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Autore: Selandora    09/02/2008    2 recensioni
[Ho paura che segua le orme di Minato!]
Era ironico che l'uomo che aveva creato il sigillo di Naruto fosse quello che lo avrebbe aiutato una volta che esso avesse iniziato a spezzarsi. NaruSaku
Traduzione
Genere: Romantico, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Naruto Uzumaki, Sakura Haruno, Yondaime
Note: Traduzione | Avvertimenti: Spoiler!
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Falling
Capitolo primo










Per primo sentì il ronzio delle macchine accanto al letto e il bip regolare di quella che misurava il battito cardiaco. Battè le palpebre con riluttanza e la sua vista fu annebbiata dalle lacrime appena la luce intensa la colpì. Le dita si contrassero mentre in esse tornava gradualmente sensibilità e una sedia stridette, venendo trascinata sul linoleum graffiato.

“Io…” cercò di dire, ma la sua voce venne meno per il poco uso.

“Naruto,” una voce familiare lo chiamò, in parte sollevata, in parte irritata.

Il corpo gli faceva male e voltò la testa per vedere meglio la persona che aveva parlato. Sorrise, ma i muscoli si tesero nello sforzo e riuscì a fare solo un sorriso piccolo e debole. I suoi pensieri nuotavano come pesci in un laghetto; sfuggivano quando li voleva e rimanevano quando non servivano.

La consapevolezza si fece strada nella sua mente. S’alzò di scatto ed iniziò in fretta, “Sakura-la missione-che è successo-stanno gli altri-“

Iniziò a tossire per lo sforzo a cui aveva sottoposto la voce ed il petto si sollevò dolorosamente. Un paio di piccole e ferme mani lo costrinse a ridistendersi nello sterile letto d’ospedale. L’espressione degli occhi color spuma di mare della medica lo zittirono immediatamente e lui si lasciò ricadere sul materasso; tuttavia si sentiva come se la sua mente fosse stata lanciata in un abisso e stesse ancora cadendo.

“La missione ha avuto successo” riuscì a dire lei in un basso sussurro, ma sul volto di lui comparve un’espressione confusa.

Qualcosa era andato male, di questo era certo. Perché altrimenti sarebbe stato in un letto d’ospedale, in capace di muoversi e con una dottoressa dagli occhi rossi accanto a sé? Quella missione era qualcosa in cui entrambi si erano impegnati per poco meno della metà della loro vita e se era stata un successo, perché dalla sua espressione sembrava che fosse morto qualcuno?

Cercò nuovamente di sedersi, ma la leggera pressione esercitata da Sakura sul suo petto lo fece restare giù. Sembrava prossima alle lacrime e tutto ciò che avrebbe voluto fare era confortarla, in modo che nulla potesse farla piangere. Doveva essere successo qualcosa di terribile, ma non riusciva a capire cosa.

“Sakura-chan…” la sua voce s’affievolì con incertezza. Forse avrebbe fatto troppa pressione se avesse chiesto e forse non voleva davvero sapere cosa fosse successo.

Improvvisamente si ricordò di qualcosa. Chiese, “Quel bastardo di Sasuke, Sakura, dov’è Sasuke?”

Un doloroso silenzio regnò sulla stanza. Naruto cercò d’incontrare gli occhi di giada di Sakura in cerca di risposta, ma lei sfuggiva al suo sguardo. Vide le sue spalle tremare mentre cercava di trattenere le lacrime ed aspettò che rispondesse.

“Sasuke-kun non è tornato, Naruto,” gli disse, il cuore che si spezzava ancora ed ancora ad ogni singola parola.

La fronte di Naruto si corrugò per qualche momento. Poi un sorriso gli comparve sul volto e le diede piano di gomito, “Haha, molto divertente, Sakura-chan. Seriamente, dov’è il teme?”.

“No, Naruto, Sasuke non è tornato,” ripeté, questa volta più fermamente. Era difficile dirlo una seconda volta e nemmeno lei aveva ancora accettato completamente la realtà. Naruto si raddrizzò e questa volta Sakura non lo spinse giù.

Il mondo si fermò.

La voce di Naruto prese un tono supplichevole mentre pregava Sakura, “ Ma tu hai detto che la missione è stata un successo e come avrebbe potuto esserlo se…”

“L’obiettivo della missione non era ritrovare Sasuke, Naruto, ma uccidere Orochimaru,” gli ricordò amaramente e improvvisamente, tutti i pezzi andarono a posto.

