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Autore: Illusionidellavita    31/07/2013    3 recensioni
"Mi vuoi sposare?" disse in modo un po' scherzoso. "Ma sei pazzo? Ho vent'anni e poi devo prima laurearmi, trovare lavoro...". Lui la zittì in un abbraccio soffocante e poi le sussurrò:"Tanto un giorno mi sposerai, con o senza laurea."*
Genere: Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Elisabeth si era appena distesa nel letto. Continuava a pensare a quella voce così melodica. Era svanita nel nulla ma continuava a sentirla nella sua mente. Si chiedeva se chi si era interessato a lei lo fosse davvero o era solo uno scherzo. Sapeva soltanto che avrebbe voluto sentire ancora quella voce indimenticabile.
 
Non trovando nessuna risposta cercò di addormentarsi, ma non aveva sonno neanche quella notte. Mise le cuffiette nelle orecchie e iniziò ad ascoltare la musica.Non sentiva più la voce misteriosa ma solo splendide note di pianoforte che rimanevano intrappolate nella sua mente. Aveva sempre desiderato imparare a suonare quel magico strumento, ma i suoi genitori non volevano che si dedicasse ad un'attività così "inutile". Elisabeth invece riteneva che saper suonare il pianoforte era un modo per esprimere tutti i sentimenti. Ogni nota per lei aveva un significato: il DO basso, malinconico, nostalgico; il FA con le sue variazione faceva tremare anche le foglie, per il suo tono leggiadro; e poi il SI, stridulo, pieno di energia.
 
Erano passati circa dieci minuti quando risentì la stessa risata di poco prima accompagnata da una frase: "Dai, non ti mangio!". Aveva subito tolto le cuffiette ma, non sentendo alcun rumore, era convinta che tutto era frutto della sua fervida immaginazione.
 
"Adesso me ne vado. Buonanotte.". Ancora quella voce. Continuava a pensare di essere pazza, ma cominciava a convincersi che c'era davvero qualcuno dietro la porta.  Si alzò un po' nervosa per aver lasciato il suo magico mondo. Avvicinandosi alla porta non sentiva nessun rumore se non quello dei ventilatori delle stanze vicine. Si rigirò per guardare fuori dalla finestra.
 
"È notte fonda. Probabilmente è qualcuno che ha voglia di scherzare." pensò e stava per tornare a letto, quando le ritornò alla mente la voce del ragazzo comparso dal nulla e il suo desiderio. E se quella fosse la risposta? Si rigirò verso la porta e con un sorrisetto andò ad aprirla. "Se vuoi giocare allora giocheremo!".
 
Spalancò la porta, senza dire niente, e subito rimase catturata da due occhi neri. Strano essere catturati da degli occhi neri, di notte, ma era successo. Appoggiato al muro c'era un ragazzo. Occhi neri, capelli neri e dita lunghe. Notò subito quelle dita affusolate che toccavano la gamba del ragazzo come per suonare un pianoforte.
 
"Sapevo che avresti aperto. Nessuno può resistere al mio fascino." disse quel ragazzo dalla voce melodica, con un sorriso perfetto e gli occhi luminosi, avvicinandosi.
 
"Allora è lui quel ragazzo..." pensò Elisabeth e disse molto seriamente:"E come avrei potuto vedere questo fascino se eravamo separati da una porta?"
 
"A quanto pare non sei solo bellissima, ma anche intelligente. Tranne per il fatto che sei uscita vestita così" e rise con la stessa risata di prima. Elisabeth si guardò. Era in canottiera e pantaloncini e i capelli ricci in aria. Impresentabile. Ed arrossì al pensiero che un ragazzo del genere l'avesse vista conciata in quel modo.
 
"Dai non ti preoccupare. Ti ho preso alla sprovvista. Comunque,"continuò tendendo il braccio "Henry. Tu?". Senza rendersene conto erano già entrati dentro e c'era abbastanza luce per guardarlo bene. Elisabeth si accorse subito che le mani continuavano a tamburellare, stavolta sul fianco. Henry era lievemente più alto di lei, né magro né muscoloso. Morbido, avrebbe potuto dire. Sicuramente aveva qualche anno in più di lei, ma non troppi. Poi si decise a rispondergli; non le faceva paura anzi le ispirava sicurezza.
 
"Elisabeth, ma puoi chiamarmi Beth." Disse stringendogli la mano. Questa volta la luce era quasi abbagliante ed Henry riuscì a vedere finalmente quella ragazza. L'aveva vista qualche giorno prima al bar a colazione. L'aveva subito colpito la sua eleganza, quasi regale. Il modo in cui si sporcava le labbra di cappuccino e poi le ripuliva. La mattina di quel giorno l'aveva vista affacciata al balcone. Pensò in un segno del destino, perché quel balcone era proprio sopra quello della sua camera. Così quando la sera la sentì piangere, sentendosi quasi in dovere, decise di aiutarla. Voleva farla sorridere e voleva sognare quel sorriso ogni notte. Restarono qualche minuto a guardarsi negli occhi con le mani ancora strette in segno di saluto. Poi Henry decise di parlare, perché quel silenzio era troppo imbarazzante.
 
"Che ne dici se ci facciamo due passi e mi racconti cosa avevi?"
 
"E perché dovrei dirlo proprio a te?"
 
"Perché mi sembra che qua intorno sono l'unico disposto ad ascoltare una ragazzina triste." Disse sorridendo. E Beth non se lo fece ripetere ancora. Prese la giacca ed uscì dalla stanza felice ma un po' spaventata da quella situazione imbarazzante.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
   
 
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