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Autore: Barbycam    10/02/2008    7 recensioni
Uno, due, tre…

Represse a forza le lacrime, e ricominciò.

Quattro, cinque, sei…

Sempre più a fondo, sempre più dolorosamente.

Sette, otto, nove… e dieci.
Genere: Generale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kelsi Nielsen, Sharpay Evans
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Uno, due, tre…

Uno, due, tre…

 

Represse a forza le lacrime, e ricominciò.

 

Quattro, cinque, sei…

 

Sempre più a fondo, sempre più dolorosamente.

 

Sette, otto, nove… e dieci.

 

Prese un profondo respiro e guardò il suo braccio. Le faceva male, ma era sempre meglio del male dentro. Sorrise, e si alzò in piedi. Barcollò un po’, fino ad arrivare al lavello del bagno. Respirò profondamente e mise il braccio ferito sotto l’acqua fredda. Il sangue scivolò giù dal braccio come una sollevazione. La ragazza si guardò attorno.

 

Com’era iniziato tutto quello? Cosa le era successo? Ma soprattutto… sarebbe mai finito? O avrebbe continuato a tagliarsi per la paura di soffrire di nuovo dentro? Non lo sapeva. E forse, neanche voleva saperlo. Si passò una mano sulle cicatrici vecchie e si lasciò scappare un piccolo gemito, seguito da un sorriso.

 

Non era da tanto che lo faceva, ma c’erano già cicatrici, anche se facevano male a toccarle. Era una tortura per lei infilarsi una maglia. La stoffa strisciava sulla pelle e lei si tappava la bocca a forza per non urlare di dolore. La pelle bruciava, i tagli erano ancora freschi. Ma almeno, non doveva pensare all’altro dolore. Quell’altro faceva peggio, sicuro. Si lanciò ancora una volta uno sguardo alle spalle.

 

Forse la professoressa si sarebbe preoccupata.

 

Forse avrebbe mandato qualcuno a vedere come stava.

 

Quella prospettiva la terrorizzò. No, nessuno doveva sapere che cosa faceva quando era sola. Nessuno. Era il suo segreto, il suo sporco segreto.

 

Legò delicatamente due fazzoletti sui tagli nuovi e si appoggiò alla porta. Con una mano asciugò le lacrime che le erano scese durante l’atto. Inspirò profondamente e si alzò in piedi. Guardò il pavimento e notò delle piccole gocce di sangue. Sbiancò completamente. Lasciò cadere un fazzoletto e pulì alla bell’è meglio le goccioline, per poi buttare tutto nel cestino. Lasciò cadere anche le forbicine che aveva usato.

 

Dopotutto, non poteva andare ancora in giro con delle forbici sporche di sangue. Si guardò attorno con circospezione. Tirò giù la manica della maglia e aprì la porta del bagno. Alzò la testa con orgoglio e camminò per i corridoi, ogni tanto sbattendo la spalla contro qualche alunno solitario. All’ennesima spallata, guardò negli occhi la persona con cui aveva sbattuto. Si scontrò negli unici occhi che riuscivano a farla tremare. Occhi forse anche più ghiacciati dei suoi.

 

<< Ehi, attenta Evans… uh, tutto bene? >> la Evans distolse lo sguardo e annuì distrattamente, per poi andare avanti.

 

Kelsi rimase un attimo sorpresa, poi alzò le spalle ed entrò nel bagno. Vide per prima cosa delle macchie rosse sul pavimento. Poi, incuriosita, guardò nel cestino e vide dei fazzoletti sporchi di sangue. C’era qualcosa che non andava, qualcosa che le puzzava terribilmente. Frugò nel cestino e trovò un paio di forbici… rosa, con intagliato sopra SE. Se ci capiva qualcosa in quella faccenda, e se aveva ereditato un minimo di intuito da suo padre, quelle forbici erano di Sharpay. E se erano di Sharpay, si era tagliata. Qualcosa in quella logica non le piaceva per niente.

