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Autore: Lory402    31/07/2013    1 recensioni
Alcuni lo credevano troppo onorevole, altri troppo stupido, ma Harry si sente solo arrabbiato.
Per questo non prova rimorso quando mantiene la Cruciatus su Bella.
Quando Voldemort gli fa notare le somiglianze tra loro, però, vorrebbe vomitare.
'Perché anche attraverso l'amore si arriva ad odiare...'
Genere: Dark | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Albus Silente, Bellatrix Lestrange, Harry Potter, Voldemort
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Altro contesto
- Questa storia fa parte della serie ''Harry Potter e l'Ordine della Fenice''
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« Vieni fuori, vieni fuori, piccolo Harry! » lo chiamò lei con la solita beffarda voce infantile.

« Perché mi hai seguito, altrimenti? Credevo volessi vendicare il mio caro cugino! »

« E lo farò! » urlò Harry, e una serie di Harry spettrali parvero ripetere in coro Lo farò! Lo farò! Lo farò!

« Aaaaaah… Gli volevi bene, vero, Potterino? »

Un odio mai provato sommerse Harry, spingendolo a lasciare il riparo della fontana. « Crucio! » gridò.

Bellatrix strillò e cadde, ma non si contorse né urlò di dolore… Eccola di nuovo in piedi, ansante, senza più ridere. Harry tornò dietro la fontana dorata proprio mentre il controincantesimo di Bellatrix colpiva la testa del mago, che volò via e atterrò sei metri più in là, scavando lunghi solchi nel pavimento di legno.

« Non avevi mai usato una Maledizione Senza Perdono, vero, ragazzo? » sbraitò. Aveva abbandonato la vocetta infantile. « Devi volerlo, Potter! Devi voler provocare dolore… goderne… una giusta collera non può far male per molto… Ma ti insegnerò io come si fa, d’accordo? Prima lezione: TU-DEVI-VOLERLO! »

Queste parole aleggiarono grevi nell’immenso atrio, e la mangiamorte aveva già sollevato la bacchetta, quando un sussurro catalizzò la sua attenzione.

Un flebile « Lo voglio » risuonò leggiadro in quel luogo.

Bellatrix stava già per scoppiare a ridere, in quel suo modo tanto malato, quando, in un lampo di tessuto scuro, Harry fu di nuovo in piedi innanzi a lei.

Questa volta lo gridò. Forte, senza esitazione, consapevolmente… e non fu la stessa cosa, perché questa volta non aveva scagliato la prima maledizione che gli era venuta in mente, no… lui lo voleva.

« CRUCIO! »

La donna non poté fare a meno di gridare. Si ritrovò distesa scompostamente sul pavimento lucido, si muoveva a scatti, e tutti i suoi sensi erano invasi e captavano solo dolore.

Harry non si risparmiò, mantenne la maledizione con fermezza, tanto da potersi permettere di… conversare.

« Allora, Bella? Credi sia ok? Era questo che dovevo volere? Tu, che ti contorci, agonizzante, ai miei piedi? Ascoltarti urlare e strepitare, in mia balìa, come un animale? ERA QUESTO CHE DOVEVO VOLERE?! » Non si curò dei gemiti e delle urla che si sollevarono ancora e ancora dal corpo straziato, non attendendo certo risposta. « Mi dispiace, Bella, i tuoi insegnamenti ti sono presto rivolti contro. »

Harry stesso non sapeva cosa gli era preso: per un istante, aveva visto il mondo come immerso in un’atmosfera dai toni carmini; ma, forse, il sangue lo aveva negli occhi, perché una rabbia profonda lo aveva accecato.

Sembrava impossibile a vederlo. Harry Potter era lì, i soliti capelli color inchiostro, indomabili, gli occhi tanto verdi, fissi su quella figura agonizzante.

