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Autore: _diana87    02/08/2013    6 recensioni
[ATTENZIONE SPOILER FINALE DI STAGIONE]
Sette sospettati, sette delitti, sette peccati.
Un unico serial killer.
Genere: Angst, Drammatico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Grace Van Pelt, Patrick Jane, Teresa Lisbon, Un po' tutti, Wayne Rigsby | Coppie: Jane/Lisbon
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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 Scomparsa



 

Il cellulare sembrava aver perso campo.

Chiuse la chiamata, pensando che magari Teresa non voleva essere disturbata quando parlava col suo capo, per questo aveva spento il telefono.

Decise di riprovare più volte nel corso della giornata, nascondendo l'eccessiva preoccupazione per la sua donna, ma quando all'ennesima chiamata non dava ancora segni di vita, andò alla scrivania dell'esperta di tecnologia.

"Grace, sto tentando di rintracciare Lisbon, ma deve esserci qualcosa che non va col suo cellulare."

La rossa osservò la sua espressione impanicata, e senza dire una parola, si mise subito a lavoro col suo computer, cercando di localizzare il segnale di telefonia.

Mentre batteva sui tasti, Patrick le camminava intorno la scrivania, con il volto pensieroso.

"Da quanto tempo è che non torna? Sta ancora parlando con... tu sai..."

All'interno del bureau, dopo il casino della mattina, si respirava un'aria abbastanza tesa. Tutti gli agenti sembravano camminare da una parte all'altra dell'edificio come impazziti. Grace si guardò intorno, non volendo creare ulteriore scompiglio.

Il nome di Gale Bertram non andava fatto. E Patrick avrebbe capito comunque.

"Da stamattina." rispose lui con un filo di voce. Senza dire nulla, si allontanò per perdersi nella sua testa, elaborando teorie, nuove congetture.

Il suo cellulare squillò ma dallo schermo comparve un numero sconosciuto, una chiamata anonima.

Lo appoggiò all'orecchio sperando fosse lei a rintracciarlo. In quella frazione di secondi, pensò che poteva chiamarlo solo ora perché era stata impegnata con Bertram ad incastrare Kirkland. Magari sarebbero anche andati a pranzo insieme come due amiconi.

"Ciao Patrick. Ti ricordi di me?" la voce camuffata lo inquietò.

Il suo muro di supposizioni crollò immediatamente. Chiuse gli occhi inspirando profondamente.

"Dov'è Lisbon?"

Il pensiero seguente fu quello di voltarsi e andare da Grace per farle rintracciare il telefono che l'aveva appena contattato.

"Fossi in te non lo farei, se ci tieni a rivedere viva la tua amica."

Rimase bloccato nel mezzo del bureau, tra l'entrata principale e la scalinata che conduceva al suo attico.

"Bravo, Patrick. Adesso ascolta le mie istruzioni. Se vuoi rivederla, vieni all'indirizzo che ti invierò via messaggio. Non farlo vedere a nessuno, non parlare con nessuno, e vieni da solo, altrimenti Teresa Lisbon morirà."

Non ebbe il tempo di dire nient'altro perché perse la chiamata. Chiuse e riaprì le mani più volte per paura di aver perso sensibilità.

Restò ancora immobile, mentre le persone gli passavano accanto, spingendolo, andando a sbattergli contro, senza che lui riuscì minimamente a muoversi.

Red John aveva Teresa.

In breve tempo, proprio come il suo nemico aveva previsto, arrivò l'sms, sempre da fonte anonima, con l'indirizzo di dove si trovava.

In silenzio, tornò nella sala principale guardando fisso davanti a sé. Gli occhi sembravano trovarsi da un'altra parte. Probabilmente neanche battevano ciglio.

Wayne e Kim cercavano di attirare la sua attenzione, ma Patrick si limitò ad alzare una mano per fermarli, senza però guardarli in faccia.

Distrattamente, prese un foglio dalla scrivania di Grace e rubò una penna da un altro tavolo.

Si sedette sul divano tenendo il foglio bianco sulla gamba. Poco dopo, iniziò a scrivere.

Incuriositi, i tre agenti si avvicinarono al consulente del CBI. Ormai lo conoscevano da molto tempo, chi più, chi meno, e non era una novità il fatto che fossero sempre stupiti da ogni cosa che facesse.

Lo videro scrivere nervosamente e calcare con la penna una serie di numeri. A prima vista sembrò un messaggio in codice; alcuni numeri erano più chiari rispetto ad altri, marcati con forza con la penna nera.

Quando alzò lo sguardo verso di loro, fece un cenno di testa, e lasciò quel foglio sulla scrivania di Grace, per poi scomparire dalla loro vista.

Ci volle qualche secondo perché i tre quasi litigarono per prendere tra le mani quel pezzetto di carta; alla fine la spuntò il coreano.

"Sono solo numeri. Un codice criptato?"

"Uhm a volte capita di trovare numeri invece che lettere... magari ogni numero corrisponde ad una lettera dell'alfabeto?"

Grace iniziò a digitare sulla tastiera, cercando un manuale per decifrare i numeri, mentre gli altri due fecero come suggerito dal coreano. Ben presto, si resero conto che compariva un indirizzo di Sacramento.

Patrick camminava tra i corridoi e un sorriso divertito comparve sul suo volto, prima di prendere l'ascensore. Grace, Wayne e Kim erano la sua ultima speranza.

