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Autore: katvil    30/07/2013    5 recensioni
"Io ti amo, ma non posso continuare così. Se rimani questa volta, non dico che debba essere per sempre, ma ti voglio qui domani al mio risveglio. Ho bisogno di averti accanto, di viverti giorno dopo giorno, di sapere che sei mia e di nessun altro. Ho bisogno di respirare l’aria che respiri ogni giorno, non solo per una notte perché adesso non mi basta più. In verità non mi è mai bastato, ma mi sono sempre detto che era meglio averti per metà piuttosto che non averti per niente. Adesso basta: devi prendere una decisione. O stai con me o esci da quella porta per non tornare più perché mi sono fatto già troppo male con questa storia e adesso non ho più la forza di continuare così.".
Nik, Laura, il loro amore tormentato e la musica dei Jumpin' Frog. Cosa ne uscirà?
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Lo sò che il mio amore è una patologia'
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I'm unclean, a libertine
And every time you vent your spleen,
I seem to lose the power of speech,
Your slipping slowly from my reach.
You grow me like an evergreen,
You never see the lonely me at all[1]

La musica è l'unica cura quando mi sento così: mi chiudo in camera, lo stereo a palla e i miei cd. Tutto il resto è fuori e per un po' m'illudo che sia sparito. Oggi è una di quelle giornate dove ho bisogno di chiudere il mondo fuori. L’incontro con Andres di stamattina mi ha totalmente destabilizzato e il fatto che Sara sia uscita con Gio lasciandomi qui da sola non ha fatto altro che peggiorare il mio umore. In realtà mi aveva chiesto di andare con loro, ma l’idea di stare tutto il giorno ad ammirare le effusioni dei due piccioncini non rientra proprio nel mio ideale. Così eccomi qua, a passare una domenica chiusa in casa a deprimermi. Almeno ho la musica a farmi compagnia. Com’è che poi però va sempre a finire che scelgo gli album sbagliati? Va beh... Signor Molko, per oggi sono già abbastanza depressa perciò chiudi la bocca. Ecco... mi sono mossa... mai una volta che riesca ad alzarmi dal letto senza far finire tutto quello che c'è sul comodino a terra. Forse ha ragione Sara: dovrei decidermi a riordinare... sembra di essere in un campo di battaglia... Ok Laura, vedi di riprenderti e dai un aspetto decente a questa stanza, almeno vediamo di rendere produttiva questa domenica del cavolo. E questa? Uddio... ma perché conservo ancora questa foto? La sera che l’abbiamo scattata io e Andres dovevamo essere sotto l’effetto di una qualche droga strana: io ho i capelli arruffati manco avessi usato un gatto come pettine, gli occhi sono sbarrati come i suoi ed entrambi abbiamo un’espressione allucinata. Un autoscatto qua in camera durante un momento di delirio totale. Dovrei decidermi a buttarla, ma proprio non ce la faccio. Forse perché tenerla mi fa pensare che una parte di Lui sia ancora mia, anche se in realtà Lui non è stato mai mio.
Ricordo come fosse ieri il giorno in cui Tommy ci ha presentati: io e Sara eravamo al bar ed è entrato Lui.
"Andres, vieni qua che ti presento i miei angeli. Loro sono Laura e Sara. Ragazze, lui è Andres. E' appena arrivato dalla Spagna, vedete di trattarlo bene!”.
Andres si è allungato verso di noi per stringerci la mano ed io ho sentito come se ci fosse una forza che mi attirava verso di lui. E’ stato come se i suoi occhi si fossero trasformati in due calamite verdi pronte a trascinarmi verso un baratro.
"Stasera vi va se usciamo a bere qualcosa? I ragazzi vengono, voi che fate?"
"Beh... se c'è Gio io vengo sicuramente!"
"Sara... non avevo dubbi..." Tommy ha pronunciato questa frase col suo sguardo malizioso, che lascia intendere tutti i doppi sensi possibili.
"Tommy smettila di prendermi in giro! Ma trovati una donna pure tu no?"
"E chi ti dice che non ce l'abbia? Mica devo dirvi tutto..."
"Va beh... sei sempre il solito... Chiamo Fra così Frank è contento e ci vediamo qua verso le 20."
Il mio sguardo era come perso negli occhi di Andres, in quegli occhi verdi che ancora non sapevo quanto male mi avrebbero fatto.

