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Autore: _SillyLoveSongs_    30/07/2013    7 recensioni
Ed ecco(finalmente) la mia fanfiction a capitoli. Anche questa volta McCartney sarà uno dei protagonisti principali della storia. Dopo alcuni mesi dalla morte dell'amico John, Paul decide di raccogliere i suoi ricordi del grande musicista in un libro intervista, che si occuperà di scrivere Brianna, una giovanissima giornalista... leggete e, mi raccomando, fatemi sapere! ogni recensione è davvero gradita.
Genere: Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Paul McCartney
Note: What if? | Avvertimenti: Incest
Capitoli:
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Ciao carissime!
Sono tornata!!
Vi preannuncio che questo sarà un capitolo succulento, strutturato soltanto in un unico grande pov di Brianna, nel quale verrà rivelata una verità a dir poco... scovolgente! O almeno spero lo sia :P
Vi avviso non senza un po' di malinconia che mancano solo tre capitoli al termine di questo racconto, escluso quello sottostante. Questa mia splendida avventura sta per concludersi ma non è detto che non ammainerò presto nuovamente le vele di questa grande e meravigliosa nave che è la scrittura di fanfiction. Stefania, questa metafora è tutta per te ;)  
Anzi vi anticipo che ho già un'idea per una nuova long... ma non svelo nulla.
Ho già rubato troppo spazio, vi lascio al capitolo!
Buona lettura.







Liverpool    Maggio 1981

Le rotaie cedono senza difficoltà alla prorompente mole del treno, con la stessa naturalezza con cui i miei pensieri subiscono l'irruenza dei ricordi. Le immagini protagonisti di questi ultimi si atteggiano come a grandi e celebri personalità che passaggiano fra i prati, insinuano la loro figura fra gli alberi e le nuvole sfilacciate, imponendo la loro presenza al paesaggio che si rivela oltre al finestrino opaco, al quale ho offerto la mia attenzione.
Passo una mano fra i capelli, le cui ciocche la mia fantasia crede ancora plasmate dalle carezze di Paul.
Il cigolio blando che accompagna il treno sul binario successivo pare incredibilmente somigliante a quei gemiti rochi e convulsi che partecipano assiduamente alla progressiva rivelazione di quel recente passato che tento di celare grazie ad un'ulteriore immagine.
Quella di una donna.
Una donna esile, non più padrona ormai del suo corpo minuto e della sua anima altrettanto fragile contro la quale ho inveito, incurante delle ripercussioni che tali urla avrebbero potuto causare all'oggetto della mia ira.
Adagio il capo al finestrino, dimenticando il gelo innaturale che ne pervade il vetro. Chiudo gli occhi e libero contro di esso una sola lacrima che una anziana signora che ha da tempo preso posto accanto a me, accoglie con un sorriso malinconico. Scambiandola forse per il frutto di un amore non corrisposto e non per la figlia di un dolore che ritengo insanabile.


"Una.
Due.
Tre.
Le venature di cui il soffito del motel è cosparso si rivelano all'improvviso a quella mia analisi accurata, come scolari  capricciosi di fronte ad una maestra alquanto severa. Ma di tale insegnante non possiedo l'intransigenza; qualità che, forse, avrebbe soffocato quel mio desiderio lussurioso che non ho tardato a soddisfare.
Il pentimento, vigoroso cavaliere da tempo addentratosi nella corte dei miei pensieri, uccide brutalmente la passione, avversario emaciato, ormai spossato dall'esperienza trascorsa soltanto poche ore prima.
Di quella notte non resta che un ricordo confuso, soffocato dall'alcool maldestro e da quella necessità peccaminosa.
Il materasso sospira sollevato quando sollevo il mio corpo, il cui peso ha gravato per alcuni istanti sulle lenzuola.
Le mani saggiano con una carezza premurosa il calore offerto alla mie guance dalle lacrime copiose appena versate.
Un singhiozzo scuote le mie membra, avvicninandole alla finestra. Questa risulta fiocamente illuminata dal sole, pallido come le mie labbra, ormai scolorate di quella tinta purpurea, dono della passione fuggevole.
Quella passione che ha arricchito i baci roventi di Paul di un inaspettato calore e le sue rassicurazione precedenti di un'accoratezza sincera.
D'improvviso alcune delle sue parole antecedenti a quel delirio carnale risuonano nella mia mente, accompagnate da un tono autoritario che originariamente non le ha plasmate.