 

Il mentalista restava calmo e guidava cautamente, dando un'occhiata di tanto all'indirizzo dove era diretto.

Non aveva fatto parola a nessuno per evitare di essere sentito. Tuttavia, aveva potuto scrivere quei numeri in tutta tranquillità in quanto si sentiva sicuro che i suoi tre amici e colleghi avrebbero potuto localizzare il posto, senza che lui dicesse niente. Si fidava di loro e questo bastava.

Dopo circa tre quarti d'ora, giunse in un vecchio edificio abbandonato, si direbbe un vecchio distretto di polizia, costeggiato da erbacce e qualche albero. Fortuna conosceva quel posto, quindi non aveva avuto il bisogno di andarselo a cercare sulla mappa.

Parcheggiò la macchina sotto un albero, unico spazio all'ombra, e vi uscì, dedicando del tempo ad osservare l'ambiente.

Anni addietro, prima che sua moglie e sua figlia venissero uccise, era stato arrestato perché accusato di aver imbrogliato, con i suoi trucchi da sensitivo, un agente in borghese. Era stato quindi condotto in quel vecchio distretto dove aveva passato una notte al fresco. Il giorno dopo, sua moglie lo aveva liberato pagando una piccola cauzione.

Scosse la testa e scrollò le spalle. Quello ormai apparteneva al passato. Ora era un uomo diverso e si trovava lì per salvare la donna che amava e confrontarsi faccia a faccia col nemico.

Entrò cautamente. La porta era semi distrutta, e anche l'interno sembrò cadere a terra, tra scrivanie e sedie gettate allo sbaraglio. Le luci ovviamente non funzionavano, quindi l'unico raggio di sole poteva filtrare solo da un piccolo squarcio sopra la porta.

Fece piccoli passi, tenendo le mani bene in vista.

Improvvisamente, si accese una luce che lo illuminò così tanto che dovette coprirsi gli occhi per il fastidio. Lentamente cercò di riaprirli appena notò la figura vestita di bianco semi-cosciente davanti a sé.

Teresa.

Avanzò di scatto per andare da lei, ma si vide costretto ad arretrare quando notò che era separato da lei da un vetro. Si guardò attorno e capì di trovarsi in una vecchia sala degli interrogatori.

Teresa era seduta su una sedia, imbavagliata e legata alle mani e alle gambe, con indosso solo un vestito bianco lungo. La testa inclinata da una parte, con tutti i capelli in avanti a coprirle il viso.

Patrick si irrigidì stringendo i pugni e il respirò si fece più affannoso.

Era colpa sua.

Era tutta colpa sua.

Non era stato in grado di proteggerla come avrebbe voluto, e inevitabilmente aveva finito per esporla di più al nemico.

E se le fosse successo qualcosa prima che lui potesse arrivare in tempo? Se avesse fatto la fine della sua famiglia...

Scacciò quel pensiero portandosi una mano sulla fronte.

No, Red John sembrava avere altri piani per lui. Altrimenti non gli avrebbe detto di venire fin lì, in quel posto semi nascosto, per vedere la sua Teresa in quelle condizioni.

Un brivido lo percosse. Si avvicinò al vetro iniziando a battere forte per richiamare la sua attenzione.

Se Red John avesse messo le mani su di lei...

"Non ti agitare, Patrick. Ti stavamo aspettando. Tenetelo fermo."

La voce dall'altoparlante lo distrasse, così che le due figure vestite in nero, che comparvero dietro di lui, poterono trattenerlo per le braccia.

Lottò per liberarsi, ma alla fine si arrese e sghignazzò tra sé.

"Ma bravo, hai bisogno di aiutanti altrimenti da solo non riusciresti a fare il tuo lavoro!"

Le due figure si posero davanti a lui. Avevano una classica maschera teatrale a coprirsi il volto, una di quelle che si indossavano nei balli di corte francesi. Quando se le tolsero, lo sguardo di Patrick non sembrò stupirli più di tanto. Lui continuò a ridere scuotendo la testa.

"Non so perché, ma mi aspettavo di vedere solo Gale Bertram come seguace di Red John... Vedere anche te, Robert Kirkland, uomo di rispetto dell'Homeland Security, è stato davvero una grande sorpresa! Chissà come reagirà l'FBI quando scoprirà a chi hanno affidato la sicurezza del popolo americano?"

In tutta risposta, Kirkland gli diede un pugno talmente forte da stordirlo per qualche istante. La testa gli faceva un gran male. Quell'uomo aveva un pugno di ferro.

Quando si toccò la guancia colpita, si accorse anche di perdere del sangue dal labbro inferiore.

Guardò quei due uomini davanti a sé, così apparentemente diversi, eppure uguali perché uniti dalla stessa scia di sangue.

Sorrise soddisfatto, era arrivato alla fine del traguardo. Non doveva fare due più due per capire chi era Red John. 


Angoletto dell'autrice (poco) sana di mente:
Okay arrivati fin qui, aspetto le vostre teorie giustamente :p
Alzi la mano chi come Jane non ha bisogno di fare due più due per capire chi è Red John :D
Io la mia teoria l'avevo in mente già da tempo u.u
Non dico altro, se non che alla domanda: "perché ho scelto lui?" vi risponderò nel prossimo :) muahuahua!
Faccio come Brunone *-*
Alla prossima!!
D.

 

   
 
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