“No…” iniziò Naruto, gli occhi che si spalancavano.

Non riusciva a pensare chiaramente, la sua mente era un’infinita serie di dinieghi che rifiutavano di lasciar entrare la verità. Avrebbe potuto giurare di aver visto Sasuke durante la missione ed il suo nome faceva riaffiorare ricordi perduti in un abisso di dubbi.

Sasuke, seduto sul pontile, Sasuke, che faceva un sorrisetto compiaciuto all’Ichiraku, Sasuke, che lo guardava con uno Sharingan rosso sangue, Sasuke, Sasuke, Sasuke-

“Teme,” chiamò il soprannome.

Dov’era la risposta di quel bastardo? Dov’era quell’irritante “dobe” che avrebbe dato il cuore per sentire? Naruto aspettò ed aspettò una risposta, ripetendo ancora ed ancora il suo nome in caso Sasuke non avesse sentito. La risposta che desiderava così disperatamente non arrivò mai.

Sasuke!” gridò finché la voce non si ruppe.

La sua voce fece andare in pezzi la determinazione di Sakura e tremare le finestre. Le sue grida erano forti abbastanza da essere sentite in tutto l’ospedale, ma nessuno arrivò correndo nella sua stanza a controllare cosa fosse successo. Il sogno del gruppo sette era andato perso in un infinito oceano di vendetta ed ambizione, fino a colpirne il fondo ed era stato portato via da onde di rimpianto.

Quando Naruto finalmente accettò le dolorose parole di Sakura, mezz’ora dopo, demoralizzato lasciò cadere la testa bionda tra le mani. La dottoressa dai capelli rosa accanto a lui sentì la sua disperazione grande quasi quanto la propria, il dolore che scorreva nelle vene di entrambi e la spaccatura nel proprio cuore, là dove avrebbe dovuto esserci un’altra persona.

Sakura si sedette sulla sponda del letto d’ospedale ed avvertì le molle tese abbassarsi per il peso aggiunto. Sebbene fosse stato difficile sopportare le grida di Naruto, il suo silenzio gelido era doppiamente peggiore. Le sue spalle iniziarono a tremare molto piano mentre cercava di controllare il respiro. Divenne cosciente della tendina color pastello dei capelli che le copriva e nascondeva la faccia e Naruto non vide le piccole perle che le scivolavano lungo il volto come rivoletti di sangue.

“M-mi dispiace tanto, Naruto,” disse in un debole sussurro. Non osava parlare più forte perché sapeva che se lo avesse fatto lui avrebbe avvertito le sue lacrime.

“Non è stata colpa tua,” disse lui con voce vuota.

“No, mi dispiace di non essere stata con te… durante la missione,” trovava sempre più difficile continuare a parlare. Naruto alzò la testa dalle mani callose ed i suoi occhi azzurri scrutarono oltre i suoi capelli rosa per incontrare lo sguardo sfuggente della ragazza.

“Se fossi venuta avrei potuto aiutare-“ la voce si spezzò alla fine della frase e lei respirò affannosamente nel silenzio soffocante ed accusatorio.

Una grande mano toccò esitante la sua spalla e Sakura incontrò un paio di occhi cerulei ed umidi.

Appena si lanciò nell’abbraccio di Naruto, fu riempita da un enorme tormento. Sasuke se n’era andato, andato, ed allora loro erano tutto ciò che restava dell’originario gruppo 7. Con le dita strinse il vestito d’ospedale di Naruto finché le nocche non divennero bianche, e le braccia di Naruto la stringevano contro il suo corpo, ed entrambi si tenevano come se stessero affogando e fossero stati l’unica speranza di sopravvivenza l’uno per l’altra.

E tutti gli eroi caddero.

A volte cadevano dopo una lunga ricerca di gloria, alcune volte come tessere del domino, ma altre volte ancora scivolavano semplicemente nelle crepe finché non era troppo tardi per riportarli indietro.

***

“Non dovresti essere al cimitero piuttosto che alla lapide degli eroi?” chiese una voce stranamente calma alla figura dai capelli argentati.

I suoi occhi male assortiti non lasciarono la superficie color giaietto della lapide. Anche nella pioggia pomeridiana, la lapide dei caduti in missione era brillante e nera – nera come i suoi occhi – e lui continuò a guardarla fissa alla ricerca di un nome che avrebbe dovuto essere lì inciso. Anche se aveva i capelli argentati appiccicati alla faccia pallida e sentiva il freddo penetrargli nelle ossa, non riusciva a costringersi ad andarsene.