-Forse ha più bisogno del tuo aiuto di quanto tu creda.- Ricordo quanto questa frase appena sussurrata sia stata riferita a mia madre e quanto coonservasse il fine di donarmi maggior spensieratezza. Sentimento però che annebbia i miei umani rimorsi soltanto ora, mostrandomi diligentemente il soggetto, per la salute del quale, devo interrompere la corsa delle mie lacrime.
Scaccio quelle umide gocce salate dalle mie gote, con una bruschezza indelicata, con la quale esprimo il mio disinteresse riguardo quell'acuto dolore. Tale attenzione scema rapidamente, consacrandosi senza alcuna riserva all'unico sentimento che ne fosse degno: l'affetto profondo che provo per mia madre. Quell'amore incondizionatamente puro che non ha riservato il suo candore a quelle mie ultime parole a lei rivolte. La delusione le ha insozzate dell'unguento viscoso della rabbia, generato da un unico istante. Di esso mi pento amaramente, riconoscendo d'improvviso l'importanza gravosa che mia madre ha sempre rivestito in quel gioco irreversibile che è la vita. Un ruolo assai maggiore di quello che si fregiano le pedine del mio dolore, che muovo in silente solitudine nella scacchiera della realtà.
Respiro profondamente, rimembrando il volto terreo di mia madre, la cui espressione forgiata dalle mie grida severe, ha espresso una disperata richiesta d'aiuto che non sono riuscita a cogliere, a causa della mia razionalità accecata dal rammarico. Sorrido, l'intenzione di sopperire a tale mancanza palpita nel mio cuore ormai privo di allegrezza, contribuendo a tingerlo di una vana speranza di redenzione.
Recupero le chiavi della mia casa a Liverpool da quell'antiquato cassettone, il cui profilo sgraziato è stato riservato al muro, che sopporta pazientemente la sua ingente mole.
Chiudo la portea lignea della stanza del motel e discendo rapidamente le scale, ignorando le mie gambe slanciate, foriere di sgradevoli ricordi."

