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Autore: Keros_    02/08/2013    6 recensioni
[Future!Seblaine]
Blaine, dopo anni di matrimonio con Sebastian e aver messo su una famiglia, decide di divorziare dal marito a causa di un tradimento subito da quest'ultimo. Così va a vivere con suo fratello Cooper e la sua compagna Elizabeth, facendo fare ai bambini avanti e in dietro da una casa all'altra; ma affrontare un divorzio non è mai così facile come si pensa, sopratutto se si provano ancora dei sentimenti profondi verso colui che dovrebbe diventare l'ex.
Abbiamo: Cooper che è stufo d'avere il fratello in giro per casa, Elizabeth che non ne può più di ascoltare i suoi monologhi depressi, Grant che è furioso con entrambi i genitori, Juliette che vuole la felicità dei due uomini, Sebastian che decide di riconquistare Blaine, Tony innamorato di Sebastian, John che vorrebbe creare una relazione con Blaine e quest'ultimo che vorrebbe continuare ad andare avanti con il divorzio.
Ma lo sappiamo tutti, ottenere ciò che si vuole non è mai così facile.
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Altri | Coppie: Blaine/Sebastian
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 16
 
 
La sveglia batteva le due di notte spaccate e Sebastian non riusciva ancora a prendere sonno.

“Devi deciderti Sebastian. Sono pronto a darti una mano, ma non ferirlo mai più o ti spaccherò la faccia.”

L’uomo sbuffò alle parole di Cooper che rimbombavano nella sua mente e sentì Juliette mugugnare qualcosa infastidita e abbracciarlo ancora un po’ di più.
 
“Sai cosa penso di John e anche quello che penso di te; quindi non sbagliare di nuovo.”

Come se fosse semplice per uno come Sebastian non sbagliare, soprattutto con Blaine. Con lui era così facile sbagliare, proprio come era facile amarlo senza risorse. Levargli il sorriso era semplice proprio come farglielo ritornare con un bacio a fior di labbra o una battuta a sfondo sessuale sul suo sedere. 
 
“Inventati qualcosa e poi mi fai sapere.”
 
Cosa diavolo avrebbe potuto inventarsi?  Doveva restare da solo con Blaine, senza bambini, parenti o riccioli d’oro di mezzo. Solo loro due da soli. Magari avrebbe potuto fare una delle romanticherie che piacevano tanto al moro, tanto per fargli capire quanto ci tenesse a lui. 
Sebastian accarezzò gentilmente i capelli della piccola che dormiva teneramente attaccata a lui come se fosse stata attaccata con la colla. Sorrise a quel pensiero e in quel momento gli venne il colpo di genio. 
 
Allungò un braccio e prese il cellulare per appuntarsi tutto quello che avrebbe dovuto fare l’indomani mattina; scrivendo in maiuscolo “chiamare Cooper.”

 
*
 
 
 
“Dai Blaine, muoviti” Disse Cooper lanciandogli una camicia sporca addosso, “non voglio fare aspettare troppo Elizabeth.” Vide il fratello roteare gli occhi al cielo mentre rilanciava l’indumento sul letto e alzò un sopracciglio; “è la mia futura moglie, mi permetti che voglio essere puntuale?”

“State insieme da anni, non hai bisogno di essere puntuale.” Rispose il moretto, annoiato, prima di sfilarsi la maglietta del pigiama da sopra la testa. “Che poi non capisco perché dobbiamo venire pure io e i bambini a mangiare al ristorante con voi; non ha senso.”

Cooper sbuffò a quelle parole, roteando gli occhi al cielo. Quando si metteva, Blaine riusciva a essere davvero sfiancante con niente. Non gli poteva dire che aveva organizzato tutto con Sebastian, però stava facendo davvero troppe storie per i suoi gusti e rimpianse davvero di non essere più un adolescente per potergli dare uno scappellotto. 

“Cooper, i ragazzi sono da Sebastian e io non sono dell’umore adatto per uscire; perché non vai a prendere da solo El e andate in un bel ristorante romantico, solo tu e lei?” Gli suggerì Blaine, avvicinandosi a lui e poggiandogli le mani sulle spalle, “sono sicuro che lo apprezzerebbe.” 

Cooper non ascoltò nemmeno una parola su ciò che gli aveva consigliato il fratello, concentrandosi invece sui suoi pettorali, arricciando il naso. “Mettiti una maglietta, Schizzo. Sei raccapricciante.” 

“Perché?” domandò allarmato il fratello minore, abbassando lo sguardo per guardarsi il petto. 

“Sei peloso e hai la pancetta, che schifo,” dichiarò Cooper, guardandolo con disgusto, “non capisco cosa ci trovano in te.”

“Ma non ho la pancetta! Mi stanno pure tornando gli addominali perché faccio box!” protestò il più basso, scandalizzato. Poi titubante aggiunse: “e.. mi faccio la ceretta.. è normale che adesso ce li riabbia ma sono ancora troppo corti per poter andare dall’estetista.”

Cooper lo guardò con sufficienza. “Quelli non sono né addominali né pettorali,” Si alzò la maglietta nera che aveva in dosso e con un dito si indicò il torso nudo che sembrava scolpito da un’abile artista e la pelle era liscia e senza alcuna imperfezione, “questa è una tartaruga.” 

Blaine lo guardò con odio, riducendo gli occhi in due fessure, “sparisci da camera mia!” urlò prima di spingerlo e costringerlo a girarsi, ma Cooper gli fece resistenza.

“Tecnicamente questa è casa mia,” gli fece notare, piantando i piedi a terra  ma il fratello continuava a stingerlo. “C’hai pure un brutto culo e le gambe corte.”

“Cooper, via di qui!” Continuò il moro facendo finta di non sentirlo, spingendolo oltre la soglia della camera, “mi devo cambiare.”