La sera ci siamo trovati con la compagnia davanti al bar. All’epoca Nik non usciva ancora con noi. Era come una meteora che ogni tanto passava senza fermarsi. Era strano, ma non ho mai capito che tipo di problemi avesse. Frank ci raccontò che stava passando un periodo difficile e gli si leggeva in faccia che era seriamente preoccupato per lui, anche se cercava di non farlo vedere, forse perché non voleva dare troppe spiegazioni sullo stato del suo amico. Dal canto suo, lui era in fase “corteggiamento selvaggio” nei confronti di Francesca, ma la morettina faceva la preziosa, anche se tutti avevano già capito che alla fine sarebbero finiti insieme quei due: sono fatti l’uno per l’altra, come le metà di una mela che combaciano perfettamente. Quella sera stranamente c’era anche Jack con noi: ammetto che il suo sguardo allucinato, con quegli occhi azzurri sempre sbarrati, m’inquieta ogni volta. Penso che sia pazzo, anzi vedendolo suonare la batteria ne ho la certezza! Tommy aveva deciso di deliziarci con uno dei suoi monologhi sulla vita e le sue incertezze: la sua voce leggermente gracchiante mi entrava nelle orecchie rimbombandomi nel cervello perché il signor Riccoboni, quando fa i suoi discorsi “filosofici”, non parla, ma declama. Come se fosse la reincarnazione di Carmelo Bene, entra in scena e incomincia con i suoi sproloqui. E’ un attore nato: sembra stare sempre in scena, anche quando serve i cappuccini al bar. Sul palco con i Jumpin’ Frog poi è davvero una forza della natura: è nato per stare lì. Peccato però che quando è ubriaco diventa di una pesantezza unica e quella sera aveva davvero fatto il pieno con le birre! Se non fosse stato per Andres mi sarei addormentata direttamente sul tavolo della birreria. Per tutto il tempo non sono riuscita a staccargli occhi di dosso e lui ha fatto lo stesso con me. Mi ha raccontato di essere catalano, di Barcellona per l’esattezza. Là ha un’attività con i suoi genitori d’import export ed è venuto in Italia per curare un paio di affari. Stava cercando un posto dove stabilirsi per seguire meglio il tutto.
"Ragazzi, noi leviamo le tende" Gio e Sara sono andati via per primi, evidentemente avevano qualcosa di meglio da fare che subirsi i discorsi filosofici di Tommy. Jack li ha seguiti a ruota e così anche Frank e Fra.
"Ragazzi... io andrei a fare la ninna che domani alle 4.30 canta il gallo. Vi scoccia se vi lascio soli?" Domanda retorica: Tommy era ubriaco perso, ma aveva capito benissimo che non aspettavamo altro.
"Ningun problema para mì"
"Vai pure Tommy, ce la caveremo benissimo anche da soli."
"Non ho dubbi a riguardo... " Mi ha lanciato una delle sue solite occhiate maliziose e barcollando è uscito dal locale.
"Ehm... Laura... tengo un problema... Mi sono ricordato che ero in macchina con Tommy e adesso non so come tornare al mio albergo..."
"Bene... io ero con Sara. Prendiamo un taxi e vediamo di levare le tende pure noi.”.
Non scorderò mai quel viaggio in taxi. Dico al tassista di portarci a casa mia: l'idea era che io scendessi e che Andres proseguisse poi da solo la sua corsa, ma non è andata esattamente così. Come ci siamo trovati vicini sul seggiolino posteriore di quella macchina ho sentito come se ci fosse una forza incontrollabile che mi spingeva verso di lui. Eravamo come due calamite che si attraggono senza potersi opporre. I suoi occhi verdi mi fissavano e in pochi secondi le sue labbra erano sulle mie. Senza rendermene conto, mi sono trovata a ricambiare quel bacio con la foga di un bambino che si butta sul vaso di caramelle che osservava da giorni. E' stato il bacio più elettrizzante di tutta la mia vita.
Arrivati davanti a casa, il tassista ha fermato la sua corsa.
"La tua amica non è in casa giusto?"
"No, dorme dal suo ragazzo."
"Vuoi che salga a farti un po' compagnia?"
Neanche il tempo di rispondergli ed eravamo già sul divano di casa a chiacchierare. Il suo accento, il suo modo di gesticolare e di toccarsi i capelli mentre parlava, quell’aria adulta data dai suoi quarant’anni lo rendevano ancora più affascinante. Sarà stata anche colpa di un qualche bicchierino di troppo, fatto sta che ci siamo ritrovati in camera mia. Mentre lo baciavo e passavo le mani tra i suoi capelli mi sembrava di essere sul monte più alto del mondo. Sentivo il suo profumo, il suo corpo avvicinarsi al mio che non poteva fare altro che assecondarlo.
"Aspetta... Laura, fermati un attimo" Ad un tratto il suo sguardo si è fatto serio "Io tengo la fidanzata in Espana... E' una historia un po' complicata, ma..."
"Ssssh! Non parlare, non importa.” L’ho zittito portando un dito sulla sua bocca “Stanotte ci siamo solo noi, il resto non conta.” L'ho stretto a me e l'ho baciato dimenticando le parole che mi aveva appena detto. Non potevo fare altro, era inevitabile. 