Le raffiche ventose che da tempo gozzovigliano fra i quartieri di Liverpool accolgono in un caloroso abbraccio sorpreso il mio corpo, glorificando il mio arrivo con un fischio sonoro e vibrante. Questo percuote con vivacità le mura inglesi come un bimbo che avverte la madre di una presenza inaspettata afferrando le gonne della donna spazientita fra le mani paffute. Quell'ingenua pretesa di attenzione pare rivestire anche il volto inespressivo della città, che si staglia orgogliosa di fronte a me, con l'intenzione di suscitare i miei sguardi ammirati che non ho mai dimenticato di offrirle. Ma oggi offro a quei lineamenti pietrosi solo un sorriso apatico, come quello offerto dalle madri sconsolate a quei figli che forse non potranno mai comprendere il loro dolore. Liverpool approva il mio composto silenzio, trasudando però nei suoi viottoli il vano desiderio di rallegrarmi.
Riconosco senza difficoltà i profumi speziati che fino ad alcuni giorni prima ho respirato assieme a Paul, assaporando la dolce fragranza che ha impregnato la sua camicia.
La nobile intenzione della città di offrirmi, attraverso il suo paesaggio caratteristico, ricordi famigliari e affettuosi, pare ora un crudele tentativo di deridere la debolezza della mia coscienza grazie ad immagini di un passato recente. Quel passato che attanaglia nuovamente la mia mente, insinuandosi in ogni anfratto di quella provincia, da me cotanto amata. Percepisco la voce sudenti di Paul in quella irriverente dei negozianti, le mani eleganti del cantante nei gesti vaghi delle anziane comari e le labbra scarlatte dell'uomo in quelle screpolate di alcuni ragazzini assiepati attorno ad un locale.
 Abbasso il capo, come un soldato, nel tentativo di evitare le incessanti granate con cui i ricordi desiderano punire la mia immorale lussuria.
Avvolgo il mio busto con le braccia, tentando inutilmente di proteggere il mio corpo da quel vento gelido, improvvisamente inospitale.
Accolgo con un sospiro soddisfatto la figura della mia abitazione, esile e assai poco appariscente, proprio quanto la sua padrona. Osservo con un sospiro malinconico quelle tegole sconnesse quanto l'animo di mia madre, che nessuno ha mai avuto intenzione di riparare. Il tempo ha eroso i mattoni, e il profilo candido della casa.
I fiori ordinati sul balcone, non sorridono al sole opaco con la vivacità di quei colori ormai spenti a causa di una cattiva cura.
Lascio scivolare la chiave nella toppa.
Tre cigolii.
Il primo, acuto e repentino.
Il secondo, basso e prolungato.
E il terzo che rivela con un sospiro affaticato l'interno della mia dimora.
Sorrido di quei suoni familiari che donano alla mia mente un'unica, sincera malinconia.
Mi addentro a casa ma percepisco appena il ticchettio dei miei stivali, soffocato da passi assai più frettolosi, nei quali riconosco l'angoscia di un'attesa a lungo sperata.
Tale piacevole rumore viene accompagnato da una voce, arrochita da un pianto recente, interroto subitaneamente, al momento del mio rientro.
-Brianna?-
Mia madre giunge le mani di fronte alla bocca carnosa, così simile alla mia, un sorriso sollevato che si dipana oltre le dita. Tale espressione di gioia inaspettata fa rilucere il suo viso di un'inaspettanto entusiamo, che riporta alla mente quello infantile. Della puerilità, quella donna, possiede le gote arrossate da quel sentimento benevolo e gli occhi raggianti.
Sorrido a questa visione, che da tempo ha occupato degnamente la mia attenzione.
D'improvviso il dolore provato in seguito a quella notte immemorabile viene soffocato dall'irruenza di un sentimento maggiore, la cui forza familiare ha sorretto il mio animo per anni di disperazione, offrendomi la forza di proseguire degnamente la mia vita: l'amore. Una consapevolezza sguascia nella mia mente, come uno sciroppo benefico, che scaccia senza difficoltà i miei timori.
Comprendo il mio errore riguardante la valutazione di Paul, il quale ho sempre considerato la mia ancora di salvezza; essa risulta d'improvviso avere il volto di mia madre. Una donna dall'animo debole che richiede il mio aiuto e mi offre il suo attraverso un bacio o una carezza altrettanto amorevole.
Quelle dimostrazioni affettive che ora arrichiscono il mio viso di un appagamento beato simile al sonno ristoratore in cui la spossatezza traghetta l'uomo in seguito ad una giornata sfiancante.
Prende il mio mento fra le mani e strofina il suo naso contro il mio, ripercorrendo con un gesto un personale rituale infantile.
-Mi dispiace, Bri, mi dispiace davvero tanto. Non so cosa mi sia preso, sono stata un'incosciente. Io... ti prometto che cambierò. Sì, cambierò! Ti assicuro che mi libererò di quelle maledette pillole, amore, te lo prometto... te lo prometto...- Ripete le ultime parole in un refolo di fiato che accarezza il mio collo. Adagio delicatamente la mia mano contro la nuca, sussurrandole parole di conforto. Queste ultime vengono interrotte da un gemito infantile proveniente dalle labbra di mia madre, adagiate contro la mia spalla.
-Credevo non saresti tornata da me dopo quello che ti ho fatto. Sono stata davvero ingenua a credere che quelle pillole siano più importanti di te...-
Alza il capo e bacia sonoramente le mie guance.
-Ma niente è più importante di te, Brianna. Sei l'unica ragione che ho... per continuare a vivere e io...-
-Lo so, mamma. Ti amo anch'io.- scuoto ripetutamente il capo prima di proseguire.
-Non... non avrei dovuto dirti quelle cose orribili, sono stata un mostro, io...-
-No...- la sua voce rassicurante è velata da una sincerità oltremodo genuina.
-No, Bri! Tu sei stata matura e corretta nel tuo giudizio contro di me e te ne sono grata. Se non fosse stato per le tue parole non avrei mai capito la portata dell'errore che stavo compiendo.-
Il suo volto si oscura di una serietà compunta che anticipa parole altrettanto sentite, le quali sono attorniate da un'eccitazione acuta e incomprensibile.