“Ti vergogni, per caso?” Lo istigò il fratello maggiore, sentendosi sempre più fiero di se stesso. 

“Vattene,” ripeté Blaine, riuscendo a chiudere la porta dietro le spalle di Cooper e facendo fare uno scatto alla serratura; poi borbottò, “adesso vediamo chi è brutto.”

Cooper strinse un pugno in aria, farfugliando una serie di “sisisi.” Finalmente Blaine si sarebbe vestito decentemente e provocante.
Dio, era ancora così facile manipolare quella testolina fatta di gel. 
 
 


*
 
 

Sebastian passò la cintura tra i passanti del pantalone e la mise al terzo buco. Era dimagrito ancora. Sbuffò un poco e continuò a prepararsi cercando di non pensarci.

Erano un po’ che mangiava sempre meno del dovuto, ormai cucinava solo quando aveva i bambini a casa. Il problema fondamentalmente era che non aveva appetito, era andato anche da un medico ma questi lo aveva guardato con aria di sufficienza e gli aveva detto “E’ sano come un pesce. E’ stressato per caso o sta passando un brutto periodo?” Sebastian aveva annuito e l’uomo continuò, “allora non si preoccupi, è per questo che ha lo stomaco chiuso, lei però si sforzi comunque di mangiare. Vedrà che appena sarà tutto passato le tornerà il doppio dell’appetito, glielo assicuro.”

Sebastian però non faceva come gli aveva raccomandato il medico e se non sentiva almeno un languorino restava a digiuno. Non gli andava d’andare in sala pranzo in ufficio senza un motivo e incontrare gli occhi di Tony dall’altra parte della stanza; gli faceva venire sempre una gran voglia di prenderlo a schiaffi. Non gli andava nemmeno di mettersi davanti ai fornelli e cucinarsi soltanto una fetta di carne, gli ricordava tutto quello che era cambiato in quei mesi da quando ancora cucinava per quattro persone anziché soltanto per sé stesso. 

Quel pomeriggio però aveva di nuovo utilizzato l’intera cucina, a partire dai fornelli fino ad arrivare ai ripiani che non aveva mai utilizzato se non per fare l’amore con Blaine quando restavano soli in casa. Gli era venuta malinconia, in realtà, ma aveva continuato a cucinare prelibatezze. 

Grant entrò in camera sua proprio chiedendogli di questo, restando un attimo a fissarlo davanti alla porta. “Fortuna che sei bello, almeno c’ho guadagnato questo da te.”

Sebastian alzò un sopracciglio a quell’affermazione e si allontanò dello specchio chiudendo l’anta dell’armadio. “Che stavi dicendo prima d’entrare?”

“Ti stanno bene questi pantaloni beige con la camicia bianca, aveva ragione papà.” Continuò Grant, come se non avesse sentito la domanda. “Devi mettere le scarpe quelle nere belle, e i capelli fatteli più all’insù.” 

Sebastian sbuffò scherzosamente e poi disse: “Figurati se prendo lezioni di moda da te.” 

Grant rise e si avvicinò a lui, “Papà senti.. ti ricordi che mi avevi detto che posso indossare le tue scarpe?”

“No, non l’ho detto,” rispose pensieroso, cercando di fare mente locale.

“Bene! Ho intenzione di prenderne in prestito un paio per questa sera.” Disse Grant con un sorriso sfacciato, prima di fare dietro front e cercare di scappare via; La voce di Sebastian lo fermò in tempo.

“Le mie ti stanno grandi; ce ne sono alcune di papà nella scarpiera, quelle che non usa più, prendi quelle.”

“Grazie pà’” Disse il ragazzo, prima di correre via gongolante. Il suo piano era quello fin dall’inizio. 
 
 
 
*


Cooper entrò in bagno per sbaglio e quando aprì la porta e vide il fratello davanti allo specchio non poté far altro che ghignare.

Blaine indossava una maglietta bianca aderente che faceva risaltare il suo fisico asciutto e rendevano visibili alcuni accenni dei muscoli, alcuni dei peletti più scuri erano visibili dalla scollatura un po’ pronunciata; i pantaloni invece erano dei jeans scuri molto aderenti che gli accentuavano senza alcun ritegno il sedere e il cavallo dell’uomo, che, stranamente, aveva le caviglie coperte. 

Cooper fissò intensamente il volto del fratellino nello specchio, vedendolo versarsi una quantità smisurata di gel sulle mani e lui fece una faccia schifata. Blaine aveva della barbetta in colta sul tutto il viso che lo rendeva più giovane e, avrebbe voluto dire “sexy” ma anche solo l’idea di dare quell’aggettivo a suo fratello lo faceva rabbrividire, così optò per “sbarazzino”. 

E quel gel avrebbe preso a coltellate il tutto. 

Una volta sentì dire a Blaine che se si passa la spazzola nei capelli dopo aver messo il gel, i capelli diventano improponibili e quindi una cosa indecente; Cooper si ricordava ancora una volta in cui Blaine lo fece per sbaglio e si ritrovò con dei capelli improbabili, così fu costretto a rilavarseli. 

Così attese. 

Attese con pazienza che Blaine si mettesse il gel nei capelli e si sistemasse per bene, mentre lui si avvicinava e frugava tra gli scaffali del bagno cercando qualcosa di non ben definito; poi quando lo vide che mancavano soltanto dei ritocchi, si avvicinò a lui per specchiarsi a sua volta nello specchio, abbassò lo sguardo e accanto al lavandino prese il suo profumo e se ne mise un po’, poi lo poggiò nuovamente sul ripiano e senza farsi notare prese la spazzola che  era lì accanto. 

Vide Blaine sistemarsi l’ultimo ricciolo e fu in quel momento che decise a colpire senza nascondersi troppo, ghignò e disse: “Blaine, forse hai tralasciato qualcosa, aspetta che te lo sistemo io.”