Il mattino dopo mi sono svegliata stranamente abbastanza presto. La luce entrando dalle fessure delle serrande si posava sulla schiena di Andres. La sera prima non avevo notato i suoi tatuaggi. Mi sono messa a fissarlo, come a voler incidere ogni centimetro della sua pelle nella memoria. Sarei rimasta lì a guardarlo dormire per ore, mi sembrava di vivere un sogno. Peccato che lo squillo del suo telefono abbia interrotto tutto. L'ho visto alzarsi di scatto e allontanarsi per rispondere. Parlava in spagnolo, ma ho capito subito chi c'era dall'altro capo. Così mi sono vestita e sono andata in cucina dove Sara, che era appena rientrata, stava già preparando il caffè.
"Buongiorno Amò. Vedo che è andata bene anche per te la serata”.
"Sara... ti racconto tutto più tardi..." L’ho guardata con un sorriso poco convinto: sapevo che la mia favola di lì a poco si sarebbe interrotta.
"Senti... io devo andare... ci vediamo." E così Andres uscì dalla porta, lasciandomi lì a fissare il legno scuro per non so quanti minuti sperando di vederlo rientrare. Una notte, una sola maledettissima notte che è però bastata per farmi cadere in un vortice dal quale sarei difficilmente uscita.
Dopo quella sera ci siamo visti un paio di volte in compagnia con gli altri, ma non è più successo niente, anche se entrambi avremmo voluto andasse diversamente. Dopo una settimana Andres è ripartito per la Spagna. L'ho accompagnato all’aeroporto e al momento di salutarci mi ha stretta e baciata con passione. Sono scappata verso i bagni, non volevo mi vedesse piangere. Mi stavo sciacquando il viso quando nello specchio vedo il riflesso di un volto che conoscevo bene, ma che non avrei mai voluto fosse lì. Mi sono voltata ed è bastato un attimo: mi ha stretto in un bacio lasciandomi senza fiato e mi ha trascinato verso uno dei bagni. L’ho sentito stringermi sempre più forte finche i nostri corpi non si sono uniti. Entrambi sapevamo che quella sarebbe stata l’ultima volta e che chiunque sarebbe potuto entrare da un momento all’altro. Questa sensazione ci faceva crescere il desiderio e la passione. Poi mi ha guardato negli occhi per un ultimo momento: non scorderò mai il suo sguardo, quella strana luce negli occhi, come se non volesse dirmi addio. L’ho visto scappare verso il cancello d'imbarco sparendo tra la gente in fila per prendere l'aereo portandosi via un pezzo del mio cuore.
Dopo pochi mesi è venuto a vivere qua, nel palazzo di fronte a casa mia, ma non è più lo stesso, almeno non per lui, anche perché adesso c'è pure la sua ragazza.
Ho passato un periodo davvero schifoso: a fatica uscivo da casa e Sara cercava in tutti i modi di farmi uscire da quel guscio dove mi ero rinchiusa. Poi c’era Frank: con lui ho sempre avuto un rapporto particolare. La sua aria da musicista scapestrato mi ha sempre affascinato: non che provi attrazione verso di lui, ma ha quel qualcosa che riesce a catalizzare sempre la mia attenzione quando sono in sua presenza. Sarà forse la sua parlantina o perché quando è sul palco è impossibile non notarlo, anche se in realtà nasconde una timidezza di fondo che lo rende dolcissimo, caratteristica che cozza parecchio col suo aspetto fisico così rude. O forse sarà quel suo modo così fisico di approcciarsi alle persone che ti fa desiderare di essere oggetto di uno dei suoi abbracci. Fatto sta che se non ci fosse stato lui non so se sarei mai uscita da questa maledetta storia e probabilmente oggi sarei ancora lì, sdraiata sul letto a deprimermi per colpa di Andres. E’ diventato il mio confidente, il fratellone maggiore che mi mancava. Mi ha fatto conoscere Nik che in quel periodo usciva da un periodo in cui aveva dovuto combattere con diversi demoni. Bene o male ne era uscito vincitore, anche grazie al fatto che Frank non l’aveva mollato un solo giorno. Diciamo che insieme abbiamo ricominciato a vivere: è un ragazzo dolcissimo, che sa come far sentire amata una donna, ma... ma tra noi alla fine c’era sempre qualcosa, o meglio qualcuno. Più passava il tempo e più mi rendevo conto che nel mio cuore c’era un’altra persona: Andres. Per quanto potessi provare a ignorarlo, lui era sempre lì e ogni volta che incrociavo i suoi occhi, il mio cuore cominciava a galoppare come una mandria di cavalli selvaggi. Così un giorno mi sono decisa e l’ho affrontato: era inutile continuare a prendere in giro lui e me stessa. Gli ho dato appuntamento al parco vicino al garage dove provano i ragazzi (pessima scelta, ma al momento non mi sembrava di avere molte alternative…) e gli ho detto quello che provo per lui col risultato che Nik ci ha beccati proprio sul più bello e potete ben capire che non ne voglia più sapere di me mentre Andres cerca di evitarmi per non rovinare tutto con la sua fidanzata. Ed io mi ritrovo sola a pensare a come sarebbe potuto essere.
 


[1] Frase tratta dal brano “Whitout you I’m nothing” dei Placebo




Angolo dell'autrice

Finalmente sono arrivata in fondo anche a questo capitolo... allora? Vi piace questa storiella? Non siamo ancora entrati nel vivo, ma le basi ci sono già tutte :) Vedo che siete tanti a leggere, ma pochini a commentare (direi nessuno, a parte la mia pisella Heaven_Tonight che ringrazio <3 ) Se volete lasciare un segno del vostro passaggio (anche solo scrivermi che la storia fa schifo... è già qualcosa...) ve ne sarò grata.
Alla prossima :)
   
 
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