 

Insomma, si sapeva che Sharpay Evans affrontava le situazioni sempre di petto.

 

Sharpay Evans non poteva tagliarsi.

 

Non poteva e basta. Non era nella sua natura… non poteva graffiare il proprio corpo!

 

O almeno… era quello che pensava Kelsi. E sbagliava, perché nessuno meglio della bella Evans poteva vantare dei meravigliosi tagli sulle braccia. Si riscosse subito. Prese forbici e fazzoletti e se li infilò in una tasca, che poi chiuse. Si diresse a passo spedito verso il corridoio, fino a raggiungere la ragazza. << SHARPAY! >> chiamò, ma la bionda non si voltò.

 

Allora Kelsi l’affiancò e le prese il braccio, facendola gemere di dolore. Quindi, guardò prima la sua mano e poi scoprì la manica della ragazza, notando tutte le cicatrici.

 

Sharpay strinse i denti e guardò da un’altra parte. Non voleva che la vedesse piangere. Non lei. Tutti, ma non lei. Dopo almeno un paio di minuti di silenzio, la bionda si voltò verso l’altra… che aveva lo sguardo duro, uno sguardo che non le apparteneva. Rimase in silenzio, poi lasciò il braccio e si voltò dall’altra parte, ricominciando a camminare. Sharpay non poteva sopportare un suo silenzio, non ci riusciva.

 

<< Perché non dici niente?? Perché? Mi sto rovinando, nessuno se ne accorge!!! Nessuno ha la decenza di chiedermi come sto!!!!! Sto malissimo, lo capite??? Lo capite o non pensate che IO possa stare male?? Cos’ ho di diverso dagli altri??? Sono una ragazza anche io! Dannazione. Sono una ragazza… anche io… >> si accasciò a terra singhiozzando, tenendosi stretta al petto il braccio tagliato.

 

La castana si piantò sul posto. Con la coda dell’occhio vide la Regina di Ghiaccio lasciarsi cadere a terra e andò subito a consolarla. Si inginocchiò davanti a lei e l’abbracciò stretta, sussurrandole parole di conforto. Le accarezzò i capelli, sentendo anche la maglietta bagnarsi di lacrime nere. Non le piaceva vedere la gente piangere. Non le era mai piaciuto, neanche di gioia. Strinse di più l’altra, che affondò il viso nell’incavo tra spalla e collo.

 

Rimasero così, strette e vicine per un periodo illimitato di tempo. Nessuna delle due avrebbe saputo dire quanto tempo rimasero abbracciate, e anche se lo avessero saputo, non importava a né a Sharpay né a Kelsi.

 

Dopo quelli che parvero millenni, Kelsi si staccò e guardò negli occhi la ragazza davanti a lei. Cosa l’aveva spinta a quel gesto estremo? Cosa la spingeva a tagliarsi il braccio? Cosa, dannazione, cosa??

 

Sharpay ricambiò lo sguardo, poi lo abbassò, incapace di sostenere oltre quegli occhi verdi. No, proprio non ce la faceva.

 

<< Ehi… guardami, ti prego… >> sussurrò la castana, abbassando lo sguardo per poi rialzarlo immediatamente dopo in quello della ragazza. Lo smeraldo e l’ambra, due pietre preziose, che messe insieme davano una collana fantastica.

 

<< Io… non volevo piangere… scusa… >> Sharpay si morse le labbra. Dopotutto non era abituata a chiedere scusa, neanche se lo pensava veramente. Eppure, c’era qualcosa in Kelsi, che la rendeva diversa dagli altri. La rendeva speciale, e a Sharpay piaceva quel suo essere semplice. Essere sorridente qualsiasi cosa accadesse. Amava quei suoi occhi che si illuminavano con così poco.