Ma era consapevole di essere lui a procurare quel dolore. E quando realizzavi questo… ti spingevi oltre la semplice vista d’insieme: osservavi più attentamente la sua bacchetta di agrifoglio, e il modo in cui lui la stringeva, rabbiosamente, fino a farsi sbiancare le nocche; ti accorgevi solo a quel punto che i suoi occhi, sembrati di un verde così puro, in quel momento parevano emanare riflessi purpurei, che rilucevano sulla retina e poi scomparivano.

Nel silenzio dell’atrio, Harry avvertiva solo le grida, rabbiose e dolenti, di Bellatrix, l’assassina di Sirius - non una persona -, e una risata. Un riso soddisfatto, eccitato, esaltato, che gli risuonava nella mente e che non aveva intenzione di scacciare, perché quel suono forte, dal tono grave, pareva accrescere il suo odio, tanto da dargli il potere di mantenere la Maledizione.

La cicatrice gli pulsava.

Ma non era dolore ciò che avvertiva.

La sottile saetta bianca era ora circondata da un rosso intenso che ne esaltava la forma.

Però Harry crollò.

Ancora controllando la Cruciatus, Harry cadde in ginocchio affianco a Bellatrix, che si contorceva senza posa.

Un ringhio animale proruppe dalla sua gola nello sforzo di non cedere, quando una risata acuta e gelida lo costrinse a rialzare il viso.

« Ti piace, Potter? » chiese melliflua la voce. « Ti piace torturare i miei mangiamorte? » domandò ancora, ed Harry rilasciò la Maledizione e fece scattare indietro il braccio, teso in avanti fino ad allora.

Il ragazzo aprì la bocca, incredulo, e una fitta più forte alla cicatrice lo costrinse a strizzare gli occhi. Era in ginocchio, le braccia abbandonate inerti lungo i fianchi, la bacchetta, inutile, rivolta al pavimento, tra lui e quell’essere meno che umano, solo il corpo riverso a terra di Bellatrix, ancora leggermente scossa da spasmi discontinui.

Questa volta non c’erano altri all’infuori di lui e della pallida ombra di colui che era stato il più temuto Signore Oscuro degli ultimi cinquant’anni. E nonostante il suo corpo fosse tanto ributtante, il suo potere era grande quanto lo era ai tempi del suo massimo ardore.

Voldemort faceva paura.

« Potter, tu… hai compiuto qualcosa di cui non ti credevo capace… Proprio tu, con Silente alle spalle a non far altro che elogiare la tua purezza e il tuo amore per il prossimo, hai permesso all’odio di radicarsi così profondamente in te da mantenere la Cruciatus! E scommetto che ne hai goduto… » Dopo questo flebile sibilo, rise ancora, come se le sue parole fossero state una battuta divertente o un qualcosa di cui rallegrarsi.

« Sai, quasi mi dispiace. Il non poter constatare la tua crescita come Mago Oscuro, intendo. » Leggero risolino. « Ma, in fondo, credo proprio tu mi abbia infastidito anche troppo, e per troppo tempo… AVADA KEDAVRA! »

Harry non tentò nemmeno di difendersi: aveva la mente vuotata, non voleva pensare a cos’era successo, al perché aveva fatto ciò che aveva fatto, o alle parole di Voldemort. E, forse, non ci sarebbe neanche riuscito, dato il doloroso nulla che gli pareva rimbombasse nella sua testa.

Ma d’un tratto la statua d’oro decapitata del mago prese vita e balzò giù dal piedistallo per atterrare fra Harry e Voldemort.

La maledizione rimbalzò sul suo petto, respinta, mentre la statua spalancava le braccia per proteggere Harry.

« Che cosa…? » urlò Voldemort, guardandosi attorno. E poi sussurrò: « Silente! »

Harry si voltò, il cuore in gola. Silente era comparso davanti ai cancelli dorati.

Era salvo. 



 

Ed ecco la Seconda!

Dai, facciamo finta che Sirius fosse importante abbastanza da far arrabbiare Harry davvero!, perché io non voglio vederla in altro modo.

L’ultima il prossimo mercoledì.

Fate felice un'autrice in crescita, lasciate una recensione!
Lory 

 
  
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