“No,” la voce di Kakashi suonò cupa alle sue stesse orecchie, ma non gliene fregava più.

Delle scarpe furono trascinate nelle pozzanghere mentre procedevano lentamente e dolorosamente verso il copia-ninja. Sai si fermò accanto a lui ed iniziò anch’egli a fissare ciò che restava degli eroi. Kakashi aveva la mezza idea di dirgli d’andarsene, ma era solo mezza e lasciò perdere.

“Però il nome di Sasuke-san non è qui. Non dovresti essere a piangerlo sulla sua tomba? E’ questo che le persone fanno quando muore un loro amico, no?” chiese Sai con curiosità.

Kakashi si strinse nelle spalle. Le sue mani logorate dal lavoro erano infilate in profondità nelle tasche dei pantaloni grigio fumo, che erano stati macchiati di nero dalla pioggia del pomeriggio – nero come i suoi capelli – e lasciò che le gocce di pioggia gli riempissero le orecchie con il suono di un’innocenza passeggera.

Innocenza passeggera, rifletté. L’innocenza poteva purificare un cuore contaminato prima che la corruzione infine la spuntasse e lo macchiasse di nero disonore? O l’innocenza era davvero solo transitoria e fugace come una breve visione di speranza o disperazione?

“Non c’è bisogno di andare alla sua tomba,” rispose Kakashi con la fatica di un uomo logorato dal mondo.

“Però il suo corpo non è qui, e nemmeno il suo nome,” il pittore interruppe i suoi pensieri, la confusione nei toni armoniosi della sua bella voce.

La testa dai capelli argentati s’abbassò leggermente mentre si formava un sorriso senza divertimento e la maschera blu scuro – vestiti scuri, scuri come una maglia adornata da un simbolo una volta d’orgoglio – si tendeva. Gli occhi di Sai guizzarono al movimento lieve sotto la maschera, dentro l’uomo.

“Sai, credi veramente che queste cose importino davvero?” le sue parole indugiarono nell’aria screziata d’argento, ma i suoi occhi non si mossero mai.

Le sopracciglia scure di Sai si congiunsero in un’unica linea e gli occhi castani e perplessi cercavano di capire il senso. Confessò incerto, “Non capisco”.

“Non capisco,” confessa un ragazzo che rimarrà per sempre solo un ragazzo, le sopracciglia che in confusione si aggrottano sopra gli occhi dotati di Sharingan

“Un nome o un corpo non fanno una persona. Sono l’impressione che hanno lasciato sul resto del mondo e come vengono ricordati che fanno,” spiegò lo stanco jonin col fare di un saggio.

Qualcosa nella voce del copia-ninja avvertì Sai che non aveva intenzione di continuare quella discussione. Comunque Sai era contento di stare in silenzio accanto al suo capogruppo e Kakashi gli permise di restare, perché quella volta non voleva soffrire da solo.

***

“Naruto ricorda qualcosa?” una domanda eruppe dalle pallide labbra screpolate di Jiraiya.

Sembrava che non avesse dormito più della donna bionda seduta di fronte a lui. Le ombre scure sotto i suoi solenni occhi castani raccontavano di una notte insonne passata accanto al letto del suo –quasi- nipote.

“Jiraiya, non si è svegliato per giorni e non gli avrei chiesto nulla nemmeno se così non fosse stato. Ci sono altre cose a cui deve pensare al momento,” gli disse con voce piena di comprensione ed irritazione.

“Lo so, ma se Naruto ricordasse qualcosa ne sarebbe ucciso. Sasuke significava molto per lui e specialmente dopo quel combattimento con-“ protestò in fretta Jiraiya, ma l’intenso sguardo color ambra di Tsunade lo zittì immediatamente.

Iniziò con calma, “Non puoi proteggere Naruto ogni momento, Jiraiya. Non puoi prendere il posto di Minato insistendo nel tenere per mano Naruto ogni secondo. Naruto non è Minato e tu devi capire-“

“So che sono due persone diverse, dannazione,” scattò Jiraiya, il suo autocontrollo già malfermo che andava in pezzi con la verità delle sue parole.

Tsunade ribattè accalorata, “Non penso, Jiraiya. Tu hai rimpiazzato Minato con Naruto e lui merita molto più di questo-“

“Io non ho rimpiazzato nessuno, Tsunade! Perché credi di sapere sempre tutto quando non è così?” disse lui e gli occhi di Tsunade lampeggiarono.