 

<< Tranquilla Sharpay… - le fece un largo sorriso. Uno dei suoi. – che ne dici se ce ne andiamo a casa? >> Kelsi le fece l’occhiolino e si alzò in piedi, tendendo una mano all’altra ragazza, che l’afferrò con occhi sbarrati. Nessuno faceva qualcosa di gentile per lei, perché avrebbe dovuto farlo proprio lei? Decise di non pensarci. In fondo, era bello godersi il momento.

 

<< Come facciamo ad andarcene?? >> Kelsi sfoderò un sorriso mai visto. Un sorriso malizioso, uno di quei sorrisi che farebbero diventare rosso qualunque umano maschio sulla faccia della Terra, uno di quei sorrisi che farebbero preoccupare qualsiasi donna sulla faccia della Terra. E come donna, Sharpay si spaventò, non poco.

 

<< Tua mamma non si è mai fatta vedere a scuola, vero? >> la bionda ci pensò un attimo su, poi scosse la testa. << Fantastico. >>

 

Due ore dopo, a casa di Kelsi.

 

<< Oddio, l’ hai vista?? La Darbus sembrava paralizzata!!!! >> Sharpay scoppiò a ridere, subito seguita dall’amica. << Giuro, tua mamma è proprio una grande!!! >> riprese, continuando a ridere come una pazza, trattenendosi la pancia con una mano.

 

Erano nel grande salotto di casa Nielsen, sedute su due divani, una di fronte all’altra che si affogavano nel gelato. Kelsi in quello al cioccolato, Sharpay in quello alla vaniglia.

 

Ad un certo punto Kelsi si bloccò. Si avvicinò a Sharpay e tirò su la manica, facendole abbassare lo sguardo. 

 

<< Ehi Pay!!! Stai tranquilla, io non ti giudico. – con uno scatto tirò su la sua manica destra e la bionda poté notare che anche il suo braccio era cosparso di cicatrici. Solo che erano più vecchie. – Lo facevo anche io, qualche tempo fa. Poi ho smesso. Non so come a dire il vero, però ho smesso. Da quant’è che lo fai tu? >>

 

<< Un mese. >> sussurrò flebilmente, ma l’altra sentì lo stesso. Le sorrise dolcemente e la portò in bagno, per disinfettarle i tagli nuovi.

 

Appena misero piede nel bagno bianco di Kelsi, Sharpay ebbe un tuffo al cuore. Cosa voleva fare? Non aveva mai disinfettato nessun taglio di quelli che aveva fatto. Non poteva, se l’avesse fatto suo fratello l’avrebbe scoperto e lei non voleva.

 

Kelsi intanto trafficava nel mobiletto sotto al lavabo. Trovò l’acqua ossigenata e si tirò su, sorridendo amabilmente. Prese un batuffolo rosa di cotone e lo bagnò con l’acqua, che poi posò sul ripiano del mobile. Strizzò il cotone sul lavabo e tese una mano, in attesa del braccio. Sharpay, esitante, lo allungò verso di lei.

 

<< Brucia un po’, ma tranquilla che è solo un secondo. >> le fece l’occhiolino e passò il cotone sui tagli. Sharpay attese con gli occhi serrati il dolore, che arrivò solo dopo averli riaperti. Una fitta spaventosa. Sembrava che il braccio andasse in fiamme, ma strinse i denti e serrò nuovamente gli occhi, mentre Kelsi passava una seconda volta sui tagli freschi. << Quando ti tagli devi disinfettarti… altrimenti fa infezione e va peggio di quello che speri. >> buttò il cotone nel water e tirò l’acqua.

 

Lei non era una che si faceva i fatti degli altri. Anzi, dire che se ne fregava altamente era dir poco. Ma Sharpay… lei era diversa, perché… non lo sapeva, ma sapeva che non poteva lasciarla sola in quel momento. Ne sarebbe morta. Quindi aveva accettato quella specie di lavoro che si era sentita in dovere di fare, ed ora lo stava compiendo alla grande. Si voltò verso la ragazza e rimase pietrificata. Stava piangendo. Chiuse gli occhi e, riaprendoli, ritrovò la stessa scena. Andò a stringere la ragazza, come nessuno aveva mai fatto con lei. Come qualcuno che avrebbe dovuto farlo con lei.

