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Autore: Yukine    30/07/2013    0 recensioni
Nel dolore ci chiediamo sempre se siamo noi le persone che soffrono di più.
Se siamo la persona che ama più di tutti gli altri il nostro Lui/Lei.
Le cose sembrano farsi sempre più complicate. Così tante bugie, si può comunque chiudere un occhio sul passato? Shun aveva raccontato una verità falsa a Ren ed un altra a Nana. Così che rinunciassero all'altro pensando di esser stati rifiutati. Eppure restituisce la collanina a Ren. Rimorso?
Ryunosuke cerca di mostrarsi tranquillo ma spera che Ren e Nana si mettano insieme, come sarebbe dovuto accadere sette anni fa.
Haruna guarda tutto senza proferir parola, perché sapevo cosa sarebbe successo.
Si vedevano solo nuvoloni neri all'orizzonte.
Genere: Fluff, Sentimentale, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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Era assolutamente ridicolo a parer mio. Eppure l'avevo proposto io, ero masochista vero? Ridevo dentro me mentre varcavo la soglia di quella casa per nulla nuova ai miei occhi.
Subito a destra vi era l'ampio soggiorno che ospitava un sofà gigantesco, dove Koko si accoccolò senza indugi, di un rosso scuro ed elegante, il maxischermo che, se avessi acceso, in quel momento era sicuramente sintonizzato sul canale americano che mandava sempre in diretta le partite dell'NBA.
Subito di fronte al soggiorno vi era calda ed accogliente sala da pranzo collegata alla, non esageratamente grande, cucina. Più avanti, prima delle scale, vi era la seconda porta che dava direttamente sulla cucina, mentre a destra vi era la stanza della madre ed il suo bagno integrato. Su per le scale, lisce e fresche durante le caldi estati, coperte da un morbido tappeto durante le stagioni fredde, al primo piano, la prima stanza a destra apparteneva a Reiko, il secondo a suo marito, la prima a sinistra a Rena e la seconda a suo marito. Ognuno aveva la sua stanza, avendo diversi orari di lavoro, per non disturbarsi a vicenda.
L'ultimo piano era completamente di Ren. Ah, bello essere figlio maschio dopo due sorelle femmine. Il "cucciolo" di mamma, come spesso la zia lo definiva.
Una sola porta che dava sull'unica stanza di quel piano. Inutile dire che era una stanza immensa.
« Ren, perché non porti i tuoi amici nella tua stanza e lasciate giù le vostre cose mentre preparo uno spuntino?»
« Cosa? Perché nella mia stanza?»
gridò quasi esasperato. Ah, come lo capivo. Mostrare agli altri il proprio piccolo era sempre imbarazzante, anche quando non avevi nulla da nascondere!
« Perché sono i tuoi amici. Ah, Dormite tutti insieme? I futon li ho portati in lavanderia giusto ieri.» mi stava seriamente facendo male la pancia dal troppo ridere. Ren aveva sgranato gli occhi come incredulo. Probabilmente la zia ci credeva ancora amicissimi e tutto il resto. Non sapeva certo che il nostro rapporto si era degenerato col tempo, che ci fossero segreti, che Haruna la conoscevamo da poco e tutta la tensione tra noi. Come biasimarla, nessun genitore sapeva tutto di suo figlio.
Il ragazzo si arrese davanti allo sguardo severo della madre, per lei l'educazione era tutto.
Gli caddero le braccia sui fianchi. Poverino. Ma io mi divertivo. Un po' mi divertivo a guardarlo in quello stato. Ora ero anche sadico?
Borbottò qualcosa a bassa voce salendo le scale seguiti da noi compagnia bella.
C'era un lato divertente di lui che accettavo di buon grado pur sapendo della sua riversione verso me. Eh già, pur avendo perso la memoria provava quel risentimento nei miei confronti, anche se non ne conosceva il motivo. Non me lo aveva mai detto, ma glielo leggevo in faccia.
Capitava troppo spesso che mi gelasse col suo sguardo e poi aggrottasse le sopracciglia, passandosi una mano tra i capelli, come a chiedersi il motivo di quell'azione.
Ren aprì a malavoglia la porta del suo piccolo davanti agli occhi curiosi dei presenti.
Erano passati parecchi anni dall'ultima volta che avevo messo piede in quella stanza. Dopo quell' incidente non mi fermai più a casa sua per la notte, né entrai più nella sua stanza.
Notai come il tempo fosse volato e come eravamo cresciuti tutti, compreso lui.
Quelle pareti, che prima erano riempite di poster sugli anime, ora erano stracolme di giocatori di basket famosi, tra cui l'immancabile mito Jordan.
Ci guardavamo attorno un po' spaesati ed allo stesso tempo curiosi. Giusto il tempo di posar le borse che lui si affrettò a cacciarci fuori, chiudendoci la porta in faccia. Era giusto leggermente disordinato, normalissimo per un ragazzo delle superiori.
Prima di uscire vidi Nana avvicinarsi a quel che sembrava una lavagnetta bianca, sempre appesa al muro. Era rimasta dentro senza che Ren se ne accorgesse subito. Ryunosuke raccontava ad Haruna della nostra infanzia con allegria, mentre scendevano le scale, ma sperai davvero non le avesse detto troppo.
« Ren, vuoi entrare in un istituto sportivo americano dopo le superiori?» il ragazzo attaccò la propria schiena contro la porta. Nana era rimasta all'interno della stanza. Probabilmente era la persona che più avrebbe voluto tenere fuori da quella camera.