Poi, con tanta nonchalance gli passò la spazzola ancora prima che se ne accorgesse, combinando un disastro in quella testa fatta di riccioli, gel e demenza. Blaine sbarrò gli occhi, borbottando qualcosa e Cooper capì che avrebbe dovuto scappare ma si difese dicendo:

“scuuuuuuusa, non volevo! Non avevo idea che potesse succedere una cosa del genere! Se vuoi te li sistemo io.”

“No. Cooper.” Ringhiò a denti stretti Blaine, cercando di mantenere la calma mentre si portava le mani ai capelli. “Hai già fatto abbastanza.”
Il fratello maggiore ghignò e poi si lavò i denti mentre l’altro cercava in tutti i modi di sistemarsi l’acconciatura ma sapevano entrambi che doveva lavarsi. Quando Blaine arrivò a quella conclusione sbuffò e lanciò uno sguardo truce al fratello che sputò il dentifricio e si lavò la bocca.

Cooper gli lasciò lo spazio e Blaine infilò la testa sotto l’acqua già calda. Chiese al fratello di passargli lo shampoo e lui lo accontentò. 

Cinque minuti dopo, Blaine si stava frizionando i capelli e stava per aprire la scatola del gel quando Cooper fece fintamente cadere gli occhi sull’orologio.

Uuuh che tardi!” Disse con un tono teatrale, “Mi dispiace, niente gel stasera.”

“Cosa? Cooper lasciami! Cooper il braccio! Mi stai facendo male! Cooper sappi che io di casa non esco fino a quando non mi porterai di nuovo in bagno a mettermi il gel! Cooper non mi tappare la bocasdfg con la manjhsgdfghjk.”
 
 
 
*


Sebastian si poggiò col braccio allo stipite della porta per guardare meglio i figli che stavano felicemente sistemando le ultime cose nella cucina. Ne aveva parlato anche con loro del piano, lui non voleva ma Cooper aveva insistito, e si trovò stupito quando anche Grant aderì al complotto senza batter ciglio. Non era una novità, però non si aspettava nemmeno tutto quell’entusiasmo; Sebastian non capiva se lo facesse per puro egoismo, per il bene per Blaine o per lui, non ci riusciva, eppure non voleva trovare una risposta alla sua domanda. 

Juliette si accorse della sua presenza e gli fece un occhiolino prima di poggiare le posate sul tavolo e andargli incontro. “Papà, mi metti le forcine tra i capelli che io non le so mettere bene?”

“Va bene, va di là a prenderle.” Rispose lui accarezzandole i boccoli che le ricadevano sulle spalle; lei lo superò e corse via, in bagno per prendere quello di cui aveva bisogno. 

Grant nel frattempo uscì da dietro il muretto che divideva la cucina e Sebastian poté notare che era già pronto, con ai piedi un paio di scarpe di Blaine molto costose. Il ragazzo poggiò una candela sul tavolo e poi vi poggiò accanto un accendino, pensieroso; dopo qualche istante di riflessione si voltò a guardare il padre. 

“Tu e papà non dovevate uscire?”

“Si,” rispose Sebastian, infilandosi le mani nella tasca. 

“E perché hai cucinato e stiamo anche apparecchiando la tavola?” Continuò a chiedere Grant confuso, non capendo bene il collegamento logico.

“Perché,” spiegò l’uomo, “Io conosco tuo padre e ho voluto prendere precauzioni. Male che vada per domani avremo il pranzo pronto.” 

Grant lo guardò annuendo mentre assimilava bene le informazioni, premendosi le labbra. Sembrava così Blaine in quel momento, che Sebastian si ritrovò a inclinare la testa un lato per quella visione non accorgendosene nemmeno.  

“Altre domande?” Gli chiese infine, vedendolo ancora un po’ perplesso. 

“Si,” rispose il ragazzo, voltandosi completamente verso di lui. Poggiò una mano sul tavolo e si portò l’altra sul fianco. “Da domani come sarà la situazione? Papà tornerà a vivere qui, continueremo a vivere in due case differenti, faremo finta che niente sia accaduto o andremo avanti senza dimenticare? Me lo sono sempre chiesto, in realtà.”

Avere la certezza quella sera avrebbe cambiato molte cose, sarebbe stato bello. Sebastian avrebbe voluto rispondere con dei “Si,” “No,”
“Magari aspetteremo un po’”, “Ti conviene sistemarti la stanza se non vuoi che a tuo padre venga un colpo, domani” ma non poteva. Non poteva per il semplice fatto che non era lui a decidere. 

Doveva dirgli che Blaine avrebbe potuto dirgli di non voler niente a che fare con lui, di non costruirsi castelli per aria, che se fossero riusciti a non litigare un’altra volta avrebbero potuto stappare lo champagne, che forse sarebbe stata soltanto una cena come le altre. Eppure non disse niente di tutto questo, per orgoglio; non avrebbe mai ammesso a suo figlio, o nessun altro, che forse non sarebbe riuscito a riconquistare Blaine. Perché lo sapeva che quella era la sua ultima carta da giocare. 

“Credo che le cose andranno con calma,” rispose invece, ghignando. 

Grant in risposta alzò un sopracciglio, un po’ scettico, poi si mise dritto e tornò dall’altra parte del muretto per avvicinarsi al frigo a prendersi un bicchiere d’acqua. “Giocati bene tutte le tue carte; fa pure il passivo se serve.” 

Sebastian alzò le spalle, “Lo farei comunque.” 

Grant rabbrividì da capo a piedi, con tanto di faccia schifata. Perché diamine l’aveva detto? “S-secondo me Juliette ha bisogno di aiuto, ci sta mettendo troppo tempo.”

“Vado a controllare.” 
 
 
*
 
 
“Io non scendo.”