 

<< Ehi, ehi, non piangere stella! Sono solo taglietti! Tu sei più forte, più forte di loro e di tutti gli altri. Non abbatterti così, capito? >> Sharpay alzò la testa di scatto, continuando a sgorgare lacrime silenziose.

 

<< Come mi hai chiamata? >> chiese, interrompendo la frase con un singhiozzo. La castana fece un passo indietro con la memoria e ripensò la frase che aveva detto.

 

<< Stella, perché? Non posso? >> la bionda scosse la testa con vigore, per poi sorridere e asciugarsi le lacrime.

 

<< Puoi, certo… è che nessuno mi ha mai chiamata con un soprannome. Massimo Pay. Ma solo mio fratello. >> sorrise di nuovo e scoccò un piccolo bacio sulla guancia a Kelsi. Uscì dal bagno e si rimise seduta sul divano, con la vaschetta di gelato tra le gambe magre. Dopo poco la raggiunse l’altra e si sorrisero, come se fossero state amiche da sempre, mentre si erano parlate per la prima volta quel giorno dopo tre anni di scuola nella stessa classe.

 

Dopo altri venti minuti passati a parlare, squillò il telefono di casa e Kelsi si affrettò a rispondere. << Sì? >>

 

<< Ehi piccola, ciao! >> la ragazza impallidì del tutto e si irrigidì, facendo insospettire l’altra.

 

<< Che vuoi? >> Sharpay si sorprese di quanto gelida potesse essere la voce di Kelsi. Appena parlato, aveva sentito un brivido gelido salirle sulla schiena.

 

<< Che ne dici se faccio un salto da te piccola? Ho voglia di divertirmi come ai vecchi tempi…>> la mascella di Kelsi si contrasse fino a farle male.

 

<< Vecchi tempi ‘sto cavolo. T’attacchi bello, m’ hai mollata e non tornerai a farmi male di nuovo. Ho ancora le cicatrici. >> rispose gelida, per poi chiudere la comunicazione con un tonfo sordo.

 

<< Tutto bene Kelsi? >> le chiese timorosa Sharpay. La castana si voltò verso di lei e le sorrise dolcemente. Si vedeva che stava male. I suoi occhi non erano capaci a mentire come il suo viso. Alla bionda venne spontaneo un sorriso. Per questo non era mai stata una cima nel teatro, aveva gli occhi che si facevano leggere come libri aperti. E ora vedeva che quella telefonata l’aveva turbata profondamente dentro.

 

<< Benissimo stella. >> sfoggiò un sorriso dolce e si sedette davanti a lei, prendendo cucchiaiate dal suo gelato e mettendosele in bocca. Perché era tornato? Cosa voleva ancora? Non gli bastava averle rovinato la vita e il braccio? Che divertimento c’era nel farle male? Non lo sapeva. Non ne aveva idea, e neanche lo voleva sapere. Voleva solo non pensarci, non pensare a lui e a il male che le aveva fatto, non voleva pensare a quanto era stata male. Perché lei non solo si era rovinata il braccio per non soffocare nel dolore, ma aveva anche passato le notti in bianco a vomitare attaccata al water.

