Mi svegliai presto e uscii dal tour bus per fare colazione alla starbucks più vicina.
feci colazione con un frappuccino al cioccolato, molto buono e scrissi sul mio diario.
in questi giorni io e Louis siamo stati molto insieme, sempre però, all’insaputa del mondo. Non pensavo che fosse così difficile amare qualcuno. Soprattutto se poi quel qualcuno non è una ragazza come tutti si aspettano. Io invece amo un ragazzo, e cosa c’è di male? Ancora non capisco perchè ci considerano diversi.
era mattina presto quando uscii dalla caffetteria per tornare dai ragazzi, così quando arrivai li trovai ancora in pigiama.
Louis si era appena alzato, aveva un ciuffo di capelli sul viso che gli copriva gli occhi, quindi non riuscivo a capire se mi stava guardando o no. Indossava la mia maglietta. Amo quando indossa i miei vesti, perchè quando me li restituisce ci rimane il suo profumo.
mi avvicinai a lui, gli tolsi il ciuffo di capelli dal viso e lo guardai negli occhi. In quel momento avrei voluto prenderlo per mano, portarlo lontano, in un posto dove finalmente saremmo stati liberi di amarci senza aver paura del giudizio degli altri, ma forse mi illudevo. Quel posto non esiste.
lui mi guardava, aveva un’aria triste, odiamo vederlo così, non meritava tutto questo. Così lo abbracciai, lo strinsi forte a me. Louis piangeva nelle mie braccia, mormorava parole che assomigliavano a delle scuse, ma chiedeva scusa per cosa? Per il fatto che siamo gay? Per il fatto che sono tre anni che ci amiamo di nascosto e non potevamo più aspettare?
un uomo vestito di nero si avvicinò a noi, ci separò violentemente spingendo Louis contro il bus facendogli male. Louis continuava a pingere, io lo guardavo e non potevo fare nulla. Questo mi uccideva.
“dovete aspettare” disse l’uomo vestito di nero, uno dei nostri manager che lavora per la modest.
aspettare? aspettare che il contratto con la modest finisca? Ma al termine del contratto saremo liberi o  ci sarà qualcun’altro che ci impedirà di amarci?
la parola giusta non è aspettare, ma sperare: sperare che il mondo ci accetti...
oggi sono io l’uomo vestito di nero. Sto andando ad un funerale.
Ho in mano un biglietto con su scritto:
“non piangere, devi sorridere! non sono andato via. Anche se non mi vedi io sono lì, vicino a te e ci sarò sempre. Tu sei forte, io non lo sono stato abbastanza, ma questo non vuol dire che non ti amo.
Resterai sempre nel mio cuore. Sinceramente, tuo Louis.”
mi immersi nei miei pensieri, nelle mie domande senza risposta, nelle mie lascrime...
sarei dovuto andare al nostro matrimonio, non al suo funerale.