“Non fare il bambino e sali con me che dobbiamo andare a prendere i bambini.” Disse Cooper fermandosi con la macchina proprio davanti al cancello della villetta. Mise il freno a mano e spense il motore, si tolse la cintura di sicurezza e poi si voltò a guardare il fratello. “Blaine, ti muovi o dobbiamo fare come quando eri piccolo?” 

“Non ho cinque anni.” Borbottò lui in risposta, intrecciando le braccia al petto.

“Dato il tuo comportamento non si direbbe.”

“Davvero t’interessa del mio comportamento?” Incalzò Blaine, come sfidandolo. 

“Blaine, se sei nervoso non devi necessariamente prendertela con me. Ti ho solo detto di accompagnarmi dentro, non c’è bisogno di aggredirmi così.” Rispose Cooper comprensivo, tralasciando il fastidio che gli diede il tono di voce che aveva utilizzato il fratello. “Adesso scendi prima che ricominci a rubarti tutti i biscotti che hai nascosto in cucina tra le pentole.” 

Blaine aprì la bocca, sconvolto da quelle parole. Che stronzo. 

“Si, non ti aspettavi che me ne accorgessi, vero?”
 
 
*
 

Quando suonarono al campanello, Sebastian stava finendo di pettinare i capelli di Juliette seduta tra le sue gambe. Grant gli fece cenno che sarebbe andato lui ad aprire e lo lasciò fare. Lo sentì aprire la porta di casa e subito dopo le voci di Cooper e Blaine nel corridoio. 

Juliette si allontanò da lui e corse subito dal papà, costringendo Sebastian a lasciare la spazzola sul divano e seguirla. Prima di voltare l’angolo dietro cui si trovava il marito, si fermò a fare un respiro profondo e mettere su un ghigno. 

“Ti piace come mi sta questa magliettina, papà?” 

“Si, amore, sei meravigliosa!” Le rispose Blaine con un sorriso. 

“Buonasera,” Esordì Sebastian, guardando i nuovi arrivati. Cooper gli rispose con un semplice cenno della testa e Blaine si bloccò quando alzò gli occhi su di lui, gli sorrise appena e poi borbottò qualcosa che nessuno capì bene. “Blaine, come stai?” Continuò sprezzante, notando come il moro si sentiva sempre più a disagio. 

“Bene,” rispose, poi si guardò il polso su cui era allacciato l’orologio, “è tardi, Elizabeth ci sta aspettando, dobbiamo andare.”

“Si, hai ragione.” Concordò Cooper, facendo un segnale a Juliette che il fratello non notò perché era davanti a lui. 

La bambina annuì e poi con molta nonchalance si avvicinò ancora un po’ a Blaine, si mise le braccia dietro la schiena e dondolandosi disse: “Papà, me la prendi la borsetta che è in camera mia, così io nel frattempo saluto papà?”

“Va bene, torno subito,” acconsentì Blaine, prima di superare il resto della famiglia e sparire su per le scale.

In quel momento tutti si presero d’agitazione e in fretta Cooper aprì la porta cercando di fare meno rumore possibile, Sebastian si avvicinò a loro e si chinò per farsi dare un bacio nella guancia da Juliette che lo abbracciò brevemente prima di seguire lo zio fuori casa. Grant si avvicinò al padre, lo guardò dritto negli occhi.

“Bottom, papà. Non te lo dimenticare: Bottom.” Sebastian per tutta risposta lo spinse fuori dalla porta e fece finta di dargli un calcio nel didietro, entrambi che ridevano come due bambini. 

Quando sentì Blaine scendere di nuovo le scale si chiuse subito la porta alle spalle e si girò per guardarlo. “Tesoro, ho trovato questa qui di jeans, spero ti vada bene comunque, l’altra non l’ho trov-“ Il moro si bloccò sull’ultimo scalino quando alzò gli occhi da terra e guardò Sebastian negli occhi, ridacchiò tra sé e sé, scuotendo leggermente la testa. “Era tutto programmato, non è vero?” 

“Non so di cosa tu stia parlando.” Rispose lui alzando le spalle, innocente. 

“Lo dovevo immaginare, in fondo.” Blaine scese anche l’ultimo scalino e poggiò la borsetta della figlia sul mobile dell’ingresso. “Chiamo un taxi.” Disse dopo qualche attimo di silenzio in cui Sebastian non smise nemmeno un secondo di fissarlo. 

“Non fare lo stupido, usciamo.” Propose Sebastian fingendo nonchalance, avvicinandosi a lui per prendere le chiavi di casa. 

“Non ho nessuna voglia di uscire con te, Sebastian; chiamo un taxi e mi faccio portare a casa.” 

“E come te ne vai se la porta è chiusa e io ho le chiavi?”

Blaine per tutta risposta se ne andò in salotto.
 
 
*
 
“Farai la muffa se resti ancora su quel divano.” Esordì Sebastian entrando nel salotto. “Dato che non vuoi andare al ristorante almeno aiutami ad apparecchiare la tavola, no?”
 
Blaine si voltò a guardarlo cercando di mantenere un'espressione di noncuranza senza tanto successo. Si era seduto lì da quando li avevano lasciati soli e non si era ancora mosso, rispondendo a monosillabi ad ogni quesito postogli da Sebastian. Non era un comportamento di cui andava molto fiero, ma non capiva nemmeno lui il motivo per cui si stava comportando in quel modo. O forse non voleva sul serio prenderne coscienza. 

“Non ho fame, ma tu cena pure se ti va.” Rispose gentilmente, “Grazie, comunque.”

Sebastian incrociò le braccia al petto e inclinò la testa di lato. “Lo so che hai fame. Cooper  ti ha fatto mangiare soltanto un panino a pranzo di proposito,” disse con aria vittoriosa. 

“Adesso mi controllate pure il cibo?” domandò il moro freddamente, indignato da quella nuova scoperta. 

