Gli avevo appena confessato di provare interesse per lui.
“Ma quindi perché vi succede anche con la psicologa?”, chiese ancora.
“Ho un’altra teoria. Credo che nel profondo io abbia sempre covato odio per Louis e quindi automaticamente ogni qualvolta avevo la possibilità di sconfiggerlo, di allontanarlo da me, riuscivo a scacciarlo. Non può sentirmi e parlarmi quando sono dalla psicologa perché lo voglio io”.
“Ma allora, ora che avete litigato dovrebbe sparire per sempre! Insomma, non lo vuoi più, vero?”, mi chiese. Evidentemente aveva ancora paura che potessi tornare indietro e permettere a Louis di rinchiudermi nella mia bolla di vetro.
“Non è così facile. Ho sempre vissuto con lui e, per quanto io possa odiarlo, non riesco a cacciarlo. Ed è per questo che ho bisogno del tuo aiuto”.
“E come potrei esserti utile?”. Ecco, la domanda alla quale non avrei mai voluto rispondere.
“Perché per cacciarlo ho bisogno di avere un buon motivo, devo affezionarmi a qualcos’altro e capire che questa vita è meglio di quella da schiava”, dissi. Lui si fermò e cominciò a guardarmi, sorpreso.
“E perché vuoi che sia io a farlo?”. Lo sapeva, glielo leggevo negli occhi, ma voleva sentirmelo dire a tutti i costi.
“Perché tengo a te”, risposi arrossendo, ma sforzandomi di non abbassare lo sguardo. Sorrise e mi si avvicinò lentamente... forse troppo. Quando capii le sue intenzioni, cioè quando ormai le sue labbra erano a pochissimi centimetri dalle mie, mi voltai. Si allontanò immediatamente, in imbarazzo.
“Scusa io...”, farfugliò.
“Sta’ tranquillo, non è colpa tua. E’ solo che ancora non mi sento tranquilla”. Era vero. Mi piaceva Niall, e anche tanto, ma ogni volta che mi sfiorava, che mi guardava... automaticamente mi tornava in mente il modo in cui Louis mi toccava. Avevo davvero bisogno del suo aiuto e, se lui fosse rimasto con me, sapevo che sarei riuscita a sconfiggere una volta per tutte Louis.


CHIEDO PERDONOOOOOOOOOOO!
Lo so, sono in ritardo, fa cagare, vi aspettavate e meritavate di più.
Sono stata male e mi sono dovuta preparare per partire!
Domani parto e torno a fine agosto, quindi non potrò aggiornare.
Lo dico anche per chi segue l'altra storia.
Comunque, se volete io e
_ciuffano stiamo scrivendo una ff Larry rossa.
Se volete ecco il link: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1997740&i=1
Aggiorneremo in giornata.
Chiedo ancora perdono per lo schifo di capitolo che vi ho scritto, ma avete visto? Rachel ha detto tutto a Niall!
Non sono sdfhghf questi due? **
Ok, smetto di scassare i maroni.
Buone vacanze a tutti.

 

 


 

  
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