La sua voce iniziò ad aumentare di volume, “Perché ignori sempre tutti? Se qualcuno ti dice qualcosa tu non vuoi ascoltarlo nemmeno se ha ragione, lo zittisci e, quando le cose si fanno troppo difficili da gestirsi, scappi.”

Lui la schernì e disse sarcasticamente, “Questo viene dalla donna che è scappata da Konoha perché non è stata capace di salvare il suo fidanzato.”

“Dan non ha nulla a che fare con questo,” gli sibilò; la sedia stridette quando Tsunade si alzò bruscamente.

“Nemmeno Minato,” replicò, gli occhi castani lampeggianti di rabbia.

Lei gli rispose bruscamente, “Minato c’entra assolutamente con questo, Jiraiya. Dovresti saperlo meglio di chiunque altro, dopo il combattimento tra Orochimaru e Naruto. Naruto non è così stupido da non riuscire a capire cosa davvero sia successo; e se in ogni modo ricordasse qualcosa? Dovrà saperlo prima o poi”.

Qualcosa negli occhi di Jiraiya cambiò. “Non voglio che Naruto sappia di Minato perché-“

“Perché cosa? Perché hai paura che capisca di avere avuto una famiglia, una volta? Perché non è abbastanza grande? Be’, svegliati, tu non sei il padre di Naruto e lui è grande abbastanza da guardare in faccia la realtà!” gridò Tsunade.

Non voglio che lo sappia perché ho paura che segua le orme di Minato!” rispose Jiraiya, anch’egli urlando.

Silenzio.

Riempì la stanza con segreti non detti e paure affioranti. Fece collassate Jiraiya su una sedia, con la testa dai capelli bianchi tra le mani ruvide, e gli occhi nocciola di Tsunade si spalancarono con la consapevolezza di averlo spinto troppo in là.

Allora realizzò che Jiraiya aveva ragione. Non sapeva tutto.

***

Quando i suoi occhi azzurri si riaprirono, l’ambiente attorno a lui era mutato completamente. Il suono di acqua che gocciolava dolorosamente lenta raggiunse le sue orecchie sensibili, echeggiando tra le umide pareti circolari e facendo allargare increspature sull’acqua torbida e verde. Non c’erano fonti di luce, eppure c’era una luce fioca.

Plic… Plic… Plic…

Era già stato lì, comprese. Quello era l’interno del sigillo danneggiato, in cui al momento Kyuubi dimorava contro la sua stessa volontà. Qualcosa di piccolo e bianco fluttuò accanto a lui nel canale della fognatura ed i suoi occhi dalla vista acuta subito gli lanciarono un’occhiata. Era un sigillo cartaceo. Un brivido gli percorse tutto il corpo.

Plic… Plic… Plic…

I suoi piedi iniziarono a muoversi inconsciamente nella direzione da cui era arrivato il sigillo spezzato. Lo stretto sentiero era più nero della notte, ma appena vi mise piede una debole luce gli illuminò il cammino. Si chiese se la luce venisse da lui, ma immediatamente soppresse quel pensiero ridicolo.

Plic… Plic…

Era sbattere di metallo quello che sentiva? L’aria umida era densa di fumo e di allettante potere, ed i suoi piedi accelerarono il passo, colpendo la superficie bagnata del pavimento. Cominciò un suono simile a quello di qualcuno che stesse sbattendo le unghie contro le sbarre della cella di una prigione, e diventava sempre più agitato ad ogni pausa e ripetizione.

Non aveva notato che il gocciolìo da far fremere la spina dorsale si era fermato; le sue scarpe erano a quel punto la cosa più rumorosa dell’intera fogna. Il fievole suono metallico continuava e lui si avvicinò come in trance. Un rombo risuonò attraverso le gallerie e rimbalzò ed echeggiò sui muri, avanti e indietro, finchè non ne rimase altro che un sussurro trasportato da un vento inesistente.

…Konoha…” gorgogliò una voce bassa e profonda. Dopo aver sentito il nome del suo villaggio, Naruto si fermò ed ascoltò attentamente.

Non udiva più nulla e riprese a correre verso il rumore; c’era qualcosa di male. Sapeva che lì c’era Kyuubi e, dopo avere visto il sigillo spezzato, gelido terrore gli era penetrato a fondo nel cuore. Quando l’acqua lambì i lati dei suoi sandali scuri ed gli inzuppò i piedi, seppe di essere più vicino. I continui colpi di una coda gigantesca facevano tremare il pavimento ed increspare l’acqua.