« Se vuoi ridere sei libera di farlo.» lo sentii mormorare attraverso la porta.
Lasciai che Ryu e Haruna scendessero le scale. Appoggiai la schiena contro il muro e inclinai la testa all'indietro. Non entravo solo perché era da troppo che quei due non parlavano come si doveva, a quattrocchi. Anche se dubitavo fortemente che avrebbero toccato quell'argomento.
« Cosa? Perché mai dovrei ridere del tuo sogno! E' un'ambizione bellissima!» esclamò lei ad alta voce, forse avvicinandosi a Ren. Certamente non avrebbe riso di Ren, tanto lei era innamorata di lui. Ed io ne ero così dannatamente consapevole.
« Ah, insomma, esci Nana, d-devo riordinare la camera!» balbettò frettoloso aprendo la porta e spingendola fuori, richiudendo la porta subito dopo.
Lei sembrò delusa, nemmeno si era accorta in un primo momento della mia presenza.
Tutto quel che vedi gravita sempre e solo attorno a Ren...
La sua mano sulla superficie della porta, come a sperare che riaprisse quella porta di sua spontanea volontà. Desiderava tanto il suo sguardo. Mai il mio.
« Non aprirà la porta.» la vidi sussultare di colpo, senza distogliere gli occhi dalla porta in legno scuro, e poi abbassò il viso lasciando che i lunghi e lisci capelli nocciola chiaro la nascondessero.
Staccai la schiena dal muro, avvicinandomi a lei, obbligandola ad indietreggiare.
« Non vedi. Non vedi più niente all'infuori di lui.» l'avevo bloccata, contro il muro, e lei mi guardava con il suo sguardo innocuo.
« Perché per quanto io sia qui tu non fai che guardare solo lui?» avevo appesantito il tono, diventando colmo di rabbia. La desideravo così disperatamente?
Senza nemmeno che me ne fossi accorto le avevo detto quello che pensavo da sempre, addolorato e tremante, guardandola come se fosse colpevole di tutto quel dolore, pur sapendo di farla sentire in colpa.
« Scusa, credo di star male.» respirai profondamente, portando una mano sulla fronte, ed allontanandomi in fretta da lei. Cominciai a scendere le scale.
Ne avevo davvero le tasche piene di tutta quella faccenda. Mi faceva male la testa, ma ancor più il cuore.
Mi stavo trasformando in un mero mostro. Struggermi per qualcosa che non potevo avere ma che mi illudevo di poter ottenere se mi fossi impegnato.
Ma che sono, un bambino? Ancora a credere nell'esistenza dei miracoli. Figuriamoci se esistono!
Scesi di fretta e ignoravo i passi di Nana e la sua voce che pronunciava il mio nome, alle mie spalle, che si buttò contro me per fermarmi, facendo sì che cadessimo entrambi con un tonfo spaventoso.
« Dico davvero, smettila di starmi così vicina. Non fai che ferirmi.»
Ero seduto sul pavimento del secondo piano, lei tra le mie braccia, tanto mi veniva naturale proteggerla da qualsiasi cosa, anche da una semplice caduta. Ero così poco coerente. Volevo si allontanasse ma dentro me fremevo dal desiderio di stringerla e non lasciarla più.
« D-dammi tempo...» le sue dita stringevano la mia camicia, tremante. Come avesse paura di guardarmi negli occhi.
« Per cosa?»
« Posso provare ad innamorarmi di te, quindi...dammi tempo, per favore.»
la vedevo diventare sempre più piccola, stretta a me.
« Ti prego, dammi uno schiaffo.»
Mi guardò con occhi ingenui.
« Picchiami, devo assolutamente capire se sto sognando.» presi le sue mani con le mie, molto più grandi, e mi feci schiaffeggiare manipolandola, così diciamo. Evitai di usare troppa forza, non per paura di farmi male ma di far del male alle mani di lei.
Nana era lì, aveva appena detto di voler provare ad innamorarsi di me.
Sapevo che c'era la possibilità che non ce la facesse. Che le piacesse ancora Ren. Ma era già molto per me.
La strinsi contro il mio petto, pur sapendo che sia Ren che Haruna e Ryu stavano guardando.
Non importava se lo facesse mossa dalla mia espressione o per voler proprio, l'avrei tenuta stretta a me finché avrei potuto. Finché non avrebbe preso il volo verso un altro luogo io sarei stato la sua oasi.
« Ragazzi, a tavola!» urlò la madre di Ren con la testa fuori dalla porta della sala da pranzo. La presi per mano e la portai giù. Ryu e Haruna, che spiavano dalle scale di sotto, si erano già dileguati, come se non li avessi visti comunque!
Ren arrivò solo dopo cinque minuti. Lo spettatore che guardava ammutolito. Quel filo di rabbia e dolore che vidi sul suo viso ricordava il mio. Solo che avevo deciso di ferirlo nel profondo stavolta.
Scusa Ren, ma stavolta sarò più egoista che mai.


_____#Oww-ah! (?)
Ciaossu, come state? Fa caldo? Fa proprio caldo eh! (ora sono arrivata pure a rispondermi da sola?)
Ah, Shun... *sospira* si sta trasformando lui in un mostro o sono io che continuo a disegnarlo così? D:
Uhm, vediamo come andrà avanti. Un ringraziamento a tutti quelli che continuano a leggere questa storia, oramai assurda (?), dai fili contorti che nemmeno la stessa autrice è in grado più di sciogliere °A°
Cià!
  
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