“No, ma ormai ti conosciamo abbastanza.” Tagliò corto Sebastian, facendo qualche passo verso la sua direzione e sedersi accanto a lui. “Ho cucinato i tuoi piatti preferiti, non farti pregare.”

“Non cenerò con te.” Controbatté incollerito Blaine, iniziando a gesticolare. “Sono stufo di tutte queste macchinazioni e complotti. Cosa stiamo insegnando ai nostri figli? Che per ottenere qualcosa dobbiamo fregare gli altri? Se volevi invitarmi a cena fuori dovevi solo chiedermelo!” 

“Avresti detto di no.” Ribatté placidamente Sebastian, voltandosi a guardarlo. 

Blaine si sentì osservato e lo guardò negli occhi a sua volta, dopo un lungo istante di silenzio disse: “Avrei detto di sì.” 

“Stai mentendo,” ridacchiò l’altro, senza alcun divertimento. 

“Ok, non so se avrei detto di sì o meno, ma questo è sequestro di persona!” Cedetté il moro, riprendendosi alla fine. 
Sebastian fece finta di non ascoltarlo. “Vieni in cucina o no?”

“Non mi muovo di qui.” 

Sebastian annuì e si alzò in piedi, non degnandolo nemmeno di una risposta. Si diresse in cucina, dove sul tavolo erano già disposto tutto in necessario per apparecchiare la tavola. Si voltò verso il soggiorno dov’era Blaine e imprecò a mezza voce. 

E ora?

Poggiò le mani su una sedia facendo ticchettare il piede sul parquet, cercando d’inventarsi qualcosa. Aveva messo in programma che Blaine non sarebbe voluto uscire e che non avrebbe voluto parlargli, ma che non si sarebbe mosso dal divano proprio no. Ci rifletté un attimo, poi decise che no, non poteva prenderlo di peso e costringerlo a sedersi a tavola con lui. 

Per di più adesso non aveva nemmeno fame. 

In realtà aveva fame di qualcos’altro che del pesce che aveva cucinato nel pomeriggio. Blaine era terribilmente sexy quella sera e quel piccolo broncio era soltanto il tocco finale. Come avrebbe voluto catturare quelle labbra carnose tra le sue e leccarle con la lingua finché non ne fosse stato sazio. 

In quel momento gli venne l’idea brillante. 

Ghignò tra sé e sé e senza indugiare oltre prese la tovaglia e tornò in salone. La distese sul tavolino da caffè che vi era di fronte al divano, sotto lo sguardo accigliato di Blaine. Gli sorrise e tornò di nuovo in cucina per prendere i piatti, bicchieri, posate, candele e tutto il resto. 
 


Dieci minuti dopo aveva già finito e spense la luce del salotto, facendo sussultare Blaine che non si era ancora mosso dalla sua posizione. Il vano era illuminato da alcune candele che aveva sparso un po’ ovunque mentre il moro fingeva di guardare la tv ma in realtà lo seguiva con lo sguardo. Si avvicinò al divano e prese due cuscini che dispose a terra, nei due lati opposti del piccolo tavolino, poi si sedette sopra a uno. Versò il vino nei calici e attese. 

Blaine lo guardò per un momento, poi capendo che era da maleducato non sedersi a tavola mentre Sebastian mangiava, spense il televisore e si sedette difronte a lui. Si fermò a fissarlo per un momento, la luce fioca della candele gli davano un colorito completamente diverso e i suoi occhi parevano più luminosi, i suoi tratti più duri per via delle ombre. 

“Dovresti cominciare a mangiare, sono sicuro che riuscirai a fare due cose contemporaneamente.” Lo canzonò Sebastian, accorgendosi di due occhi color ambra su di lui. 

“Come ho già detto prima: non ho fame.” 

“Ho cucinato per te, non è tanto carino che adesso non assaggi niente.” 

“Apprezzo lo sforzo, ma non ho fame.” Ripeté Blaine, un po’ più duro questa volta per ribadire meglio il concetto. 

“Vuoi che ti imbocchi io per caso?” Propose Sebastian con un ghigno, sicuro che se avessero tenuto le luci accese lo avrebbe visto arrossire un poco. 

“Smettila.” Tagliò corto il moro. Prese la forchetta e il coltello, dopodiché prese una forchettata dal piatto e se la portò alla bocca. Era squisito, ma non fece nessun commento al riguardo. Dopo il terzo boccone alzò lo sguardo per guardare Sebastian, che sembrava mangiare con riluttanza. Sicuramente perché senza occhiali e con quella luce non vedeva benissimo. “Dovrai sentirti un’idiota con tutta quest’atmosfera romantica,” disse, catturando la sua attenzione, “i fiori sul tavolo, la luce della candele, noi seduti a terra sopra i cuscini.. lo trovi squallido, non è vero?”

“Mi sento un completo coglione, in realtà; l’odore dei fiori m’infastidisce, il culo fra poco mi farà male e non vedo niente mentre mangio,” fece una pausa, poi si scrollò le spalle, “ma a te piace.”

Blaine non riuscì più a tenere il muso con lui. 

Restarono a mangiare il primo in silenzio, guardandosi di sfuggita; quando i loro occhi si incrociavano Sebastian rivolgeva un piccolo sorriso a Blaine e lui abbassava lo sguardo, evitandolo. Doveva avere la gola secca, perché non faceva altro che bere a ogni due forchettate, fu Sebastian stesso a farglielo notare dopo il terzo bicchiere nel giro di cinque minuti e gli versò dell’acqua. 

Blaine per tutta risposta prese l’espressione di uno che voleva sparire dalla faccia della terra e lo ringraziò, evitando ancora il suo sguardo; sembrava pensieroso anche, come se non riuscisse a tenere gli occhi sul volto dell’altro perché lo distraeva.