Distruggerò Konoha!” un ringhio devastante viaggiò attraverso la fognatura, rimbalzando e risuonando. Sembrava diventare più potente ad ogni ripetizione, finchè Naruto non sentì che la testa stava per spaccarsi in due.

Si fermò. Il suo sguardo azzurro lentamente percorse in tutta la loro lunghezza le spesse sbarre, coperte da una moltitudine di complessi sigilli. I suoi occhi incontrarono quelli rosso sanguigno di Kyuubi e quasi contemporaneamente fu lanciato sei metri più in là. Ondate di chakra rosso e malvagio lo avevano respinto e stava lottando per riprendere fiato.

Minato, ti ucciderò! Tu ed il tuo stupido villaggio!” le grida angosciose di Kyuubi continuarono, le zanne eburnee che azzannavano la porta che l’ingabbiava.

Artigli lunghi tre metri venivano spinti negli spazi tra le sbarre arrugginite. Arrivarono quasi a colpire Naruto, ma lui riuscì a rotolare via appena in tempo. Kyuubi emise un ruggito di frustrazione e si slanciò contro la sua prigione con una frenesia assurda.

“Io non sono Minato!” Naruto gridò alla Kyuubi nel tentativo di farle capire che non aveva intenzione di attaccarla.

Le bugie sono la sola cosa che esce dalla tua bocca?” domandò Kyuubi, i diabolici occhi che guardavano Naruto accusatori.

“Sono Naruto! Uzumaki Naruto!” cercò di far comprendere a Kyuubi, ma essa emise un altro ruggito tonante e tentò di trafiggere Naruto con uno dei suoi artigli affilati come rasoi.

Sta’ zitto! Ti ucciderò!” urlò, scagliandosi ripetutamente contro le sbarre.

Il metallo tremò e Naruto stette a guardare con orrore come il sigillo si danneggiava sempre più. Sentiva la prigione sforzarsi di trattenere il chakra corrotto ed avvertì la paura che gli annebbiava il cervello e riempiva il corpo.

Vide gli artigli avvicinarglisi, ma era incapace di muoversi. La sua mente gli gridava di spostarsi, ma l’intero corpo si rifiutava di obbedire e chiuse gli occhi, aspettando la morte incombente.

Un paio di braccia forti lo trascinarono via dalla traiettoria. Improvvisamente fu tirato in piedi e sentì come se il suo polso fosse stato in procinto di uscire dall’articolazione. Seguì incespicando il suo salvatore, che vedeva confusamente, e se possibile le grida della Kyuubi aumentarono in altezza e volume finchè non sentì le orecchie dolergli.

Non ho molto tempo, quindi ascoltami attentamente. Tra poco ti risveglierai in ospedale con Sakura” gli disse una voce calda ed ammaliante e Naruto annuì in silenzio, anche se la persona non lo stava guardando.

Quando girarono l’angolo i vestiti dell’uomo sventolarono per la velocità. Continuò con urgenza, “Il tuo sigillo si sta spezzando. Se si spezza, tu morirai e la Nove Code distruggerà Konoha e tutti coloro che ci abitano.

Come per sottolineare le sue parole la Kyuubi emise un altro ruggito di frustrazione. I muri tremarono e l’acqua s’increspò quando il potente demone si lanciò nuovamente contro le sbarre.

Devi trattenere la Nove Code ad ogni costo. Ci vorrà molta forza di volontà, ma so che puoi farcela. Io ci sarò sempre per aiutarti,” concluse.

Accecante luce bianca prese il sopravvento nell’intera galleria e prima che gli oscurasse completamente la vista, Naruto intravide dei denti bianchi ed un sorriso straziante.









Bene bene... sono contenta che il prologo vi sia piaciuto!^^
So di averci messo tanto ad inserire questo primo capitolo, peò tradurre è lungo, e non so nemmeno se l'abbia fatto bene -.- Ditemi un po' come vi è sembrato...
So che per ora non avrete capito molto, ma state tranquilli, con i prossimi capitoli tutto si farà più chiaro... e soprattutto tra un po' comincerà l'azione ^.-


Prossimo capitolo: Silk

"Mi... Mi sento come se stessi bruciando."

"Io devo tornare da Naruto."
"No. Non puoi fare nulla per lui nelle tue condizioni. Farai solo del male a te stessa ed a lui se ci provi."

"Io non sono Minato!"
"Non lo sei. Dovrei saperlo."


  
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