 

Guardò Sharpay negli occhi, ma poi sentì un bisogno impellente di fare una cosa. Sorrise di nuovo, e si dileguò in bagno. Frugò nelle tasche dei pantaloni, fino a trovare quello che cercava. Le fissò un secondo, ripetendosi che era sbagliato, enormemente sbagliato, che avrebbe fatto male a se stessa, che non avrebbe risolto niente… ma tutte le scuse che ci appioppava sopra, non riuscivano a convincerla. ‘Solo uno’, si diceva, ‘solo uno e poi smetto’. Guardò ancora le forbicine rosa nella sua mano, strinse le labbra come per concentrarsi e si tirò su la manica. Rimase ancora in silenzio. Le forbicine giravano sulle dita affusolate e gli occhi passavano nervosamente dalle forbici alla porta. Se Sharpay l’avesse beccata, se l’avesse fermata, se l’avesse vista… cosa le avrebbe detto? Sarebbe stata delusa dal suo comportamento? Probabilmente sì. Le avrebbe dato dell’ipocrita, perché fino a poco prima predicava di non tagliarsi… si sentì immensamente stupida, aveva detto delle cose che non convincevano neanche lei, come potevano convincere un’altra persona?

 

Chiuse gli occhi e puntò la punta delle forbice sulla carne bianca. Prese un grosso respiro e schiacciò e tirò verso di lei. Il dolore parve nullo, fino a che non tolse le forbici dalla pelle e vide delle piccole goccioline rosse comparire sul braccio. E con le goccioline, comparvero i primi bruciori. Ma quelli non erano niente in confronto a quello che le aveva fatto quello là. Chiuse di nuovo gli occhi e riprovò, cercando di andare più a fondo, fino a farsi male.

 

In soggiorno, Sharpay sentiva un contorcersi di viscere che non le piaceva affatto. I tagli avevano ripreso a bruciare e sentiva le lacrime punzecchiarle gli occhi senza motivo. Si alzò dal divano e andò alla porta del bagno. Lì sentì chiaramente il rumore dell’acqua e il silenzio dei singhiozzi trattenuti. Senza pensarci due volte spalancò la porta e vide Kelsi, con il braccio sanguinante, sul lavandino che si sciacquava i tagli. Tagli nuovi, che non erano cicatrizzati.

 

<< Che è successo qui? >> chiese con la voce rotta. La castana non rispose e continuò a bagnarsi i tagli. Al che, Sharpay le si avvicinò e la guardò negli occhi, indagatrice. << Perché ti sei tagliata di nuovo? >> a quella domanda Kelsi cedette. Si sedette per terra lentamente e si guardò il braccio appena fatto a pezzi. Voleva raccontarle tutto, voleva capire cosa le stava succedendo. Ma da sola non ce la faceva ed aveva bisogno di lei. << Ehi… Kelsi, puoi dirmelo sai? >> la bionda si sedette accanto a lei e le prese la mano, stringendogliela.

 

<< È che quello che mi ha chiamata… beh, voleva ripetere l’esperienza… mi aveva mollata… ed io mi ero tagliata per lui… che stupida che ero… una bambina. Pensavo di esserne uscita, ma… a quanto pare no. E fa male, come la prima volta. >> Sharpay ascoltò tutto in silenzio, e quando finì il racconto, l’abbracciò stretta, come lei aveva fatto prima.

 

Il silenzio ovattato del bagno era interrotto solo da alcuni singhiozzi da parte di Kelsi, che teneva il braccio tagliato il più lontano possibile da lei. Si odiava per averlo rifatto. Si odiava per essere stata di nuovo fragile. Si odiava e basta.

 

<< Scusa… io… non dovevo piangere. >> sussurrò dopo qualche minuto, asciugandosi le lacrime. La bionda la strinse di più e le sussurrò all’orecchio alcune parole.

 

<< Tranquilla stella. >> poi le fece l’occhiolino e le diede un bacio sulla fronte.

 

This could be the start

Of something new

It feels so right

To be here with you

And now, looking in your eyes

I feel in my heart

The start of something new

 

 

  *ç*ç*ç*ç*ç*ç*ç*ç*ç*ç*ç*ç*ç*ç*ç*

 

FF dedicata alle mie amicissime di efp!

Jud, Aqua, Titty, Vivy, Ashley e Lucy J

Un po’ triste, ma alla fine si è risolto tutto, no? XD

Bacioni!

  
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