Sebastian si sforzò di mangiare tutto per distrarsi da Blaine e da quanto fosse maledettamente bello quella sera; quando questi finì di mangiare si alzò in piedi e portò entrambi i patti in cucina per prendere il secondo, nonostante nel suo ci fosse più di metà pietanza. Mentre era da solo decise che era arrivato il momento di prendere in mano la situazione perché non poteva resistere un minuto di più con quella strana tensione tra di loro. E voleva dei chiarimenti. Prese i tue piatti che erano poggiati sul tavolo e tornò in salone. 

“Sono felice per Elizabeth e Cooper,” esordì mentre passava un piatto a Blaine. 

“Anch’io” rispose quest’ultimo, sorridendo genuino. 

Sebastian si sedette al suo posto, gemendo infastidito per quanto fosse scomodo quel cuscino e dover cenare in quel modo. Poi guardò Blaine, bevette un sorso di vino e disse: “Il tuo discorso mi ha affascinato molto.”

Le sopracciglia di Blaine scattarono all’insù ma non sembrava davvero sorpreso, come se  quasi si aspettasse quella considerazione. Prese anche lui un sorso di vino e gli sorrise. “Ha sorpreso anche me, a dire il vero.”

Adesso era Sebastian a essere sorpreso. E’ vero, aveva capito che l’aveva improvvisato, ma pensava che avesse utilizzato una traccia anziché inventare tutto sul momento. Questa cosa lo incuriosì ancora di più e lo fece sentire giusto un po’ più forte. 

“Pensavi tutto ciò che hai detto?”

“Più o meno,” rispose Blaine con semplicità, bevendo un altro sorso dal calice per poi poggiarlo sul tavolino. “Non ho più fame,” disse ad un certo punto, spostando il proprio piatto, “magari lo mangerò più tardi,” poi scoppiò in una piccola risata. 

Sebastian sospirò, non era questo quello che voleva. Amava Blaine ubriaco, lo faceva sempre ridere, perdeva ogni inibizione e.. poi il giorno dopo era sempre bellissimo con i capelli tutti arruffati, le borse sotto gli occhi e la faccia da cucciolo bastonato mentre gli chiedeva di raccontargli ciò che aveva fatto perché non lo ricordava più e arrossiva mentre Sebastian si inventava anche un po’ di cose. Però quella sera proprio non lo voleva alticcio. 

“Ti avevo detto che non dovevi bere più vino.” 

“Ma io non sono ubriaco,” rispose in tono semplice, prima di ghignargli un po’ malizioso, “rido per quello che sto per fare,” gli spiegò quando lo vide un po’ accigliato. “Più che altro mi farà ridere la tua faccia.” 

“E cosa stai per fare?”

Blaine non gli rispose, semplicemente fece il giro del tavolino camminando sulle ginocchia fino a essergli di fronte. Si sedette col sedere sui polpacci e rimasero a fissarsi, gli sorrise inclinando la testa da una parte. Rimase in silenzio e Sebastian decise di non disturbarlo, perché sembrava stesse per fare la scelta più importante della sua vita. 

Poi un secondo dopo, Blaine si sporse verso di lui guardandolo negli occhi, gli portò una mano tra i capelli e prima ancora che Sebastian potesse assimilare davvero il tutto, poggiò le labbra sulle sue. Entrambi tirarono un sospiro di sollievo e sorrisero l’uno tra le labbra dell’altro. Rimasero in quella stessa posizione per qualche istante, come due ragazzi al loro primo bacio. Un secondo dopo la necessità di sentirsi più vicini si fece avanti. 

Sebastian tracciò le labbra del moro con la lingua e questi le dischiuse senza troppe cerimonie. Iniziarono a baciarsi come se non aspettassero altro da una vita, sempre più bisognosi e languidi, scontrandosi più volte con i denti e mordendosi le labbra. Poco dopo Blaine si ritrovò in grembo a Sebastian e le sue mani sul sedere, tra le mutande e i pantaloni, che lo stringeva possessivo e non voleva altro che sentirlo più vicino, come se essere spalmato già contro di lui non bastasse. 

Si staccò un attimo dalle sue labbra e lo spinse, facendolo sdraiare a terra per poi tornare a baciarlo di nuovo, più agevolati di prima per la nuova posizione. Dopo un’altra serie di baci, questa volta fu Sebastian a staccarsi da lui.

“Il motivo?” Chiese, sapendo bene che Blaine avrebbe intuito a cosa si riferisse. 

“Perché ti amo.” Rispose quest’ultimo, come se quelle parole bastassero a mettere a posto tutto.

E lo fecero.
 
 
*
 
 
Sebastian si passò una mano tra i capelli sudaticci, prima di voltare la testa di lato per guardare la luce accesa in cucina, dopo pochi secondi sentì il frigorifero chiudersi e comparire la figura di Blaine in controluce. 

“Siamo stati degli idioti, il tavolino lo dovevamo lasciare in pace,” esordì questi entrando in salone, “guarda che macello.” 

“Ne è valsa la pena; pensavo che si sarebbe rotto, in realtà” disse Sebastian. Guardò i cocci dei piatti e dei bicchieri sul pavimento di controvoglia, insieme ai fiori e alle candele con cui più volte aveva rischiato di bruciarsi. “Pulirò più tardi.”

“Si, adesso non mi va,” concordò Blaine, sdraiandosi a terra accanto a lui, facendo capire che adesso non era più da solo. Si sistemò uno dei cuscini che avevano utilizzato per sedersi a cena dietro la testa, non fece altro. 

Sebastian si avvicinò per poter usufruire anche lui del cuscino e gli accarezzò il ventre, a palmo aperto, sentendo un fremito al contatto e del suono della loro pelle; salì fino ad accarezzargli il volto e stava per avvicinarsi ancora un po’ di più per baciarlo e abbracciarlo quando lui si tirò indietro. 
 