-Sei incredibilmente responsabile, Bri. Hai sempre dimostrato questa tua caratteristica in anni di adolescenza mancata, nella quale non mi hai dimenticata per un solo istante. Hai abbandonato gli studi, hai trovato un lavoro, hai guadagnato dei soldi, sei tornata a Liverpool ogni volta che ne avevi la possibilità e tutto questo solo per me...-
Sorrido, grata per quell'inaspettata constatazione. Tento nuovamente di avvolgere mia madre in un abbraccio che lei rifiuta. Il cenno della sua mano tremante con cui pone una distanza fra i nostri corpi pare non essere d'accordo con il chiaro desiderio affettivo che freme nelle sue membra.
-Non ho rimpianti per ciò che ho fatto mamma. Nonostante ciò che ho detto ieri, io... io ti amo, sei la persona più importante della mia vita... avrei dovuto sostenerti maggiormente, starti più accanto per evitare che tutto questo accadesse di nuovo ma ora sono qui. E ti prometto che combatteremo insieme questa battaglia che è l'unica che vale davvero la pena di combattere.-
Anche il mio tentativo di intrecciare le mie dita con le sua risulta vano. Corrugo la fronte, con un sorriso stupito, accompagnando gli occhi all'intorno, come alla ricerca di una motivazione a quell'improvviso distacco.
Mia madre deglutisce profondamente, inclinando il capo, lo sguardo attratto dai fregi del tappeto persiono che adorna l'ingresso.
-No, Bri, tu non hai sbagliato nulla con me. è colpa mia, che ho ripagato la tua premura con un comportamento riprovevole. E adesso... adesso credo... credo sia giunto il momento di spiegartne la causa...-
Sgrano gli occhi, una spiacevole sensazione si impadronisce di me.
-So benissimo il motivo del tuo dolore mamma, forse perchè l'ho provato anche io. A differenza tua però sono riuscita a superare più facilmente la delusione per il gesto... il gesto... il...- quell'azione passata di cui sono stata protagonista poche ore prima fatica ad assumere la veste di quelle parole che fatico a pronunciare.
-Il gesto... gesto... orribile che fece quel verme di mio padre. Non devi spiegarmi nulla, lo sai. Io sono con te.-
La sua voce lamentosa tradisce un gemito stonato che risuona lungo le pareti.
-No, quella... quella è solo parte della verità che ti nego da troppo tempo, credendo... credendo che tu sia ancora troppo piccola per capire... ma dopo la tua dimostrazione di responsabilità e dedizione nei miei confronti non posso negarti un tuo diritto... un diritto di cui una giovane donna come te dovrebbe godere: la verità.-
Un presentimento alquanto spiacevole avvolge le mie membra di un torpore innaturale dal quale emerge solo una domanda formulata dalla mia voce arrochita che percepisco estranea.
-Quale verità, mamma? Che stai dicendo? Diritto negato? Quale diritto? Di che stai parlando?-
Le mie parole si affaccendano ansiose sulle mie labbra in attesa di una risposta.
Mia madre preme le mani sulle tempie, come infastidita dal mio tono pretenzioso. Con un sospiro rilassa la fronte, percorsa da rughe d'espressione.
Accenna ad abbandonare l'ingresso esclamando:
-Ti prego, seguimi. Io... devo dirti molte cose che ti ho indegnamente taciuto fino ad ora. Credo proprio che sia giunto il momento che tu le sappia.-
Tento di rassicurarla con le mie parole ancora poco convinte.
-Non siamo in un film, mamma, e tu non sei il personaggio che svelerà chissà quali misteriosi segreti del mio passato. Io conosco il mio passato e so perfettamente quanto sia stato doloroso ma ora siamo insieme e affronteremo tutto, come sempre... non ho bisogno di sapere altro.-
-Non è vero... tu non sai niente riguardo al tuo passato... riguardo... riguardo a tuo padre...-
Alzo gli occhi al cielo, prima di accarezzarle le spalle in un gesto preoccupato.
-Che altro devo sapere di quel verme? Ti ha picchiata? Ti ha fatto del male? Ti ha costretta a fare qualcosa che non volevi? Ti ha molestata? Oh mio Dio, se così fosse lo cercherò in capo al mondo e ti giuro che gli restituisco tutti i torti che ti ha fatto. Ovunque si sia cacciato con quella... quella...- sospiro, la parole ancora aggrovigliata nelle maglie dei ricordi.
-Quella... quella... quella maledetta... sgualdrina, io ti giuro che lo troverò.-
Un sorriso amaro dipinge la bocca di mia madre, incurvandola in un'espressione altrettanto desolata.
-No, non riguarda Quel padre...-
-Perchè, ce ne sarebbero altri?- rispondo con una lieve ironia che lo sguardo grave di mia madre allontana subitaneamente dalle mie parole.
-Solo... solo uno...-
Deglutisco profondamente, alquanto confusa, scuotendo il capo verso quello ricciuto di mia madre alla ricerca di una spiegazione.
Ma nasconde il viso fra le mani, preda di un singhiozzo, prima di pronunciare un nome. Un unico nome, che uccide lentamente ma altrettanto efficamente la mia razionalità.
Un nome appena sussurrato tra gli spiragli creati dalle dita, che permettono accuratamente agli occhi di mia madre di non affrontare i miei che d'improvviso si colmano di un velo opaco e irreale.
Tre sole parole.
Un unico nome.
Numerosi pensieri che non riesco ad ordinare.
Una folle consapevolezza che pullula nella mia mente.
-James Paul McCartney.-






Angolo autrice:
Ta-daaaa!
Ecco la grande sorpresa, forse un po' scioccante, che caratterizza la mia storia. Spero di avervi (almeno un po') sorpresi :P
Inizialmente la maggior parte di voi aveva intuito qualcosa, ma ho cercato (spero decentemente) di dirottare il vostro interesse verso un'altro argomento: il rapporto fra Brianna e Paul. Che strategia, eh? XD
Ringrazio come sempre la mia mitica Giu, che di parte di questo capitolo conosceva un'ulteriore versione che ho modificato proprio all'ultimo.
Non dico nient'altro, lascio a voi tutti i commenti!
Un bacio
Giulia
 
  
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