“Nonna, io porto il cane a fare un passeggiata!” urlai, prima di mettere il guinzaglio a Miao e uscire di casa.
Si, Miao è un nome alquanto bizzarro per un cane, ma è per questo che mi piaceva.
Mi avviai verso il porto, sperando di non trovare nessun altro cane per la strada o sarebbe stata la fine. Ma ero abbastanza certa di non incontrare nessuno con un cane: era un paesino piccolissimo e, dopo averci passato già due mesi, ero certa di poter dire di non aver visto nessun cane.
Odiavo quel paese. Non c’era nessuno oltre a persone anziane o neonati; ma non ci potevo fare nulla: ero in “vacanza” dai miei nonni, e se avessi voluto fare una nuotata decente in un mare limpido, beh, mi sarei dovuta accontentare.
La parte che mi piaceva di più di quel paesino era proprio il porto: era pieno di yacht e di barche a vela, ed io le amavo.
Mi soffermai a guardare uno yacht molto grande, probabilmente il più grande che io avessi mai visto in quel porto: era bianca, con particolari in legno scuro e in azzurro. Sorrisi appena lessi il nome. Sophia. Da quando avevo sedici anni ho sempre voluto una barca e chiamarla in quel modo. Era il nome di mia madre, la persona più importante di sempre. Mi mancava molto, troppo… Era la ragione per il quale sarei voluta diventare una dottoressa. Una lacrima scese dal mio occhio sinistro mentre ancora fissavo quella meraviglia di barca.
“Vuoi farci un giretto?” mi asciugai subito la lacrima con il palmo della mano non appena sentii qualcuno parlare.
“Cosa?!” dissi, ancora cercando di capire da dove provenisse quella voce.
Sentii il ragazzo ridacchiare e poi “Sono qui sopra” spostai subito lo sguardo verso il secondo piano della barca. Non so se era colpa del fatto che non avessi visto uno straccio di ragazzo per due mesi, ma probabilmente ero davanti al ragazzo più bello di sempre. “Ti avevo chiesto se vuoi fare un giro sulla barca” disse, per poi mostrarmi il suo sorriso perfetto, contornato da delle fossette che mi ricordavano tanto un panda –anche se le fossette e i panda non avevano nulla in comune-.
“Oh no, grazie. Potresti essere un molestatore o, ancora peggio, un killer e sinceramente penso di essere un po’ troppo giovane per morire. Magari, se proprio vuoi uccidermi, possiamo vederci tra un sessantina di anni.” me ne uscii, mostrando poi il mio sorriso non perfetto quanto il suo.
Sentii per la seconda volta quella risata e poi parlò di nuovo “Mi dispiace deluderti, ma non sono né un molestatore né un killer. Sono solo Harry” per poi sfoggiare di nuovo il suo sorriso.
“Io sono Annie, ma comunque il mio è un no. Sapere il nome di una persona non vuol dire conoscerla.”
“Se vuoi possiamo vederci, domani.” Quel ragazzo sorrideva troppo. Era da poco che stavamo parlando, ma per tutto il tempo non aveva fatto altro che sorridere.
“E quando dovremmo vederci?”
“Domani pomeriggio, verso le sei. Potremmo vederci al bar vicino al porto e prenderci un frullato, oppure un gelato.”
Esitai a rispondergli. Perché dovrei dirgli di si?!
“Non lo so…. Vedremo.”
“E come farò a sapere se hai accetato? Vuoi per caso darmi il tuo numero?” sorrise, per l’ennesima volta. Stavo iniziando a non sopportare quel sorriso.
“Ma sei pazzo?!” urlai, quasi “potresti stalkerarmi a vita!” rise, di nuovo.
“E come farò?”
“Lo scoprirai domani.” Dissi, per poi girarmi e avviarmi verso casa con Miao che era stato per tutto il tempo sdraiato vicino a me. Quel cane era fin troppo pigro. “Ciao, Harry.”
“Ciao, sconosciuta.” disse lui in modo scherzoso, facendomi spuntare un sorriso.
 
 
 
 





 
Ciao a tutte!
Lo so, questo “capitolo” è cortissimo, fin troppo, ma è giusto per introdurre la storia.
Spero vi abbia suscitato almeno un briciolo di interesse. Fatemi sapere in una recensione, magari c:
Baci. xx