“Puzzo,” si giustificò, prendendo la mano che aveva sul viso per portarsela alle labbra e lasciarci un piccolo bacio. “Puzzo di te,” ridacchiò. 

“E di sudore, della tua colonia che ti sei messo prima di venire, del sesso, di noi due, di sper-AHI!” Sebastian gemette di dolore quando Blaine lo morse per zittirlo perché stava iniziando a essere sconcio, però non tentò nemmeno a ritrarre la mano. “Non credi d’avermi morso abbastanza?”

“No,” rispose lui divertito, lasciandogli un altro bacio prima portarsela di nuovo sul viso. 

“Mi sei mancato.”

“Mi sei mancato tanto anche tu.” 

Sebastian sorrise a quella affermazione, pareva musica la voce di Blaine in quel momento, ancora bassa e roca. Si avvicinò a lui e lo baciò sulle labbra, perché gli erano mancate anche quelle. Il moro gli portò una mano sul fianco nudo, scendendo sempre di più verso il sedere e quando si staccarono poggiò la fronte contro la sua con gli occhi chiusi. 

“Da adesso come sarà la situazione?” Chiese dopo qualche secondo Sebastian, dando voce a quella domanda che lo assaliva da un po’.

Blaine per tutta risposta gemette infastidito, probabilmente messo in difficoltà. “Non lo so,” disse riaprendo gli occhi per potersi specchiare in quelli smeraldini del marito, “ti amo e voglio darti un’altra possibilità, ma questa volta sarà davvero l’ultima. Ho bisogno dei miei tempi però e non facciamolo sapere subito ai bambini, non voglio che s’illudano di nuovo, non mi va.”

Sebastian annuì solenne, sicuro che questa volta non avrebbe sbagliato. “Ricominciamo.” 

“Ricominciamo,” ripeté Blaine, baciandolo a stampo. 

Sebastian lo strinse a sé, abbracciandolo stretto come se non lo volesse più lasciare andare. Era strano, aveva cercato per mesi di poter stare di nuovo con lui e ancora adesso non riusciva a rendersi davvero conto che Blaine era davvero lì, tra le sua braccia e d’averci fatto l’amore. 

Gli baciò la spalla, perché ne sentiva il bisogno, perché gli sembrava ancora un sogno; ma non lo era, perché Blaine mugugnò qualcosa d’indistinto stringendosi ancora di più a lui. 

“A che ora tornano a casa?” Blaine spezzò il silenzio, riferendosi a suo fratello e ai figli.

Sebastian guardò l’orologio che aveva al polso, “abbiamo ancora molto tempo.”

“Allora vado a lavarmi,” disse allontanandosi da lui e alzandosi in piedi. 

“Questo è un tuo modo carino e complesso per dirmi che puzzo? Perché se è così mi offendo.” 

“No, questo è un modo carino e complesso per dirti di seguirmi dentro la doccia.” 
 
 
*
 
 
Aveva rimandato la cosa per troppo tempo, lo sapeva.

Il problema era stato per molto la rabbia e poi l’orgoglio. Avevano mantenuto un certo contegno solo perché non poteva permettersi dei battibecchi troppo accesi davanti a Cooper. Non che avesse fatto qualcosa, ma non le piaceva metterlo in mezzo con le discussioni con Blaine, questo perché quel rapporto di fratellanza era sempre stato un po’ in bilico. 

Gli voleva bene ma il modo in cui l’aveva trattata non le era andato a genio per niente. Però adesso doveva parlargli da persona matura e coscienziosa e porre fine a quella storia. Blaine si sarebbe scusato e lei avrebbe fatto lo stesso, così finalmente avrebbe riavuto indietro il suo migliore amico. Certo, aveva Emily, ma non era la stessa cosa, nemmeno un po’. Le serviva qualcuno da poter assillare con i preparativi del matrimonio e solo lui pareva adatto a quel ruolo; anche se lo sapeva che si sarebbe preso la sua vendetta rovinandoglielo. 

Erano passati poco più di un paio di giorni da quando Cooper le aveva fatto quella sorpresa andando a prenderla al lavoro con i due nipotini e portandola a cena fuori, spiegandole tutto il misfatto. In un primo momento era stata titubante, ma un secondo dopo stava già baciando il suo fidanzato. 

Non aveva avuto grandi notizie al riguardo, Blaine non era un tipo che parlava molto a suo fratello e Grant le aveva detto che “meno ne so, meglio sto;” a Juliette aveva preferito non chiederle, probabilmente era ancora all’oscuro di tutto. 

Così aveva mandato un messaggio al moro con scritto:

“Domani. Solito posto. Otto e mezza. 
Se ritardi ti stacco la testa. 
Bacio.

E adesso era seduta al tavolo della solita caffetteria nella stessa strada della NYADA, sapendo che Blaine si sarebbe come minimo presentato alle nove, per questo si era presentata pure lei in ritardo e fatto la fila per il caffè, tanto prendevano sempre le stesse ordinazioni e alcune volte gliele facevano trovare già pronte con i nomi scritti sopra. 
 
“Ciao El”, La salutò Blaine passandole dietro la sedia e facendola sobbalzare; non l’aveva sentito arrivare.

“Ciao.”
 
“Mi hai preso già il caffè, grazie,” disse notandole i due bicchieri di cartone che teneva tra le mani.

“Si tieni,” affermò poggiando uno dall’altra parte del tavolo mentre si sedeva. “Ti ho preso anche un ciambellina, ma l’ho mangiata io.”

“Grazie del pensiero, allora?” 

“Prego.” Rispose lei con fermezza, sorvolando sul sarcasmo dell’uomo. 

