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Autore: sofcwrites    01/08/2013    1 recensioni
[...] I volti dei due si avvicinarono, sempre più piano, sempre più vicini. Un bacio lieve a fior di labbra li fuse insieme. Erano uno la metà dell’altro, non potevano fare a meno di quel contatto così appassionato e, nonostante tutto, virile. [...]
Parla di due ragazzi e del loro amore, i quali dovranno andare incontro alle difficoltà tra di loro e tra gli altri e, in seguito, ad essere accettati. Slash.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Dopo averlo detto ai genitori la voce si era sparsa in fretta. Nonostante dopo la loro chiacchierata Fabio avesse pregato la madre di non dirlo alle amiche, non ancora, la pettegola del quartiere si era affrettata ad alzare la cornetta del telefono. Così, mentre Marco camminava in giro per la scuola per raggiungere la classe di Fabio, tutte le persone intorno a loro gli lanciavano occhiate discriminatorie. Marco non poteva sopportare il modo in cui la gente lo guardava, ma poteva sopportarli facilmente. Fabio qualche mese prima l’aveva introdotto al karate, il che l’aveva calmato parecchio e gli aveva trasmesso molto autocontrollo. Ma quando vide ciò che stava accadendo davanti alla classe di Fabio non seppe controllarsi. Due ragazzi tenevano Fabio per le braccia, immobilizzandolo. Un terzo ragazzo si divertiva prendendolo a pugni nello stomaco e gridando “Finocchio” “Frocio” “Checca”, insultandolo senza mai smettere. Quando Marco li vide corse verso la loro direzione e senza fare una piega gridò loro di smettere. Non voleva far loro del male, voleva dimostrare di essere meglio.
-Oh! La cavalleria è arrivata in soccorso?-
Fabio guardò Marco con un’occhiata decisa che sembrava implorarlo a gran voce di non intervenire. Nel frattempo i tre ragazzi si misero a ridere e il gruppetto che si era formato intorno alla scena cominciò a chiedere una rissa. Marco si avventò da solo sui ragazzi che tenevano Fabio per le braccia e sferrò un paio di pugni sul loro petto, per poi farli cadere con un colpo alle gambe di entrambi. All’improvviso sentì un dolore sul fianco sinistro, si girò e vide il terzo ragazzo. Un grande amico di Fabio si unì alla buona causa e lo immobilizzò, mentre Marco gil sferrava dei pugni ripetuti sulle guancia. Smise una volta raggiunto il terzo. Si ricordò improvvisamente che Fabio era ancora a terra, così gli porse una mano per aiutarlo.
-Stai bene?-
Quando Marco glielo chiese Fabio non esitò ancora e lo abbracciò, sussurrandogli nell’orecchio che tutto questo non era necessario. Marco cercò di nascondere la lacrima che gli era scesa nel vedere Fabio rialzarsi. Senza pensare a ciò che stava dicendo la gente si strinsero ancora più forte e si staccarono dopo una decina di secondi, poiché sentirono una voce adulta.
-Cosa è successo qui?-
La storica professoressa di lingue antiche, latino e greco, stava urlando facendosi spazio tra la folla per capire cosa fosse accaduto. Quando riuscì a vedere qualcosa, ciò che vide furono due studenti ammaccati ma in piedi e altri tre stesi e con dei lividi.
 
Mezz’ora dopo Marco, Fabio e i tre ragazzi, che scoprirono si chiamavano Luca, Francesco e Nicola, si trovavano dal preside.
-Cosa è successo?-
Si poteva vedere perfettamente il solito nervo sporgente sulla fronte del preside Figgins che pulsava ininterrottamente, segno che era arrabbiato, molto arrabbiato.
-Mi hanno picchiato, chiamato “Finocchio”, “Frocio”, “Checca” e in altri spregevoli modi, i miei lividi ne sono la prova. Lui è solo venuto ad aiutarmi a uscirne.-
Fabio indicò Marco, che nel frattempo aveva abbassato la testa, sentendosi interpellato.
-E tu chi sei?-
Il preside guardava Marco in modo insistente, mentre si beveva un caffè per calmare i nervi. Stava per esplodere.
-Il suo ragazzo-
Il preside quasi si strozzò mandando giù il sorso di caffè che aveva in gola. Marco lo guardava con una certa aria di sfida, aspettando di sentire se avrebbe applicato le sue solite regole di tolleranza zero.
-I-Il suo.. ragazzo?-
Marco annuì fieramente e strinse la mano di Fabio. I due si guardarono dolcemente negli occhi per qualche secondo, per poi realizzare che essere così aperti avrebbe peggiorato le cose con i bulli.
-Beh,  in questo caso, temo che voi tre dovrete stare alla larga da i due signorini, altrimenti ve la vedrete con me. Nel frattempo farete un mese di punizioni, che vi assegnerà la vostra professoressa di sostegno. Ora potete andare.-
Andare dal preside sembra sempre una seduta in tribunale, pensò Marco.
 
-Oh mio Dio! Voglio assolutamente andarmene da questo posto!-
Fabio se ne stava sdraiato sul letto, con un sacchetto di piselli sull'occhio e una bistecca sulla guancia, mentre Marco continuava a camminare in tondo attorno alla sua camera, urlando ai quattro venti tutta la sua rabbia. I genitori di Fabio rabbrividivano a sentire le sue grida dal piano di sotto.
-Tranquillo, non è successo nulla...-
Marco si girò stizzito verso il ragazzo.
-Tranquillo?! Quei ragazzi ti hanno picchiato, Fabio! E solo perché te la fai con uno del tuo stesso sesso!-
L'omofobico padre di Fabio si tappò le orecchie quando sentì quell'ultima frase. Non era mai troppo tardi per ricordare a quei due che le pareti non erano insonorizzate.
-Puoi abbassare la voce?! Ci sono i miei di sotto!-
Marco lo guardò comprensivo e si sdraiò affianco del suo ragazzo sul letto, entrambi guardavano un punto indefinito sul soffitto.
-Che vorresti fare con quei ragazzi?-
-Mi piacerebbe ignorarli, ma peggiorerebbe le cose. Ci servirebbe qualcosa di più radicale-
A Fabio scappò una risatina vedendo come Marco gesticolava mentre parlava, era proprio buffo.
-Potremo andarcene- Sussurrò Fabio nell'orecchio di Marco, che si alzò di scatto, guardando serio il ragazzo.
-Stai parlando sul serio? Non scherzi?-
Fabio abbassò un po' la testa, stranamente imbarazzato.
-Si, sono serio-

Erano le due di notte e Fabio se ne stava fuori dalla casa di Marco, con uno zaino enorme sulle spalle. Lanciò un sassolino sulla sua finestra. Dopo qualche secondo la luce della sua camera si accese a intermittenza,proprio come avevano stabilito.
-Dove stai andando?-
La sorellina di Marco se ne stava in piedi sullo stipite della porta, guardandolo assonnata, nel suo pigiama a righe azzurro.
-Che ci fai in piedi a quest'ora?-
-Che ci fai tu piuttosto?-
Marco si guardò intorno nervosamente, alla ricerca di una scusa da rifilarle. Non l'avrebbe mai ammesso ad alta voce ma sua sorella era furba e, sotto sotto, sapeva che non c'era ragione di ingannarla.
-Me ne vado da qui-



Sono passati secoli, vero? Beh, questo è il nuovo capitolo, anche se non sono del tutto convinta che una fuga sia la soluzione. Recensite e ditemi che ne pensate!
   
 
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