Restarono in silenzio un paio di minuti, nessuno dei due voleva chiedere scusa all’altro; non era una novità quella, ma Elizabeth, se pur piena di pazienza, non riusciva a sopportare quel tipo di tensione con qualcuno. Restò un altro momento a chiedersi se dovesse farlo sul serio e se era necessario, poi si diede della stupida. 

“Scusa per quello che ho fatto. Non mi sarei mai dovuta intromettere tra te e Sebastian. Blablabla, mi dispiace, blablablà, non lo farò più, blablà, ti voglio bene e ti rivoglio come amico e blabla-
 
“Non potresti solo abbassare la testa per una volta e scusarti come le persone normali?” La canzonò Blaine acido, alzando un sopracciglio. 
 
“Mmh sì e per cosa?” chiese lei retoricamente. “Lo sappiamo tutti che io mi intrufolerò di nuovo tra te e Sebastian, sappiamo tutti che non avrei dovuto farlo, sai che ti voglio bene con tutto il mio cuore e che mi sei mancato; sappiamo anche che non mi dispiace neanche un pochino. Perché dovrei farti delle vere scuse?”
 
“Non potresti soltanto farti gli affari tuoi?”
 
“Guarda che anche quando mi dici 'ho problemi con Sebastian' o 'ieri ho litigato con lui' mi intrometto nel tuo matrimonio,” gli fece notare con un sorrisetto vittorioso, “non fare tanto l’offeso.”

Blaine sorrise e abbassò lo sguardo, poi lo rialzò di nuovo per guardare la donna negli occhi, “Hai ragione, scusami. Ho dato di matto e senza di te probabilmente non starei di nuovo con Sebastian.” 

“Ti voglio bene,” disse lei con tono dolce, afferrando la sua mano sul tavolo per stringerla, “e grazie per averlo ammesso.”

“Ti voglio bene pure io.”

“Perfetto, detto questo dobbiamo iniziare a cercare un vestito da damigella d’onore per Juliette e poi la dovrei presentare alle prove. Poi devi venire con me a vedere gli abiti da sposa, ne ho già visti un sacco ma non ne ero convinta, quindi mi serve una mano, per il tuo pensavo...” 

Elizabeth iniziò a parlare senza sosta del suo matrimonio fino hai minimi dettagli; Blaine le prestava attenzione e la consigliava, dicendole cosa sarebbe stato meglio e prendendo appunti sul telefono per le cose che doveva fare così non ne se sarebbe dimenticato. 

Passarono la seguente ora così, a parlare senza sosta fin quando Elizabeth non nominò John per caso mentre faceva un piccolo elenco. Blaine si bloccò nel bel mezzo della frase, guardando nel vuoto. 

“Blaine?”

“Non lo sento dalla festa di fidanzamento; io non l’ho cercato e lui ovviamente non ne aveva motivo dopo quello che è successo. Ma secondo te dovrei parlargli comunque, per dirgli che sono tornato con Sebastian?”

“Penso che sia un po’ difficile come adesso parlargli.” Disse Elizabeth aggrottando le sopracciglia, “e penso che sapesse già che eri tornato con Seb o almeno lo immaginava.” 

“Che intendi dire? Perché è difficile parlargli?”

“Blaine, è partito per il Sud Africa due giorni fa.” 

L’uomo spalancò gli occhi a quella affermazione e dischiuse le labbra. Non poteva crederci. Gli aveva già accennato qualcosa alla festa di fidanzamento, non gli aveva prestato molta attenzione per via di Juliette e successivamente di Sebastian, ma sapeva che sarebbe dovuto partire più in là, non così presto. 

“Cos..? Come?” Chiese accigliato, non potendo credere a quella notizia. 

“L’ho visto il giorno prima che partisse e ha detto a me e a Coop che si era fatto inserire tra il primo gruppo di medici che doveva andare perché non aveva più niente a trattenerlo qui.” Elizabeth fece una pausa e lo guardò preoccupata. “Mi dispiace, pensavo te lo avesse detto.” 

“No, non mi ha detto niente.” Farfugliò ancora sotto shock. 

“Sei dispiaciuto per caso?”

“N-no.. cioè si, eravamo amici e avevamo entrambi una certa simpatia, ma io amo Sebastian. Soltanto.. avrei voluto dirglielo io e beh, che almeno mi dicesse della sua partenza.”

“Ha detto che tornerà in tempo per il matrimonio. Potrai parlargli lì.” 





Cliccami! :D
 
Voglio essere davvero breve oggi, quindi: Si, sono tornati insieme. No, Blaine non era ubriaco, ma capiva benissimo.E NO, non ho scritto nessun spin-off Seblano. 

ATTENZIONE:
Adesso, avremo un salto temporale di ben cinque mesi (?) più o meno, perché ci ritroveremo direttamente al matrimonio dei Coopel :) 
Ecco, quindi si, il prossimo capitolo sarà L'ULTIMO, che però non so quando arriverà perché lo devo ancora finire! spero comunque entro la prossima settimana, anche perché poi avrò seri problemi ad aggiornare. (le vacanze arrivano anche per me, chi l'avrebbe mai detto?) e poi avremo l'epilogo (una schifezzuola di sole 1000 parole). 
 
 
Team John\Blohn:
I componenti di questo team si sono lamentati degli insulti e dei festeggiamenti che riservate al nostro piccolo John e quando una cosa tra lui e Blaine va male. E in quanto sostenitrice ufficiale vi dico che dispongo di due mogli cazzutissime, tre draghi, un Loki e il suo esercito e gli Stark, compreso Iron Man e i meta-lupi. E *rullo di tamburi* Word. Ah, per di più sono siciliana LOL 
 
Ok, scherzi a parte e finte minacce, ho parlato un sacco anche questa volta e quindi me ne vado lasciandovi il mio amore <3
 
 
P.s. Alcuni personaggi torneranno nel prossimo capitolo. Yeah. 
   
 
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